Mia dormiva.
Il dolore ancora fresco dopo le poche frustate ricevute.
Non poteva dormire di schiena quindi si rigirava da fianco a fianco, non trovando un solo punto che le conciliasse il sonno, rendendolo senza demoni.
Boris, in un angolo della stanza, in silenzio, la osservava.
Al buio solo i suoi occhi rossi di distinguevano, eppure Mia non se ne accorse, intenta a portare le gambe al petto, mentre tentava invano di dormire tenendo il volto verso la parete.
Boris socchiuse gli occhi e attese.
Mia si girò a destra.
Boris attese.
Mia si mise pancia sotto.
Boris attese.
La gamba di Mia scivolò da fuori le coperte, incontrando il freddo notturno.
Boris attese.
Mia non si mosse più, e il suo respiro si fece regolare.
Boris si mosse.
In poche falcate fu accanto al letto della figlia, cercando di vedersi in esso. Osservò le ciglia scure, lunghe e folte, gli occhi che sognavano al di sotto.  
Allungò una mano, arrivando così vicina alla guancia come se stesse per toccarla, ma mai appoggiando veramente il palmo.
Scusami.
Un pensiero così veloce che Boris non si accorse neanche di averlo fatto. Passò come era venuto, nel tempo di un abbassarsi e alzarsi del petto della figlia.
Mia si distese di schiena senza accorgersene e piccoli aculei le si conficcarono nella schiena, a causa delle ferite, facendola svegliare di soprassalto.
Si sostenne con i palmi delle mani, arricciando il naso per il dolore. Era sudata, respirava boccheggiando.
 Si guardò intorno nella stanza, ma non c’era più nessuno.