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Autore: jo17    04/06/2016    1 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Victoria non aveva più rivisto ne Katrin ne tanto meno Ruth. Si sarebbe aspettata che quest’ultima la cercasse e invece questo non avvenne fino a tre giorni dopo la notte passata insieme. Sorrise vedendo il suo nome apparire sul dispaly.

  • Credevo che fossi sparita
  • Se avevi questo timore potevi benissimo chiamarmi.

Il tono divertito dall’altra parte le fece capire che il silenzio di quei giorni avevano sortito l’effetto che si aspettava la sua interlocutrice.

  • Si hai ragione, avrei potuto. Ma dimmi, a cosa devo l’onore di questa telefonata, a parte il piacere di prendermi in giro.
  • Volevo invitarti a cena.
  • Un appuntamento?
  • Si, e per il posto in cui ho intenzione di portarti si richiede un abito elegante.
  • Uhmm, non so se fa al caso mio.
  • Invito mio, serata a modo mio. Ti vengo a prendere domani per le otto.
  • Mi vieni a prendere?! Mi porterai anche dei fiori?
  • Forse, ma non so se te li meriti. Anche se per l’idea che avevo forse sarebbero stati adatti.
  • E cosa avevi in mente?
  • Mi piacerebbe che fosse come un primo appuntamento, con quello che ne sarebbe comportato.
  • Sarebbe?
  • La curiosità di conoscere la persona che hai di fronte, non sapere se corrisponderà alle tue aspettative.Il brivido di decidere come andrà a finire la serata. – Poi fece una pausa, e il suo tono di voce divenne serio - A dire il vero ho solo voglia di leggerezza, ed è una parola molto lontana se associata a noi.
  • Ok, accetto il tuo invito, e alle tue condizioni. Ma la prossima volta si farà a modo mio
  • E chi ti dice che ci sarà un secondo appuntamento? A domani.

La risata cristallina di Ruth fu l’ultima cosa che sentì prima che chiudesse la chiamata.
La sera successiva Ruth fu molto puntuale, una volta arrivata sotto casa di Victoria la chiamò per deirle che era giù ad aspettare

  • Se vuoi fare le cose per bene dovresti venirmi a prendere fino alla porta.
  • Ho dei tacchi vertiginosi, vuoi davvero farmi fare le scale?
  • Purtroppo si, perché non sono ancora pronta.

Con minor difficoltà di quanto si aspettasse Ruth si ritrovò davanti alla porta lasciata accostata dalla proprietaria, spingendola entrò nella stanza vuota.

  • Vic?

Una voce le rispose dal piano di sopra.

  • Perdonami, dammi acora qualche minuto. Versati da bere se vuoi, c’è del vino in cucina.
  • Sono fortemente tentata di chiederti se avessi fatto lo stesso se io te e non ci conoscessimo già, ma ho paura della risposta.

La risata di Victoria fu l’unica risposta. Andò verso la cucina ma si fermò come bloccata da una forza invisibile. Questa repulsione a fare un passo in più era dettata da quella maledettissima foto che continuava a troneggiare in quell’ambiente. Si sentì una stupida per quanta importanza aveva dato a quel rettangolo di carta dal primo momento che era entrata nella vita di Victoria. Tornò sui suoi passi nel momento esatto in cui la pittrice finalmente si era decisa a scendere.
Indossava un vestito vestito rosso dalla ampia scollatura e dalle spalle coperte solo dalle spalline che lo tenevano su. L’abbondanza del suo seno era messo in evidenza anche dal fatto che le fasciava il corpo fino ai fianchi per poi scendere morbido in una gonna dalla lunghezza diseguale, che lasciava scoperto il ginocchio sinistro per andare a scendere sino alla caviglia dell’altra gamba. Dei sandali bianchi dal tacco alto le lasciavano il piede scoperto. I lunghi capelli corvini erano liberi ma ricadevano discipilantamente a coprire principalmente la spalla e metà del braccio destro. Le sue labbra erano tinte dello stesso rosso del vestito e i tratti degli occhi erano messi in risalto da un leggero trucco.
Ruth rimase senza parole e senza fiato. Mai come in quel momento le sue origini venivano messe in risalto. Sembrava una di quelle donne spagnole, calde e prosperose che si aveva dell’iconografia tipica di quei paesi.

  • Che c’è?

Abbassò lo sguardo per controllare il suo vestito.

  • Qualcosa non va? Forse non è adatto alla serata?
  • No… direi che è perfetto… tu lo sei…

Ruth si era limitata ad insoddare un tubino nero, con le spalle scoperte e delle scarpe da urlo. Avvea puntato sugli accessori che consistevano in un largo bracciale in bronzo e una collana dello stesso colore e anch’essa rigida. Anche lei aveva optato per lasciare i capelli liberi, ma erano stati disciplinati in ampie onde che scendevano lungo le spalle.

  • Uhmm ti ho lasciata senza parole, credo che potrei ritenermi soddisfatta. Ma restiamo qui a fissarci o possiamo andare?

Finalmente Ruth si riscosse.

  • Si certo, andiamo.

Stavolta fu Ruth a stupire Victoria quando ad aspettarla c’era un auto con autista che le aprì la portiera non appena si avvicinò alla macchina. La loro meta era un ristorante che la curatrice conosceva molto bene. Si trovava al 35esimo piano di un grattacielo con una vista unica su Central Park e i grattacieli di Manhattan. Le pareti interamente in vetro permettevano di godere di quella meravigliosa vista da qualsiasi punto della sala,  ma Ruth aveva prenotato un tavolo appartato proprio di fianco ad una di esse.
Si sedettero e dopo qualche minuto arrivò il cameriere.

  • Miss Devis, è un piacere vederla.
  • E’ un piacere anche per me. Questa sera siamo nelle tue mani.
  • Perfetto allora mi prendo la libertà di consigliarle il vino.

Fece un cenno appena percettibile al cameriere che sparì un attimo e ritornò con una bottiglia di vino rosso. Dopo aver approvato la scelta, la donna scambiò ancora qualche parola con il maìtre prima che le lasciasse nuovamente sole.

  • Il panorama qui è da mozzare il fiato.
  • Tu lo sei.

Victoria distolse lo sguardo da quello che attirava la sua attenzione in quel momento per fissarlo sulla donna che aveva parlato. Sorrise.

  • Per come ti trattano direi che vieni spesso qui.
  • Principalmente per brunch di lavoro. I migliori affari li abbiamo conclusi qui.
  • Per un attimo ho pensato che portassi qui tutte le donne su cui vuoi far colpo.

Ruth la guardò inclinando la testa.

  • No, tu sei l’unica su cui vorrei far colpo. Ma non ti ho portato qui per questo. Lo trovo semplicemente un bel posto.
  • Bello è un tantino limitativo. Allora, per quel poco che ho potuto capire siamo qui per conoscerci, anche se ormai sai anche per chi voto e qual è il mio film preferito.

Aveva un tono di voce divertito.

  • Quindi, parlami di te. Chi è quella donna con cui ti ho visto spesso. La mora dagli occhi di ghiaccio.

Ruth non si aspettava un attacco così diretto. Esitava a risponderle così Victoria la incalzò.

  • Ok, posso immaginare chi fosse per te. Mi stupisco sempre quando vedo relazioni che si trasformano in amicizie.
  • Amicizia non è calzante. Lavora per noi come consulente legale, quindi un minimo di rapporto civile è necessario.
  • Ed è per questo che uscite insieme la sera? Per favorire la civiltà?
  • Quella non è stata esattamente una grande idea. L’avermi vista andar via con te ha fatto si che adesso non mi rivolge più la parola.
  • Abbiamo ferito diverse persone quella sera.

Ruth sospirò, giocherellando con il bicchiere che aveva davanti.

  • Ti riferisci a Katrin?
  • Si.
  • Beth mi ha detto della reazione che ha avuto. Credimi, mi dispiace, è colpa mia.
  • Consolati, è arrabbiata con me non con te.

La sua interlocutrice si sporse leggermente in avanti per posare la mano sulla sua.

  • Sta tranquilla le passerà. Non credo che un’amicizia così lunga e profonda come la vostra possa finire per una cosa come questa.
  • Lunga si, ma stando a quello di cui mi ha accusato non la vede così profonda, non da parte mia. Ma ti dispiace se parliamo d’altro? Non hai risposto alla mia domanda.
  • Credevo di averlo fatto.
  • E’ lei che ti ha spezzato il cuore?
  • No – lo disse accennando appena un sorriso – sono stata io a spezzare il suo. Mi sono resa conto che eravamo troppo diverse. Lei è così.. sa essere così….

Victoria sorrise nel vedere come non riusciva ad esprimere quello che le passava per la testa.

  • Rigida.. si è la parola giusta. Per lei è tutto bianco o nero, giusto o sbagliato. Non comprende che a volte si prendono certe decisioni perché bisogna scendere a patti, a volte anche con se stessi. Ma mentirei se ti dicessi che lei è soltanto questo. Ha anche molti aspetti positivi. E anche questa sua rigidità purtroppo mi dava una gran sicurezza.
  • Sicurezza? Non mi sembri il tipo da cercarla in una persona.
  • E’ per questo che ci servono serate come questa, lontano da un letto. Per imparare a conoscersi.

Ruth le sorrise, poi divenne seria.

  • Vic, adesso tocca a te. Dimmi cos’è che ti spaventa così tanto da non fidarti di me, e non dirmi la tua malattia.

La pittrice si fece seria. La sua interlocutrice nonostante si fosse resa conto di quel cambiamento. La incalzò.

  • Un unico fallimento non può costare così caro.

Victoria si schiarì la voce.

  • Ti sbagli se pensi che io veda la mia passata relazione come un fallimento. Perché non lo è stato.

Vide un’espressione perplessa e un sorriso incredulo formarsi sul volto della sua interlocutrice. Così continuò senza permeterle di intervenire.

  • La mia relazione non è terminata per mancanza d’ amore, da nessuna delle due parti. Non ci sono stati litigi o violente discussioni. Non sono mai esistite incomprensioni.
  • Sembra un rapporto da favola, ma scusami se mi domando come mai non sia qui.

Si pentì subito dell’irruenza che aveva usato nel pronunciare quella frase.

  • Non è qui perché abbiamo deciso di comune accordo che non poteva essere un rapporto sano se una delle due doveva rinunciare a se stessa per stare con l’altra. Non lo avrei mai permesso, non avrei mai sopportato se un giorno Dana si fosse ritrovata a vivere di rimpianti per colpa mia, a rinuciare a quello per cui aveva studiato e lavorato tanto. E soprattutto se un giorno me lo avesse rinfacciato. Già all’inizio della mia patologia c’eravamo rese conto che avrebbe richiesto dei grossi sacrifici. Si insomma, hai potuto vedere anche tu come mi riduce una crisi. All’epoca per me era così quasi tutti i giorni. E se anche adesso si presentano sporadicamente, è sempre lì e ritorna sempre sotto una forma nuova.
  • Non so chi sia stata più altruista fra le due, tu che l’hai obbligata ad andarsene o lei che ha accettato l’offerta.

Ruth disse tutto questo con un forte tono ironico. Non sopportava di sentire come la pittrice difendeva quella donna e la loro relazione. E nonostante fosse stata lei a spingere Victoria a raccontarle quella storia si rese conto di non essere pronta a sentirla.

  • Si beh, ti confesso che mi sarei aspettata da lei che avesse lottato un po’ di più per noi. E sicuramente mi ha ferita.

Victoria avrebbe potuto continuare dicendole che sino a quel momento si era domandata se poteva realmente esserci qualcuno che non fosse Dana nella sua vita. Prima di conoscere Ruth, in un angolo del suo cuore aveva sperato che ritornasse, che si rendesse conto che vivere lontane era impossibile, ma col tempo si era resa conto che questa cosa era solo lei a provarla. Non ricordava quante volte si fosse sentita una stupida patetica a stare ancora ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai tornato. E adesso che aveva quella splendida donna nella sua vita aveva ancora più paura, anche se non riusciva a focalizzarne il vero motivo.

  • Sinceramente penso che quando si ama qualcuno le si resta accanto, soprattutto quando la vita diventa più difficile.

Ruth aveva spezzato il filo dei suoi pensieri rimanendo così a guardare quel volto d’angelo dall’espressione ferita e dai lunghi capelli che le scendevano liberi lungo le spalle. Quegli occhi tristi che la fissavano. Era di una bellezza che faceva male.

  • Ruth, per me va benissimo restare qui a parlare di noi e delle nostre vite, ma a cosa pensi che dovrebbe portare tutto questo?
  • Ascolta, questa sera volevo semplicemente portarti a cena con me, e non volevo come invitati ne il mio passato e tantomeno il tuo. Ma credo che fosse inevitabile.

Victoria cambiò espressione, divenne distesa.

  • Ok facciamo così, basta con questi discorsi seri, cerchiamo di goderci la serata.

La cena trascorse tra ricordi legati al periodo dell’università e a viaggi fatti e in generale in argomenti più leggeri.
Al rientro, quando Ruth si ritrovò davanti casa di Victoria rimase ferma di fronte al portone con la padrona di casa che invece, tenedola per mano, aveva già fatto i primi due gradini, ritrovandosi così ad un’altezza diversa da quella della curatrice.

  • Che succede?
  • Non so se dovrei salire.
  • E perché?

Ruth non le rispose rimanendo ferma sul marciapiede ad ammirarla in tutta la sua bellezza. Quella sera aveva avuto la conferma di quello che sapeva ormai da tempo, Victoria amava ancora la sua compagna. Avrebbe sofferto, sapeva bene anche questo, sarebbe dovuta andar via, allontanarsi da lei ma non ci riusciva.

  • Capisco che molto probabilmente non sei il tipo che si concede al primo appuntamento ma potremmo sorvolare su questo punto?

Riuscì ad attirarla a se per baciarla.

  • Cedo solo perchè desidero troppo toglierti quel vestito.

E adesso quei vestiti che avevano scatenato le fantasie più sfrenate erano buttati dosordinatamente sul pavimento.

  • Di sicuro abbiamo una fantastica intesa sessuale.

Victoria si girò verso di lei ridendo.

  • Non è forse vero?
  • Si si, hai perfettamente ragione.

Ruth cercò il lenzuolo per coprirsi e sistemò comodamente la testa sul cuscino. Victoria rimaneva su un fianco, tenendo sollevata la testa sul braccio piegato, intenta ad osservarla. La guardava con un mezzo sorriso, le accarezzò una guancia e la baciò dolcemente. Rimase a pochi centrimetri dalle sue labbra indecisa se rubare un altro bacio. Ruth si perdeva in quegli occhi di brace, poi diede voce ai suoi pesieri.

  • Se in questo momento dicessi di amarmi ti crederei.

Victoria sospirò e tornò a sdraiarsi.

  • E’ di questo che hai bisogno?

Ruth alzo gli occhi al soffitto e sollevando leggermente il mento.

  • No.. non lo so. Penso semplicemente che è bello sapere di essere importante per qualcuno.

Victoria chiuse gli occhi, non ricevendo nessuna risposta fu lei a guardarla.

  • E tu? Di cosa hai bisogno.

La sentì sospirare e sussurrare.

  • Di momenti come questo.

************************
Dopo quella sera ne seguirono altre, Ruth lasciava che fosse Victoria a cercarla, a fare i passi successivi. Voleva che fosse lei a sentire il bisogno della sua presenza e faceva di tutto per non imporsi nella sua vita. La mostra era ormai pronta, mancava solo qualche dettaglio e il dipinto che ancora l’artista non aveva completato e questo era l’unico punto sul quale la pressava, ormai mancavano poche settimane.

  • Insomma, la stai addomesticando. Proprio come si fa con gli animali selvaggi.
  • Beth, ma che sciocchezze dici?!
  • Vedendo come ti stai comportando non mi viene nessun’altra definizione.
  • Ho solo capito com’è fatta. E si mi piace, forse anche troppo, ma non voglio invadere i suoi spazi.
  • Non vuoi che si spaventi e scappi via.

L’amica accompagnò questa frase con una sonora risata, poi continuò.

  • E dimmi a Katrin è passata l’arrabbiatura?
  • Credo di no, l’ho solo vista qualche giorno fa, prima che partisse per gli Hampton. Con Victoria non parla ancora.
  • Doveva aver proprio preso una bella cotta per te.
  • Già ma non credo che dipenda solo da quello. Victoria ha accennato qualcosa ma non ha aggiunto molto.

Dalla porta aperta dell’ufficio di Ruth videro passare Lexie.

  • Anche lei non ti rivolge ancora la parola? Non che sia un male.
  • Mi evita accuratamente, ma quando non può farne a meno si, mi parla. Siamo ritornate a due mesi fa, freddezza e disdegno. Un po’ mi dispiace.
  • Tu sei matta.
  • Beth, per quanto per te possa essere incomprensibile, un tempo ne ero innamorata. E se soffre, credimi, mi dispiace.

L’amica sospirò guardando l’orologio.

  • Uff, devo andar via. Ti lascio dicendoti che la tua vita è diventata più interessante della mia. E la cosa non mi piace affatto!

Ruth le rispose con un sorriso vededola andare via.
Si sentiva bene, era contenta della piega che stava prendendo in quei gironi la sua vita, aveva accantonato i pensieri che le mostravano uno scenario dove Victoria sarebbe sparita non appena terminata la mostra spezzandole il cuore. Preferiva perdersi in pensieri più piacevoli, nei ricordi del tempo passato insieme e sapendo che era la pittrice a non riuscire più a fere a meno di lei.
I suoi pensieri furono interrotti dal suono del telefono, ormai quel suono le era divenuto insoppotabile in quanto spesso era il nome del fratello quello che illuminava il display, avendo il potere di infrangere quella momentanea serenità. Proprio come stava facendo in quel momento. Non aveva voglia di rispondere e di sentire la voce di David, che da un discorso vago e lunghi giri riproponeva alla sorella di andare a trovarlo e di incontrare il padre. Rifiutò la chiamata. Ma dopo poco il telefono iniziò nuovamente a suonare avendo la stessa identica reazione. Passato qualche minuto riprese ad emettere quel suono ormai fastidioso. Ruth si passò le mani sulle tempie e rispose.

  • Potresi smetterla di insistere in questo modo? Inizio a stancarmi!

La voce che le rispose la sorprese.

  • Ok, ma non pensavo di essere insistente.
  • Vic, perdonami, credevo che fosse qualcun altro…
  • Chi è il malcapitato che inizia a stancarti?

Dopo un primo momento di esitazione rispose.

  • Nessuno. Cioè, nessuno di importante. Ma dimmi, cosa posso fare per te? O mi chiami per dirmi che finalmente hai terminato il quadro?
  • No, mi dispiace deluderti, non ancora. Volevo informarti che stasera ti porto al cinema.
  • Al cinema?
  • Si, vedrai ti piacerà.
  • Ok. Come vedi non hai dovuto insistere.
  • No, direi di no. A stasera.

Al termine dalla chiamata Victoria rimase soprapensiero a fissare il telefono. Qualcosa stava accadendo nella vita di Ruth, c’era qualcosa che la turbava. Se ne era resa conto ormai da un po’, ne era avvolta la sera in cui avevano rotto il ghiaccio a quella festa e da allora avvertiva la tristezza che la coglieva per brevi momenti e che si impegnava a ricacciare via. Ritornò a guardare la grande tela ormai quasi terminata che aveva di fronte e a concentrarsi sul suo lavoro.
*************

  • Allora che film andiamo a vedere? E dove?
  • Non ho intenzone di rispondere a nessuna delle tue domande. Quando arriveremo lo vedrai.
  • Quanto mistero, mi devo preoccupare? Sappi che odio gli horror.

La curiosità di Ruth aumentò quando entrarono nel portone di un palazzo che di certo non aveva l’aria di essere un cinema. Ma si dovette ricredere una volta raggiunto il tetto. Sul terrazzo era stato approntato una sorta di cinema all’aperto, delle sedie rosse di quelle che si trovavavo nei vecchi cinema erano state predisposte in brevi file e dalla loro posizione si rese conto che il film sarebbe stato proiettato sulla parete dell’edificio attaccato a quello su cui si trovavano, ma che lo superava in altezza di almeno quattro piani. Il perimetro era stato circondato da grandi vasi con delle siepi che servivano ad attutire i suoni che potevano provenire dalla strata, anche se si trovavano ad una discreta altezza, e rendeva tutto l’ambiente molto intimo e accogliente. Delle persone occupavano già alcuni posti e altre arrivavano in quel momento.

  • Allora, andiamo a sederci?

Victoria era molto soddisfatta nel vedere l’esspressione stupita sul volto della sua compagna, che continuava a guardarsi intorno coriosa.

  • E’ veramente bello. Direi geniale, non avrei mai pensato che nel cuore di New York potesse esserci un cinema all’aperto.
  • Era da un po’ che volevo venire a vedere com’era. Ne avevo sentito parlare tempo fa.

Furono interrotte dall’inizio del film.  
Due ore e mezza dopo si ritrovarono a braccetto a camminare su un marciapiede del qurtiere di Soho.

  • Come facevi a sapere che adoro quel film?
  • Non lo sapevo, è stata solo fortuna. Stasera mi sento in vena di scoperte, c’è una gelateria a williansburgh, dicono che è ottima, ti va di andare?

Ruth sentendo il nome di quel quartiere esitava a rispondere.

  • Ok scusa, forse non ti va di fare tutta quella strada per un gelato.
  • No. Cioè, ok, mi va.
  • Non sembri convinta.
  • Si dai, andiamo. – si strinse a lei con ancor di più - Mi piace riscoprire la città con te.

Si ritrovarono sedute ad un tavolo in ferro battuto con due enormi coppe di gelato davanti, per quanto fosse ormai fine settembre il caldo non accennava a lasciare la città. Victoria osservava Ruth, era lievemente a disagio e quell’espressione quasi assente che ormai le conosceva era tornata, ma stavolta non aveva nessuna intenzione di andar via.

  • La prossima volta devo ricordarmi di non offriti più un gelato.
  • Come scusa?
  • Non credevo che avesse quest’effetto su di te.

Victoria le sorrise.

  • Ruth c’è qualcosa che ha il potere di dipingere un velo di tristezza sul tuo viso, ormai da un po’, e per quanto ti doni devo dire che non mi piace.

Ruth prese a fissare il cucchiaino con il quale avea preso a giocherellare.

  • Perdonami, hai ragione, ma questo posto non mi aiuta. Anche quando ero bambina qui c’era una gelateria, ci venivo spesso con mia madre.
  • Perché non me lo hai detto?
  • Ci sono… ci sono molte cose che non sai di me. Credo che sia arrivato il momento di dirtele, te lo devo.
  • Tu non mi devi niente.
  • Si invece, andiamo.

Si alzò tendendole la mano.
Victoria si lasciò condurre per quelle strade che a quanto pare Ruth conosceva molto bene. Si fermarono a qualche isolato dalla gelateria, di fronte ad un vecchio palazzo di due piani, le pareti in un lontano passato dovevano essere state bianche e le finestre ricordavano il verde. Un negozio ricopriva con le sue grandi vetrate l’intero angolo e un’ insegna in legno illuminata da due lampadine rendevano leggibile il nome.

  • E qui che sono cresiuta. Quel negozio e la casa sopra appartengono alla mia famiglia. Non era un bel quartiere all’epoca, non ricordo nemmeno quante volte il negozio sia stato rapinato. Eppure nonostante questo ha resistito nel tempo.

Le due donne si tenevano ancora per mano, Ruth riprese fiato per poi continuare.

  • La sera della nostra ultima discussione, rientrando a casa trovai ad aspettarmi mio fratello, veniva a dirmi che quell’uomo che non ha saputo accettarmi per quella che sono, quel padre che mi ha sbattuto fuori casa a quindici anni e costretta vivere per strada, quell’essere che mi ha fatto patire la fame e il freddo, era in ospedale in gravi condizioni e voleva vedermi. E’ lui che mi ha spezzato il cuore. Irrimediabilmente.

Victoria scossa da quella rivelazione rimase immobile non sapendo bene cosa fare, poi le si avvicinò passandole il braccio intorno alla vita. La donna si liberò da quell’abbraccio guardandola dritta negli occhi.

  • Non ti racconto tutto questo perché voglio la tua conpassione.
  • Ruth

Conosceva il modo in cui Victoria la stava guardando in quel mometo, lo aveva visto già in quelle poche persone a cui aveva raccontato da dove veniva. Non riuscì a sostenerlo.

  • Victoria, ho deciso di raccontarti questa storia perché voglio farti capire che non sei l’unica che ha sofferto perché qualcuno di cui ci fidavamo ciecamente ci ha deluso e ferito. Il punto adesso è se tu vuoi ascoltarla.

La pittrice fece di si con la testa. La osservava illuminata dalla luce dei lampioni, la sua espressione era stranamente cambiata, da agitata era divenuta ferma. L’attenzione di Ruth fu catturata da quella casa, iniziò a parlare.

  • Nell’ultimo periodo ho vissuto di nuovo nello stato di angoscia che solo quell’uomo sa farmi provare. Tu non sai cosa voglia dire vivere con un apersona che ti guarda con distacco e disgusto, che ti fa sentire come tutto ciò che ti riguarda sia sbagliato, che sei una persona riprorevole e lontano dalla grazia di Dio.  Quel Dio che si impegna tanto a lodare e che non conosce misericordia. Il giorno che mi ha cacciato di casa mi ha accusato di essere stata la causa della morte di mia madre.

Fece una pausa, abbassando la testa e fissando un punto indefinito sul marciapiapiede. Poi riprese.

  • Da quel momento per me iniziò l’inferno, ancora oggi non so come sono riuscita a sopravvivere, cercando anche di andare bene a scuola, perché sapevo che l’unica via di uscita era ottenere una borsa di studio per il college, per avere di nuovo un letto e un tetto sopra la testa. Gli stenti, i salti mortali per non far capire alle amiche o ai professori la condizione di disagio in cui vivevo. L’inverno a NewYork è terrificante. Quello che devi fare e sopportare per avere un posto caldo dove dormire.

Quest’ultima frase su un sussurro, si era portata la mano sulle bocca cercando di reprimere con quel gesto un dolore interiore, profondo. Poi continuò.

  • Me ne sarei andata se avessi potuto, in un posto dove non avrei sofferto il freddo.

La pittrice era sconvolta nel sentire quel racconto, e nel vedere come aveva trasfigurato la donna che lo stava narrando.

  • Hai detto che hai un fratello, perché lo ha permesso?
  • Lui aveva solo tredici anni, ricordo che mi faceva entrare in casa quando mio padre non c’era, era per me l’occasione di un bagno caldo e di un pasto che non provenisse da una scatoletta. Di più all’epoca non avrebbe potuto fare. E dopo…

Sospirò

  • Lui ha avuto la fortuna di conoscere solo il lato autoritario ma buono di nostro padre. Lui è sempre stato il figlio che ha seguito i suoi insegnamenti, è diventato un brav’uomo, ha sposato una brava ragazza, gli ha dato dei nipoti, e adesso si prende cura di lui. Ma è talmente soggiogato che nonostante mi voglia bene, e credimi non lo metto in dubbio, non si rende conto di quello che mi sta chiedendo, solo perchè un giorno lui sente la morte vicina gli chiede di venirmi a cercare. Che mi vuole vedere.

Le tremò la voce.

  • Sei andata?
  • No, e per quanto so di aver fatto bene, che ho tutte le ragioni per non volerlo incontrare, sento che dovrei. Ma ho paura.
  • Di cosa?
  • Di me stessa, non so come reagirei a quello che potrebbe dirmi. Buttargli addosso tutto il mio risentimento non cambierebbe le cose. Ora ho un mio equilibrio. Tutto quello che ho oggi, tutto quello che ho raggiunto fin’ora lo devo solo a me stessa. La ricerca della perfezione che mi rimproveravano al corso d’arte, il benessere in cui vivo, la mia bella casa, i miei vestiti e quell’accuratezza che tempo fa anche tu mi hai rimproverato, sono frutto di quello che ho vissuto, sono io e ne vado fiera. La maggior parte delle persone si fermano all’apparenza, mi giudicano una snob, ma non mi importa, sento che non devo convincere nessuno che sono qualcosa di diverso da quella che sono.

Tornò a guardarla negli occhi.

  • Adesso mi conosci, sai chi sono. Non ho più alcun segreto con te

La pittrice era scossa e turbata, si era aperta davanti a lei una nuova realtà, guardava Ruth ed era come se la vedesse per la prima volta. Non si sarebbe mai aspettata di ascoltare una storia simile. Odiava ammetterlo ma anche lei per un po’ era stata una di quelle persone che l’aveva giudicata velocemente da quello che vedeva. Le si avvicinò e la baciò.

  • Sono felice che tu lo abbia fatto, che ti sia fidata di me.
  • La mia vera storia la so soltanto io e le persone che mi amano davvero. E adesso anche tu.

Victoria l’abbracciò.

  • Non volevo rovinare la tua splendida serata.
  • Non lo hai fatto. Adesso andiamo a casa ok?

Si recarono nell’appartamento di Victoria che le chiese di rimanere quando la vide pronta ad andar via. Quella notte non fecero l’ amore, restarono abbracciate una di fronte all’altra, continuarono a parlare nella penombra della stanza.

  • Quindi quando squilla il telefono e cambi espressione è tuo fratello?
  • Già.
  • Capisco perché non vuoi incontrarlo, non si è comportato ne da padre ne tantomeno da essere umano. 

La baciò sulla fronte.

  • Ma non rifiutarlo se credi che cedendo a quest’incontro sminuiresti tutto quello che hai passato e sofferto. Forse invece hai proprio bisogno di vederlo per poter riuscire ad andare oltre.
  • Si forse è anche per questo, ma ti posso assicurare che sono già riuscita ad andare oltre.Lui è solo un brutto ricordo che si ripresenta quando meno me lo aspetto.
  • Hai il potere di farlo smettere.

Ruth si allontanò leggermente da lei per poterla guardare meglio in viso.

  • Sei l’unica persona che mi spinge ad incontrarlo.
  • Non ti spingo a fare niente. Ti sto solo offrendo un punto di vista differente.

Victoria fece un respiro profondo osservando l’espressione assente della donna che stava valutando le sue parole, dopo averle lanciato uno sguardo veloce si strinse a lei, la abbracciò portando il viso sul suo petto e lasciandosi avvolgere dalle braccia della pittrice.
Parlarono ancora un po’ poi Victoria la sentì addormentarsi fra le sue braccia. Il sonno per lei invece era lontano, si sentiva frastornata da tutte le informazioni ricevute quella sera, aveva lo strano desiderio di proteggerla, quando era evidente che Ruth non era quel tipo di donna, era sicura di se e sapeva badare benissimo a se stessa.
Ma quell’immagine di lei ragazzina che vagava per le vie della città con la sola compagnia di se stessa le apriva una voragine in pieno petto. Restava ad ascoltare il suo respiro calmo e regolare, le piaceva l’odore della sua pelle. Si rese conto che quello che la sconvolgeva era l’intimità di quel momento. Aveva amato, e molto, aveva vissuto sensazioni forti e travolgenti, avrebbe dato la vita per Dana, ma adesso, quello che stava provando era del tutto differente, qualcosa di nuovo.
Sentiva il cuore di quella donna batterle nel petto al posto del suo.
Quando Ruth si svegliò si rese conto di essere sola nel letto. Si guardò intorno e vide Victoria seduta sul davanzale della finestra con le gambe rannicchiate al petto, intenta a guardare fuori.

  • Buongiorno.

La padrona di casa si girò al suono della sua voce.  Victoria aveva un espressione seria, indefinita. Qualcosa era cambiato in lei e questa consapevolezza le fece paura. Mille pensieri iniziarono ad affollarle la mente ma uno regnava su tutti “non avrei mai dovuto raccontarle il mio passato”. Si tirò su a sedere poggiandosi alla spalliera del letto ricambiando quello sguardo che non la abbandonava e che la seguiva in ogni suo movimento. Poi si guardò le mani trattenendo il respiro e cercando la forza di rompere quel silenzio.

  • Non sei riuscita a dormire stanotte?
  • No.

La guardò

  • Brutti pensieri?

Stavolta non ebbe risposta.

  • Ok ascolta se hai qualcosa da dirmi fallo e basta. Come avrai capito ho le spalle abbastanza larghe…

Victoria lasciò la sua postazione per lanciarsi sul letto e chiuderle la bocca con un bacio.

  • Non iniziare a dire stupidaggini ok?
  • Ok…
  • Diciamo che ho molto su cui riflettere.
  • Ad esempio?

Lasciò nuovamente il letto andando ad appoggiarsi di nuovo alla finestra, guardò fuori prima di riportare l’attenzione su di lei.

  • Domani ho intenzione di partire per andare da Katrin. Ho bisogno di chiarire con lei. Ho bisogno che lei mi perdoni. Mancano un paio di settimane alla mostra e non posso farlo senza di lei.
  • Ok, è giusto, non vi parlate ormai da settimane. Però… lasciami dire che suona tanto come una fuga.
  • E da cosa?
  • Dimmelo tu.

Victoria non rispose subito, poi si decise.

  • No, davvero, non ne avrei nessun motivo.

Anche Ruth abbandonò il letto, rimase seduta qualche istante dandole le spalle, poi si alzò rimamendo in piedi a guardarla. Sapeva che non le stava dicendo tutta la verità. Rimase in attesa e fu chiaro anche per Victoria che non le sarebbe bastata come risposta.

  • Tu mi regali una forza e una sicurezza che non sentivo da tempo, mi fai dimenticare i miei problemi e i miei limiti. Ma ci sono e sono reali.

La donna girò intorno al letto raggiungedola alla finestra. Quando la raggiunse le passò le mani intorno al collo e trovando spazio fra le sue gambe.

  • Vic, non farmi sentire come se ti costringessi a fare qualcosa di sbagliato.

Ruth le rubò un bacio facendo scorrere le mani fino ad arrivare sulle natiche e spingerla facendola aderire a se.

  • No, infatti non lo fai.

Il modo in cui lo disse fece trapelare l’eccitazione nella sua voce. Ruth sorrise e si allontanò da lei decisa ad abbandonare la stanza e lasciando la sua compagna sorpresa e interdetta. Victoria l’afferrò per un braccio impedendole di allontanarsi.

  • Dove credi di andare?

Ruth oppose una debole resistenza ma alla fine caddero insieme sul letto.

  • Non hai detto di avere dei limiti?
  • Lo sai cosa intendo.

Stavano entrambe ansimando

  • Victoria..
  • Smettila di parlare.

Per quel giorno non aggiunsero altro se non baci e carezze.
Quando Ruth nel pomeriggio inoltrato abbandonò l’appartamento, Victoria nel silenzio della casa si rese conto che la sua assenza la terrorizzava. Avrebbe voluto richiamarla per farla tornare. Ma ritornò presto in se, si prese un attimo per uscire da quell’attimo di panico. Poi scuotendo la testa andò a cercare un borsone per iniziare così a prepararsi per il viaggio che avrebbe affrontato il giorno seguente.

  
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