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Autore: _Sam12    01/06/2016    1 recensioni
Non sapeva dire cosa l'avesse colpita di lei, forse una parola o il modo in cui piegava di lato la testa quando sorrideva. Rimase tra i suoi pensieri tornando quando meno se lo aspettava.
Si incontrarono per caso ad una gita, e si ritrovarono per caso anche in seguito, come a chiedersi cos'è a questo punto che può avere davvero senso.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 13


Sei incinta.”

Ma come...io non ho un ragazzo, non...” balbettavo guardando allo specchio quanto fosse cresciuta la mia pancia.

Tutto attorno a me fu nebbia e la scena cambiò: una bambina dai riccioli castani giocava poco distante da me; qualcosa mi diceva che fosse mia figlia, eppure non la conoscevo.

All'improvviso inciampò e la presi appena prima che cadesse a terra: non volevo che le accadesse nulla.

Ma ecco che la scena cambiava di nuovo: ora la bambina mi guardava con gli occhi lucidi ed era evidente che stesse soffrendo.

Volevo aiutarla ma era evidente che non ero in grado, non sapevo cosa avesse e quindi neanche cosa fare.

Ed il tempo passava: anni o giorni non aveva importanza.

Brillava un sole strano, una luce troppo chiara, e seppi che la bambina era morta.

Nel momento in cui lo seppi, compresi anche che era colpa mia, perché non ero stata capace di aiutarla.



La scena cambiò di nuovo: ero su un divano dal tessuto azzurro tenue, accanto a me c'era una ragazza che non avevo mai visto, ma qualcosa mi diceva che stavamo insieme e che ero perdutamente innamorata di lei.

Lei mi baciò con gli occhi che sembravano sorridere ed io sentii di essere felice, le sue mani mi accarezzarono la schiena e lei mie dita si infilarono tra i suoi capelli mentre lentamente perdevo cognizione di ciò che stava attorno.

Ad un tratto sentii un singhiozzo.

Mi stupii non capendo da dove venisse: allora mi accorsi che era quella ragazza a piangere.

Va tutto bene...” balbettò la me del sogno abbracciandola spaventata.

Ma lei mi scacciò via: “No, è tutto orribile...” singhiozzò ancora.

Compresi che si riferiva a noi due e le mani cominciarono a tremarmi.

Ma non devi pensarla così...ci sono tante altre persone che...”

Ma lei non mi ascoltava e non potevo fare nulla; una punta cominciò a perforarmi il petto, allora annaspai cercando di non soffocare.



Mi svegliai, sbattei le palpebre più volte mettendo a fuoco la stanza attorno a me.

Richiusi gli occhi e sospirai, mi alzai.

Uscii dalla cucina a prendere un bicchiere d'acqua: guardai le varie mensole, poi storsi la bocca e optai per bere direttamente dal lavandino.

Ero a casa di Marika e non erano ancora le otto: la cucina era immersa nella penombra, sul tavolo filtravano degli spiragli di luce delle tapparelle, e i mobili tutt'attorno e i mobili tutt'attorno sembravano addormentati come tutti gli altri nella casa.

Tornai in camera e mi sdraiai sul mio materassino, attenta a non svegliare gli altri.

Mi girai di lato e chiusi gli occhi, ma ormai mi ero svegliata ed era inutile cercare di dormire di nuovo.

Quando ero piccola le stanze buie e quel silenzio surreale mi spaventavano, era così strano il modo in cui il tempo sembrava fermarsi.

Il mio sguardo cadde su Valeria che dormiva poco più in là: si era fatta crescere i capelli, ora le arrivavano alle spalle.

Non le avevo quasi rivolto la parola, ogni volta che pensavo di farlo mi sentivo a disagio, non avrei saputo dire se più per rabbia o per timore; era come se l'odiassi per l'effetto che ancora mi faceva.

Mi sentivo stupida: era come se in tutti quegli anni mi fossi costruita un piedistallo, bianco, candido. Standovi sopra non mi sarebbe potuto accadere nulla, e ammettere di essere attratta da lei sarebbe stato come prendere una palla da demolizione e rotolare via.

Valeria aprì gli occhi e i nostri sguardi si incrociarono; subito parve sorpresa, poi sorrise.

Fu come se il pezzo di ghiaccio che avevo nel petto avesse cominciato a sciogliersi ed era una sensazione bellissima.

“Hai già fatto colazione?” sussurrò.

“No.” risposi.

“Allora andiamo, ho fame.” disse e si alzò.

Aprì con cautela la porta della camera e mi fece cenno di seguirla.

“Biscotti e fette biscottate?” chiese una volta in cucina aprendo la credenza.

“Sai dove sono tutte le cose.” notai.

“Sono già stata qui altre volte.” spiegò.

Mise tutto sul tavolo, si sedette e io mi sistemai sull'altra sedia di fronte a lei.

Valeria aveva posizionato il davanti delle varie confezioni nella stessa direzione.

Avrei voluto chiederle come mai fosse così ordinata, come mai stesse torturando con le dita i tovagliolo, perché fosse così nervosa, se si ricordasse chi fossi, o ormai sapesse a stento il mio nome.

Mi morsi il labbro inferiore e presi un biscotto.

“E' da tanto che non ci vediamo.” disse togliendosi l'anello e giocandoci.

“Sì, sono passati quasi due anni.” aggiunsi.

Lei rise: “Assurdo non trovi?”

“Cosa?”

“Che ci siamo rincontrate”

“Sì, è vero.” concordai.

Lei si versò il latte nella tazza e mi sorrise.

Io arrossii e presi la marmellata.

“C'è troppo scuro.” disse dirigendosi verso la tapparella e alzandola “Ti va di fare una passeggiata intanto che gli altri dormono?”

“Ehm...sì okay.” risposi distogliendo lo sguardo dai suoi occhi che per un attimo mi erano parsi brillare per la luce del sole.

“Sai dove sono le chiavi?” chiesi.

Lei alzò le spalle: “Usciamo dalla finestra...tanto siamo al piano terra.”

“Non sei proprio cambiata, eh?” risi senza riuscire a trattenermi.

“Mi sa di no...”

Aprii le ante e facendo forza sulla braccia salii sul davanzale per poi sedermi con le gambe a penzoloni e lasciarmi cadere.

Valeria fece lo stesso dopo di me.

Fu come ritrovare una vecchia amica e con l'incomprensibile desiderio di voler affidare la propria anima ad un'estranea lasciai che mi parlasse e risposi alle sue domande.

Non che avessi una particolare ragione per fidarmi di lei, ma sentivo il bisogno di capirla, e per conoscere qualcosa di più di lei, dovevo condividere qualcosa di mio.

Girammo a caso per il quartiere per una ventina di minuti, poi Valeria disse: “Prendiamo la bici che ho lasciato nel cortile? Potremmo andare in spiaggia.”

“Va bene.” concordai.

Lei aprì il cancello, montò sulla bicicletta appoggiata al muro e mi raggiunse.

Io salii sul portapacchi e dopo qualche sbandamento partimmo mentre le ruote producevano un sono vivo e irregolare sull'asfalto sconnesso.

L'aria calda del mattino sembrava accarezzarci il viso mescolandosi al profumo di panetteria, dei pini e del sole.

La vita allora mi sembrò improvvisamente semplice, intravedevo la soluzione dell'equazione e non sarei mai voluta scendere.

Appoggiai la fronte sulla schiena di Valeria e chiusi gli occhi: ero come immersa nel torpore, le avrei svelato la mia anima se solo me lo avesse chiesto.

Lei allora frenò e mi riscossi.

Il mare che rifletteva il cielo era di un azzurro incantevole; Valeria legò la bici con il lucchetto e si tolse le scarpe.

La imitai e incespicando sulla sabbia non ancora calda raggiungemmo l'acqua.

“E' fredda.” dissi quando un'onda mi bagnò i piedi.

“Cos'hai fatto di bello quest'anno?”

“Non saprei...tu?” risposi.

Valeria alzò le spalle: “Un po' di tutto...ho anche assaggiato un gelato alla zucca.”

“Allora hai vinto tu.” risi.

Dopo un po' di silenzio Valeria aggiunse: “Ti ho pensato sai?”

Trattenni il respiro mentre il mio cuore accelerava.

Vedendo che non rispondevo lei cambiò discorso:Camminiamo un po'? Magari cerchiamo di non tornare troppo tardi o si chiederanno dove siamo...Sai che Giorgio...”

“Anch'io ti ho pensato.” la interruppi.

Sentivo la gola stretta, inspirai cercando di calmarmi. Mi costava davvero così tanto ammetterlo? Mi sentii patetica.

“Comunque sì, potremmo arrivare fino là in fondo e poi tornare indietro...non ci metteremmo molto.” continuai senza sapere bene cosa stessi dicendo.

“Scusa.”

“Per cosa?” chiesi fissando il suolo.

“Per non essermi più fatta sentire.”

Ci incamminammo.

“Neanch'io ti ho chiamata.”mi stupii di me stessa sentendo la rabbia che avevo riposto in quelle parole: perché avrei dovuto ferirla? Forse perché non volevo essere la vittima?

“Allora entrambe non ci siamo pensate abbastanza.” disse lei incrociando lo sguardo con il mio.

“Pare di no.” sussurrai sentendomi morire.

Continuammo un po' la strada in silenzio, poi la sua mano cercò la mia e deglutii a vuoto.

“Preferisci il mare o la montagna?” chiesi.

“Mare. Tu?”

“Montagna. Come mai il mare?”

“Non saprei...credo sia perché l'acqua sembra non finire mai...un po' come se dicesse fermati sei arrivato.” Spiegò ridendo.

“Non avevo mai pensato a quest'aspetto.”ammisi voltandomi verso l'acqua. “Giorgio mi ha detto che suoni.” aggiunsi poco dopo.

“Ah sì...” rispose. Sembrava la imbarazzasse parlarne: un po' come se facesse parte di quelle cose personali che se espresse ad alta voce rischiano di diventare semplicemente banali.

Allora non chiesi altro “sarà ormai ora di tornare.” dissi.

Tornammo alla bici, ma prendendo dalla tasca il lucchetto fece cadere a terra il telefono.

Sbuffò e mentre mi chinavo per raccoglierlo lei fece lo stesso.

“Scusa...” dissi accorgendomene, mi rialzai e allora la voce mi morì in gola vedendo quanto fossi vicina alle sue labbra.

Lei mise un braccio attorno alla mia vita, ma io mi allontanai di scatto e scossi la testa: “Non ha senso...” balbettai “Ci perderemmo di vista comunque.”

Dalla sua espressione capii che non si aspettava questa mia reazione.

“Scusa...” mi voltai e mi allontanai.

La nausea era reale o solo nella mia testa? Mi odiavo, non riuscivo a far nulla senza che si incastrasse in una logica ferrea, oppure finivo per dire di sì a tutto, a caso, quasi per pigrizia.

Ed ora avevo posto un no.

Ricacciai indietro le lacrime e cercai di soffocare quella fottutissima domanda: perché?



Scusate tantissimo per il ritardo, ma ho avuto moltissime verifiche nell'ultimo periodo e non sono riuscita ad aggiornare...

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi prometto che nel prossimo finalmente risolveranno ogni incomprensione.

Inoltre ho finito di scrivere a carta la storia (sigh) quindi dovrei aggiornare gli ultimi capitoli con un po' più di regolarità.

A presto, baci,

sam

  
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