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Autore: Fuuma    30/05/2016    7 recensioni
Ovvero: Di cinque volte in cui Erik ha torto e dell'unica volta in cui, anche se la sua è una buona idea, ha comunque torto.
{ cherik }
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, James 'Logan' Howlett/Wolverine, Raven Darkholme/Mystica
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Characters: Charles Xavier; Erik Lehnsherr;
Pairing: Erik/Charles { cherik }
Words: 140x6
Warning: movieverse; slash;
Prompt di: Giorgia De Lorenzo ~ Cherik - Piccole e innocue divergenze di opinioni anche nel quotidiano.
Scritta per la Drabble We 6/05-8/05 2016 @We are out for prompt

 

Piccole, innocue, metalliche divergenze.

 

I.
Charles unisce le mani e spinge la punta degli indici contro la fronte, sperando che la statuetta dorata sulla scrivania sia frutto della sua immaginazione.
Seduto in poltrona, Erik lo guarda immobile, con le gambe accavallate e le mani ai braccioli. Il mento sollevato, la linea fiera che da sola basta a sottolineare il punto. E il punto è che ha ragione, sa di averla questa volta – perlomeno un po' più delle altre. Non cederà questa volta – esattamente come non ha ceduto nelle altre.
«Non riesco nemmeno a immaginare come ti sia–» si interrompe, ma ogni parola di Charles pesa di rimprovero «Come ti è venuto in mente di mandare Raven alla Notte degli Oscar, affinché ritirasse il premio di Jennifer Lawrence?»
Il sorriso di squalo è sufficiente a fargli intuire che Magneto non è pentito di nulla.

 
II.
«Logan ti ha sfidato?»
Charles ricapitola gli eventi (uno, già di per sé catastrofico), illudendosi di trovarvi una logica o, almeno, una questione di vita o di morte.
Erik non si scompone. Logan con un sigaro in bocca e lo sguardo incarognito (che tuttavia non riesce a celare il ghigno soddisfatto) guarda oltre la finestra della cucina, estraniandosi dalla questione.
«E da quando ti lasci influenzare da lui?»
«Hei, tenetemi fuori da 'sta storia, lovebirds!» estraniandosi non così bene.
Ignorandolo, Erik prende parola.
«A mia discolpa, sarebbe riuscito tutto perfettamente, se la tua sedia non fosse entrata nella mia visuale, Charles.»
«Erik, è la mia cucina e tu hai deciso di inscenare Fantasia versione metallica! Quasi non m'infilavi nel forno per preparare…» dall'odore di bruciato non è riuscito a capirlo: «Che stavi preparando?»
«Biscotti.»
«…»
«Di San Valentino.»
«…»
«Auguri.»

 
III.
Era ubriaco di whisky ed ebbro d'amore, per l'amor del cielo!, il suo è stato un errore in buona fede. In ottima fede, se considerano che di mezzo c'era il sesso e dieci anni d'astinenza.
Ma Charles è tornato a parlargli del passato, del fatto che lo abbia abbandonato e che, al suo ritorno, lo abbia ammanettato ad un letto solo per scoparlo e andarsene di nuovo.
«Eri d'accordo anche tu, quando l'ho proposto.»
«Ero ubriaco anche io! Ma tu, tu, oh tu hai detto che non sarebbero servite le chiavi!»
«Ricordo perfettamente cos'ho detto, Charles.»
«E perché non hai ricordato anche che fossero le manette della prigione in cui eri rinchiuso?»
Erik tace, cogliendo perfettamente l'accusa sotto e sopra le righe.
«La prigione di plastica in cui eri rinchiuso!»
Almeno ha capito che non ci sarà un round mattiniero.

 
IV.
Charles guarda deluso lo spazio vuoto nel frigorifero, che dovrebbe essere riempito dal latte.
Se non ricorda male, Erik avrebbe dovuto comprarlo tornando a casa, invece l'uomo è comodamente seduto ad una poltrona del salotto, sfoglia il quotidiano del mattino e sorseggia una tazza di caffè.
«Erik.» fa per interpellarlo, ma Erik lo zittisce con un cenno dell'indice.
«Il latte, lo so, Charles. Non sono uno dei tuoi studenti, non c'è bisogno che mi ripeti ogni cosa mille volte.»
«Quindi significa che…»
«Me ne sto occupando, sì» prosegue tranquillo. Tende il braccio, il palmo rivolto alla finestra, le dita irrigidite ad afferrare l'aria.
A quel gesto Charles ha un brutto, orribile, presentimento. E quando si affaccia al davanzale, spalanca sconvolto lo sguardo sul furgone del latte che si sta muovendo a ritroso per il viale, rincorso dall'autista disperato.
«Erik, no!»

 
V.
Taco tuesday.
Odore di tacos per il salone della scuola e urla che combattono per il potere.
Sul volto di Erik una consapevolezza maligna; con un cenno delle dita, attira a sé lo scettro del potere: il telecomando.
«È già deciso, guarderemo Downton Abbey.»
Seduto tra lui (su di lui) e Raven, Charles lo guarda intenerito dal tentativo di accontentarlo. Downton Abbey è – era – la sua serie preferita.
«Dolente d'esser portatore di cattive notizie, Erik, ma l'hanno conclusa.»
«Non esserne così sicuro.»
Charles teme a chiedergli cos'abbia fatto ed Erik accende la tv, in tempo per gli annunci dopo il telegiornale, in cui la voce femminile informa: "A seguito di lettere minatorie ricevute dal regista e dal cast, ritorna a gran voce la serie Downton Abbey"…
L'intera scuola si zittisce, ogni sguardo punta Magneto.
«Cosa? Era un'ottima serie.»

 
+
Charles trattiene il fiato, la gioia gli scoppia nel petto.
Davanti a sé, miriadi di stelle illuminano il cammino: piccole fiammelle danzano nelle candele disposte lungo un sentiero dorato che porta sino all'unico tavolo imbandito.
Ci sono loro e una cena romantica ed è come galleggiare nel nulla.
Commosso, invita Erik a smettere di spingere la sedia a rotelle. Allunga le braccia, raggiunge il suo collo e lo tira in basso per unire la bocca alla sua.
«È tutto perfetto.»
Erik sorride, lo sguardo scintilla sotto la luce delle fiamme.
«Ma come hai fatto?» domanda Charles, estasiato, curioso come un bambino davanti ai misteri del Natale «Non c'era anche uno stadio qui vicino?»
Finché non scopre che Babbo Natale non esiste.
Il silenzio è una risposta troppo pesante.
«Erik… dov'è lo stadio?»
«Giuro che avevo intenzione di rimetterlo a posto

 


 

Confesso che io non ho mai nemmeno guardato Downton Abbey, ma una mia amica me ne ha parlato dicendo che l'avevano conclusa e boh... ho pensato fosse una buona idea usarla nella fic. Così. Per il resto invece, sono tutte drabble comiche e senza pretese, magari giusto con l'arroganza di strappare un sorriso.

   
 
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