Rieccomi qui, dopo molti giorni
(sigh!) con due nuovi capitoli! ^^ Spero siano di vostro gradimento
^^
Approfitto di questo spazio per
porgere un saluto particolare a Momoko, che sta seguendo questa
storia con un interesse che mi ha sinceramente sorpreso...! Grazie
infinite per il tuo punto di vista e per le tue recensioni :)
Detto
questo... Buona lettura!
A. ;)
CAPITOLO SEI.
La città cresce in
verticale.
L'ala dell'Istituto in
cui lavora Sam si trova sul punto più alto di Nuova Lebanon, e il
panorama è mozzafiato. L'orizzonte, bagnato dal sole, sembra
infinito. Campi verdissimi circondano l'agglomerato urbano e si
stendono per chilometri e chilometri, fino a sparire nella luce
chiara del giorno. E la città è una insolita commistione tra
passato e futuro. Le strade portano i segni della battaglia: alcuni
edifici sono diroccati, forse a causa delle esplosioni, e vi sono
molte macchine che sembrano abbandonate da anni, con la carrozzeria
rugginosa e i vetri rotti. Alcuni dei veicoli sono stati ammassati
uno sopra l'altro fino a creare una sorta di muraglia compatta – a
protezione della città, o per impedire agli abitanti di uscire?
La domanda si forma spontaneamente nella testa di Gadreel, che
osserva lo scenario con i palmi delle mani premuti contro i vetri
delle finestre dell'Istituto – come se volesse toccare tutto, come
se volesse imprimersi sotto le dita la texture di ogni cosa.
«Ti
piace?» Sam sorride, con la spalla poggiata alla parete, osservando
il suo strano ospite con un certo divertimento. Lo ha lasciato libero
di gironzolare in giro e di curiosare come più gli piace, senza
alcun problema. Il ricercatore si aspettava di essere investito da
una raffica di domande; ma a dire il vero, da quando è entrato,
Gadreel ha parlato pochissimo: ogni volta che posa lo sguardo da
qualche parte, infatti, trova qualcosa di sorprendente da osservare -
ed è troppo preso a guardarsi attorno con gli occhi spalancati per
poter parlare. È tutto così nuovo e speciale, per lui...
«È...
Strana,» risponde l'androide, con un sorriso quasi infantile,
spostando lo sguardo sull'umano. «Ma bella. Affascinante. Come se...
Come se fossero due città diverse fuse insieme, ecco.»
Sam
annuisce, scrutando quegli occhi grigioverdi - e insolitamente vivi,
per un robot.
«Già,»
acconsente l'uomo, raggiungendo l'androide e sistemandosi al suo
fianco per poter guardare lo stesso panorama. «Una volta non era
così, sai? Ma la guerra ha cambiato tutto... Anche questa città.»
Gli
occhi nocciola di Sam si riflettono nel vetro, mentre la sua mente
ritorna alle immagini di un luogo molto differente seppure lontano,
nel tempo, soltanto di una decina d'anni.
«Soltanto
pochi anni fa, questa era una metropoli piena di traffico, le strade
erano sempre affollatissime. Poi ci sono stati i bombardamenti.. E
anche la geografia, assieme alle persone, è cambiata fino a
trasformarsi in qualcosa di completamente imprevedibile.» Gadreel
ascolta in silenzio, spostando di tanto in tanto lo sguardo dalle
strade a Sam, da Sam alle strade.
Il
ricercatore continua.
«Come
puoi vedere, con il passare degli anni la natura ha
rapidamente ripreso il sopravvento. Gli alberi hanno divelto
l'asfalto, hanno scardinato le strade e le costruzioni e tutte le
gabbie di cemento costruite dall'uomo; folte pareti di arbusti sono
cresciute tra le crepe di ponti e autostrade, si sono arrampicate
sulle facciate degli edifici e sui pali della luce, hanno creato
astratte strutture sospese tra una palazzo e l'altro – strutture
che gli umani, per sopravvivere, hanno cominciato a sfruttare come
vie di collegamento.»
È
vero, pensa Gadreel, che
sulle prime non li aveva notati. In effetti, ci sono delle specie di
passerelle naturali, tra un palazzo e l'altro: sembrano corridoi di
piante, nodosi e irregolari.
Sam
continua a raccontare – in un modo che, all'androide, ricorda le
storie del suo creatore Chuck e lo fa sentire immediatamente a suo
agio.
«E
così, tutta la popolazione ora sembra vivere in volo: la vita si
svolge lungo brulicanti camminamenti vegetali, a decine di metri dal
suolo, e nuovi negozi, abitazioni e attività sono sorte nei piani
alti dei palazzi inverditi dalle piante. Interi quartieri si sono
trasformati in giungle-cattedrali, ibridi perfettamente funzionali
tra una foresta e una città. Le persone hanno imparato a muoversi in
modo diverso, per sopravvivere: arrampicandosi, saltando, trovando
modi originali di superare gli ostacoli. Per
i bambini, è come una specie di enorme parco giochi a cielo
aperto... E anche per mio fratello, a dire il vero,» aggiunge Sam,
con un sorriso ironico. Dean adora arrampicarsi quasi quanto adora
guidare e combattere - e quanto adora Castiel,
anche se non è molto bravo a dimostrarlo. «Questa è, forse,
l'unica conseguenza positiva del dopoguerra,»
conclude l'umano, stringendosi nelle spalle.
Gadreel
trascorre qualche istante in assoluto silenzio, mentre piano piano le
informazioni si sedimentano dando vita a nuovi interrogativi.
«Tuo
fratello è... Dean?»,
chiede, infine. Si volta quasi del tutto verso Sam per
studiare il suo viso – gli era sembrato, in effetti, che lui e quel
soldato avessero qualcosa di simile, pur esssendo di indole tanto
differente.
«Sì,»
risponde il ricercatore. «Lo so che non abbiamo molto in comune...
Siamo quasi l'opposto, a dire la verità.» E
proprio per questo abbiamo preso strade diverse,
pensa; ma è un pensiero che decide di tenersi per sé.
Passa qualche istante
in cui i due si guardano negli occhi senza dire o fare nulla; poi è
Sam a distogliere lo sguardo per primo. Non è più abituato a farsi
guardare così a fondo; soprattutto, non da occhi così
spericolatamente innocenti e sinceri come quelli di Gadreel.
«Nostro padre John è stato uno dei primi a combattere per liberare
gli esseri umani... Ma forse è meglio che ti spieghi tutto
dall'inizio,» riprende a raccontare l'umano, per mascherare il lieve
imbarazzo. Poi fa un cenno all'androide. «Seguimi.»
C'è
un grande schermo incassato nella parete, sul fondo della stanza, e
una gran quantità di posti a sedere. Sam invita Gadreel ad
accomodarsi e poi, quando il ricercatore preme un bottone, tutta una
serie di immagini cominciano a scorrere. Persone che corrono, armi,
marce, soldati e vetture militari. E una marea di volti, di nomi, di
date: tutte risalenti al periodo che Gadreel ha trascorso dormiente.
«Per
circa cinque anni, le nazioni sono state scosse da un conflitto che,
per portata e violenza, è
passato alla storia come il Terzo conflitto mondiale. Al termine
della guerra, le città si sono ricostituite e le persone hanno
cercato di rimettere insieme ciò che era rimasto. I robot e gli
umani sono diventati un tutt'uno, fondando le basi di una civiltà
innovativa. I primi hanno aiutato i secondi senza risparmiarsi, per
ricostruire il più velocemente possibile le città bombardate, e ciò
ha definitivamente legato uomini e androidi da un reciproco
sentimento di solidarietà.»
Sam parla con una
tranquillità che fa risuonare in Gadreel il ricordo della voce
serena di Chuck. Il ricercatore lascia il tempo al robot per porre
tutte le domande che vuole, se ne ha, ma Gadreel tace. Sullo schermo
scorrono filmati e testimonianze scritte di ciò che è
avvenuto in quei dieci anni che il robot si è
perso; Sam gli fa vedere fotografie e ricostruzioni e ora, alla luce
di tutto questo, l'androide
sente di poter comprendere più
a fondo il motivo per cui la città ha assunto quell'aspetto
– segnato e selvaggio, come i suoi abitanti.
Sam prende il silenzio
di Gadreel come un invito a continuare. Perciò, lo fa.
«Tuttavia, dopo
qualche anno la situazione si è nuovamente rovesciata. Metatron, il
capo della Robotics Industry, la maggiore azienda produttrice di
robot, ha cominciato a cercare un modo di sfruttare gli androidi per
i propri scopi. Ne ha prodotti nuovi modelli, programmati per
combattere al suo servizio come una specie di esercito personale; e
ora sta cercando di recuperare tutti gli altri, uno ad uno, per
riprogrammarli e convertirli al suo regime. Li cattura con la forza e
altera il loro sistema per portarli dalla sua parte. Per questo ora
gli androidi vivono nascosti, assieme agli uomini. Anche loro,
proprio come gli umani, vogliono restare liberi.»
«Quindi
tu e Dean combattete per gli umani e Castiel per gli androidi?»,
chiede finalmente il robot, senza staccare gli occhi dallo schemo.
Sam gli posa una mano
sulla spalla, annuisce.
«Sì. Come ti dicevo, il primo a
combattere fu nostro padre, John Winchester. Purtroppo, però, John
ha perso la vita in battaglia, e la sua missione è passata nelle
mani mie e di Dean... Soprattutto di Dean, se vogliamo dirla
tutta.»
«Tu
non combatti?», è la domanda spontanea di Gadreel.
Lo
sguardo di Sam si adombra appena.
«L'ho
fatto... Per un po'. Poi sono successe delle cose, e...»
Jess: un pensiero, una spina ficcata nel cuore. Riuscirà mai
a dimenticare il suo volto? Sam se lo chiede spesso nonostante sappia
già la risposta. A volte, però, ignorare ciò che ci fa soffrire è
molto più facile che
affrontarlo direttamente. «... E
niente, ho scoperto che combattere non fa per me. Così ho cominciato
a lavorare qui all'Istituto, sviluppando nuove armi da consegnare ai
ribelli... Per aiutarli.»
In
realtà sarebbe tutto molto più complicato di così, ma Sam non ha
voglia di parlarne. E Gadreel sembra percepirlo, in qualche modo.
Perciò non fa domande in merito, ma guarda Sam e accenna un
sorriso gentile - che, inaspettatamente, riesce ad addolcirgli i
lineamenti duri.
«Non c'è niente di
male in questo, Sam,» lo rassicura il robot, scrutandolo con aria
serena da dietro le belle iridi grigioverdi. «Dobbiamo fare ciò per
cui sentiamo di essere stati fatti, o non saremo mai davvero liberi,»
afferma convinto, con un tono comprensivo e calmo che rapisce
completamente l'attenzione del giovane.
«Da
quello che mi racconti, i robot ora fanno cose per cui io non sono
stato programmato,» prosegue
Gadreel. «Io non sono un combattente e sicuramente fallirei,
se mi sforzassi di esserlo: perché starei facendo qualcosa che va
contro la mia natura. Magari potresti aiutarmi a trovare un altro
modo di rendermi utile, però... Come hai fatto tu,» propone,
tranquillo.
Sam lo guarda e si
sorprende a sorridere a sua volta, di riflesso. Quello strano
androide ha il potere di farlo sentire compreso: qualcosa che Sam non
è più abituato a provare da anni, ormai. Poi Gadreel si volta di
nuovo verso lo schermo, aggrotta leggermente le sopracciglia.
«Credo
di aver compreso, a grandi linee, ciò che mi hai raccontato. Ma c'è
solo un particolare che non mi torna. Posso farti una domanda?»,
dice.
Sam si lascia andare
ad un sorriso molto meno sorvegliato, stavolta.
«Me l'hai appena
fatta.»
Gadreel socchiude gli
occhi, assorto, incapace di cogliere la battuta.
«Oh... Allora posso
farne un'altra?», domanda di nuovo, ingenuamente.
Sam sorride ancora,
scuote appena la testa.
«Facciamo che puoi
chiedermi tutto quello che vuoi, va bene?»
«Prima hai detto che
Metatron è il capo della Robotics Industry. Ma io so che il capo è
Chuck,» dice Gadreel, prendendosi qualche istante per rimettere in
ordine i pensieri prima di parlare. «E Chuck non lascerebbe mai che
qualcun altro prendesse il suo posto e facesse--»
Gadreel si blocca, le
parole gli muoiono in gola. Già, non lo farebbe mai.
Chuck non avrebbe mai
permesso un tale scempio – non se fosse stato presente al momento
dei fatti.
C'è una sola
spiegazione, per tutto questo. Ma Gadreel non riesce nemmeno a
pensarla, una cosa del genere, figuriamoci chiederla a voce
alta.
Senza bisogno che
l'altro la formuli, Sam
coglie la domanda rimasta sottintesa e non sa cosa dire. Si sorprende
della facilità con cui riesce a leggere i pensieri di Gadreel, come
se lo conoscesse da sempre. Come se i suoi... Sentimenti?
- sì, chiamiamoli così: Sam è
convinto che Dean sbagli, dando per scontato che gli androidi non
provino proprio nulla – fossero un libro scritto in una lingua che
l'umano riesce a capire
quanto la propria.
«Gadreel...
Quando Metatron ha preso il potere, ecco-- Ci sono stati degli
scontri. Delle battaglie che hanno causato moltissimi morti, sì, ma
anche dispersi.» Non è facile riuscire a sintetizzare, quando si
vorrebbe avere anche lo spazio per dire mi
dispiace. «E Chuck è
tra questi ultimi,» sospira il ricercatore. «Non posso dirti che
cosa sia successo, perché a tutt'oggi nessuno può saperlo con
certezza. È vero, il suo corpo non è mai stato ritrovato, ma...»
Sam si schiarisce la voce, a disagio. «...
È anche vero che in
questi dieci anni non si sono più avute notizie di lui, perciò...»
Gadreel
tiene lo sguardo fisso davanti a sé, le ciglia dorate che tremano
quasi impercettibilmente.
«Perciò,
probabilmente è--» Vorrebbe riuscire a dirlo, ma non ci riesce.
Così, l'androide si alza, provocando un lieve sussulto di sorpresa
da parte di Sam accanto a lui, e torna con passi misurati a
fronteggiare la città attraverso la grande finestra dell'Istituto.
Sam
resta immobile a seguirlo con lo sguardo, impacciato, senza la minima
idea di cosa sia giusto fare. Poi spegne lo schermo ormai inutile, si
volta... E torna accanto al robot, in silenzio.
La
città è già grande di suo; ma ora sembra infinita, vista
attraverso le pupille di Gadreel.
Il
ricercatore gli lascia tutto il tempo necessario per riprendersi,
standogli abbastanza vicino da fargli sapere che è là con lui, ma
non da farlo sentire violato.
E
da quella mezza distanza, così attentamente misurata, un
particolare
su tutti emerge con prepotenza, scombussolando tutto ciò che
l'umano ha creduto di sapere sugli androidi finora: Gadreel ha gli
occhi
lucidi.
Ma
i robot non piangono, pensa
Sam, incapace di dare un senso a ciò che sta vedendo. La Terra gira,
gli uomini muoiono e i robot non piangono: queste sono le uniche tre
certezze su cui si fonda il mondo dei suoi tempi.
Ma
probabilmente sono sbagliate anche quelle.