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Autore: MadogV    06/06/2016    9 recensioni
Dal testo:"Che poteva saperne lei che quello stolto occhialuto, quel pezzente rossiccio e quell’insopportabile saputella, con il loro esercito di Silente, avrebbero sconfitto Lord Voldemort e il suo apparentemente invincibile esercito di Mangiamorte."
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dolores Umbridge
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Wizengamot'
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Anche se non è il mio preferito, questo universo, non so per quale motivo, mi sembra il più versatile per promptare.

Recensite e fatemi sapere che ne pensate.

Quando si era sparsa la notizia dell’avvento di Lord Voldemort, lei non aveva esitato ad allearsi con quei ministri che erano leali al mago oscuro; erano infatti tutti convinti che avendo la vittoria in pugno, Lord Voldemort avrebbe colpito con durezza e rapidità, annientando in tempo breve i suoi nemici, e loro sarebbero balzati sul carro del vincitore, ottenendo potere e ricchezze oltre ogni limite.

Ma lei interessava una e una cosa sola: il potere, il potere di piegare tutti coloro che l’avevano umiliata e derisa, il potere di fare rispettare le regole, come lei aveva sempre voluto.

Niente più nati babbani a insegnare nelle scuole o a lavorare nel Ministero, niente più pezzenti ne nelle scuole e né al Ministero,

Avrebbe fatto pulizia e come nuovo Ministro della Magia avrebbe forgiato un mondo magico di soli maghi, ricchi e purosangue, tutto il resto sarebbe stato relegato al margine; trattato come polvere da nascondere sotto il tappeto.

A chi le chiedeva come mai non si fosse schierata con Lord Voldemort fin dalla prima guerra, lei rispondeva prontamente che era stata impegnata con alcune operazioni segrete del Ministero.

In realtà allora non si era schierata perché la posizione di Lord Voldemort era precaria, ma ora che Silente era morto e tutti i suoi più potenti nemici erano o vecchi e deboli (così lei li credeva) o morti, allora la bilancia pendeva tutta a favore del mago oscuro.

Che poteva saperne lei che quello stolto occhialuto, quel pezzente rossiccio e quell’insopportabile saputella, con il loro esercito di Silente, avrebbero sconfitto Lord Voldemort e il suo apparentemente invincibile esercito di Mangiamorte.

Se avesse avuto sentore, si sarebbe comportata come il ratto che era, abbandonando la nave, prima del suo affondamento.

C’era, si ricordava, una nave babbana definita inaffondabile, che si era poi rivelata, in vero, affondabilissima.

E cos’era l’accozzaglia che Voldemort aveva radunato, finzione, illusione di potenza.

Ma lei non si voleva arrendere e voleva cercare di mantenere in piedi quell’illusione, l’illusione del potere, del potere assoluto e tutto per lei.

Ratto, rospo, bagherozzo e altre ingiurie, tratte dal mondo animale, le venivano mormorate dietro tanto dai nemici di Voldemort, che dagli stessi alleati. E lei lo sapeva, ma non faceva motto, avrebbero pagato tutti quando avesse preso il potere.

Ma il potere era un’illusione, un miraggio, una falsa certezza, che l’aveva lasciata con un pugno di sabbia.

E tuttavia anche ora conservava quell’illusione, anche ora che uno stupeficum l’aveva stesa, anche ora che il suo vestito di chiffon rosa era tutto sgualcito e logoro, anche con le manette ai polsi, anche ora, che era in attesa di essere giudicata nel Wizengamot, si illudeva.

Si illudeva perché non era una stolta, una sciocca, una sprovveduta, come la maggior parte di quelli che erano stati al servizio del Lord oscuro.

Si illudeva perché, nonostante la sfortuna la stesse perseguitando, lei era due passi avanti, aveva conservato l’asso nella manica, e ora l’avrebbe giocato.

Quando fu il suo momento, si rassettò l’abito rosa alla meglio e peggio, ingoiò l’orgoglio, stirò il suo sorriso di cortesia e si preparò ad entrare.

“Signori, miei cari potenti signori.” Disse con un velo di leziosità, e con un mezzo sorriso sulle labbra (il che le gonfiava le guance, facendola davvero assomigliare a un rospo).

Ma fu interrotta sgarbatamente:” L’imputata, taccia. No abbiamo bisogno che instilli in noi parole mielose, che le permettano di fuggire. Questa volta no.”

A parlare era stato un mago segaligno e dal volto ovale, ragnato di rughe e con un occhio di vetro.

Ma lei non si scompose e si rivolse, sempre con lo stesso falso sorriso, a quel mago, cosi scortese:” Certo, o caro Klat Ubarada, mago potente qual sei, sarai schermato dalle mie dolci paroline. Ma così facendo offendi gli altri, che sono forse da meno di te? Che forse, non possono anche loro schermarsi dal miele, che stillano le mie parole?”

Ubarada si morse le mani, perché stupidamente, nel tentativo di non farla parlare, le aveva dato il destro.

“Ora, vi par giusto, dico io, vi pare comportamento da galantuomini, giudicare senza sentire le mie difese. Ecco Ubarada non vuole. E che è, dico io, è lui che comanda?”

Un brusio di assenso aleggiò, a quel punto, nell’aula.

“Sentitemi, un tempo ero o no, anche io, membro di questo consesso?  Ero o no, io un membro del Ministero della Magia?”

E questa volta il brusio cominciò a crescere e qualcuno accennò un timido:” Ha ragione.”

“Io sono colpevole.” Continuò con foga:” Io sono colpevole, sì, ma solo di aver fatto il mio dovere, di aver agito secondo le mie regole: cioè le regole di questo ministero. E di averle fatte rispettare”

La sua voce era diventata un ruggito che aveva intimidito molti di loro, e tale era stato il suo effetto, che molti “sì” si erano levati a gran voce nell’aula del tribunale.

Ma un mago tozzo, tondo, dalle guance cascanti, e gli occhietti acquosi, rispondente al nome di Albert Bode, richiamo l’intero consesso all’ordine.

“Imputata.” Disse con un tono di voce che non ammetteva repliche:” La smetta subito e giunga al sodo, torsoli il suo discorso e dica cosa vuole?”

Gli occhi avidi dell’imputa brillarono sinistramente:” Un patteggiamento.”

E Bode:” Questo è chiaro, ma cosa vuole, lei?”

“Darvi alcuni mangiamorte che vi sono sfuggiti. “Rispose con asciuttezza

“E in cambio?” Intervenne questa volta Ubarada, che ora si era fatto più baldanzoso.

“In cambio richiedo di essere assunta al Ministero della Magia al rango più basso.” Sibilò lei.

Diceva questo perché pensava che, facendosi riassumere, avrebbe col tempo scalato la vetta e avrebbe di nuovo riacquistato potere, quel potere che lei bramava più di ogni altra cosa.

“Mai.” Ruggì a sua volta Bode:” è chiedere troppo. Ci consegni i mangiamorte e noi le garantiremo un vitalizio e un buen retiro. Questo è quanto può sperare di avere da noi.”

Si rassettò la gonnellina rosa, in tinta con tutto il resto, e si rivolse all’intero consesso, trattandoli come se fossero dei bambinetti:” Ma no, sciocchini, no, proprio no. Io non vi offro dei mangiamorte qualsiasi, vi offro i Mangiamorte: parlo di Lucius Malfoy, Rodolphus Lestrange, Amycus Carrow e Igor Karkaroff.”

Il silenzio gelò l’intero consesso del tribunale, era un’occasione ghiotta e sarebbe stato un vero peccato sprecarla.

Fu una strega a quel punto a parlare: si trattava di Mafalda Cattermole, il cui marito era stato ucciso proprio da Carrow con un incantesimo esplosivo.

Mafalda, capelli corvini, viso aperto e gioviale, statura media, era, in quel consesso, la più giovane, aveva appena 45 anni, ma più di tutte aveva il diritto di esprimersi.

“Imputata, ti vengono concessi quattro giorni per trovare questi mangiamorte e portali qui, perché vengano giudicati e condannati.”

 Nessuno, nel tribunale, osò opporsi e cosi l’imputata fu liberata.

Quando fu sola, sorrise e si preparò a mettere in atto il suo piano.

Scelse dal suo guardaroba il suo abito più bello, ma in fondo i suoi capi erano tutti di un rosa confetto esacerbante, e se lo mise, adoprò un po' di trucco, un bel po', per farsi bella (fatica sprecata) e infine concluse il tutto con uno dei suoi cappellini, anche questo rigorosamente rosa shock.

Con il suo stile, sobrio e schematico, scrisse una lettera al suo alleato, per avvertirlo che occorreva riunire i mangiamorte, perché era riuscita a ritrovare una parte dell’essenza di Lord Voldemort e dovevano riorganizzarsi per il nuovo colpo, che avrebbero sferrato.

La lettera, naturalmente in codice diceva:” Richiesti nuove forniture governative. Stesso cliente di sempre. I suoi soldi non sono finiti. Richiede consegna rapida. Vederci con gli altri fornitori al punto di Rendez-vous"

E la risposta non si fece attendere:” Contenti che soldi cliente non finiti. Vieni, ti aspettiamo.”

Sorrise, era contenta, davvero contenta, presto, molto presto, avrebbe cominciato una nuova scalata per il potere, e non le importava se questo comportava il sacrificio dei suoi vecchi alleati.

Montó sulla sua scopa, una scopa comune, data di ordinanza a tutti i funzionari del ministero, e arrivò nel luogo prestabilito.

Villa Malfoy era ancora più tetra, ancora più cupa, ora che dominavano sfacelo e abbandono.

IL possente cancello divelto, il giardino riempito di erbacce e spazzatura, le mura della casa scrostate e imbrattate di sconcezze.

Quando arrivò, lui era già là, bello come una divinità pagana, i capelli biondo platino perfettamente lisciati, lo sguardo intenso e il portamento fiero.

L’unico uomo di cui si fosse innamorata era lì, Lucius Malfoy era lì, davanti a lei.

Divenne timida e impacciata e fece ricorso ad un sorriso di circostanza, per mascherare i suoi sentimenti.

Ma fu lui a sorprenderla, stringendola in un dolce abbraccio.

E lei rimase immobile, ma poi lentamente rispose all’abbraccio, cercando di far suo quel calore, si inspirare tutto il suo profumo.

Fu un attimo breve, che però a lei sembrò un’eternità.

L’uno nelle braccia dell’altro, chi sa cosa avrebbero potuto fare insieme.

Ma non si fece illusioni, era sciocco farsele, era più importante mantenere i piedi per terra.

Ma quando lui si staccò da quell’abbraccio e le sorrise, lei si sciolse completamente.

“Vieni, gli altri ci aspettano di sotto.” Disse, sorridendo Lucius Malfoy

E lei perse la sua naturale cautela e si abbandonò a sogni ad occhi aperti, sogni di potere, di vendetta, di successo. Sogni in cui avrebbero regnato fianco a fianco, come i nuovi signori del mondo magico.

Mentre scendevano nel sottoscala, lui le prese le mani e sorridendo la condusse nella cripta.

Era così imbambolata da lui, che non si accorse che in realtà non c’era nessuno ad attenderli.

Era una trappola e se ne accorse solo quando lui le scagliò contro l’incanto proibito Imperio.

“Ferma.” Poi disse, prima di sedersi sugli scalini.

E lei rimase ferma lì, provando rabbia per quel tradimento e delusione per quell’inganno.

Si accorse solo ora dell’illusioni che si era fatta. Si accorse solo ora che la sfortuna non l’aveva abbandonata mai.

Fu lui a parlare e a spiegarle:” Come potevi pensare che a uno come me, potesse piacere un rospaccio come te!” Iniziò:” Che sciocca che sei stata, Dolores. Sciocca e avventata. Vedi, fra i giudici che ti giudicavano e condannavano, c’era anche uno dei nostri. Ricordi Salacious Crumb, no?”

E lei ferma, fra il rammarico e la disperazione, di essere stata tradita, come lei stava per fare con loro.

“Forse lo conosci meglio col nome del mago che ha soppiantato: Albert Bode”

E lei ferma, fra la disperazione e la rabbia, per essersi fatta ingannare così facilmente.

“Lui ci ha avvertiti della trappola e si è deciso di mandare me, sapendo bene quali sentimenti nutrivi nei miei confronti.”

E lei ferma, fra la rabbia e il rammarico, di essere stata così raggirata.

“Così mentre tu meditavi di farci finire in trappola, sei finita nella nostra trappola.”

E nel volto di lei si dipinse il terrore.

Ma lui si alzò, e le pizzicò con cattiveria la guancia.

“Stia tranquilla, signorina Umbridge.” Disse, e questo passare da tu a lei, la ferì ancora più profondamente.

“Stia tranquilla, non la ucciderò, almeno non io.” E poi sorridendo, estrasse, dalla tasca del suo nero vestimento, una penna d’oca e indicò una scrivania, apparsa per magia, con una grossa risma di fogli.

“Ora lei si sieda e scriva su questi fogli: Tradire e cosa cattiva. Io non devo tradire.”

Poi guardandola negli occhi, disse con una punta di sadismo:” Non si preoccupi per l’inchiostro, ci penserà il suo stesso corpo a fornirlo.”

Dolores comprese con orrore che quella era una delle penne succhiasangue, e che, essendo sotto incantesimo, non avrebbe potuto opporsi.

Sarebbe stata quella la sua fine, un lento e doloroso stillicidio.

E cosi morì Dolores Umbridge: per lento dissanguamento.

 

Prompt usati: Rosa, lettera, peccato/ Illusione/ Descrivere un abbraccio/Inserire almeno due incantesimi/Scrivere una scena di sangue, senza lieto fine/Tribunale/La sfortuna ti perseguita.

   
 
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