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Autore: _E r i s_    03/06/2016    4 recensioni
| AU | | Gruvia, Nalu, Gerza, Gale, Stingue e possibili altre coppie |
Un terremoto di 9.0 gradi colpisce la prefettura di Okinawa. Quei pochi ragazzi dovranno combattere contro le macerie e la catastrofe per riuscire a sopravvivere.
Estratto dal terzo capitolo: "Non capì cosa stava succedendo, si era solamente lasciato scivolare lungo la parete, le mani strette tra i capelli a coprire il suono ovattato del tremolio e le ginocchia strette al petto, la fronte poggiata contro esse e gli occhi vermigli schiusi, velati di lucido.
Tutto sembrava distante, non udiva nulla, non avvertiva niente. Forse stava crollando tutto, forse di lì a poco il tetto gli sarebbe caduto in testa, o forse non stava succedendo nulla e lui era semplicemente diventato folle."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gray Fullbuster, Lluvia, Lyon Bastia, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Magnitude 2
Chapter two
[It's starting]



- Ul?
- Sì?
- Perché Otouto è così arrabbiato?
- Non è arrabbiato, è solo triste.
- E perché?
- Non si sente parte della famiglia.
- E come facciamo a farlo sentire parte?
- ... non lo so.





Il cielo era tinto di nero; nemmeno una stella ad illuminarlo fiocamente.
Il novilunio era scomparso al di là delle nuvole scure, che si ostinavano a coprire la volta celeste.
Aprì lentamente gli occhi, poco prima socchiusi, e puntò lo sguardo color nocciola sull'immensa distesa oscura sopra la sua testa.
- Ehi. - udì, e si issò di poco sui gomiti per voltare il capo verso la figura alle proprie spalle. - Tutto bene?
Annuì, lasciando che la sagoma femminile prendesse posto di fianco.
- Stavi pensando a Gerard?
Erza socchiuse nuovamente le palpebre, sbuffando lievemente e lanciando un'occhiata eloquente all'albina.
- Gerard è a Tokyo per l'università. Non avrei motivo di preoccuparmi per lui, ora. - replicò, scrutando seria l'espressione incrinata di Mirajane. Lei, invece, le sorrise tenue, corrugando la fronte e trattenendo un sospiro. Sapeva che mentiva, Erza mentiva sempre.
- Io invece pensavo a Laxus e Freed. Non ci vediamo da un po', chissà come stanno... - rifletté a voce alta, stringendosi nelle spalle. L'erba umida le solleticava le gambe lattee, inducendola a portarle al petto. - Sapessero cosa sta succedendo!
Scarlet la squadrò perplessa, per poi voltare gli occhi alla fioca luce della luna che tentava inutilmente di filtrare dalle nuvole plumbee.
- Manderanno di sicuro un elicottero qui.
- Chi?
- Qualcuno. Non ci lasceranno qui a morire. O, almeno, io mi rifiuto di morire così, sepolta dalle macerie. - asserì la giovane dai capelli cremisi, osservando seria di fronte a sé. - Non siamo un paese così indietro. Queste cose succedono giornalmente in tutto il Giappone.
Strauss schiuse le labbra piene, per poi stenderle in un lieve sorriso mesto.
- Di certo non di tale intensità. - replicò, facendo incrinare l'espressione della compagna. - Molte persone sono rimaste qui, troppe per essere aiutate tutte. Dubito che verrà seriamente qualcuno.
Erza, strizzando gli occhi nervosa, digrignò per un attimo i denti e spostò gli occhi castani sull'albina. - Sarà solo un falso allarme. E dovremmo tornare a casa, mica starcene qui ad oziare.
- Io non direi "oziare". - ridacchiò cristallina Mirajane, incurvando lievemente la schiena. - Siamo al parco, all'aperto e non c'è niente di niente. Solo altalene qua e là che dubito possano ferire gravemente gente nel caso di una scossa. Immagina invece se fossimo a casa e ci crollasse il tetto in testa...
Erza le lanciò un'occhiata eloquente a cui l'albina preferì non replicare.
- Ragazze, tornate subito qui! - entrambe sobbalzarono; Mira si voltò con il viso contrito di sorpresa verso le proprie spalle, al contrario della Scarlet, la quale si alzò in piedi repentina e lanciò uno sguardo terrificante al giovane. Notò Gray rabbrividire lievemente, quasi intimorito; i suoi capelli corvini resi leggermente lucidi dal lampione là vicino.
- Vi cercavano... - si giustificò poco dopo, scrollando le spalle. Mirajane squadrò prima lui e poi l'amica, per imitarla successivamente e alzarsi in piedi.
- Capito. - fece solamente, incamminandosi poi verso la figura slanciata del corvino, il quale ancora osservava avverso Erza. Lei scrutò il profilo della giovane allontanarsi, indecisa sul da fare. Scuotendo il capo con rassegnazione, mosse qualche passo in avanti con una sola parola impressa nella mente: "Gerard".
In quell'istante avvertì il cellulare vibrare.

***


- Vieni.
- No.
- Perché?
- Non ti conosco.
- Sei un senzatetto.
- I miei genitori torneranno a prendermi.
- Non è vero. Mettitelo in testa.
- Sono solo?
- Ci sono io.


- Non riesci a dormire?
Non poté evitare di sussultare al mormorio che aveva spezzato improvvisamente il silenzio. Voltò il capo verso la voce che poco prima l'aveva fatto sobbalzare, scoprendone poi la fonte. Squadrò l'interezza della figura per qualche secondo; la sua ombra lo sovrastava e i suoi capelli corvini gli impedivano di scorgere finemente i tratti del viso, l'unico particolare che notava erano gli occhi color rubino e la pelle diafana. Il ragazzino da poco apparso esitò qualche secondo, quasi pentendosi di avergli rivolto la parola, per poi sedersi cautamente di fianco a lui.
- Io mi chiamo Ryos. - mormorò qualche secondo dopo, quasi sbottando. Solo in quel momento Sting notò il lieve filo di porpora sulle sue guance, il quale risaltava particolarmente alla luce dei lampioni. L'osservò per diversi attimi per studiarlo, per poi inclinare il capo lateralmente.
- Che nome da femmina. - commentò, compiacendosi nel vedere il viso niveo dell'altro contorcersi in una smorfia imbarazzata.
- E quale sarebbe il tuo nome, di grazia? - sibilò il giovane dai capelli neri, stringendo le ginocchia fasciate dai jeans strappati al petto. - Non sarà di certo meglio del mio.
- Sting. - replicò frettolosamente il biondo, non lasciando all'altro il tempo di aggiungere un'altra parola. Egli lo squadrò negli occhi - il biondo si stupì notando quanto quelle pozze scarlatte fossero profonde -, per poi mormorare un conciso "Sting", quasi a volerlo memorizzare.
- Allora, piacere. - continuò piatto il ragazzino dagli occhi turchesi, scrollando le spalle. Ma il corvino non parve udirlo, infatti portò lo sguardo  sulla tasca dei suoi pantaloni, estraendone poi il cellulare. Sting fece per schiudere le labbra e mormorare qualcosa - quel tipo doveva distrarsi proprio quando avevano cominciato a fare amicizia! -, ma scorgendo poco dopo lo sguardo perplesso dell'altro leggendo il nome sullo schermo, si bloccò qualche secondo.
- Tutto apposto? - fece, con un'espressione serafica in volto. Ryos parve riaccorgersi della sua presenza solo in quel momento, infatti ripuntò gli occhi improvvisamente smarriti in quelli celesti del quattordicenne, mormorando poi un flebile "sì".
- E' l'ex di mio fratello. - spiegò, passando con lentezza gli occhi cremisi lungo la scritta del nome. Sting incurvò le labbra in una smorfia, poggiando il capo contro la parete dietro.
- E tu perché parli con l'ex di tuo fratello? - chiese, inarcando scettico un sopracciglio. Ryos osservò prima lui e poi il telefono, corrucciato.
- Loro... lui ha fatto un casino, ma lei ci vuole stare insieme... ma lui non ne vuole più sapere e-
- E quindi te la sorbisci tu. - completò il biondo, accennando un lieve sorriso sulle labbra rosate. - Che vitaccia.
Ryos ridacchiò, ma nel suo sguardo Sting lesse una nota di amarezza.
- Come si sono lasciati? - fece, incrociando le mani dietro la testa. - Se posso chiedere.
Il corvino digitò qualche lettera sul cellulare, per poi fare una smorfia e voltarsi nuovamente verso di lui, scrollando le spalle.
- Credo l'abbia tradita con la sua migliore amica. - spiegò solamente.
- Amica di lei o di lui?
- Di lui.
Sting fischiò con fare scherzoso, per poi stendere le labbra in un vero e proprio sorriso. - Deve avere tanto coraggio per volersi rimettere insieme a lui.
- Già, mio fratello è... - Ryos si bloccò qualche istante, indeciso su cosa dire. - particolare.
Calò per diversi attimi un pesante silenzio, che mise entrambi i ragazzini a disagio - più di quanto non lo fossero già.
- Come si chiama? - Sting spezzò quel frangente di pressione con un lieve sorriso, non ricambiato dal corvino, il  quale, con in volto un'espressione quasi persa, lo scrutò a lungo. Ryos si voltò verso di lui con una smorfia sbieca, osservandolo confuso.
- Chi?
- Tuo fratello.
Il corvino scrutò ancora per qualche secondo il biondo, indeciso se rispondere. Non gli piaceva parlare di Gajeel, affatto. Rievocava solo brutti ricordi. Poi scrollò le spalle, delineando sul proprio volto l'ombra di un tenue sorriso, nel quale Sting riuscì comunque a scorgere la nostalgia. La provava spesso anche lui, quella sensazione, quella di abbandono.
- Gajeel. E' da qualche parte là, alla stazione. - replicò poco dopo il giovane dai capelli neri, puntando gli occhi cremisi in avanti. - Siamo fratelli di sangue, ma per il resto...
E si bloccò, quasi squittendo, con gli occhi sbarrati. Sting a sua volta spalancò gli occhi celesti e boccheggiò per qualche secondo, trattenendo inconsciamente il respiro, confuso dal repentino cambiamento di espressione dell'altro ragazzino. Ma egli si destò poco dopo, soffocando la tensione in un sorriso falso.
- Scusa. - asserì con tono mortificato. - Quando parlo di lui capita che... io... io sto... male.
Eucliffe non seppe che rispondere, solamente annuì con titubanza scrutando con velata curiosità il coetaneo.
- Io ho una sorella. - cominciò poi, tentando di alleggerire l'aria pesante. Si sforzò di sorridere, mentre già avvertiva il cuore stringersi. - Ora non so dove sia. Ricordo a mala pena il suo nome e il suo volto.
Ryos strinse le ginocchia al petto, ascoltando con curiosità ogni parola del biondo.
- Era sempre premurosa con me. Era sempre gentile e buona con tutti. - continuò il ragazzino dai capelli dorati, stringendo appena le sottili  labbra. - Poi un giorno scomparve.
Il corvino sussultò lievemente; quelle parole erano state pronunciate con un distacco tale da fargli formare un groppo in gola. Per spezzare la tensione, o almeno questa era la sua idea iniziale, mormorò un flebile "capisco", probabilmente nemmeno udito dal biondo.
- Però non mi manca. - sembrava ormai parlare da solo, come se la figura dell'altro giovane non vi fosse stata. - Ero troppo piccolo quando è scomparsa. Tutto ciò che so di lei me l'hanno detto i miei genitori.
- E loro dove sono? - domandò di rimando il giovane dai capelli scuri, non spostando lo sguardo dal cielo, titubante di incontrare quello del ragazzino di fianco.
Sting esitò, improvvisamente a disagio, con gli occhi che sembravano essersi umidificati all'istante, senza che l'altro se ne accorgesse.
- Stanno sempre fuori per lavoro. Io non ho parenti qui, quindi spesso sto anche per più di un mese da solo. - spiegò, la voce che tremava impercettibilmente. - E i tuoi?
Fu la volta di Ryos ad esitare. Non replicò e ciò basto a Sting per capire la risposta implicita. L'osservò a lungo, nel vano tentativo di trovare un particolare che potesse dargli qualche segnale, ma vide solamente l'espressione improvvisamente ed erroneamente fredda del corvino.
- Mi dispiace. Non volevo. - si affrettò a mormorare, abbassando gli occhi sulle nocche. Notò Ryos ripetere la medesima azione, con in volto una smorfia sbieca e indecifrabile.
- No... - sibilò quest'ultimo qualche secondo dopo. - Sono vivi, almeno credo.
Sting inarcò le sopracciglia, ma non osò rivoltare lo sguardo verso l'altro, che, invece, aveva rialzato gli occhi verso il cielo.
- Non li vedo da tanto tempo. - continuò. Il biondo si strinse nelle spalle, cominciando a sentirsi esageratamente a disagio, quasi estraneo a tutto ciò che lo circondava.
Non replicò, rimase in silenzio, lasciando che le braccia di Morfeo lo avvolgessero lentamente, consentendo così alla sua vista di divenire sfumata e alla sua mente di addormentarsi placidamente.

***

- Papà.

- Sì?
- Io non voglio stare qui.
- Ma c'è tuo fratello.
- Lui non è mio fratello.
- Gli vuoi bene, no?
- No. Per colpa sua mamma non c'è.
- E' solo andata via per un po'.
- Aveva detto che non sarebbe tornata.
- Non l'ha detto.
- Non tornerà. 
- ... già.



- Svegliati. Lyon, avanti! - mugugnò nel sonno udendo quelle parole; schiuse gli occhi color pece e immediatamente li strizzò, infastidito dalla luce del sole.
- Neh, otouto, che diamine vuoi?! - sbottò; avvertiva il dolore alla schiena persistere. Di certo dormire su una panchina non era stata la sua idea migliore.
- Non sono Gray. - replicò la voce; così, controvoglia, aprì gli opali e scrutò la figura che si era accucciata davanti. Il viso giovane e niveo gli si parò davanti e quegli occhi blu oltremare lo ipnotizzarono per diversi secondi.
- Lluvia... - mormorò con tono neutro, quasi incosciente. Gli bastò una manciata di secondi per strabuzzare gli occhi, ormai divenuti brillanti, e sorridere raggiante. - Buongiorno, Lluvia-chan!
- Solo Lluvia. - lo corresse la ragazza, stringendo le spalle e aggrottando le sopracciglia. Il più vecchio vagò con gli occhi fino a giungere alla sagoma dietro alla giovane, e, dopo tale azione, il suo sguardo mutò da sognante a seccato - come sempre.
- Oh, ci sei anche tu. - asserì con ostentata freddezza, ricambiando l'occhiataccia di Gray.
- Mai stato più felice di rivederti, Lyon. - masticò tra i denti il più giovane dei due, incrociando le braccia al petto.
Lyon non parlò per diversi attimi, così come gli altri due presenti, per poi sbottare in tono melodrammatico: - Si può sapere perché mi avete svegliato? Siamo per caso salvi? Magari a Kushiro*, da Ul, al calduccio, davanti al camino, con Silver che ci abbraccia...
- No, siamo ancora ad Okinawa. - replicò Fullbuster quasi interrompendolo, intontito dalla spossatezza del compagno, inclinando lateralmente il capo. Vide l'albino rimanere paralizzato qualche secondo, per poi sbuffare sonoramente.
- Allora hanno trovato qualche treno disponibile?
- No.
- Un pullman non sfasciato?
- No.
- Un elicottero?
- No.
- Una barca?
- No.
- Un qualcosa che potrebbe buttarci fuori da questo casino?
- No.
- E allora perché diamine mi avete svegliato?!
Gray, che aveva risposto a tutte le sue "domande", sbuffò a sua volta, alzando gli occhi al cielo. La testa gli doleva; fosse stato per lui, si sarebbe rimesso a dormire.
- Per la colazione. - asserì, gustandosi poi gli occhi assottigliati in un'espressione terrificante di Vastia. Adorava farlo innervosire, soprattutto di prima mattina. Rammentava che da bambini, ogni giorno, all'alba, trovava qualche modo per fargli saltare i nervi - poi doveva vedersela con suo padre Silver, che quando s'arrabbiava era una furia, ma vedere Lyon dare i numeri era senza prezzo.
- Capisco. - fu la risposta sibilata dall'albino, cui espressione agitata stava pian piano scemando, forse a causa della presenza di Lluvia - di certo arrabbiandosi non avrebbe fatto una gran bella impressione alla giovane.
- La tua classe è di là. - Gray accompagnò la frase con un movimento del capo, indicando dietro le proprie spalle. - C'è praticamente tutta la scuola. Solo il preside se l'è svignata.
L'albino annuì, tacendo; poi mormorò: - Che ore sono?
- Le undici. - disse il corvino, lasciandosi andare ad un sospiro. - Dovresti andare da Chelia. Era molto preoccupata.
Lyon aggrottò le sopracciglia al solo sentir quel nome; quella ragazzina era tra le oche più irritanti che conoscesse - soprattutto perché si ostinava a stargli addosso.
- Va bene. - sibilò con uno sbuffo tra le labbra, issandosi sulle braccia e alzandosi da quella comodissima panchina. - Si è capito se 'sto terremoto ci sarà o meno?
Lluvia, la quale era rimasta indietro in silenzio, mormoro un flebile "no", che non fece altro che annerire ulteriormente l'umore dell'albino.
Egli, con le labbra piegate in una smorfia, fece qualche passo verso il gruppetto di ragazzi là vicino, quello in cui probabilmente vi erano i suoi compagni di classe - almeno secondo le supposizioni di Gray, delle quali non sapeva se fidarsi o no.
Nel mentre, il giovane dai capelli corvini aveva seguito con lo sguardo il suo profilo che si allontanava, ciondolandosi avanti e indietro come per scaricare la tensione.
Lluvia aveva a sua volta scrutato i due compagni con curiosità, celata sotto la spessa maschera di freddezza che aveva creato in quegli ultimi anni.
- Siete davvero fratelli? - chiese con titubanza, lasciando che un lieve porpora le vivacizzasse le gote. Quando Gray si voltò ad osservarla, strabuzzò lievemente gli occhi vedendo l'espressione imbarazzata della giovane. Nonostante il poco tempo passato insieme - nel quale non si erano nemmeno parlati -, aveva avuto l'impressione che fosse una ragazza fredda e distaccata. E, invece, forse era solo un po' tsundere - proprio come lui.
-
E' una situazione complicata. - era solo un sussurro, la sua espressione era assente. Lluvia, notando il repentino cambiamento nell'umore del ragazzo, trattenne il fiato qualche secondo, stringendo una mano in grembo. Avvertiva un groppo in gola, forse proprio a causa di quella domanda scomoda.
- Lui... siamo fratellastri. - sembrava essersi ripreso da quella stasi, Gray, mentre riposava delicatamente il suo sguardo su quello della fanciulla. Quest'ultima, in improvviso imbarazzo, vergognatasi di aver generato tale reazione al compagno, annuì tacendo e non proferì parola per qualche secondo.
- Gray-sama e Lluvia dovrebbero tornare dai loro compagni. - mormorò poi, piano, delicata, quasi impercettibile. Fullbuster diede assenso con un'occhiata, mentre una domanda sorgeva spontanea.
- "Gray-sama"? - ripeté, cominciando ad incamminarsi verso il gruppo della scuola, affiancato dalla Loxar. Lei imporporò nuovamente, sussultando e stringendo le spalle come per proteggersi.
- Lluvia p-pensa che sia più ri-rispettoso utilizzare l'onorifico. - borbottò, generando l'ombra di un sorriso nel volto sempre distaccato di Gray.
Mossero passi lenti, cauti, quasi incerti verso gli altri. La voglia di rimanere lì, bloccati sul posto, a guardare il sole splendere e ad ascoltare il premente silenzio, cresceva smisuratamente ogni secondo di più.
- Ehi, testa calda! - esclamò il corvino, andando incontro a Natsu, il quale, con in volto una smorfia sbieca, stava cercando in tutti i modi di chiudere la cerniera di un borsone, là, poggiato ad una parete impiastricciata di scritte. - Che stai combinando?
Il rosato si accorse solo allora della sua presenza; si voltò verso di lui con due profonde occhiaie a solcare il viso ambrato, le labbra schiuse e gli occhi socchiusi. Almeno Lyon non era l'unico a non aver passato una nottata orribile.
- Principessa delle nevi. - esalò in tono grave. - Io non ce la faccio più. - continuò; sospirando. - Solo perché mi hanno beccato con Happy, tutti mi hanno preso per un cat-sitter. Ci saranno quattro gatti qua dentro. - concluse imbronciato, alludendo al borsone.
Gray, che aveva serrato le labbra e stava fissando Natsu con sguardo indecifrabile, non proferì parola.
- Ci sono Happy, il gatto del biondino di ieri... e poi ne ho trovati anche altri due, che a quanto pare sono del metallaro. Ma dico: ti sembra normale che un tipo del genere abbia a casa dei gatti? Io non ci credo. Ma perché non ci fanno tornare a casa nostra? Potrei mollarli nella topaia di Redfox, a me importa solo di Happy e a limite di quello del ragazzino.
- Natsu... - mormorò assente il più grande, osservando di sbieco il compagno. Ma non seppe cos'altro aggiungere, la sua espressione era più che eloquente.
- Probabilmente tutto verrà raso al suolo e io mi devo prendere cura dei gatti, mah!
Gray scosse il capo, rassegnato all'imbecillità del suo "migliore amico" - ancora non aveva ben compreso cosa fossero, loro due.
Alleggeriva la tensione, la presenza di Dragneel, ma delle volte era davvero di troppo - come in quel momento.
- Vado in bagno. - annunciò poco dopo il giovane dalla pelle nivea, superando di qualche passo il rosato e dirigendosi verso l'entrata della stazione. Appena varcò la soglia, si stupì nel notare quanta gente ci fosse; il giorno prima era quasi vuota. Non sapeva se fossero tutti appartenenti alla scuola; non gli importava.
Mosse diversi passi verso il cartello con scritto "toilette" e dopo poco trovò la porta. Quando la spalancò, un odore acre gli riempì le narici e dovette tossicchiare qualche volta per scacciare la sensazione di nausea. Si avvicinò al lavandino e, senza curarsi di aver dietro fazzoletti o quant'altro, si sciacquò il viso con estrema lentezza. L'acqua era fresca se non gelida, sembrava lavar via ogni cattiva sensazione.
Peccato che una di esse ancora albergasse senza tregua nel profondo del suo animo.

***


- Smettila di prendermi in giro.
- Non sto facendo nulla di simile.
- Stai zitta o distruggerò seriamente tutto.
- Stai solo distruggendo te stesso.



- Hai sentito?
- Sì. - la sua voce era neutra, sbagliata.
- Sei preoccupato?
- Perché dovrei?
- Sii serio, Gerard.
I suoi capelli color cobalto risaltavano nell'ombra del piccolo monolocale; i suoi tratti distesi in un'espressione pacata erano illuminati dalla fievole luce che proveniva da fuori.
- Dovresti chiamarla. - la giovane dalla pelle candida ravvivò i capelli corvini con una mano, accavallò le gambe e osservò con i suoi occhi penetranti il ragazzo.
Egli le lanciò solo una breve occhiata, scrollando le spalle.
- Se ci fosse stato bisogno, mi avrebbe chiamato lei. - replicò placidamente, stringendo le braccia al petto.
Ultear l'osservò di traverso, aggrottando la fronte scocciata.
- E' la tua fidanzata, - fece, quasi sibilando. - dovresti preoccuparti per lei.
Gerard indossò uno sguardo freddo, distante - quello che assumeva ogni volta che voleva essere lasciato da solo -, per poi asserire tagliente: - Sai meglio di me che dopo ciò che è successo non stiamo più insieme. Mi chiedo se la nostra fosse veramente una relazione.
- E tu sai che è stato un incidente.
- Certo, però se fossi stato io a farlo sarebbe stata tutta colpa mia, mh? - si stava pian piano delineando il profilo di un ghigno sul suo volto, quello che fino ad un anno prima era sempre pacato e dolce. - Non a caso sono venuto a vivere qui, lontano da lei.
- Stai esagerando. - la voce della ragazza era carica di ansia; arpionava con le dita il bordo della scrivania. - E' stato solo un malinteso. Era la prima ragazza di cui sei stato innamorato e te la sei presa, lo capisco. Ma stai andando oltre. Non è solo colpa sua.
Gerard alzò gli occhi al cielo, soffocando una risata amara. Ultear detestava quando si comportava così.
- Avrei anche accettato le sue scuse se fosse stata con un ragazzo. - asserì, sorridendo falsamente. - Ma era una lei, e, sai, sapere che la tua ragazza è in realtà dell'altra sponda ti fa un po' incazzare. - aveva un groppo in gola, nonostante la maschera di freddezza reggesse, ma continuò imperterrito. - E io che ero convinto che amasse solo me, dopo tutti messaggi smielati che mi inviava ogni sera. Evidentemente ero così idiota da non capire nulla.
- Aveva bevuto. - provò nuovamente a giustificare Ultear, strizzando gli occhi.
Fernandes, però, non mutò espressione.
- Ubriaca o meno l'ha fatto. Punto. - concluse tagliente, stringendo eccessivamente le braccia al largo petto. - E non provare mai più a farmi cambiare idea su Erza, sai che i miei sentimenti per lei sono cambiati molto tempo fa. - un sibilo terribilmente gelido, che, inconsciamente, ferì il suo animo più di quanto avrebbe dovuto fare. Sbuffò, soffiando via aria condensata. Faceva terribilmente freddo.

***
Un lieve tremore, un ticchettio di oggetti che venivano malamente gettati al suolo.
- G-Gajeel? - il suo era solo un mormorio, un sussurro, un soffio nel caotico concerto che si stava manifestando.
"Vieni ad aiutarmi" strizzò gli occhi, appiattendosi contro il muro. "come sempre".
Non capì cosa stava succedendo, si era solamente lasciato scivolare lungo la parete, le mani strette tra i capelli a coprire il suono ovattato del tremolio e le ginocchia strette al petto, la fronte poggiata contro esse e gli occhi vermigli schiusi, velati di lucido.
Tutto sembrava distante, non udiva nulla, non avvertiva niente.
Forse stava crollando tutto, forse di lì a poco il tetto gli sarebbe caduto in testa, o forse non stava succedendo nulla e lui era semplicemente diventato folle.
Non seppe da dove prese il coraggio per alzare di poco il capo, giusto per scrutare cosa stesse succedendo lì intorno. E lì intorno non vi era nulla.
Polvere, strati di cemento o non sapeva cosa fossero. Li guardò a lungo, rimuginando, confondendosi, non comprendendo.
Poi semplicemente chiuse gli occhi, urlando di smetterla, di smettere di tremare, ma nessuno lo udì.
La luce celata dalle palpebre si fece faticosamente spazio attraverso le ciglia, convincendolo che sì, era sveglio, era lì, tutto stava crollando, la terra si stava muovendo, lui era solo, lì, ad urlare silenziosamente.
Non capì niente, non comprese cosa fosse successo; si lasciò solamente andare, si addormentò nel tentativo di staccarsi dal resto.
- Ryos?! - non voleva aprire gli occhi. Non doveva.
"Non svegliarmi, non svegliarmi, non svegliarmi".
- Ryos, maledizione! Dobbiamo andar via!
"Non svegliarmi, non svegliarmi".
- Ehi, Ryos, vieni! - la stava ascoltando, era una voce gentile, placida. Non era di Gajeel. Quando schiuse gli occhi, vi trovò solo un paio d'opali turchini, sorridenti.
Eppure stava crollando il mondo.
- C-che succede? - la sua voce era diversa, era terribilmente acuta, stridula e non sembrava appartenergli.
- Ci siamo persi. - annunciò la figura; un lungo graffio cremisi a sfregiare il volto candido, lì, sul sopracciglio.
- E-eh? - non aveva la forza di replicare, non capiva.
La sagoma sorrise, i capelli dorati gli coprirono lievemente quella ferita sulla fronte.
- Sei ancora scosso, eh? In fondo è successo tutto così in fretta! - sembrava quasi scherzare, quel tipo, con quel sorriso falso stampato in volto. - Pensavo che saremmo morti tutti, sai?
Riprese il controllo del proprio corpo, si accorse di non avere più le mani sul capo e le ginocchia strette al petto. Solamente tanta confusione in testa.
- Dove siamo? - chiese con fatica, sgranando lievemente gli occhi cremisi. Vide Sting - o almeno ricordava vagamente che quello fosse il suo nome - inclinare di lato il capo, scrutandolo pensoso.
- Un bel po' lontano dalla stazione. - gli rispose cordialmente, mantenendo quello sguardo scintillante che gli faceva inconsciamente accapponare la pelle tant'era acceso. - Ieri c'è stato il terremoto.
Gli si mozzò il fiato in gola.
"Ieri? Ma che-?"
- Eri così tanto scioccato, ieri, che hai automaticamente rimosso tutto? - quasi in un gesto affettuoso, il biondo gli posò una mano sul capo, lasciandolo per diversi secondi basito. - Ho provato a chiamare dal tuo cellulare, ma non c'è campo.
Ryos non seppe che rispondere, semplicemente collegò la figura del giovane al suo cellulare e immediatamente diventò paonazzo, quasi involontariamente.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Sting ridacchiò, porgendogli il suddetto aggeggio e mormorando: - Non ti preoccupare, delle foto di Iron Man non dirò niente a nessuno!
Il corvino s'imbronciò, non tenendo veramente conto della situazione. Guardandosi con circospezione attorno, un groppo gli si formò in gola.
- E gli altri dove sono?
- Te l'ho detto. - ribadì il biondo, sbuffando. - Ci siamo persi.
Non aveva vissuto realmente quel sisma, non l'aveva sentito, aveva scordato tutto, ma di sentire il cielo crollargli addosso non glielo impedì nessuno.





where are you now? are you lost?
will I find you again?
are you alone? are you afraid?
will I see you again?

- Hymn for the missing; R3D






Kushiro = città portuale di Hokkaido.




Naru's corner:
dopo due o tre mesi - o giù di lì - che non aggiornavo, eccomi qui!
Chiedo perdono per il capitolo pietoso, ma la prima parte l'ho scritta ad Aprile e il resto tutto in un giorno - quindi oggi.
Inoltre il continuo cambio di scena è abbastanza confusionario, ma se non lo facessi i capitoli verrebbero ancora più lunghi e non aggiornerei mai più. E io odio lasciare le fiction in sospeso - cosa che faccio sempre e comunque. Mi scuso anche nel caso il capitolo fosse corto, io in genere scrivo cose molto più brevi e non mi so equilibrare con ciò-
E niente, non penso ci sia molto da dire.
Bene bene... eh, la fiction si basa su un terremoto e io ho saltato totalmente la parte del sisma. Ma a quello ci arriveremo - o meglio dire, torneremo tra flashback e roba varia (?).
E Iron Man non è casuale. Insomma, Gajeel... qui Gajeel è il "fratello" di Rogue e quindi... Iron man...
[...]
Chi sarà mai l'ex fidanzata di Gajeel - domanda molto prevedibile - e la sua migliore amica - id
em - e perché l'ha tradita - unica domanda decente - ?
Lyon è davvero così rincoglionito come sembra - molto probabilmente sì - ?
Chi sarà la sorella di Sting - 
viva l'ovvietà - ?
E che ne è di Silver, Mika e Ul?
E Ultear che diamine c'entrerà?
E perché Gerard è così tanto stronzo - amore mio <3 - ?
Ok, questa è davvero scontata e quindi, su, l'abbiamo capito.
La smetto di farmi domande da sola perché se no, per togliere il dente, direi tutto ora.
Questa fic sembra tanto un soap, santi numi.
Ringrazio coloro che hanno inserito la fiction tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito. Inoltre mi scuso per il ritardo, ma, insomma, la scuola-
Quindi niente, ora mi dileguo e vado a scrivere altre fiction perché sì-
Alla prossima_

-Naru
  
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