Capitolo
XXIII
Quei Bravi Ragazzi
Il
fine settimana arrivò in una soleggiata giornata che preannunciava una calura
abbastanza forte da far rischiare una bella insolazione a quelle teste
cerebrolese dei ragazzi in ritiro. E il pericolo c'era, dato che tanto normali,
quei pazzi, non lo erano mai stati.
In
quella mattinata, però, niente faceva presagire un uragano che avrebbe raso al
suolo tutto, rovinando la pace e la tranquillità di coloro che, beatamente,
ronfavano al sole, o si rinfrescavano in piscina.
«Hime,
mi spalmeresti la crema sulle spalle, per favore?», chiese Ayako all'amica,
spaparanzata sulla sua sdraio e intenta a leggere una rivista sportiva.
Ma
prima che la rossa potesse aprire bocca e spiccicare acca, il fulmine meglio
conosciuto come Ryota Miyagi, dimostrò tutta la sua velocità anche in quel
contesto. «Ayakuccia, se vuoi posso spalmartela io!».
«Ma
spalmati al sole, pigmeo!», lo sfotté Hanamichi, mani tra l'elastico dei suoi
bermuda colorati e un'espressione da ebete, come sempre.
«E
girami le palle», borbottò Ryota, imbronciato e rosso per l'imbarazzo.
Ayako
sospirò mestamente, scuotendo la testa, mentre Hime, che non si era schiodata
dal suo posto, si limitò ad abbassarsi sulla punta del naso i suoi occhiali da
sole in perfetto stile vintage, dalle lenti enormi e montatura bianca.
«Aya-chan, fattela mettere da Ryota, ho trovato il mio posto nel mondo qui!»,
ammiccò lei, con un occhiolino da vera malandrina.
«Sì,
sì, ho capito», biascicò Ayako, rivolgendosi con un bel sorriso solare al suo
spasimante numero uno che, manco a dirlo, si sciolse come neve al sole e andò
in totale brodo di giuggiole.
«Hime,
perché non vieni a farti un bagno anzi che poltrire?», le chiese Hisashi,
poggiato con le braccia sul bordo della piscina. «Guarda che poi, se non fai
movimento, ingrassi!».
Inutile
dire che dopo due secondi si ritrovò in pieno viso un pallone che, guarda caso,
era proprio nelle vicinanze della ragazza.
«Ehi,
non dire cose così alla mia Hicchan!», sbraitò il Nobu della situazione,
stringendo un pugno con fare quasi minaccioso.
«Tua?!
Guarda che Hicchan è di mia proprietà! E non chiamarla Hicchan! E poi tu–».
E
mentre il rossino iniziava a inveire animatamente per l'ultima causa a favore
della protezione dalle scimmiette petulanti come Kiyota, un bel calcione sul
suo prezioso fondoschiena venne assestato dal volpino di turno, che lo spedì
bello che disteso in acqua. «Do'aho, fai venire mal di testa».
Da
lì all'inizio dell'ennesima lite il passo fu veramente corto.
«Ah,
quanto si amano quei due!», fece Hime, con voce trasognata.
«Sì,
come cane e gatto», annuì la scimmietta del Kainan, che si sedette vicino alla
sua adorata ragazza e allungò il collo per sbirciare la rivista che aveva sotto
il naso. «Che leggi?».
Gli
occhioni castani di Hime si trasformarono in men che non si dica in un paio di
cuoricini pulsanti di vita. «L'ultimo articolo su Kobe! Guarda, non è
bellissimo?».
«Uffa,
sei fissata!», borbottò il numero dieci, incrociando le braccia e mettendo su
un muso lungo da record.
Hime
gli rifilò una bella linguaccia. «Geloso!».
«Ma
quale geloso e geloso! Vedrai che anche io giocherò in NBA!».
«Sì,
stanno aspettando te», fu il commento che uscì dalla bella bocca dell'algido
Kaede, seduto sotto l'ombrellone per non scottarsi.
«Esatto!
Vedi, Rukawa? Quando ti metti d'impegno riesci anche a dire cose sensate!»,
esclamò Nobunaga, gasatissimo.
«Nobu-chan,
non per smontarti, ma credo che Ede stesse ironizzando», mormorò Hime, con la
fronte corrugata e un sorrisino imbarazzato, nel notare l'espressione di
rassegnata perplessità che aleggiava sul volto dell'amico.
«Cheee?!».
«Ne
hai panini da mangiare, Nobunaga!», fece il buon vecchio Maki, che gli passò
accanto e gli scompigliò i capelli con fare paterno.
Tutto
il tranquillo – o per così dire – siparietto di quel sabato mattina, fu
interrotto da un ruggito disumano che squarciò l'intero Giappone e, molto
probabilmente, si sentì anche dall'altra parte del mondo.
«Oddio,
è arrivato Godzilla!», esclamò spaventato Hanamichi, guardandosi intorno con
preoccupazione.
«Più
che altro mi sa che è il Gorilla», commentò Mitsui, sparendo poi sott'acqua
come dire: Cascasse il mondo, io sono assente!
«Sa-ku-ra-gi!».
«Ohporcapaletta!», esclamò Hime, balzando sulla sua sdraio e
facendo capottare per lo spavento il suo ragazzo. «Hana, ce l'ha con me o con
te?».
«O
con tutti e due?», aggiunse Ayako, lanciando un'occhiata ai fratelli, in pieno
panico.
Due
secondi dopo arrivò un agitatissimo Kogure, pallido come un lenzuolo lavato con
l'omino bianco. «Ra-ragazzi, questa volta l'avete
combinata grossa!».
Tutti
gli occhi spostarono la loro attenzione sui gemelli che, dato che molto
probabilmente avevano capito che stesse per succedere da lì alla fine del
mondo, avevano in viso un sorrisino tra il divertito e lo spaventato.
«Hana,
ti ho sempre voluto bene, lo sai», affermò melodrammatica Hime.
«Anche
io, Hicchan! Ora però, scappiamo!».
Prima
che Akagi facesse la sua colossale comparsa – nel senso letterale del termine,
beninteso – i due si erano già fiondati a gambe levate verso il nascondiglio
più sicuro, anche se erano ben consapevoli che il King Kong li avrebbe scovati
fino in capo al mondo.
E
infatti, quando questo arrivò in giardino, seminò il panico tra gli innocenti,
che temevano ripercussioni per colpa di due celebrolesi. «Dove sono quei due
animali?!», ringhiò a fauci strette e con occhi iniettati di sangue, stringendo
in un pugno quello che sembrava un panno bianco.
Qualcuno
balbettò qualcosa, qualcun altro neanche osò dire niente. Hisashi e Ryota
indicarono una direzione qualunque per sviare la furia del Gorilla – che però
erano una l'opposta dell'altra - mentre Kaede, con un cenno del capo, quella
giusta. Della serie: aiutiamo la propria migliore amica e il fratello a
morire velocemente per non soffrire troppo.
Akagi,
livido di rabbia, sbatté a terra, senza neanche pensare troppo alle
conseguenze, il panno che stringeva in mano. E che non si rivelò proprio un
panno, ma un boxer.
Mitsui
lo raccolse, inizialmente non rendendosi conto di cosa fosse effettivamente.
Quando capì, Ryota e Nobunaga erano già belli che partiti a ridere.
«Ma
porca vacca, che schifo!», esclamò il numero 14 dello Shohoku, lanciandoli via
e facendoli finire involontariamente sul viso di un povero Sasaoka, che guardava
atterrito la scena in un angolino, proprio per non essere messo in mezzo in
tutto quel caos.
La
matricola se lo tolse velocemente dal viso, ma non lo buttò, troppo incuriosito
da una scritta nera sul tessuto. Dire che divenne rosso fino al midollo è un
eufemismo.
«Ehi,
Sasaoka, che c'è?», fece Mitsui, avvicinandosi per allungare il collo, così
come gli altri, incuriositi. «Ti piacciono i mutandoni del Capitano, eh?
Vecchio marpione!».
La
reazione che seguì subito dopo entrò nella storia: prima il silenzio della
lettura di quella scrittura irregolare e, molto probabilmente, velocizzata per
paura di essere scoperti; poi le guance rosse e gonfie dallo sforzo immane per
non ridere; infine il suono fragoroso delle risate di tutti, che si
schiantarono a terra battendo le mani, con le lacrime agli occhi, incapaci
persino di riprendere fiato.
Ayako,
l'unica donnina presente, si mise le mani davanti alla bocca per nascondere una
risata e sogghignò alla volta del Gorilla che compariva nuovamente alla
disperata ricerca dei due. Peccato che, quando si accorse che i suoi giocatori
e quelli del Kainan erano letteralmente morti dalle risate, le cose
peggiorarono a vista d'occhio.
Anche
Kaede Rukawa, il rinomato ghiacciolo dello Shohoku, colui che non rideva e non
muoveva le labbra se non per due o tre monosillabi al giorno, quindi
figuriamoci per un sorriso, si trovò costretto a cambiare aria, pur di non
finire come quei pazzi dei compagni. Saranno stati anche due deficienti, quei
due, ma quella era veramente geniale.
Cosa
c'era scritto di così sconvolgente nelle mutande del King Kong?
“L'abito
non fa il monaco.”
*
«Ma
come diavolo avete fatto?», chiese Ryota, pendendo dalle loro labbra.
Hime
e Hanamichi erano distrutti, sdraiati sull'erba. Avevano corso mezza mattinata,
nascondendosi e fuggendo dalle grinfie del loro Capitano. Peccato che alla fine
li aveva trovati – prima o poi sarebbe dovuto succedere – e il King Kong si era
sfogato per bene prima con la testa del rosso, poi con la ragazza, che aveva
preso di peso e gettato in piscina, trattenendo a stento l'impulso di tenerla
sott'acqua e affogarla.
«Beh,
non è stato difficile. Abbiamo saltato da un balcone all'altro e abbiamo
trovato la finestra aperta», spiegò Hanamichi, stiracchiandosi.
«Proprio
come due scimmie», frecciò Kaede, guardando l'amica con quella che poteva dirsi
un'espressione divertita.
«Bella
questa!», esclamò Mitsui, battendogli una manona sulle spalle.
«Ehi!»,
sbraitò Hanamichi, offeso.
Hime,
ridacchiando, continuò a spiegare. «Kogure-kun non
era in stanza e Akagi era sotto la doccia. Non nego che la possibilità di
ritrovarmelo nudo davanti mi abbia alquanto spaventata!»
«E
confermare le nostre supposizioni!», continuò il fratello, facendo ridere
tutti.
«Comunque
abbiamo aperto il cassetto con tutta la sua collezione di mutande e abbiamo
preso le prime, sperando che fossero quelle che avrebbe poi indossato dopo la
doccia. Il resto vien da sé!».
Kogure,
ancora pallido per l'esperienza traumatizzante di quella mattina, scosse la
testa, stanco. «Ragazzi, questa volta siete stati veramente–»
«Geniali!»,
esclamarono in coro i presenti, tra le risate di questi e un vice-capitano che
si metteva le mani in testa per la disperazione.
«L'ho
sempre detto che sono un genio, io!», si gasò Hanamichi, balzando in piedi e
mettendosi in posa plastica come un supereroe.
«Ehi!
Guarda che l'idea è stata mia! Tu volevi solo fare uno scherzo, ma i dettagli
non li avevi affinati», sbottò offesa Hime, mentre gli altri sgranavano gli
occhi e riprendevano a ridere.
«Hime,
tutto mi sarei aspettata, ma questo no», disse Ayako, fingendosi delusa, mentre
quel fessacchiotto di Hanamichi blaterava cose senza senso come “Tu hai
preso tutto da me, Hicchan!”.
«Beh,
Ayako, devi ammettere che è stata una trovata incredibile!», disse Hisashi tra
le lacrime.
«Ora,
il problema è: quanto tempo dovrà passare per farlo sbollire per bene?»,
domandò Kiyota, spedendo un brivido lungo la schiena di tutti.
Ryota
si poggiò il mento sul palmo della mano, sbuffando. «Credo che faremo in tempo
a vedere Rukawa che ride a crepapelle, prima che il Gorilla li perdoni»,
affermò, mentre Kaede si asciugava il gocciolone grande quanto una casa che gli
era comparso in fronte dopo quella frase.
Mai
parole furono più azzeccate.
* * * *
Piccolo siparietto per l’autrice:
Bentornati
con un altro capitolo di WB! Non è lunghissimo, ma è bello pieno! XD Perdonate
il ritardo, ma non sono sparita! Ormai, come avrete capito, non aggiornerò più
ogni settimana, a meno che non mi venga un attacco improvviso di ispirazione
per cui sformerò capitoli ogni sette giorni! - cosa peraltro alquanto
improbabile °-°
Ma
tranquille e tranquilli: non mollo mica! ;)
Miha_chan:
carissima! Son riuscita a ridartele, le speranze? xD
Tranquilla se non mi scrivi una recensione chilometrica, l’importante è il
succo del discorso! :D Grazie mille mille mille! :****
kuro: vi ho
abituate troooooppo, decisamente troppo male! Mea
culpa! XD Son contenta che stessi aspettando speranzosa l’aggiornamento! Anche
se questa è crudeltà (essere felici della tua agonia, intendo!), per me
significa tanto! *_* E buona, a cuccia! Son troppo giovine e baldanzosa per
morire! Quindi rilassati, la concluderò alla grande questa fanfiction!
Non so fra quanti capitoli, ma la concluderò! xD :*
Black_Moody: ma io non
voglio che i tuoi discepoli pensino male di te! Datti un contegno, suvvia! ;D
No problem, come vedi sparisco spesso e volentieri
anche io! E vedi di aggiornare in fretta anche tu, che ormai non sto più nella
pelle! ;_; :****
Ed un
ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! *_*
Un
abbraccio strittoloso,
Kenjina.