Ho paura. Ma io posso permettermi di
avere paura, non essendo ancora morto. Almeno, queste sono le parole che mio
padre usa sempre per rincuorarmi.
Ma mio padre? No, mio padre non può avere paura. Nel nostro villaggio la paura
non esiste.
Perchè l'unica vera paura è quella della morte, tutte le fobie sono rimandabili
all'ancestrale terrore della fine.
Ma il nostro villaggio ha sconfitto la morte. Di che dovremmo avere paura?
"Dammi il ragazzo, Higo! E' cio che mi devi!"
La spada di mio padre incrocia il pugno del mostro, fermando il terribile colpo
con un sordo rumore di metallo.
Perchè trema? E suda!
"Papà, cosa ti prende? Tu sei l'uomo più forte del villaggio, non conosci
la paura!"
Urlo con quanto fiato ho in gola, più di quanto abbia mai fatto in vita mia.
Con il braccio bloccato, l'unica cosa che posso fare è sostenere
psicologicamente mio padre.
E a quel punto, papà finalmente ribatte.
"Kakuzu! Non era questo il nostro accordo! Hidan non ha neppure affrontato
la morte, non prendere lui! Credevo di essere io la tua preda!"
Kakuzu? E' questo il suo nome?
"Che parole coraggiose, signor capovillaggio. Ma se hai tanto coraggio da
urlare davanti a me, quando sai benissimo che mi fa imbestialire... se hai
tutto questo coraggio, perchè non dici al cucciolo che vuoi tanto proteggere su
cosa si regge il pilastro che tiene in alto lui, sua sorella e suo padre?"
Mio padre non risponde. Anzi, ha allentato la forza che imprimeva sulla spada,
ancora in conflitto con la mano chiusa del mostro. Ha sgranato gli occhi, e ha
ripreso a sudare.
"H-Hiina! Sai cosa devi fare! Porta Hidan via da qui!"
"Ma, papà..."
Mia sorella è sconvolta. Ma è sconvolta in un modo diverso da me. Lei sa di
cosa sta parlando il mostro, lo sa bene.
"Hiina! Obbedisci!"
Un misto di terrore e coraggio, una sensazione nuova e indescrivibile, permea
mio padre. Un'altalena di emozioni contrastanti lo domina. E io? Io sono
inutile. Non sono ancora morto, non posso fare nulla. Ma condivido ciò che sta
provando mio padre.
"Fermati, Hiina! Dove mi stai portando! Fermati! Dobbiamo andare ad
aiutare papà!"
Hiina era corsa fuori da casa come un lampo, dopo avermi afferrato per il
braccio e avermi rudemente strappato alla presa del mostro. E, mentre correva a
perdifiato, piangeva. Piangeva a dirotto.
Guardandola, sentivo dolore. Dolore che non era dovuto alla profonda abrasione
che mi aveva procurato la presa di quella mano fortissima sul braccio, ma che
era provocato dal timore di essere io la causa di quel pianto.
Per questo la sua voce rotta dai singhiozzi mi giunge come una fitta al cuore.
"Hidan... non so cosa succederà a papà. Non lo so. Ma so che cosa devo
fare. Questo si. Papà me lo ha spiegato mille volte."
Hiina sta sorridendo.
"Fratellino... ora è necessario che tu muoia."