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Autore: Maico    04/06/2016    1 recensioni
Samuel non si era mai fatto troppi problemi a proteggere Matt.
Per il bene della razza, si diceva, e per il proprio; per riuscire a vivere in un mondo che non avrebbe mai accettato i loro doni.
Aveva passato anni interi a difendere Matt perfino dalle sue stesse scelte, da donne e uomini che lo circondavano, riparandosi dietro giustificazioni a dir poco ridicole.
Perché non ha senso amare la persona che ti ha distrutto l'intera esistenza, e Samuel finalmente aveva scoperto cos'era quel sentimento ribollente all'interno della sua cassa toracica.
|5134 parole|
Partecipante al contest Gelosia indetto da YUKO CHAN e Aurora_Boreale_ sul forum
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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19.05

-Oh, Lucy..!- il ragazzo rise, continuando a chiamare la compagna nell’oscurità di quel vicolo, la pallida luce di un lampione unica cosa in grado di illuminare la notte.
-Dove sei Lucy? Non abbiamo finito di parlare noi due.
Samuel fece saettare lo sguardo affilato fra le diverse ombre, avvicinandosi di soppiatto ad un gruppo di bidoni, sfondandoli con un solo calcio.
-Dove cazzo sei Lucy?- sibilò allentandosi la cravatta, le labbra distorte in un ringhio –Se esci di tua spontanea volontà ti prometto che forse non ti uccido subito.
La ragazza, rannicchiata in un angolo non lontano da dove l’altro aveva guardato, cercò di non emettere un singolo suono, piangendo silenziosamente mentre pregava che Samuel se ne andasse da lì.
Il trucco le si era sbavato, disegnando linee scure sotto gli occhi verdi; i capelli scuri erano arruffati, ricadendole sul viso stravolto e pallido, le mani premevano sulle labbra per impedirsi di lasciarsi sfuggire i singhiozzi nonostante sentisse la gola andarle in fiamme.
-Lucy!
La ragazza urlò quando una mano la trascinò fuori dal suo nascondiglio, strattonandole i capelli e buttandola nuovamente a terra, facendole sbattere la testa contro la strada.
-Ti prego, no!- cercò di allontanarsi, strisciando tremante mentre il respiro si faceva sempre più corto e pesante.
-Dove vai? Non si saluta più?
Samuel rise quando la ragazza ricominciò a strillare, tappandole quasi subito la bocca con la propria mano. Lucilla sentì quelle dita scavarle la pelle, schiacciarle il naso e quasi perforarle gli zigomi tanta era la pressione esercitata. Si ritrovò ben presto a tossire, cercando di inspirare l’aria che le mancava, ormai a corto di fiato. Le lacrime tornarono a rigarle le gote, bagnando la pelle lattea del suo assalitore che fece una smorfia disgustata a quella sgradevole sensazione.
-Per favore- farfugliò, mangiandosi parte delle parole una volta che la presa si fu allentata quel tanto che bastava per farla respirare –ho fatto quello che mi hai chiesto!
Samuel sorrise, un ghigno che sembrò tagliare in due il volto, spalancando ancor di più gli occhi di un grigio talmente chiaro da parere bianco.
-Credi davvero?- le labbra si arricciarono, mostrando i denti candidi –Forse hai frainteso le mie parole.
-No!- la ragazza si agitò sotto il corpo dell’altro, senza riuscire a smuoverlo di un solo millimetro –Ho lasciato Matt, proprio come mi hai detto di fare! Non ci siamo più visti!
-Mi fate schifo- sussurrò avvicinandosi fino a che la ragazza non si ritrovò ad affogare nelle iridi chiare, i tratti del viso distorti –Non capisco cosa Matt ci trovi in quelli della vostra razza.
-Ti prego non..- singhiozzò, cercando di togliersi quella mano soffocante.
-Siete solo un ammasso di carne e ossa, senza la minima forza- Samuel le serrò il collo, stringendo le dita nell’epiglottide come se fosse burro –l’ultimo gradino della scala alimentare.
Le fece sbattere la nuca più volte sul selciato, udendo per lunghi istanti solo il suono vuoto del cranio che sembrava volersi spezzare sotto i polpastrelli, i gemiti strozzati della ragazza che lentamente si era afflosciata sotto di sé. La strada grigia fu macchiata dagli schizzi sempre maggiori del sangue della giovane, fino a che non sembrò che i due fossero il centro di una rosa cremisi.
-E tu ti sei permessa anche di far soffrire Matt- sibilò –di pronunciare il suo nome e stargli accanto. La feccia come voi dovrebbe stare al proprio posto!
La ragazza non disse niente, guardandolo solo con gli occhi verdi opachi, quasi rivoltati all’indietro. L’espressione del viso era rimasta ferma, le labbra socchiuse a lasciar scivolare un sottile nastro di sangue fino a mento che si univa a quello a terra. Samuel non si sarebbe stupito nello scoprire di averle rotto qualche osso, magari una vertebra o due, e averla paralizzata. Non era la prima volta che gli capitava infondo.
-Brucia e va all’Inferno, dannata anima umana.
Ci fu una contrazione nelle iridi verdi, un leggero allargamento della pupilla quando Samuel iniziò a ringhiare, scoprendo i denti e affondando le unghie nella carne cerea della vittima.
Le fiamme divamparono all’improvviso, avvolgendogli la mandibola, crepitando e illuminando l’oscurità della notte che gravava su di loro. Il giallo del fuoco sembrò rendere la pelle di entrambi lucente come l’oro, il calore che rese quella della ragazza scivolosa.
Samuel sorrise d’insana gioia mentre il fuoco gli lambiva il volto, gettando ombre che resero i suoi tratti ancor più marcati, gli occhi adesso tinti del colore dell’ambra. Si gustò appieno l’odore acre del terrore che emanava la ragazza, restio a eliminarla subito. Le prese le estremità dei capelli neri, fin troppo simili ai propri, guardandoli diventare cenere in poco tempo e disperdere nell’aria il tanfo di gomma bruciata che gli fece storcere il naso.
Appoggiò l’intero palmo sul petto morbido, imprimendo la propria impronta sulla carne ora fumante e rossa, ustionata. Un verso strozzato si riversò fuori dalle labbra rotte intanto che le lacrime ricominciavano a inciderle le guance, il cuore a metà dal fermarsi e il correre veloce come non aveva mai fatto.
Samuel ponderò l’idea di strapparle pure gli occhi, scuotendo però quasi subito il capo. Non aveva abbastanza tempo per un’operazione simile e non voleva sporcarsi oltre con quell’essere.
-Brucia- bisbigliò solo, venendo circondato dalle sue stesse fiamme insieme al corpo ormai condannato di Lucilla.

Quando Samuel tornò a casa, trovò ad accoglierlo la figura seminascosta da strati e strati di coperte del suo coinquilino. Matt.
La televisione era accesa su uno dei tanti programmi di musica che piacevano tanto all’altro, il volume al massimo, talmente alto che Samuel sentì una vena pulsargli sulla tempia dolorosamente. Si chiuse piano la porta alle spalle, anche se l’avesse sbattuta dubitava che l’altro lo avrebbe sentito comunque, preferendo mantenere un comportamento calmo e rilassato davanti a Matt. Avanzò lento, posando il borsone che portava sulla spalla in un angolo all’ingresso, chinandosi sullo schienale del divano dove quel bozzolo informe stava.
Lo maledì mentalmente, non aveva neanche acceso le luci o abbassato le tapparelle. Non valeva manco la pena di chiedere della cena. Avrebbero mangiato da asporto come ogni volta che l’altro si riduceva ad un vegetale.
-Matt?- si chinò verso le coperte, scostandole delicatamente dal volto del minore che, in risposta, cercò di immergersi nei cuscini, ormai ridotti peggio di sottilette.
-Sammy!- il ragazzo si raggomitolò su sé stesso –Ti prego lasciami stare.
-Su- sorrise guardando l’altro in quello stato, aggirando il mobile per sedersi al suo fianco, accarezzandogli la zazzera scura quanto la sua –Cosa è successo questa volta di così sconvolgente?
-Oh, vaffanculo Sammy! Cosa ne vorresti capire tu?
Matt alzò brusco il viso arrossato, gli occhi di un verde pallido fiammeggianti di rabbia.
-Spiegami tutto e poi vediamo- lo sfidò prendendogli fermamente il volto e fissandolo negli occhi, divertito.
Matt sbuffò tirandosi a sedere, quasi dando una testata a Samuel. Mise il broncio come un bambino, cosa che fece sorridere di scherno internamente il maggiore, incrociando le braccia al petto e arrossendo fino alla punta delle orecchie.
-Lucilla mi ha lasciato.
-Cosa?- sgranò gli occhi, dischiudendo le labbra e posando pressoché immediatamente una mano sulla spalla dell’altro –Oh, Matt.. non me lo sarei mai aspettato- finse, stringendo la presa –andava tutto bene fra te e quell’umana.
-Cazzo!- sbottò allora l’altro, mettendosi le mani nei capelli –che stronza che è! Lasciarmi senza una spiegazione e.. e..! Dannazione! Piaceva perfino a te!
-Credevo fosse una brava persona- storse il naso –ho provato a dare una possibilità agli uomini Matt, ma dai risultati..
-Non posso obbligarti ad accettarli- sospirò il minore, abbandonandosi contro il suo petto –Ma questa volta mi sembrava quella giusta.
-Perché non fai una prova con un Drago?
-Perché quelli della nostra razza sono degli zucconi- borbottò guardandolo male, un sopracciglio scuro inarcato –mi basta la tua testardaggine, non ho bisogno di qualcun altro che mi fa ogni giorno una testa tanto.
-Io ti dicevo che le persone con cui uscivi non mi convincevano- rispose senza battere ciglio –e guarda cosa succede tutte le volte. Vieni lasciato con messaggi o chiamate, alcune volte scompaiono senza neanche un avviso lasciandoti peggio di un cane.
-Ti prego non ricordarmelo- gemette il ragazzo, ritornando nelle sue coperte –quei bastardi non li dimenticherò mai. Gli auguro il peggio!
Samuel ghignò chinandosi sull’altro, dandogli un leggero scappellotto.
-Matt, certe cose non si dicono!
-Sammy- il minore si attorcigliò intorno all’altro, quasi non lasciandolo respirare –perché tutti mi abbandonano? Perché non rimangono come fai tu?
-Perché gli umani sono degli stronzi infedeli- spiegò semplicemente, accarezzandogli la testa –mentre i Draghi hanno l’istinto del branco, si comprendono meglio degli uomini e si proteggono sempre.
-Ma siete dei gran testardi.
Samuel alzò gli occhi al cielo, buttandosi per ripicca addosso all’altro.
-Non respiro cazzo! Sammy! Sammy!
Matt prese una profonda boccata d’aria una volta che il maggiore lo lasciò libero, i capelli arruffati e gli occhi chiari spalancati.
-Sei stupido? Potevi uccidermi!
-Come se fosse così semplice- borbottò allentandosi il nodo della cravatta, togliendosi la giacca e buttandogliela contro.
-Questo perché non hai cucinato- gli disse prima di scomparire oltre la porta della cucina.



01.09

-Stammi lontano psicopatico del cazzo!
Samuel fece un altro passo avanti, fissando ogni movimento del ragazzo che lo minacciava con un.. tubo? Dove l’aveva preso?
Sorrise, mantenendo le mani alzate per mostrarsi disarmato, continuando ad avanzare a passi lenti e misurati. Ci mancava solo che Jack si spaventasse e si mettesse a correre a l’una e mezza di notte, dando inizio ad un inseguimento abbastanza insensato per le viuzze deserte della città. No, a Samuel proprio non andava.
-Chi sei? Non fare un altro passo! Sai dove le la infilo ‘sta roba?- per enfatizzare il concetto agitò il tubo davanti a sé, borbottando imprecazioni mentre cercava una qualsiasi via d’uscita con gli occhi.
Il maggiore si arrestò, inclinando il viso e squadrandolo attentamente. Doveva ammettere che Matt aveva scelto bene il proprio compagno. Con quella pelle abbronzata, i capelli biondi e gli occhi, di quella particolare sfumatura castana che gli rendeva simili al colore rossiccio delle foglie che cadevano in autunno, sembrava tanto.. una fiamma. L’incarnazione del fuoco che lui stesso produceva e le sue sfumature.
Peccato che non fosse un Drago.
Se non fosse stato per quell’unica pecca gli avrebbe lasciato campo libero con Matt. Forse.
-Sono un amico- provò a convincerlo parlando pacatamente, cercando di non fare movimenti troppo bruschi.
-Questa fa tanto serial killer invece- sussurrò il ragazzo, muovendosi nervosamente da una gamba all’altra.
Samuel allargò di più il proprio sorriso, divertito da quelle parole che, all’insaputa dell’altro, non potevano essere più azzeccate.
-Aspetta!- Jack fece una mezza risata tesa che si avvicinava incredibilmente ad un pianto –Non dirmi che sei un di quei cazzoni omofobi. O mio Dio, di male in peggio.
-Non sono un omofobo- cercò di rassicurarlo, alzando gli occhi al cielo.
Ma perché Matt si trovava sempre qualche ragazzo che sembrava più una.. come la chiamavano là? Checca?
-Uno direbbe la stessa cosa.
-Ti dirò, all’inizio non volevo farti del male ma adesso un pugno te lo darei volentieri.
-Allora ho incontrato uno stupratore.
-Io un idiota- sibilò a denti stretti, fregandosene ormai delle buon maniere. Era più che sicuro che quel tizio non andasse per Matt, non serviva più tutta quella pagliacciata.
Bloccò il colpo che l’altro calò verso di lui, afferrando il tubo con entrambe le mani e tirando, disarmando al contempo Jack e buttando quell’arma improvvisata lontano. Il matallo che sbatteva al suolo fu l’unico rumore per interminabili istanti. Si guardarono, uno con espressone sprezzante e l’altro cereo, rimanendo immobili fino a che Jack non aprì la bocca.
Samuel agì velocemente, tappandogli le labbra con il proprio palmo e schiacciandolo al muro dell’edificio dove l’aveva fermato qualche minuto prima. Lo sentì agitarsi, portare le mani prima sulla sua per staccarla e poi sul petto per allontanarlo, non ottenendo evidentemente i risultati sperati. Lo fissò con quegli occhi dal color particolare, pregandolo di lasciarlo andare.
-Ti devo dire solo una cosa- gli bisbigliò all’orecchio, scostando piano la mano –se non urli torneremo tutti a casa prima, ok?
Lo liberò solo quando ottenne un cenno affermativo, tenendolo comunque pressato con la propria mole sui mattoni ruvidi per ricordargli la differenza sostanziale che c’era tra loro.
Sentì Jack fare un respiro tremante, rabbrividendo sotto le sue mani ma rimanendo sia immobile che muto.
Magari non era un completo cretino come aveva pensato.
-Sono venuto qua solo per vedere con che individuo avesse a che fare Matt- sorrise schiettamente, alzando leggermente le spalle –e ho scoperto che la persona con cui esce è superficiale, isterica, priva di controllo, logorroica e altamente irritante, per non dire stupida.
Il sollievo nel viso di Jack sfumò all’istante, trasformandosi in ansia.
-Non capisco come faccia a sopportare la feccia come voi ma..- gli accarezzò con un’unghia il collo scoperto –non hai fatto poi tutto questo danno. Giuro che sarà molto veloce.
Ben presto il corpo si incendiò, trasformandosi in quelle magnifiche fiamme a cui tanto assomigliava, estinguendosi solo minuti dopo, lasciando dietro di sé solo la cenere scura della morte che si sarebbe dispersa ben presto nell’aria.



07.11

Samuel morse la pelle salata della spalla, strappando un urlò sorpreso al ragazzo sotto di lui, sentendo quelle dita scure tirargli i capelli, le loro bocche rincontrarsi quasi con rabbia.
Percorse con le mani quel corpo ben disegnato, sentendo i muscoli contrarsi sotto i polpastrelli e la pelle arrossarsi.
Da quello che gli aveva detto Matt, possibile che quello lì non sapesse neanche tenersi per se i dettagli su chi si portava a letto?, Deren era un amante interessante, dai polmoni d’acciaio, resistenti quanto il corpo.
Beh, queste caratteristiche stuzzicarono Samuel fin dall’inizio.
Che Matt avesse trovato una persona in grado di appagarlo?
Doveva prima passare il suo test.
Aveva capito che quel ragazzo era diretto, non si era fatto troppi problemi ad afferrare le loro intimità, muovendo velocemente il polso.
Urlò quando Samuel lo prese da dietro, tenendogli la schiena bloccata con un braccio mentre l’altra lo massaggiava. Eppure, nonostante si premurò di far veramente male a quel misero essere strisciante che si contorceva e gemeva sotto di sé, il ragazzo assecondava i suoi movimenti, incurvandosi e provando piacere.
In quei minuti, Samuel pensò che non tutti gli umani avevano la testa a posto. Certo, erano tutti esseri insignificanti che, secondo la sua modesta opinione, andavano trattati come schiavi ma quello in particolare sembrava.. difettoso.
Beh, si sarebbe occupato della faccenda dopo.
Aprì gli occhi nel bel mezzo della notte, sentendo il corpo di quell’essere avvinghiato al proprio braccio, il respiro pesante che si confondeva con il ticchettare della sveglia sul comodino affianco al letto.
Samuel si rivestì, gettando una veloce occhiata all’ora, non trovandola eccessivamente tarda. Le 2:36. Matt non avrebbe fatto domande.
Si allacciò i bottoni della camicia, storcendo contrito le labbra quando notò che un paio mancavano, sicuramente saltati a causa di quella bestia che ancora era nel mondo dei sogni.
Sospirò, portandosi una mano nei capelli scuri, pensando che una volta a casa avrebbe dovuto fare almeno quattro docce prima di togliersi di dosso l’odore nauseante del sesso con quell’umano.
Si allacciò la cintura, cercando con lo sguardo le scarpe che, chissà per quale assurda legge della fisica, erano finite sulla scrivania alla sua sinistra.
Si chinò su Deren, portandogli un palmo sul viso, il pollice che premeva sulla linea delle labbra per farle dischiudere. Prese una piccola sfera del colore dell’ambra, liscia e piccola come una bigia, posandola e spingendola oltre quell’apertura, lasciando che il ragazzo la ingoiasse.
Si rimise dritto, un pallido ghigno ad incurvargli le labbra, girando le spalle a quella camera in cerca della giacca, iniziando il suo conto alla rovescia prima che la pillola di Respiro iniziasse a fare effetto.
Sei ore e il corpo del ragazzo sarebbe diventato una pira funeraria.
Il giorno successivo, Matt singhiozzò mentre i telegiornali trasmettevano la notizia della morte di un ragazzo di ventiquattro anni, Deren Kijana, apparentemente deceduto per combustione spontanea.
-Che schifo di mondo! Quante probabilità c’erano che accadesse proprio a lui?- singhiozzava con il volto nascosto nella piega del collo di Samuel –perché il mondo umano è così ingiusto? Ad un Drago non sarebbe mai successo!
-A qualcuno doveva pur capitare, no?- gli accarezzò i capelli, scostando i ciuffi fin troppo lunghi, neri proprio come i suoi –e io ti ho da sempre ripetuto che quelli della nostra razza sono migliori degli uomini.
-Ti prego- alzò gli occhi verdi al cielo, facendogli un mezzo sorriso stanco –non incominciare come al solito.
-Sei tu quello che ha messo in mezzo il discorso per primo.
-La tua pignoleria un giorno di questi mi manderà all’altro mondo- sdrammatizzò, ridendo e dandogli una pacca sulla spalla.
-Non ci sono riuscito in tutti questi anni, figuriamoci da un giorno all’altro.
Sorrise, facendogli appoggiare la testa sul suo petto, cambiando canale per guardare un film spazzatura che tanto piacevano all’altro.
Se Matt avesse veramente amato quell’umano, non avrebbe di certo riso come un matto fra le sue braccia, sputacchiando resti di popcorn sul divano, addormentandosi poi tranquillo fra le proprie braccia.



17.02

-Devi smetterla Matt!- strillò la ragazza, lasciando in uno scatto la mano del ragazzo.
Samuel alzò un sopracciglio sorpreso, mettendosi dietro una colonna e con il cellulare in mano, ascoltando però la conversazione non proprio tranquilla che i due fidanzati stavano tenendo.
-Cosa ho fatto?- domandò sorpreso il ragazzo, aggrottando la fronte alla reazione di Charlotte.
La ragazza strinse le labbra, incrociando le braccia scoperte sotto il seno prosperoso, fulminando Matt con gli occhi scuri.
-Non fai altro che parlare di lui! Ad tutti i nostri singoli appuntamenti passi quasi ogni istante a parlare di Samuel e di quanto sia fantastico!- si scostò con un gesto stizzito una ciocca dei neri capelli ricci dalla fronte.
-Lui è la mia famiglia- Matt sembrava non capire, facendo un passo indietro dall’afroamericana –mi sembra scontato che parli di lui.
-Gli stai sempre appiccicato!- non demorse, attirando l’attenzione di qualche passante –Non parliamo mai di noi. Tutte le volte che ti chiedo qualcosa inizi a raccontare qualche aneddoto insensato dove obbligatoriamente ci sta dentro anche Samuel! Non ne posso più! Sembra lui la tua ragazza!
-Non ha senso quello che stai dicendo!- sbottò ormai al limite Matt, facendo sorridere il diretto interessato che aveva ascoltato tutto –è la persona più importante della mia vita!
-Vedi?- si sgolò la ragazza, facendo adesso girare tutti i restanti pedoni che prima li avevano ignorati –Dovrei essere io la persona più importante!
-Cosa?- chiede incredulo, scoppiando a riderle in faccia –Ma sei seria? Non metterei mai nessuno davanti a lui. Mi è fratello e padre insieme ad amico e confidente. È più di quello che le altre persone potranno mai essere!
-Allora perché non te lo sposi?- gli tirò addosso la borsa, la voce spezzata –non vedo il motivo per cui dovremmo ancora stare insieme! Sei un fottuto bastardo!
-Io?- urlò anche lui –Sei tu quella che mi sta lasciando senza motivo!
-Vaffanculo! Fai sesso con lui se tanto ti piace!
-Sempre meglio di un’arpia come te!
-Bene!
-Benissimo!
-Ottimo- sussurrò Samuel incamminandosi soddisfatto verso casa.


-Gli umani sono solo degli stronzi- si sfogò quella stessa sera Matt, camminando in circolo in mezzo al salotto di casa, non facendo vedere a Samuel niente di quello che stavano trasmettendo in televisione.
-Perché questa tua ovvia conclusione?- domandò dopo altri venti vaneggiamenti dello stesso genere.
-Perché?- pigolò colto in contropiede, arrossendo mentre metteva a fuoco Samuel comodamente stravaccato sul divanetto –Oh.. beh..
-Problemi in paradiso Matt?
-Io lo definirei Inferno piuttosto- borbottò passandosi una mano nei capelli spettinati –Charlotte era solo un’umana viziata.
-Stai iniziando ad aprire gli occhi vedo- constatò inarcando le labbra.
-Non prendermi in giro- si imbronciò –ho solo capito che sono succubi delle loro emozioni.
-In che senso scussa?- quella conversazione si stava rivelando più interessante del previsto.
-Diventano ciechi e non riescono a gestirle. Vanno in escandescenze per nulla e sono a dir poco paranoici!
-E come hai capito ciò? Che ti ha detto quell’umana?
Matt serrò le labbra, indeciso o meno se parlare, scrutando il Drago alzarsi dal suo posto per raggiungerlo.
Samuel era stato colui che lo aveva salvato dalla strada. La persona che gli aveva spiegato cos’era, prendendolo sotto la sua ala e istruendolo quando ormai tutti lo avevano abbandonato. Gli aveva offerto una mano, indicandogli al contempo con l’altra una nuova strada da seguire, una vita diversa da afferrare. Mai, in quei quasi dieci anni, il braccio di Sammy si era discostato dal suo fianco e, probabilmente, mai niente e nessuno li avrebbe separati. Non ci erano riusciti gli ideali del maggiore, né le diverse storie che aveva avuto Matt. La loro priorità era sempre stato l’altro.
Forse, effettivamente, da un punto di vista esterno quel loro legame poteva apparire come.. amore? Charlotte aveva ragione?
Ma che e potevano sapere loro due dell’amore? Due sbandati che prima di incontrarsi erano costretti a vivere in solitudine nel costante timore di esser scoperti per quel che in realtà erano.
O almeno.. Matt pensava ciò di Samuel. Questo non era mai stato molto propenso a parlare del proprio passato.
-Credeva che- si morse le labbra, osservandosi gli indici delle mani all’improvviso molto interessanti –fossi innamorato di te?
-Ed è una domanda quella che mi stai facendo?
-Ma che ne so!- sibilò incassano la testa nelle spalle, le guance scarlatte.
-Quindi- un sorriso affiorò su quelle labbra, intanto che il cervello di Samuel correva come il vento, ampliandolo enormemente –se ti bacio va bene, giusto?
-Cosa?- soffiò sgranando gli occhi, sconvolto –Non sono divertenti i tuoi scherzi Sammy.
-Ma io sono serissimo- fece qualche passo avanti, obbligando l’altro a retrocedere fino a fargli sbattere i polpacci contro il tavolino, facendolo sobbalzare –non sai quanta rabbia mi monti quando questi stupidi umani ti abbandonano come se fossi il peggiore sacco di spazzatura del mondo. Vorrei tanto prenderli per la gola e farli vedere con chi hanno veramente a che fare.
-Non lo faresti mai, non dire simili assurdità.
-Invece sì. Per te lo farei mille e mille volte.
-Smettila Sammy!- Matt lo spinse, riacquistando quel minimo di distanza di sicurezza –Sarò anche uno sprovveduto, come ti piace tanto chiamarmi, ma non sono così ingenuo da crederti.
Samuel lo fissò, gli occhi grigi per una volta seriamente confusi, sorridendo schiettamente quasi subito.
-Vogliamo scommettere?- chiese ammiccando, allargando le braccia e alzando le spalle, come se la cosa non gli importasse poi più di tanto.
-Una scommessa?- le iridi verdi brillarono interessate sebbene il minore sembrava ancora restio –Di che tipo?
-Hai detto che non sei sicuro di esserti innamorato di me- alzò il mento, leccandosi le labbra alla sola idea –io ti chiedo di darmi un’opportunità per dimostrartelo.
-E io che ci guadagno?- il sorriso sulle labbra del Drago di allargò a dismisura, apparendo più un ghigno compiaciuto. Matt aveva appena detto le stesse identiche parole che avrebbe pronunciato lui in una situazione del genere.
-Se vinco io- iniziò –beh, non credo che te ne pentirai- agitò una mano, liquidando quella parte –se vinci tu.. potrai chiedermi qualsiasi cosa.
-Ti obbligherò a fare qualsiasi cosa?- rettificò, per essere sicuro.
-Sì- Samuel non sembrava contento di quella puntualizzazione –tutto ciò che vuoi.
-Anche provare finalmente un umano?
Il maggiore non poté impedirsi di fare una smorfia disgustata al solo pensiero mentre il ricordo frammentato di Deren gli tornava a galla nella mente. Non era la prima volta che testava la fedeltà dei compagni dell’altro ma quell’incontro gli sarebbe per sempre rimasto impresso fino al giorno della sua morte. Annuì seppur non molto contento.
-Ci posso pensare?
-Certo che no- rispose tranquillo, scompigliandogli come di consuetudine i capelli –ti do esattamente sette secondi. E- aggiunse vedendo che l’altro aveva appena tirato un sospiro di sollievo –allo scadere dei quali farò come se mi avessi dato il tuo consenso.
-Non puoi dire sul serio!- fece sbigottito, non trovando però la risposta sperata nell’espressione serafica di Samuel.
-Sei un bastardo! Ho appena rotto con Charlotte!
-Tanto non l’amavi, giusto? Come non amavi nessuno degli umani che sono scomparsi dalla tua vita in questi ultimi decenni.
-Che ne vuoi sapere tu di quello che provavo?
-Tornavi sempre da me, cercando rifugio nel mio petto- lo ignorò, guardandolo adesso morbido –Quindi perché adesso stai così sull’attenti?
-Tu non puoi amare- rispose cupo, abbassando il capo e stringendo i pugni, l’espressione afflitta –Quello che senti è solo affetto.
-Scommetti con me- gli tese una mano –Io non perdo mai.




21.04

-Ti ho sempre odiato- sibilò Samuel, guardando furente Matt –Perché cazzo sorridi?- gridò, tirandogli un pugno in pieno viso –Non è giusto.. non è fottutamente giusto! Te la sei spassata in questi anni, vero?- non attese risposta, stringendo adesso entrambe la mani sul collo dell’altro –Mentre io temevo per la nostra sicurezza, la nostra incolumità, tu ti fingevi un dannatissimo umano, andandotene in giro come se fossi stato uno di loro!
Digrignò i denti, avvertendo il Respiro di Matt risvegliarsi, fiamme verdi avvolgergli le mani e le braccia. Scatenò anche le proprie, schiacciando quelle tiepide e flebili, in disuso da fin troppo tempo, guardandolo con un distillato di odio puro.
-Eri felice mentre io ero costretto a proteggerti, stando costantemente nell’ombra. Eri felice di stare con le stesse persone che ti avevano voltato le spalle. Eri felice mentre io non lo ero.
-S..mu..
-Sta zitto!- rafforzò la presa, vedendo la pelle del compagno diventare paonazza, i profondi solchi di carne bruciata del collo ancora fumanti.
-Perché tu potevi sorridere e io no? Cosa hai di meglio tu rispetto a me? Tu non sei niente! Non sei neanche la mia metà! Sei più umano di quanto il tuo sangue dica!- si sgolò, emettendo un vero e proprio ringhio animalesco, osservando quasi senza veder realmente quelle iridi verdi, quasi vacue e appannate.
-Ti ho.. amato- soffiò a fatica Matt, accarezzandogli il volto, sentendo per, lo sapeva, ultima volta il pizzicore di quella corta barba sulle punte delle dita.
Quelle iridi fissavano Samuel imploranti, distrutte e colpevoli, proprio come in tutti quegli anni aveva desiderato.
-Non ti è bastato?- sembravano dire, urlare, additandolo tradite, sepolte da quel dolore sordo che solo un inganno così intimo poteva provocare.
-Ho provato a rubarti parte della tua felicità- ammise, tenendolo ancora sotto di sé, non accennando a rimuovere le mani dal collo di Matt –Ma non mi bastava. Tu eri troppo splendente, su quel podio che solo tu hai potuto erigere, mentre io ero solo la tua pallida ombra. E mi faceva una rabbia..- prese un profondo respiro per non spezzargli subito il collo –sapere che tu avevi più di me nonostante non avessi proprio fatto un bel niente. Giuro che ti amo Matt. E ti odio altrettanto. Non ce la faccio a vederti al mio fianco, a sorridere con quei cazzo di denti bianchi, a vederti assopito al mio fianco la mattina. Perché io non sarò mai spensierato come lo sei stato tu poiché tu, nella tua infinità pochezza e miseria, sei al contempo talmente brillante da accecarmi.
-Sammy non pu..
-E io ti spegnerò!- rise, non lasciandogli il tempo di finire, di provare a convincerlo a cambiare idea con le sue belle parole –Non permetterò che tu mi bruci Matt.
Ma, sebbene tutto l’odio che sembrava sgorgare dirompente come una cascata di catrame dal suo cuore, Samuel pianse mentre la vita scivolava dal corpo di Matt, accontentando l’ultimo abbraccio che gli chiesero quelle braccia nel loro estremo respiro. Cullò quel corpo vuoto anche dopo essere certo che fosse veramente spirato, vergognandosi nel non provare interamente vero e proprio rimorso se non un senso di leggerezza mai provato prima.



30.04

-Oggi, cari fratelli e sorelle, siamo qui riuniti per dare un ultimo saluto al corpo del nostro amato concittadino, Matthew Burow..
Samuel strinse la labbra, chiedendosi mentalmente per quanto tempo sarebbe andato avanti il funerale, iniziando già a sentire i muscoli del collo e delle spalle irrigidirsi dalla posizione scomoda, il corpo pressato dalla moltitudine di umani riuniti lì per Matt.
Molti gli avevano rivolto uno sguardo compassionevole, mormorandogli parole di conforto alle orecchie insieme ad una carezza sul volto. Samuel aveva sopportato tutto quello in silenzio, detestando quella razza come mai prima di allora, serrando la mascella e provando a tenere i nervi ben saldi, sconfiggere quella belva che ruggiva e raschiava dentro di lui.
Gli chiesero molte volte come stesse ma lui non rispondeva, stringendo le mani fasciate, nascondendo le bruciature provocate dal Respiro di Matt e ascoltando falsamente fino alla fine della cerimonia, seguendo con gli occhi il movimento lento della bara che scendeva nelle profondità del terreno, venendo inghiottita da quella bocca oscura di fango e vermi.
Samuel si mosse, lasciando il posto accanto a quelle persone vuoto e freddo, trasportando i fiori che aveva comprato qualche giorno prima in vista del funerale. Quel colore spiccava sulla propria persona, una nota di colore non indifferente se si prendevano in considerazione il nero e bianco tradizionale del suo completo. Il vento, ancora una volta, lo colpì in pieno viso, facendo ondeggiare il colletto alzato dell’impermeabile che indossava, penetrando fin sotto la camicia bianca e la cravatta che ancora gli stringeva il collo come a soffocarlo. I capelli, nonostante fossero stati tagliati di recente, gli ricadevano in parte sugli occhi, obbligandolo a sbattere più e più volte le palpebre per il fastidio. In quel momento Samuel poteva apparire come una creatura mistica, dalla bellezza e portamento che solo i nobili di più alto rango sapevano avere, dal fascino che le maestose pantere delle foreste africane erano uniche a possedere gli occhi freddi quanto i ghiacci delle terre inesplorate del nord.
I fiori, degli splendidi esemplari di rose gialle, brillanti e grandi quanto dei pugni, ammortizzavano in quel momento l’aspetto predatorio del loro proprietario, facendolo apparire più angelo di quel che, sicuramente, non era affatto.
Samuel inclinò il volto, seguendo quelle carezze che portava il vento, facendo buon viso a cattivo gioco, continuando ad osservare la tomba ancora scoperta, ignorando le persone che come lui si erano avvicinate per porgere i loro ultimi saluti a Matt.
“E così” pensò, intanto che la furia degli elementi strappava i petali delle rose che teneva, creando un turbine dal color del fuoco nuovo “sei stato il peggiore dei mali che avrei potuto mai incontrare” conficcò le unghie negli steli verdi “mi hai trasformato in un assassino”
Non gli giunse risposta, il silenzio che lentamente calò nella sua psiche, decidendo quindi di lasciar andare il mazzo che aveva scelto come ultimo addio che si andò a posare sulla superficie di legno con un attutito sbuffò di polvere.
“Il giallo è il colore della perfezione” ne diede le spalle, senza più trovar ragione di rimanere “è il colore del mio respiro” sorpassò il ricordo di Matt, non salutando nessuno dei presenti “è l’ultima cosa che vedranno i miei nemici”
“E tu sei l’unico che non l’ha potuto vedere prima di abbandonarmi”

 
   
 
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