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Autore: Aoboshi    05/06/2016    4 recensioni
Cassandra è ormai prigioniera nella reggia del deserto. Il suo tentativo di fuga viene però interrotto dall'affascinante richiamo della biblioteca della magione, la ragazza si ritrova a vagare tra gli antichi volumi del suo misterioso ospite, il quale la sorprende in quel luogo. Dopo il breve scambio di battute, Cassandra capisce che il breve equilibrio, conquistato dopo anni di tormenti, è stato incrinato e sarà proprio Kuja a condurla verso quel destino a cui lei è sfuggita per troppo tempo. Gli spiriti nella sua mente si sono risvegliati e la reclamano, il loro canto popola imbattuto i suoi incubi e, dopo anni, Cassandra non sa se sarà ancora capace di resistergli.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuja, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti perduti di Gaya'
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Oeilvert... 
Cassandra sorrise osservando un'ultima volta le mura della sua casa, il tramonto tingeva di arancio le scale principali. La ragazza aprì le braccia e inspirò; l'odore di terra le pizzicò le narici, era sempre così, in quella città dormiente. Riaprì gli occhi e si voltò verso il portone scuro. Oeilvert l'aveva vista crescere, era stato il palcoscenico della sua adolescenza, ma non era più il posto che poteva chiamare casa.
Sorrise mesta, portandosi una mano al medaglione, aveva già salutato la tomba di suo padre; ora, quel ciondolo era tutto ciò che le rimaneva dei suoi. Erano passati otto anni, dalla morte di sua madre e dal ritorno di suo padre. Si era sempre chiesta se a sua madre Oeilvert potesse piacere, ma ovviava pensando che Myra avrebbe amato ogni luogo in cui loro tre sarebbero stati assieme. 
Per quanto la riguardava, in quella città si era sentita paradossalmente libera, nonostante suo padre le avesse proibito categoricamente di allontanarsi dai cancelli. 
Padre...
Lui era morto, si era spento irrimediabilmente. Anno dopo anno, Cassandra lo aveva visto invecchiare precocemente, l'aveva lasciata quasi sei mesi prima, le aveva espresso un unico desiderio: “sii felice”. 
La ragazza soffocò un singhiozzo, doveva lasciare quella città, ogni angolo era un ricordo di suo padre e di quegli anni passati assieme. Era come vedere la sua città attraverso un vetro. La solitudine, inizialmente era stata un balsamo, nel giro di tre mesi, era diventata un incubo. 
Si era spesso chiesta dove sarebbe andata e cosa avrebbe fatto, aveva ricordi confusi del suo villaggio natale e, in ogni caso, sentiva sempre qualcosa di sgradevole serrarle la gola ogni volta che ci pensava. 
Durante le lezioni di geografia, con suo padre, aveva spesso immaginato il mondo e le sue regioni, i vari continenti, villaggi, abitanti, ora aveva la possibilità di vederli , libera da quell'apprensione che mai aveva abbandonato suo padre, neppure in punto di morte. Cassandra sospirò. Fortunatamente suo padre non le aveva strappato la promessa di rimanere lì anche dopo la sua morte. Si sentiva un'estranea in quelle strade ormai, una persona diversa dalla bimba in compagnia del suo amato padre. Fece un respiro profondo, era inutile temporeggiare, anzi, forse deleterio. Cassandra mosse tranquilla i suoi passi verso i cancelli della città. In lontananza percepì l'eco lontana di una creatura che conosceva bene. La luce crepuscolare abbracciò le rovine della sua casa, Cassandra si voltò distendendo il volto, si chiese dove avrebbe riprovato quella sensazione di appartenenza, quale sarebbe stata la sua nuova casa e se potesse mai essere bella come quella che stava lasciando. Un'ombra fugace le passò sopra, la raffica di vento fu più forte, Cassandra si spostò i capelli dal viso, sorridendo verso il nucleo di quell'improvvisa raffica. Le ciocche scure si erano annodate attorno al diadema d'argento, l'ultimo regalo di suo padre. Due occhi rubino la fissavano, il drago si appollaiò esattamente fuori dai cancelli di Oeilvert. Cassandra gli sorrise, era stato suo padre a insegnarle come richiamarlo, quello sarebbe stato il loro ultimo volo insieme. La ragazza fece un inchino e così fece il bestione. Cassandra mosse gli ultimi passi fuori da Oeilvert, facendo un profondo sospiro. Cercò di mantenersi calma, mentre attraversava la barriera. Lei e suo padre avevano impiegato i primi anni lì a soffocare la sua maledizione, di quegli spiriti ormai non aveva che ricordi nebulosi, i quali affioravano soltanto in incubi confusi. La barriera le scivolò addosso, era come attraversare un muro d'acqua invisibile, il cuore le batteva all'impazzata; non appena anche le sue forze provarono ad emergere Cassandra si irrigidì, trattenendo il respiro. 
No, neppure una voce, l'allenamento aveva dato i suoi frutti, quelle voci avrebbero taciuto per sempre e la maledizione sarebbe stata sotto controllo. Cassandra salì in groppa al drago, era così strano sentire la pelle ruvida di questi sotto le sue mani. Ora stava solo da scegliere dove andare. La ragazza  passò in rassegna i racconti di suo padre sui luoghi che aveva visitato. Ripensò al tono caldo, ai racconti fiabeschi di palazzi con spade luminose adibite a torri, di cittadine lambite da piogge perpetue, o ai paesini di strani nanetti “trullallero trullalà”. I racconti di suo padre erano così belli, lei amava il suo modo di raccontare e, più di una volta, aveva insistito per farsi raccontare la storia delle loro origini, del perché fossero lì e di dove fossero finiti gli altri abitanti di quella splendida città, suo padre era sempre stato evasivo. Ad un tratto ricordò la storia della città biblioteca. Un paradiso di libri, in cui i saggi di Gaya si riunivano per conservare e ampliare il loro sapere. Il drago si alzò sulle zampe muovendo le ali per sgranchirle. 
Sì, Cassandra si convinse, sarebbe andata lì, e, se mai non avesse trovato ciò che cercava, si sarebbe mossa ancora e ancora. Il drago aprì le ali lasciando passare il vento sotto di esse. Cassandra si strinse al grande collo. Il sole stava tramontando su Oeilvert. Il vento sferzava sotto di lei, Cassandra aprì le braccia mentre con gli occhi chiusi assaporava la libertà accarezzarle la pelle.
Daguerrero, la sua nuova casa, la stava aspettando. 
Dopo aver preso un altro profondo respiro, Cassandra sorrise alla sua nuova vita e...
riaprì gli occhi.

-Cosa...- era intontita, la luce era troppo forte per i suoi occhi ancora pastosi, il suo ciuffo le solleticò il naso, provò a stropicciarsi gli occhi tentando anche di essere più presente a se stessa. Cos'era successo, perchè si sentiva così stanca, e, soprattutto dov'era?
-Papà?- la sua voce echeggiò nella grande camera signorile. Non appena sentì l'eco delle sue parole sussultò: era inutile chiamarlo, suo padre era morto da tempo. La ragazza si portò una mano al ciondolo, accarezzandone la superficie irregolare per i decori. Sorrise mesta, si sentì ancora così bambina, nell'inseguire il fantasma dei genitori. 
Ma loro non ci sono più...
L'odio di una vita le serrò la gola, i suoi poteri le avevano tolto i genitori, la sua casa e ora anche la libertà. Una maledizione, aveva cercato di sfuggirle per anni, ma alla luce dei fatti era stato inutile, sarebbe stato poi più facile cedere, affondare nell'oblio, lasciando a quegli spiriti ingordi il suo essere.
Non è questo che ti hanno insegnato!
Sorrise. Era vero, se si fosse lasciata andare avrebbe perso tutto, alla fine dei conti, finire in quella prigione dorata aveva avuto i suoi risvolti positivi, quel mago psicopatico era l'unico collegamento tra lei e la civiltà perduta a cui apparteneva suo padre. Sebbene neanche Kuja conoscesse bene la natura del suo potere, sembrava saperne molto sui terani. Nel libro che le aveva prestato, Cassandra aveva trovato un'infinità di informazioni. La ragazza serrò le mani, le dita incapparono nel dorso di un libro. Cassandra rimase sulle prime spiazzata, lo prese tra le mani, rigirandoselo curiosa. Era un libello dalla copertina riccamente decorata, un'edizione elegante e ben tenuta. La ragazza lo aprì, era un libro di poesie, le tornò così in mente il suo strano sogno. Mentre un vortice cercava di risucchiarla nell'oscurità, una voce l'aveva trattenuta, era stato un sussurro delicato, ma era stato abbastanza per non cadere. 
Non è possibile...
Cassandra guardò ancora la camera, non era di certo la sua prigione e non ricordava neppure come ci fosse arrivata, indagò nella sua memoria. Il ricordo dell'estrazione le squarciò la mente come un fulmine. Cassandra lasciò cadere il libro.
Ce l'aveva fatta, Kuja aveva liberato Zalera. L'aria le venne meno, sgranò gli occhi nauseata, l'aveva violata, quel maledetto aveva infranto gli sforzi di una vita. L'elettricità si materializzò in scariche impazzite attorno a lei. Sentiva solo il boato dell'ira ruggirle dentro. Cassandra saltò giù dal letto, non importava dove fosse, l'avessero pure sottratta alle grinfie di quel pazzo, lei l'avrebbe trovato e gli avrebbe fatto pagare sino all'ultimo torto. Attraversò la camera correndo, afferrò la maniglia della porta circondandola di scariche elettriche, la fece praticamente saltare. Uno strano fantoccio venne scaraventato via dal colpo. Cassandra si precipitò fuori dalla camera. Riconobbe il corridoio, segno che fosse ancora nella reggia del deserto. Si voltò e vide altri strani pupazzi accorrere. Le iridi lasciarono posto all'elettricità, Cassandra materializzò nelle mani dei globi elettrici e li scagliò contro gli inseguitori. I fantocci furono investiti dai suoi colpi, finendo miseramente folgorati, caddero a terra privi di vita. Cassandra aveva un solo obiettivo e ne ripeteva il nome nella testa come un mantra feroce.
Kuja
Non appena lo scoppiettare delle scariche si placò, Cassandra distinse il tintinnare delicato di una melodia. Non si lasciò incantare dalla bellezza delle note o dallo splendore inquietante del motivo, c'era un'unica persona in quella reggia ad essere in grado di suonare, e di certo non erano i disgustosi gemelli.
Cassandra corse a perdifiato seguendo ipnotizzata le note.
Io lo uccido
Il corridoio sfilava rapido sotto i suoi piedi, la musica si faceva sempre più distinta, prendeva consistenza come il colore sulla tela di un pittore. 
Io lo ammazzo
Superò la scalinata con l'ennesima effige di un angelo dalle splendide fattezze. Cassandra si impedì di fargli saltare la testa, era inutile prendersela con la reggia, quando poteva vedersela con il suo proprietario. 
Cassandra attraversò l'ampio atrio, il cui pavimento era dominato da un gigantesco mosaico. Bastava intraprendere il corridoio davanti a lei, si accedeva attraverso un arco a tutto sesto, sorretto da splendide colonne color madreperla. La ragazza l'attraversò, la melodia si diffondeva dal pianoforte, invadendo tutta l'ampia camera. Cassandra non si soffermò su nulla che non fosse il detestato pianista. La mutaforma sentiva il suo odio crescere sempre di più. La mani si illuminarono raccogliendo altre scariche energetiche, pronte a colpire l'ignaro ospite al pianoforte. 
-Kuja!- era fuori di sé, pronta a scagliare il suo attacco contro quel mostro che l'aveva violata. 


NdA: e finalmente ci siamo arrivati, Cassandra si è svegliata, più arrabbiata che mai e pronta a friggere Kuja come una cotoletta. Per sapere i successivi sviluppi sarà necessario attendere il mio prossimo aggiornamento, quindi, i poveri lettori imprudenti saranno al sicuro sino a nuovo ordine.
Passo alle me solite scuse, forse in questo capitolo ci saranno non pochi errori/orrori grammaticali soprattutto per qualche condizionale, mi scuso in posticipo e prego chiunque riscontri dei problemi ed errori di vario genere, di segnalarmelo :) non voglio rovinare la vita di nessuno con la mia "ignIuranza" .
Dunque spero che il capitolo non risulti noioso e spero che piaccia, un bacio grande a chiuque stia leggendo (e anche a chi se lo è saggiamente risparmiato xD)
 
   
 
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