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Autore: Ambaraba    04/06/2016    1 recensioni
Cosa accadrebbe se i personaggi che ben conosciamo si muovessero in un mondo in cui non ci sono creature a cui dare la caccia, ma ugualmente pericolose? E se gli angeli fossero robot? E se i fratelli Winchester fossero i capi di un manipolo di esseri umani che lottano per la libertà e Metatron fosse l'artefice di una dittatura in un mondo futuristico?
E se qualcuno, caduto dal cielo per sbaglio, venisse a salvarli?
(Piccola rivisitazione fantascientifica sulla nona stagione.)
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gadreel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Capitolo Sei - Il passato

    Rieccomi qui, dopo molti giorni (sigh!) con due nuovi capitoli! ^^ Spero siano di vostro gradimento ^^
Approfitto di questo spazio per porgere un saluto particolare a Momoko, che sta seguendo questa storia con un interesse che mi ha sinceramente sorpreso...! Grazie infinite per il tuo punto di vista e per le tue recensioni :)
Detto questo... Buona lettura!
A. ;)

CAPITOLO SEI.

    La città cresce in verticale.
L'ala dell'Istituto in cui lavora Sam si trova sul punto più alto di Nuova Lebanon, e il panorama è mozzafiato. L'orizzonte, bagnato dal sole, sembra infinito. Campi verdissimi circondano l'agglomerato urbano e si stendono per chilometri e chilometri, fino a sparire nella luce chiara del giorno. E la città è una insolita commistione tra passato e futuro. Le strade portano i segni della battaglia: alcuni edifici sono diroccati, forse a causa delle esplosioni, e vi sono molte macchine che sembrano abbandonate da anni, con la carrozzeria rugginosa e i vetri rotti. Alcuni dei veicoli sono stati ammassati uno sopra l'altro fino a creare una sorta di muraglia compatta – a protezione della città, o per impedire agli abitanti di uscire? La domanda si forma spontaneamente nella testa di Gadreel, che osserva lo scenario con i palmi delle mani premuti contro i vetri delle finestre dell'Istituto – come se volesse toccare tutto, come se volesse imprimersi sotto le dita la texture di ogni cosa.
    «Ti piace?» Sam sorride, con la spalla poggiata alla parete, osservando il suo strano ospite con un certo divertimento. Lo ha lasciato libero di gironzolare in giro e di curiosare come più gli piace, senza alcun problema. Il ricercatore si aspettava di essere investito da una raffica di domande; ma a dire il vero, da quando è entrato, Gadreel ha parlato pochissimo: ogni volta che posa lo sguardo da qualche parte, infatti, trova qualcosa di sorprendente da osservare - ed è troppo preso a guardarsi attorno con gli occhi spalancati per poter parlare. È tutto così nuovo e speciale, per lui...
    «È... Strana,» risponde l'androide, con un sorriso quasi infantile, spostando lo sguardo sull'umano. «Ma bella. Affascinante. Come se... Come se fossero due città diverse fuse insieme, ecco.»
    Sam annuisce, scrutando quegli occhi grigioverdi - e insolitamente
vivi, per un robot.
    «Già,» acconsente l'uomo, raggiungendo l'androide e sistemandosi al suo fianco per poter guardare lo stesso panorama. «Una volta non era così, sai? Ma la guerra ha cambiato tutto... Anche questa città.»
    Gli occhi nocciola di Sam si riflettono nel vetro, mentre la sua mente ritorna alle immagini di un luogo molto differente seppure lontano, nel tempo, soltanto di una decina d'anni.
    «Soltanto pochi anni fa, questa era una metropoli piena di traffico, le strade erano sempre affollatissime. Poi ci sono stati i bombardamenti.. E anche la geografia, assieme alle persone, è cambiata fino a trasformarsi in qualcosa di completamente imprevedibile.» Gadreel ascolta in silenzio, spostando di tanto in tanto lo sguardo dalle strade a Sam, da Sam alle strade.
Il ricercatore continua.
    «Come puoi vedere, c
on il passare degli anni la natura ha rapidamente ripreso il sopravvento. Gli alberi hanno divelto l'asfalto, hanno scardinato le strade e le costruzioni e tutte le gabbie di cemento costruite dall'uomo; folte pareti di arbusti sono cresciute tra le crepe di ponti e autostrade, si sono arrampicate sulle facciate degli edifici e sui pali della luce, hanno creato astratte strutture sospese tra una palazzo e l'altro – strutture che gli umani, per sopravvivere, hanno cominciato a sfruttare come vie di collegamento.»
    È vero, pensa Gadreel, che sulle prime non li aveva notati. In effetti, ci sono delle specie di passerelle naturali, tra un palazzo e l'altro: sembrano corridoi di piante, nodosi e irregolari.
Sam continua a raccontare – in un modo che, all'androide, ricorda le storie del suo creatore Chuck e lo fa sentire immediatamente a suo agio.
    «
E così, tutta la popolazione ora sembra vivere in volo: la vita si svolge lungo brulicanti camminamenti vegetali, a decine di metri dal suolo, e nuovi negozi, abitazioni e attività sono sorte nei piani alti dei palazzi inverditi dalle piante. Interi quartieri si sono trasformati in giungle-cattedrali, ibridi perfettamente funzionali tra una foresta e una città. Le persone hanno imparato a muoversi in modo diverso, per sopravvivere: arrampicandosi, saltando, trovando modi originali di superare gli ostacoli. Per i bambini, è come una specie di enorme parco giochi a cielo aperto... E anche per mio fratello, a dire il vero,» aggiunge Sam, con un sorriso ironico. Dean adora arrampicarsi quasi quanto adora guidare e combattere - e quanto adora Castiel, anche se non è molto bravo a dimostrarlo. «Questa è, forse, l'unica conseguenza positiva del dopoguerra,» conclude l'umano, stringendosi nelle spalle.
    Gadreel trascorre qualche istante in assoluto silenzio, mentre piano piano le informazioni si sedimentano dando vita a nuovi interrogativi.
    «Tuo fratello è...
Dean?», chiede, infine. Si volta quasi del tutto verso Sam per studiare il suo viso – gli era sembrato, in effetti, che lui e quel soldato avessero qualcosa di simile, pur esssendo di indole tanto differente.
    «Sì,» risponde il ricercatore. «Lo so che non abbiamo molto in comune... Siamo quasi l'opposto, a dire la verità.» E proprio per questo abbiamo preso strade diverse, pensa; ma è un pensiero che decide di tenersi per sé.
    Passa qualche istante in cui i due si guardano negli occhi senza dire o fare nulla; poi è Sam a distogliere lo sguardo per primo. Non è più abituato a farsi guardare così a fondo; soprattutto, non da occhi così spericolatamente innocenti e sinceri come quelli di Gadreel.
    «Nostro padre John è stato uno dei primi a combattere per liberare gli esseri umani... Ma forse è meglio che ti spieghi tutto dall'inizio,» riprende a raccontare l'umano, per mascherare il lieve imbarazzo. Poi fa un cenno all'androide. «Seguimi.»
    C'è un grande schermo incassato nella parete, sul fondo della stanza, e una gran quantità di posti a sedere. Sam invita Gadreel ad accomodarsi e poi, quando il ricercatore preme un bottone, tutta una serie di immagini cominciano a scorrere. Persone che corrono, armi, marce, soldati e vetture militari. E una marea di volti, di nomi, di date: tutte risalenti al periodo che Gadreel ha trascorso dormiente.
    «Per circa cinque anni, le nazioni sono state scosse da un conflitto che, per portata e violenza, è passato alla storia come il Terzo conflitto mondiale. Al termine della guerra, le città si sono ricostituite e le persone hanno cercato di rimettere insieme ciò che era rimasto. I robot e gli umani sono diventati un tutt'uno, fondando le basi di una civiltà innovativa. I primi hanno aiutato i secondi senza risparmiarsi, per ricostruire il più velocemente possibile le città bombardate, e ciò ha definitivamente legato uomini e androidi da un reciproco sentimento di solidarietà.»
    Sam parla con una tranquillità che fa risuonare in Gadreel il ricordo della voce serena di Chuck. Il ricercatore lascia il tempo al robot per porre tutte le domande che vuole, se ne ha, ma Gadreel tace. Sullo schermo scorrono filmati e testimonianze scritte di ciò che è avvenuto in quei dieci anni che il robot si è perso; Sam gli fa vedere fotografie e ricostruzioni e ora, alla luce di tutto questo, l'androide sente di poter comprendere più a fondo il motivo per cui la città ha assunto quell'aspetto – segnato e selvaggio, come i suoi abitanti.
    Sam prende il silenzio di Gadreel come un invito a continuare. Perciò, lo fa.
    «Tuttavia, dopo qualche anno la situazione si è nuovamente rovesciata. Metatron, il capo della Robotics Industry, la maggiore azienda produttrice di robot, ha cominciato a cercare un modo di sfruttare gli androidi per i propri scopi. Ne ha prodotti nuovi modelli, programmati per combattere al suo servizio come una specie di esercito personale; e ora sta cercando di recuperare tutti gli altri, uno ad uno, per riprogrammarli e convertirli al suo regime. Li cattura con la forza e altera il loro sistema per portarli dalla sua parte. Per questo ora gli androidi vivono nascosti, assieme agli uomini. Anche loro, proprio come gli umani, vogliono restare liberi.»
    «Quindi tu e Dean combattete per gli umani e Castiel per gli androidi?», chiede finalmente il robot, senza staccare gli occhi dallo schemo.
    Sam gli posa una mano sulla spalla, annuisce.
    «Sì. Come ti dicevo, il primo a combattere fu nostro padre, John Winchester. Purtroppo, però, John ha perso la vita in battaglia, e la sua missione è passata nelle mani mie e di Dean... Soprattutto di Dean, se vogliamo dirla tutta.»
    «Tu non combatti?», è la domanda spontanea di Gadreel.   
    Lo sguardo di Sam si adombra appena.   
    «L'ho fatto... Per un po'. Poi sono successe delle cose, e...»
Jess: un pensiero, una spina ficcata nel cuore. Riuscirà mai a dimenticare il suo volto? Sam se lo chiede spesso nonostante sappia già la risposta. A volte, però, ignorare ciò che ci fa soffrire è molto più facile che affrontarlo direttamente. «... E niente, ho scoperto che combattere non fa per me. Così ho cominciato a lavorare qui all'Istituto, sviluppando nuove armi da consegnare ai ribelli... Per aiutarli.»
    In realtà sarebbe tutto molto più complicato di così, ma Sam non ha voglia di parlarne. E Gadreel sembra percepirlo, in qualche modo. Perciò non fa domande in merito, ma guarda Sam e
accenna un sorriso gentile - che, inaspettatamente, riesce ad addolcirgli i lineamenti duri.
    «Non c'è niente di male in questo, Sam,» lo rassicura il robot, scrutandolo con aria serena da dietro le belle iridi grigioverdi. «Dobbiamo fare ciò per cui sentiamo di essere stati fatti, o non saremo mai davvero liberi,» afferma convinto, con un tono comprensivo e calmo che rapisce completamente l'attenzione del giovane.
    «
Da quello che mi racconti, i robot ora fanno cose per cui io non sono stato programmato,» prosegue Gadreel. «Io non sono un combattente e sicuramente fallirei, se mi sforzassi di esserlo: perché starei facendo qualcosa che va contro la mia natura. Magari potresti aiutarmi a trovare un altro modo di rendermi utile, però... Come hai fatto tu,» propone, tranquillo.
    Sam lo guarda e si sorprende a sorridere a sua volta, di riflesso. Quello strano androide ha il potere di farlo sentire compreso: qualcosa che Sam non è più abituato a provare da anni, ormai. Poi Gadreel si volta di nuovo verso lo schermo, aggrotta leggermente le sopracciglia.
    «Credo di aver compreso, a grandi linee, ciò che mi hai raccontato. Ma c'è solo un particolare che non mi torna. Posso farti una domanda?», dice.
    Sam si lascia andare ad un sorriso molto meno sorvegliato, stavolta.
    «Me l'hai appena fatta.»
Gadreel socchiude gli occhi, assorto, incapace di cogliere la battuta.
    «Oh... Allora posso farne un'altra?», domanda di nuovo, ingenuamente.
Sam sorride ancora, scuote appena la testa.
    «Facciamo che puoi chiedermi tutto quello che vuoi, va bene?»
    «Prima hai detto che Metatron è il capo della Robotics Industry. Ma io so che il capo è Chuck,» dice Gadreel, prendendosi qualche istante per rimettere in ordine i pensieri prima di parlare. «E Chuck non lascerebbe mai che qualcun altro prendesse il suo posto e facesse--»
    Gadreel si blocca, le parole gli muoiono in gola. Già, non lo farebbe mai.
Chuck non avrebbe mai permesso un tale scempio – non se fosse stato presente al momento dei fatti.
    C'è una sola spiegazione, per tutto questo. Ma Gadreel non riesce nemmeno a pensarla, una cosa del genere, figuriamoci chiederla a voce alta.
    Senza bisogno che l'altro la formuli, Sam coglie la domanda rimasta sottintesa e non sa cosa dire. Si sorprende della facilità con cui riesce a leggere i pensieri di Gadreel, come se lo conoscesse da sempre. Come se i suoi... Sentimenti? - sì, chiamiamoli così: Sam è convinto che Dean sbagli, dando per scontato che gli androidi non provino proprio nulla – fossero un libro scritto in una lingua che l'umano riesce a capire quanto la propria.
    «Gadreel... Quando Metatron ha preso il potere, ecco-- Ci sono stati degli scontri. Delle battaglie che hanno causato moltissimi morti, sì, ma anche dispersi.» Non è facile riuscire a sintetizzare, quando si vorrebbe avere anche lo spazio per dire mi dispiace. «E Chuck è tra questi ultimi,» sospira il ricercatore. «Non posso dirti che cosa sia successo, perché a tutt'oggi nessuno può saperlo con certezza. È vero, il suo corpo non è mai stato ritrovato, ma...» Sam si schiarisce la voce, a disagio. «... È anche vero che in questi dieci anni non si sono più avute notizie di lui, perciò...»
    Gadreel tiene lo sguardo fisso davanti a sé, le ciglia dorate che tremano quasi impercettibilmente.
    «Perciò, probabilmente è--» Vorrebbe riuscire a dirlo, ma non ci riesce. Così, l'androide si alza, provocando un lieve sussulto di sorpresa da parte di Sam accanto a lui, e torna con passi misurati a fronteggiare la città attraverso la grande finestra dell'Istituto.
    Sam resta immobile a seguirlo con lo sguardo, impacciato, senza la minima idea di cosa sia giusto fare. Poi spegne lo schermo ormai inutile, si volta... E torna accanto al robot, in silenzio.
    La città è già grande di suo; ma ora sembra infinita, vista attraverso le pupille di Gadreel.
Il ricercatore gli lascia tutto il tempo necessario per riprendersi, standogli abbastanza vicino da fargli sapere che è là con lui, ma non da farlo sentire violato.
    E da quella mezza distanza, così attentamente misurata, un particolare su tutti emerge con prepotenza, scombussolando tutto ciò che l'umano ha creduto di sapere sugli androidi finora: Gadreel ha gli occhi lucidi.
    Ma i robot non piangono,
pensa Sam, incapace di dare un senso a ciò che sta vedendo. La Terra gira, gli uomini muoiono e i robot non piangono: queste sono le uniche tre certezze su cui si fonda il mondo dei suoi tempi.      
   Ma probabilmente sono sbagliate anche quelle.

  
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