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Autore: Everian Every    04/06/2016    1 recensioni
(Per capire meglio gli eventi narrati in questa ff, è necessario aver letto Over Worlds - Total War) (Forte presenza di Autori)
L'Omino di mai, la Follia, ha cacciato con un subdolo stratagemma il Mastro dal suo Mondo, prendendone il controllo. Per poterlo dominare del tutto, ha scatenato l'esercito di Rovine affinché l'Universo fosse raso al suolo, così da poterlo ricreare a suo piacimento.
Per evitare che il Mastro tornasse e lo fermasse, ha rapito una ragazza da un altro Universo ed ora la tiene in ostaggio. Il Supremo non ha tuttavia fatto i conti con un certo gruppo di eroi che faranno di tutto per salvare la loro amica.
Enjoy this :D
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Over Worlds'
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Le onde sonore si infransero contro quelle create da Lelq, che si mise prontamente a difesa dei suoi compagni. Impegnato a contrastare l'attacco musicale di Rubens che si era messo a roteare sulla schiena lanciando miriadi di raggi concentrati di onde sonore a destra e a manca provocando una sorta di uragano verde, il musicista della Lucas Force non si accorse di Uroi, la quale, per nulla ferita dal suono lacerante del compagno, era scattata alle sue spalle e aveva preso Gyber per il collo.
A nulla erano valsi i tentativi del lord di liberarsi, non sembrava esserci forza in grado di spezzare la presa della donna. La generalessa strinse la presa fino a incrinare le vertebre, mentre una luce verde chiaro illuminava i tatuaggi che le coprivano il corpo, rilucendo anche da sotto la veste pesante da sacerdotessa. La luce avvolse l'antracia che emise un verso strozzato e svenne. Randor, ancora prigioniero nell'altra mano, gridò alla vista dell'amico, credendolo morto, e emise tutta in una volta una potente folata di energia oscura che travolse Uroi.
La magia del tecno-guerriero arrivò a Rubens, il quale si trovò in difficoltà e ruzzolò su sé stesso per recuperare l'equilibrio e rialzarsi. Quando l'energia oscura si fu diradata, Randor guardò dritto davanti a sé. Uroi era ancora nascosta da una coltre buia, insieme ai compagni del ragazzo. Le si vedeva solo la mano spuntare dal fumo. Poi una luce viola baluginò nell'oscurità e un sibilo fischiò.
Rubens gridò, scattando in avanti e teletrasportandosi, riapparendo a braccia spalancate vicino a Randor. Un secondo sibilo fece fischiare le orecchie al ragazzo e poi, proprio a pochi centimetri dal suo volto, vi fu una sorta di frattura nel tessuto della realtà che vorticò su sé stessa per poi svanire e causare un'esplosione che lo avrebbe di certo spazzato via se solo Uroi non lo avesse tenuto fermo così saldamente. La spinta dell'esplosione tramortì il che si afflosciò inerme.
Uroi emerse dal fumo nero e scrutò Rubens con occhi criptici. Non era più illuminata e aveva allentato la presa sul collo dei due eroi, ma ancora li sorreggeva come sacchi di patate. Rubens la fissava allibito.
"Sei impazzita?!" esclamò "Lo avresti ucciso! Che avrebbe detto il grande e potente signore Adreus se gli avessimo portato un cadavere senza testa?! Che ti dice il cervello?!"
"Taci." lo zittì lei. "Ora tramortiscili, prima che possano riorganizzarsi."
La donna non aspettò nemmeno risposta, si incamminò subito lasciando di stucco Rubens, che, scossa la testa con un sospiro desolato, si voltò verso i membri della Lucas Force. L'energia sprigionata dalla guerriera li aveva sovraccaricati, facendo perdere loro i sensi. Tuttavia, ora che l'attacco dei due generali era cessato, si stavano rialzando mugolando intontiti.
L'uomo impose le mani su di loro ed emise una melodia rilassante. L'adrenalina nei loro corpi venne meno e iniziarono a perdere nuovamente le forze, ripiombando a terra uno dopo l'altro. L'ultimo a cadere fu Lelq che allungò una mano cercando di fermare i due dal portare via i loro compagni.
Poi stramazzò a terra.
 
I due generali camminarono sul terreno reso accidentato dall'assalto aereo di Uroi di poco prima. Nessuno dei due aveva voglia di parlare di quanto era appena accaduto. Avevano disobbedito agli ordini di Adreus, che aveva detto loro di non andare dai ragazzi, di non portarli da lui. Avevano mentito al gruppo facendo credere loro che così non fosse. E, come se non bastasse, li avevano aggrediti senza motivazioni valide. Sarebbe bastato spiegarsi meglio. Senza tralasciare lo scatto di rabbia di Uroi, che aveva quasi ucciso, no, no... eliminato per l'eternità uno dei membri della squadra.
Alla fine Rubens ruppe il silenzio.
"Perché mi hai chiesto perché l'ho fatto?"
Lei lo guardò sempre con quell'espressione fredda e accusatoria che non addolciva mai.
"Di chi parli, bimbo?"
"Sai di cosa parlo." la guardò. Anche i suoi occhi, tornati ad essere grigi, erano schegge di ghiaccio che attaccavano la donna "Quando sei arrivata mi hai detto che non dovevamo immischiarci perché Adreus aveva detto così. Perché lo hai detto? Volevi fermarmi?"
"Taci."
"No, voglio una risposta, e la voglio or..."
"Taci, dannazione, taci!" gridò infine lei esasperata, alzando lo sguardo al cielo temporalesco.
Rubens restò per un attimo interdetto a fissarla, mentre avanzavano senza nemmeno guardare dove mettevano i piedi. Poi storse la bocca in una smorfia di tristezza. Sapeva bene cosa stava passando Uroi. Lo stavano passando tutti loro.
Da quando Blaso, o meglio, l'Omino di Mai aveva intrapreso quella folle campagna di conquista, tutti loro erano divenuti bersagli. La politica degli Entes era qualcosa di molto complesso. Essendo loro dotati di un potere tale che un abuso di forza avrebbe distrutto tutto ciò che esisteva non potevano permettersi di combattere tra di loro. Per evitare che il rischio si presentasse, il primo consiglio dei Supremi, formato dai tre Entes più importanti tra cui Unlegal e lo stesso Blaso aveva stabilito delle leggi secondo cui il sigillo che limitava il potere degli Entes potesse essere rimosso solo nel momento in cui uno di loro commetteva un crimine. In questo modo, gli altri Entes, qualora fossero interessati nel fermare il recidivo, potevano privarsi parzialmente delle limitazioni ed intervenire a fermarlo. L'Omino si era avvalso di quella legge. Lui poteva attaccare gli altri Entes al massimo del suo potere, sconfiggendoli, nel momento in cui questi avessero disobbedito alla legge. Disobbedire alla legge equivaleva ad aiutare i ragazzi della Lucas Force. Per questo Unlegal e Ruins erano stati attaccati da Parsifal e poi dall'Omino in persona.
Era una situazione delicata, di diplomazia, in cui nessuno osava muovere un dito per evitare di rompere quell'incantesimo che sorreggeva e teneva unito tutto ciò che esisteva.
E Blaso era stato intelligente a creare quella situazione. Aveva costretto i Supremi diversi da lui ad adottare restrizioni di potere ancora maggiori del solito grazie ad una legge che imponeva loro di stanziarsi in un pianeta e non muoversi da lì, né di usare poteri superiori al venti per cento del loro totale. Insomma, erano come legati ai ceppi. Questo proclama entrava in vigore nel momento in cui Alter Nerius, l'Ens dell'Arroganza e della Modestia, prigioniero nella Cripta, si liberava, per evitare che potesse causare danni. Quando Alter si era liberato, gli altri Entes si erano ritirati in una sorta di arresti domiciliari su diversi pianeti, isolandosi in modo che quell'essere spregevole non potesse rintracciarli e convincerli a scatenare una guerra vera e propria con cui conquistare il potere sul Mondo di Mai, al prezzo di distruggere tutto il resto della Realtà intera. La situazione era rimasta invariata anche quando Alter era stato sconfitto dagli eroi chiamati dal Multiverso da Blaso, questo perché Blaso non aveva avvisato i suoi simili, astutamente, lasciando loro credere di non poter togliersi i sigilli. In questo modo aveva avuto il tempo di accedere al Nulla, dove l'universo in cui si trovavano aveva inizio e fine. Da lì aveva avuto mano libera sull'imporre i sigilli agli altri Entes minacciandoli di distruggere il Nulla alla minima mossa falsa.
Era stato infido e geniale nel programmare la sua conquista.
I generali erano finiti in mezzo. L'Omino aveva scatenato Parsifal, che di solito veniva tenuto rinchiuso nel Mondo di Mai, perennemente sconfitto dal ben più forte Ruins, dal momento che la Rovina aveva un'insaziabile desiderio di distruggere tutti i suoi simili a causa di un'esposizione troppo prolungata all'Abisso che lo aveva fatto impazzire di paura. Blaso voleva usare Parsifal per catturare i Generali, anche se il motivo era sconosciuto. Sette erano già caduti nelle sue mani. Unlegal solo sapeva quali atroci sofferenza il ciclope aveva inflitto loro prima di farli arrivare dalla Follia. Gli altri Generali, forti, ma troppo deboli in confronto al GrandAmmiraglio, avevano paura e si erano rifugiati sotto la protezione degli Entes. Solo che, se questi entravano in conflitto con Blaso aiutando i ragazzi a salvare la loro amica, ogni protezione sarebbe venuta meno. Al tempo stesso, tutti loro sentivano quanto fosse necessario permettere ai giovani eroi di andare avanti con la loro missione. Tuttavia il terrore che Parsifal incuteva in chi lo conosceva da miliardi di anni, da chi aveva visto cosa sapeva fare... Era in grado di paralizzare anche il cuore forte di una donna come Uroi, che non aveva pianto nemmeno quando la sua famiglia era stata sbranata da un demone davanti ai suoi occhi innocenti di bambina, prima che Adreus la salvasse.
"Uroi..." mormorò Rubens, passandosi una mano sul collo.
"No, non... Hai ragione. Sono stata una stupida." mormorò lei, abbassando il capo desolata. "è che vedere tutto questo" fece un ampio gesto con la mano con cui abbracciò il paesaggio devastato e spoglio "un tempo questo universo era meraviglioso. Certo, c'erano conflitti, ma diavolo! C'era vita! Ora cosa resta? Cosa? Sassi? No, nemmeno quelli possono più dirsi al sicuro dalla distruzione. Questo mondo è morto, e noi, che non abbiamo fatto nulla per fermare chi lo ucciso, siamo stati suoi assassini al pari di chi ha mosso i fili direttamente. Se ti ho chiesto spiegazioni al tuo gesto è... è perché avevo paura. Sono stata una vigliacca che è scappata quando la sua presenza era richiesta di più, che nonostante avesse la forza per fare la  differenza non ha mosso un dito..."
L'uomo la scrutò per un poco. Era indeciso sul da farsi. Poi semplicemente si rimise in cammino, mentre un portale si apriva dinnanzi a loro, mostrando un altra zona identica a quella in cui si trovavano, con la sola differenza che lì il terreno non era stato divelto brutalmente. Una melodia placida e gentile si diffuse nell'aria e sembrò quasi avvolgere la generalessa, prenderla tra le braccia e sospingerla dolcemente verso lo squarcio. Alla fine la donna si asciugò gli occhi, rinsaldò la stretta sul ragazzo e partì rincuorata dal potere del compagno, attraversando con lui il portale.
 
Si trovarono dall'altra parte in pochi istanti. Uroi si guardò intorno con aria vigile, in cerca di qualcosa. Intanto Gyber e Randor iniziavano a dare segni di vita.
Rubens li poggiò uno contro la schiena dell'altro e impose su di loro le mani, da cui provenì una canzone dal ritmo incalzante e ripetitivo. Ad ogni basso che la musica accentuava, uno scossone percorreva i due, facendo guizzare di volta in volta sempre più energia in loro. Alla fine, con uno scossone bruco e repentino, i due aprirono gli occhi e si buttarono a terra in preda agli spasmi. L'uomo sorrise imbarazzato.
"Ups, ho dato loro troppa energia!" esclamò ballando due passi di valzer alternati a due di chachachà. Uroi lo guardò e soffocò un sorriso triste, per poi tornare a perlustrare la zona.
"Trovato nulla, bambola?" le chiese l'uomo, apparendole a scatti dinnanzi ballando la laurensia.
Lei annuì dopo qualche istante ad occhi chiusi. Indicò un punto imprecisato davanti a loro in cui l'aria sembrava incresparsi leggermente. Chiunque altro non fosse abituato ad avere a che fare con l'essenza non avrebbe scovato quella perturbazione nell'essenza stessa della realtà nemmeno con tutti i poteri del mondo. Serviva un durissimo e lungo allenamento per comprendere i mille segreti di quel potere straordinario che era alla base di tutto.
"Ottimo, ottimo! Oh, gli angioletti si sono ripresi!" esclamò Rubens, facendo un triplo salto mortale all'indietro con avvitamento e raccoglimento a mezz'aria, atterrando sulla testa con un sorriso eccitato. Un guizzo di vitalità aveva sostituito il gelo che poco prima abitava i suoi occhi.
Randor se ne stava con le mani poggiate a terra, cercando di sollevarsi, ma ancora bloccato su un fianco a terra, intento a rigurgitare l'anima. Gyber tratteneva i conati e se ne stava carponi, con un ginocchio sul terreno. Avevano entrambi gli occhi sbarrati, ma se il primo appariva spaesato e impaurito, il secondo era freddo e aveva un che di spietatezza nello sguardo.
"Ehy!" esclamò Rubens, sparendo e riapparendo in parte al più malandato dei due. "Tecnopate, che stai facendo?" chiese, dando una pacca leggera sulla spalla del giovane pallido come un cencio.
"L-lascialo..." mugghiò l'antracia, cercando di alzarsi, col solo risultato di perdere l'equilibrio e ricadere a terra sulla faccia. Emise un verso di dolore e poi uno meno gentile di frustrazione.
"Su, su, ora, con caaalma, ci alziaaaamo tutti lentamente, leeentameeeente, ok?" Rubens prese per un braccio Randor e, delicatamente, lo aiutò a rimettersi in piedi, facendolo respirare per bloccare il vomito.
"Che... che posto è questo?" chiese spaesato il piccoletto.
"Oltremondo, regno dei demoni. Ma stay tranqua, qui non c'è più briciola alcuna di vita, eheheh!" rispose con aria complice l'uomo, mettendo bene in mostra la dentatura assurdamente colorata. "Siamo vicini al grande e potente signore Adreus, prestate attenzione. Adreus non desidera essere disturbato, ma noi lo disturberemo lo stesso, perché noi possiamo, siamo fighi, no?"
Gyber lo fulminò, mettendosi alla fine seduto e chiudendo poi gli occhi inspirando profondamente. Si sentiva ancora distrutto dalle onde soniche di quel tizio che avevano letteralmente scombussolato tutto il suo organismo. Di certo però, una volta rimessosi in piedi, avrebbe dato tanti generosi e gentili buffetti amichevoli sulla faccia di quel tizio. E anche alla donna. Si, anche a lei, già che lo aveva fatto arrabbiare pure lei. Diavolo, gli avevano rovinato la camicia buona!
"Quindi! Ora noi andiamo dal grande e blablabla lui, vediamo di che umore è, come prende la vostra visita, poi, se cerca di uccidervi, facciamo dietro front, mangiamo un pasticcino e torniamo indietro, semplice, no?" concluse Rubens, sorridendo.
Randor lo fissò sconvolto. Poi fissò Gyber. Poi Uroi. Poi di nuovo Gyber.
"Scherzi, no?" mormorò.
"Certo che no! ANDIAMO!" esclamò l'eccentrico individuo, prendendolo per mano, afferrando poi Gyber per il colletto e tirandoseli dietro senza aspettare il loro assenso, tra le proteste del primo e gli insulti e le minacce del secondo che rischiava di finire strozzato dalla sua stessa camicia preferita.
Uroi scosse la testa e cadde a sedere, poggiando le mani sulle ginocchia nodose. Una luce verde illuminò i suoi tatuaggi e una nenia uscì dalle sue labbra.
 
I tre attraversarono la perturbazione di essenza e si trovarono di fronte un grande mare di terra brulla e rossastra, su cui il vento faceva volteggiare lembi di sabbia. Qualche raro arbusto spuntava qui e là. Il cielo era grigio e immobile, come fosse dipinto.
"Ma... siamo nello stesso posto di prima?" chiese stranito Randor.
"Ti stupisci? Diavolo, ne vediamo di peggiori, amico." borbottò Gyber, che si stava massaggiando il collo intorpidito.
"Vero, vero." rispose il compagno, annuendo.
"Per risponderti, si, siamo nello stesso luogo." disse Rubens, apparendo davanti al duo, facendoli sobbalzare "Ora, vogliate seguirmi, siori, venghini, siori, venghino, venghino! Odio a palate a ore dodici e tre quarti, orsù!"
Si avviò verso un puntino scuro che spezzava la monotonia del paesaggio. Gyber aguzzò la vista per cercare di vedere cosa fosse quel puntolino. Se fosse stato Parsifal? O l'Omino di mai? Però non avevano molte alternative. Non sapevano come tornare indietro, visto che, una volta passati nella perturbazione questa era sparita e qualunque tentativo di tornare sui propri passi era apparso inutile. Lo seguirono, Randor stando dietro l'amico.
Più si avvicinavano, più il puntino diventava visibile, fino ad assumere la forma di un piccolo fauno vecchio e decrepito, seduto su uno sgabello da pianoforte in mogano marcio. Indossava un gilet a cui erano attaccati decine e decine di ami da pesca, una camicia leggera di flanella a quadri e un paio di pantaloni larghi che gli arrivavano fino alle ginocchia, lasciando vedere il resto delle gambe caprine dal fulvo pelo marrone scuro. Gli zoccoli erano bizzarri. Uno era fatto d'oro, l'altro di ossidiana. Sulla testa, a coprire un'acconciatura afro ingrigita dal tempo, stava un grosso cappellone da giocatore di golf su cui era attaccata la spilla con su scritto a lettere rosse e scheggiate "YOU ARE THE NUMBER ONE!". I suoi occhi erano foschi e concentrati. Uno era come un vetro rotto, coperto di fratture che formavano come una ragnatela su una sfera di un biancore che emanava quasi tristezza. L'altro aveva la sclera di un rosso bordeaux con pupilla e iride viola fatte in modo da formare la runa dei Supremi. Due baffi grigiastri gli davano un'aria da vecchio nonno stanco, accompagnati invece da un pizzetto più scuro, ben curato, che sembrava invece appartenere ad un distinto uomo d'affari di mezz'età.
Teneva le mani stretta intorno ad una catenella lunga che cadeva sulle sue ginocchia e poi slittava sul terreno, sparendo in lontananza.
"Signore..." chiamò Rubens, lievemente agitato, stropicciandosi le mani. La musica si era chetata del tutto.
"Shh." disse perentorio. I tre aspettarono in silenzio.
Il fauno storse le labbra e iniziò a tirare a sé la catenalla che si rivelò essere davvero lunga. Tirò per quasi cinque minuti, tenendo un capo in una mano e lasciando ammassare in un piccolo gomitolo scomposto il resto. Alla fine trasse a sé l'altro capo a cui era attaccata... un'ancora. Non un'ancora piccola, da collanina, no. Un'ancora coperta di alghe, lievemente arrugginita, ricurva e dai bordi affilati come rasoi, con tre punte una sulla sommità e due sulle estremità dei due ganci, grande quanto un uomo. E lui la tirava a sé come se fosse una banconota da dieci legata con un fil di spago.
La prese, tirò via le alghe e la lanciò in aria. Con la stessa facilità con cui chiunque avrebbe lanciato in aria una pallina da ping pong, lui la lanciò in aria. Ed era magro. Secco. Debole. GRACILE. Ma tralasciando il fatto che la sua massa corporea era fisicamente troppo piccola perché potesse fare qualsiasi cosa stesse facendo, visto che lui sembrava non dar peso alle leggi della fisica, era abbastanza spettacolare. L'ancora scomparve tra le nubi, accompagnata dallo sferragliare della catenella. Il satiro fissava arcigno in alto, dov'era scomparso il pezzo di metallo. Quando poi l'estremità della catenella si sollevò dal suolo e fece per slittare a sua volta in cielo, con un guizzo improvviso lui l'afferrò e tirò indietro il braccio con un gesto secco. Roteò l'arto e poi lo gettò in avanti con un colpo secco e un lieve mugghio di fatica. La catena fu scossa da un fremito, tendendosi tra la forza che la faceva sollevare in aria e quella che ora la obbligava a ricadere. Poi la pesante ancora si fece visibile e capitombolò sul terreno, a qualche decina di metri di distanza, perforando il suolo in mezzo ad un intenso polverone scuro.
"Ma che..." borbottò Gyber sconvolto. "Ok, siamo strani, ma questo... cioè... Perché?"
Randor lo squadrò scettico. "E tu che mi dicevi che non dovevo stupirmi." l'antracia lo fulminò e Randor si mise subito sulla difensiva, impaurito "Cioè... Come... Io..."
Rubens li divise, portandosi a fianco del piccolo fauno, alto appena un'ottantina di centimetri.
"Signore, sul serio, dovremmo..."
"Dimmi." disse ad un tratto il piccoletto, mettendo a tacere ogni altro rumore. La sua voce era stridula, eppure profonda come un tuono che rimbomba in una caverna. Era fastidiosa, pesante, graffiante. E quando quella voce aveva dato prova della sua esistenza, scandendo quella singola parola, era bastato a gelare l'aria. Non semplicemente metaforicamente, ma letteralmente. Oltretutto ogni cosa, in quel momento, sembrava ovattata, piatta, fredda. "Dimmi, Rubens" seguitò il nanetto "Perché mi hai disobbedito?"
Il generale deglutì sgomento. Iniziava a sudare freddo.
"Io..."
"Perché sono qui e non tre metri sotto terra?" gracchiò ancora l'altro. Si voltò verso di lui, mostrando gli occchi foschi e crudeli di un acido colore giallognolo. Quello destro era coperto da una sorta di alone rossastro che gli dava un aspetto spiritato.
Gyber strinse i denti e fece un passo avanti.
"Signore!" esordì, tentennando quando il Supremo spostò lo sguardo penetrante su di lui "Signore... Ehm... Adreus, supppongo. Ecco. Ci serve il suo aiuto per"
"Taci." impose il piccoletto. La bocca di Gyber scomparve. La sua gola tremò, mentre le corde vocali svanivano. Il lord si afferrò la faccia sconvolto, incapace di emettere suoni, mentre Randor gli si avvicinava preoccupato, tentando di fare qualcosa con la magia nera, senza alcun risultato.
"Rubens, sono molto contrariato dalla tua condotta. Dovrei punirti per aver ignorato così impunemente i miei ordini. Te ne rendi conto?" seguitò Adreus come se nulla fosse, spostando di nuovo la sua attenzione sull'eccentrico uomo. Rubens si sistemò meglio lo stereo legato sulle spalle e si fece forza.
"Signore, mio assoluto e grande padrone, ve ne prego, donatemi qualche istante del vostro preziosissimo tempo, permettetemi di esporvi le mie motivazioni." disse, piegandosi su un ginocchio, la testa bassa. Il fauno storse le labbra e si voltò a guardare in lontananza, facendo ondeggiare tra le dita adunche la catenella.
"Parla, ma in fretta. Sto pescando e non voglio perdere qualche pesce per colpa delle tua insignificanti farneticazioni."
Rubens sollevò il capo visibilmente sollevato, al contrario di Gyber che appariva più guerrafondaio che mai. Randor doveva trattenerlo anche con l'ombra per evitare che andasse dal Supremo e si mettesse a prenderlo a pugni.
Il generale si alzò e si schiarì la gola.
"Mio signore, so che non volete avere problemi e non desiderate mettervi in contrasto con l'Omino di mai, tuttavia è fuori di dubbio che non si possa rimanere immoti dinnanzi a tanta distruzione. L'Omino ha infranto palesemente i limiti imposti dal Consiglio, ha ecceduto sotto ogni possibile punto di vista e va fermato se non punito per le sue mancanze di rispetto. Comprendo che entrare in guerra aperta con lui sia qualcosa di improponibile per il bene di ciò che esiste e non esiste, tuttavia non è lontano dalle nostre possibilità favorire questi giovani eroi elargendo loro i vostri gloriosi e radiosi doni."
Terminò il discorso pieno di fronzoli e tanto disgustoso servilismo e attese la reazione del piccolo oltre essere. Gyber si era chetato un po', pur guardandolo ancora con un cipiglio infuriato, sbuffando e tenendo il petto gonfiato da un focalenergia e da un caioken ridotto. Randor passava lo sguardo nervosamente prima dall'uno, poi all'altro, come aspettandosi un qualche cataclisma.
Adreus sbuffò, alzandosi in piedi. Tirò la catenella e l'ancora gli saettò in mano in pochi secondi, solo che non era più lunga due metri e larga tre, bensì aveva le dimensioni di un ciondolo giocattolo come quelli che si trovano nelle merendine con sorpresa. La catena si rimpicciolì alle dimensioni di una collana che il Supremo si infilò con calma al collo.
"Benché io sia convinto che tu sia solo un debole che non sa adattarsi alla situazione corrente, ammetto che l'idea di Blaso al potere mi secca. Non per altro, solo... beh, sarebbe bello vedere questi mocciosi attaccarlo e morire brutalmente nel tentativo. Acconsento a concedere il mio aiuto." disse, voltandosi con le mani dietro la schiena.
Gyber sembrò quasi soddisfatto e Rubens tirò un sospiro di sollievo. Solo Randor non si fidava pienamente.
Adreus fissò il ragazzetto che si nascose dietro all'amico sotto quello sguardo così penetrante.
"Dimmi, piccola creatura, cosa angustia la tua mente inferiore e limitata dal tuo patetico essere te?" gli domandò. Gyber si mise in mezzo con aria minacciosa e schioccò ripetutamente le dita. Il Supremo lo fissò con aria infastidita; nei suoi occhi lampeggiò un bagliore terrificante, ma al lord non toccò particolarmente. Si indicò il punto del volto dove poco prima aveva la bocca e sbatté un piede per terra. Rubens emise un verso soffocato di preoccupazione, fissando i due con crescente apprensione.
"Non farlo arrabbia-a-are...." mormorò, mordendosi le mani.
I quattro rimasero immobili, in stallo, Randor dietro Gyber, Rubens al loro fianco e davanti a tutti il piccolo Adreus, sovrastato da tutti e tre gli altri. Eppure qualcosa di strano stava accadendo al fauno. Era come se stesse crescendo, diventando sempre più immenso, diventando più grande di tutto ciò che esiste e che non esiste messo insieme, rimanendo però concentrato in quel piccolo corpicino. Nei suoi ottanta centimetri, Adreus parve essere diventato più grande di qualsiasi cosa, schiacciando i tre piccoli esseri che aveva davanti col solo sguardo. Poi però sorrise e l'aria si distese. Tutto tornò normale.
"Mi piaci, piccoletto, i miei generali hanno deciso bene a farti venire qui." esclamò, estraendo le mani da dietro la schiena. Teneva due carta colorate di viola: su un lato era scritto "Odio", sull'altro era inciso il disegno del simbolo dei Supremi. "Non mi esporrò oltre, per voi. Prendete questi doni e andatevene, prima che cambi idea e vi consegni a Blaso."
Rubens sorrise, distendendo i muscoli. Gyber si massaggiò il volto su cui stava ricomparendo la bocca. Randor tremolò, voltando lo sguardo alle loro spalle. La distorsione spazio temporale stava svanendo, lasciando vedere Uroi che meditava. E a qualche kilometro di distanza un'altra distorsione, da cui uscirono i loro amici correndo. I due membri della Lucas Force sorrisero felici nel vederli sani e salvi. Adreus fece per tornare a pescare, ma si bloccò, rabbuiandosi in volto. Scrutò la spaccatura da cui erano usciti i ragazzi, che aveva creato apposta per loro perché li raggiungessero. Lui lo vide prima che fosse visibile.
"Li avete portati da me." sibilò l'Ens, afferrando la catenella a forma di ancora e staccandosela dal collo.
Rubens lo guardò preoccupato, mentre Uroi gli si avvicinava, cambiando espressione nel vedere la sua preoccupazione.
"Mio signore..." fece per dire l'uomo, ma Adreus esplose in una nube di vapore verde acqua molto denso. La sua voce divenne distorta, come se milioni di voci parlassero all'unisono, graffiando il terreno, letteralmente, creando trombe d'aria e profondi tagli nel terreno ad ogni parola.
"LI AVETE PORTATI DA ME!" gridò, mentre in lontananza Lucas e gli altri evitavano il raggio mortale di Parsifal. 
 
Angolo di ME!

Lunghetto, visto che di solito faccio solo quattro pagine a capitolo. Però amen. Portate pasiensia.
Piccolo avviso, da adesso in poi chiamerò i Supremi con il loro vero titolo, cioè Ens (singolare) e Entes (plurale). Se vedrete Supremi o Supremo sarà o un errore mio o riferito ad altri personaggi (Che si chiamano davvero Supremi, anche se in realtà sono Demiurghi). PACE!
Ev.
   
 
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