Serie TV > The Originals
Segui la storia  |       
Autore: laragazzadislessica    07/06/2016    0 recensioni
Se non tutta la discendenza licantropa di Klaus fosse morta?
Se uno di essi fosse sopravvissuto allo sterminio di Mikael e se fosse dotato di un potente potere?
Storia che si allaccia all'episodio 01*13, ma che prosegue in un'altra direzione.
Genere: Drammatico, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah/Hayley, Klaus/Caroline, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sunburn
"Sento che una sporca coscienza sta crescendo...
Vieni e lascia che la verità sia svelata
Nessuna ha mai osato
Rompere queste infinite bugie…
Lei brucia come il sole
Non riesco a guardare altrove
Distruggerà i nostri orizzonti"
Muse:Sunburn




“In allerta e concentrato chiuse gli occhi. Doveva procurare la cena per quella sera e non poteva tornare a casa a mani vuote. Sentì un leggero scricchiolio proveniente da qualche parte nel bosco. Issò l’arco, tirando il filo con la coda della freccia. Attese silenzioso che un cervo o un altro animale da poter catturare si facesse vedere. Eccolo. Un cucciolo di cervo. Poco carnoso, ma a mali estremi. Indirizzò la freccia, l’aveva sotto mira.
Uno stormo di uccelli, all'improvviso, iniziò a volare spaventando la sua preda che saltando si nascose nella selva.
Imprecò tra i denti pensando al padre e alla sua continua disapprovazione. Fu allora che vide una figura su un rilievo erboso. Si avvicinò per guardare meglio, ma quella cosa iniziò a correre. Non poteva farsi scappare anche quell’occasione e iniziò a inseguirlo, posando in corsa l’arco e freccia nella faretra.
Sentiva quell'animale correre sulle foglie secche e seppe che lo stava quasi per raggiungere. Il bosco era pieno di posti dove quella bestia poteva nascondersi e infatti, si era calato in un infossatura rocciosa. Si mise in agguato, pronto a scoccare una freccia. Passarono diversi minuti, ma la bestia non usciva dal suo nascondiglio. Decise di andare a controllare. Lentamente, con passo leggero, raggiunse l’infossatura. Si trovava in cime e poteva guardare dall’alto. Quel fosso gli sembrava vuoto, così compì qualche passo in avanti per poter guardare meglio. Spinti dai i suoi passi dei trucioli franarono giù e quelli che credeva essere delle foglie secche si mossero. Si ritirarono come se comandati da una persona. Ora aveva capito. Quelle non erano foglie, ma scarpe di pelle. Scarpe?... Diamine!...
- Chi va là? – disse poi alla persona che gli aveva fatto sprecare del tempo prezioso. Finalmente il fuggitivo uscì dal suo nascondiglio. Una ragazza, minuta e dai capelli rosso fuoco, ricci e crespi, vestita con degli abiti diversi dai suoi. Lo guardava con due occhi divertiti e di un colore celeste chiarissimo.
- Mi stavi inseguendo con un arco, cosa avrei dovuto fare? – la ragazza indicò con l’indice l’arma dietro alla sua schiena.
- Sì, ma cercavo selvaggina, non volevo mica ucciderti. Come ti chiami? – con un salto le fu vicino. Non era una ragazza particolarmente alta e il suo viso gli era completamente nuovo. Strano, al villaggio si conoscevano tutti.
- Brynhild. – gli rispose. Era un tipico nome unno e anche se parlava benissimo il vichingo, qualcosa in lei gli diceva che non aveva niente a che fare con i vichinghi.
- Io sono Niklaus. Il sole è quasi tramontato, non riuscirò a catturare più niente. Vorrà dire che dovremo accontentarci di radici d’albero e frutta. – si presentò velocemente regalandole anche un pensiero ad alta voce. La ragazza però, fece una cosa che chiarì la sua provenienza. Gli tirò l’orlo della manica. Era solo un gesto per richiamare la sua attenzione verso un qualcosa che lui si stava perdendo, ma era comunque una cosa che nessuna ragazza al villaggio avrebbe mai fatto. Niklaus si voltò verso l’oggetto in questione. Un cervo più grande e più robusto di quello di prima, immobile nello spiazzale d’erba davanti a loro. Prese la freccia e con maestria centrò la pancia del cervo che cadde dolorante.
- Niente di personale. – disse poi all'animale in agonia. Ritornò alla ragazza che non aveva distolto lo sguardo da quella uccisione, né fatto strani versi di disapprovazione. Anche quella era una cosa che differenziava quella ragazza dalle altre. – Che strano... – le disse poi, trattenendosi per sé i pensieri che aveva fatto su di lei. – non ti è sembrato che stesse fermo in attesa che venisse ucciso? – ripose l’arco mentre la ragazza si illuminò di un sorriso furbo.
- Dici? – gli rispose poi divertita da chissà che cosa.
- Non è l’unica domanda che vorrei porgerti. – parlò avvicinandosi alla preda che oramai sembrava aver dato l’ultimo espiro.
- Dimmi. – la voce di quella ragazzina era leggera e innocente.
- nella tua tribù, è consuetudine che le bambine si allontanino così tanto, quasi a raggiungere la parte destinata agli stranieri? - le chiese e immediatamente il viso della ragazza si vestì di un’espressione colpita e preoccupata allo stesso tempo. Non l’aveva mai vista al villaggio, semplicemente perché lei non abitava lì, né nel villaggio accanto, ma proveniva da più lontano. Lei proveniva da altro. Faceva parte dell’altra specie. Quella specie che costringeva tutti gli stranieri a nascondersi a ogni chiaro di luna.
La ragazza dissentì col capo, più volte, cercando di non incrociare il suo sguardo. Forse aveva timore che la sua bugia venisse scoperta subito.
- Non aver paura. Sarà il nostro piccolo segreto. – le sorrise e la ragazza issò il capo. Gli credette subito e contraccambio il sorriso, mostrandogli uno fanciullesco e sereno, uno di quelli che Klaus non avrebbe mai dimenticato. Poi, in un colpo solo, tirò via la freccia dall'addome del cervo"
 
- Ecco il grimorio di nostra madre. – Elijah entrò nello studio di Klaus portandolo via da quel nuovo ricordo. Uno dei tanti che quella ragazza gli aveva fatto rammentare. Sua sorella. Si conoscevano già da tanto e quella non era stata l’unica volta che si erano visti. Era stato lui a chiederle di essere amici, così da poterle fare più domande su quella specie che in tanti odiavano, ma alla quale lui provava tanta curiosità, quindi possedeva altri ricordi su di lei, ma in tutti, mai, ella aveva fatto menzione di chi lei davvero fosse. Neanche una volta. Perché? E perché non ricordava niente? Probabilmente, Esther aveva provveduto alla cosa con qualche sua pozione. Si succhiò il labbro ancora incredulo. Sua sorella si chiamava Brynhild, ma cos'era quel nomignolo.
- Questo è uno dei più antichi. – continuò Elijah girando il libro verso di lui - ed ecco la leggenda che parla della Divina Brynhild. –
Era una piccola filastrocca scritta a mano, da quella che sembrava essere la scrittura della loro madre. Solo tre righi e diversi disegni dalla tratteggiatura orribile, sicuramente non aveva preso da lei l’arte del disegno.
- La figlia del sole che ha abbracciato le tenebre, adesso giace in forma animale, salvaguardando il potere, salvando il suo ostile, vivranno senza sapere, per l’eternità essa vaga, non troverà mai la strada. – Elijah recitò la frase come se la sapesse già a memoria e pensieroso si portò una mano chiusa a pugno sul mento.
- Come al solito, nostra madre ha reso le cose più difficili scrivendo una leggenda incomprensibile. – commentò Klaus curvando le sopracciglia. Un flash della connessione di Brynhild gli balenò davanti agli occhi, quello in cui c’era sua madre e lui che tentava di toccarla esasperatamente. Ingoiò un boccone di saliva, ma l’amaro che provava in bocca rimase lì.
- Come ha fatto Celeste ad avere questa leggenda? – disse Elijah indicando i disegni che raffiguravano la storia. Un sole nero che significava il buio, un lupo rosso con una stella gialla nel ventre che forse rappresentava quella ragazza, ma c'era un qualcosa che non gli tornava…
- Dovresti dirmelo tu. Forse quando ti accompagnavi con lei è magicamente sgattaiolata tra le cosa di nostra madre. – gli suggerì Klaus con il suo solito viso compiaciuto.
Elijah scosse la testa, in qualche modo divertito. Non voleva dargli ragione, ma era evidente che fare di Celeste una sua amante non era stata una mossa intelligente.
– Hai detto che ti ha liberato giusto? Quindi, perché spezzare un incantesimo che avrebbe riportato in vita una tua alleata? – Elijah però rilanciò con un'altra domanda nel tentativo di strappare via quell'irritante sorriso.
- Forse, la tua innamorata impazzita ha mancato qualche lezione di norreno ed ha mal interpretato la leggenda. – Klaus incrociò le dita delle mani portandole alla bocca, ma il suo sorriso era ancora perfettamente visibile, ed Elijah accostò quel suo buon umore al ritrovamento di sua sorella.
- La figlia del sole, si riferisce al raggio che hai visto nella visione, ma che significa che ha abbracciato le tenebre? – si sedette sulla poltrona di pelle scuro, proprio davanti alla scrivania dove invece sedeva suo fratello.
- Non lo so, questo dovremo aspettare che ce lo dica lei. – Klaus si alzò, avvicinandosi al tavolino dei liquori. Ne era colmo, ma Klaus prese la solita bottiglia di bourbon.
- Ha detto qualcosa? – disse Elijah prendendo il bicchiere pieno che gli stava porgendo il fratello.
- Non l’ha mai fatto. Si è solo limitata a mostrarmi ricordi, come se fossi l’unico spettatore di un cinema dell’orrore. Però, ha sprecato troppe energie proprio sul più bello. Pensavo che avremo ripreso da dove ci eravamo interrotti, ma da quando l’ho portata qui, sta seduta su una sedia abbracciandosi le gambe e fissando un punto nel vuoto. – si riempì un bicchiere per sé - Devo assolutamente sapere, se un tale essere può essere per noi una minaccia. – posò la bottiglia, lasciò il tavolino per raggiungere la scrivania e si appoggiò sopra.
- Hai appena definito tua sorella biologica, essere? – disse Elijah dopo aver costatato che la vicenda non l’aveva messo di buon umore, per niente.
- Siamo tutti degli esseri fratello, ma l’hai detto tu, perché le streghe avrebbero risvegliato qualcuno che poi si sarebbe rilevato nostro alleato? – disse prima di bere il contenuto del suo bicchiere.
Anche se tutto questo discorso era decisamente troppo freddo e cinico per il ritrovamento di un componente della sua famiglia licantropa, forse Klaus aveva ragione. Forse quella era solo un innocente ragazzina, forse si sarebbe rivelata innocua e di nessun pericolo, ma ne avevano vissute troppe per poter credere che fosse davvero così facile.
- Allora cosa intendi fare? –
- Ci ho già pensato. – sorrise allungando le labbra, ma senza mostrare i denti. – e a proposito di sorelle… –
- Rebekah? Dopo che l’hai lasciata in un ospedale abbandonato in preda a terribili allucinazioni e hai mandato me a riprenderla? Sta bene ed è già uscita. Vuole cercare la strega che le ha fatto patire le pene dell’inferno. – si alzò anche lui e posò il bicchiere vuoto.
- Pensavo che volessi sdebitarti per aver lasciato tuo fratello e tua sorella Biologica. – Klaus intensificò il tono su quella parola - a marcire in un ospedale infestato. – mosse nell'aria la mano con il quale sorreggeva il bicchiere vuoto prima di posarlo sull'orlo della maestosa scrivania. Elijah sapeva che quel momento sarebbe arrivato e fece per scusarsi. – ... ma, in fondo, l’hai fatto per liberare Hayley, la pancia licantropa e mortale che porta la mia bambina, quindi, sei scusato. – quello che aveva appena detto era del tutto contestabile, ma Elijah si accontentò del senso - Chiama subito Rebekah. – continuò Klaus rimettendosi in piedi - Delle streghe ce ne occuperemo più tardi. Mi serve il suo aiuto. – disse poi mentre stava per uscire dall'ufficio, ma si fermò prima di varcarne la soglia - e dille di fare dello shopping in un negozio per teenager -
 
Camille toccò il braccio sinistro di Klaus facendogli segno di seguirla fuori. Erano nella stanza dove Brynhild, immobile e senza mostrare nessun cenno di presenza mentale, sedeva sulla sedia di legno nella stessa posizione in cui Klaus l’aveva lasciata il giorno prima. Cami aveva tentato di farla sbloccare ponendole delle domande che Klaus prontamente traduceva in quella strana lingua, ma la ragazza non collaborava. Non la guardava neanche.
- Allora? – le chiese Klaus dopo aver chiuso la porta.
- Dovremo lasciarla in pace. – disse Camille in un tono secco e distaccato.
- E che diagnosi è questa? – Klaus la guardò attraverso uno dei suoi sguardi innervositi.
- Se non apre bocca, non posso fare una diagnosi. – ma Camille, come al solito, non si impaurì.
- Ti do un suggerimento. Sindrome post traumatica. E' appena tornata umana dopo un secolo in forma animale, sarei sconvolto anche io. – Klaus la guardava come se quella fosse la cosa più evidente al mondo.
- Appunto. – diretta e fiera, Cami gli stava parlando come se non fosse di una specie mortale e spietata. - Torniamo a me, dimmi hai scoperto come aiutare mio zio? – l'incantesimo che Bastianna gli aveva fatto lo stava letteralmente mutando in un’altra persona al punto tale che Camille, per la prima volta in vita sua, provava timore nello stargli vicino.
- È lì dentro ciò che salverà tuo zio, l’ho vista all'opera. Se solo ci fosse un modo per farla tornare in sé… – Klaus spazientito lasciò trapelare troppa foga, ma quella storia gli stava dando troppi rompicapo. Si allontanò dalla sua psicologa personale per affacciarsi alla ringhiera che circondava il primo piano della tenuta.
Cami gli si avvicinò fraintendendo la realtà del suo disappunto. – Non preoccuparti. Si sbloccherà, devi solo darle tempo. – e per consolarlo gli mise una mano sull'avambraccio. Klaus voltò gli occhi nel punto in cui lo stava toccando. Non sapeva perché quella donna si ostinava a vedere in lui quello che molto probabilmente non c’era, ma non gli dava fastidio. Camille non era la donna che desiderava. Quella, era rimasta in uno stupido paesino dimenticato dal mondo, solo per non stargli vicino. Forse, un giorno l’avrebbe raggiunto… o forse… no.
- Grazie per esserti preoccupato per me fratello!! – la voce di Rebekah risuonò nel cortile e Klaus si distolse da quella situazione. Rebekah gli sorrise e Klaus non riuscì a non ricambiare e la vide che stringeva nelle mani i manici di diverse buste. Chissà quanta roba aveva comprato.
- Io qui ho finito - Camille sfruttando tale distrazione, si allontanò da lui per poi andare via dal palazzo.
– Quindi? Dov’è la nuova inquilina? – continuò la sorella sventolando i suoi acquisti.
 
Elijah, nella libreria di famiglia, rilesse la leggenda che aveva come protagonista quella strana ragazza cercando di capirci qualcosa in più. SALVANDO IL SUO OSTILE. Gli risuonava in testa… ma non sapeva esattamente perché.
- Stai facendo i compiti? – l’aveva sentita arrivare, ma non si era voltato nascondendole il suo sorriso compiaciuto. Hayley, con i suoi capelli castani e il suo labbro imbronciato. Non gli serviva girarsi, conosceva a memoria ogni suo minimo particolare.
- Sai è difficile non annoiarsi in questa città. – le disse fingendo di essere interessato solo alla lettura.
- Dici? Io mi sto annoiando a morte. Posso aiutarti? – gli si avvicinò sbirciando il libro che stava consultando. Elijah sentì il profumo di quei capelli e resistette alla voglia di toccarli. – è un licantropo? – continuò Hayley, indicando l’immagine del lupo rosso disegnato sulla pagina.
- Forse, ma un licantropo non è immortale. Quella ragazza… come ha fatto a vivere per tutto questo tempo? – la rese partecipe di uno dei tanti pensieri che aveva fatto su quella strana storia.
- Forse, Esther le avrà fatto qualche incantesimo per renderla immortale proprio come ha fatto a voi. In fondo era sempre sua figlia. – gli rispose semplicemente Hayley.
Tutti in quella villa sapevano dell’avvenimento. Era l’argomento del giorno. Una nuova sorella di Klaus. Una strega. Un lupo. Un licantropo. Hayley aveva sentito ogni tipo di diceria su quell’unica ragazza che destava tanto interesse.
Elijah alzò il viso pensieroso. La frase di Hayley era alquanto ragionevole. Probabilmente la gravidanza le stava portando un nuovo senso, quello materno. Elijah, però, sapeva bene che per quanto avesse amato sua madre, la maternità non era una sua caratteristica.
- No, non è stata Esther! – Elijah guardò negli occhi castani della ragazza che gli stava accanto. – ma un'altra strega. –
 
- Ommioddio. Ha bisogno di un bagno urgente. – Rebekah era al fianco di Klaus che aveva spalancato la porta della camera di Brynhild. Era la prima volta che la vedeva e non se l’era minimamente immaginata così. Raggomitolata sulla sedia messa vicinissimo alla finestra della stanza, così da essere illuminata tutta dal sole. Indossava ancora la maglia che le aveva messo Klaus. Sporca di terra è chissà che altro e i capelli... Rebekah non riusciva nemmeno a guardarli.
Per la prima volta da quando aveva messo piede in quella casa, Brynhild si mosse. Spostò il capo verso i due Mikaelson che stavano fermi alla porta e in particolare su Rebekah. Klaus non parve crederci. Gli occhi di Brynhild, però, si spalancarono dal terrore e la camera si riempì delle sue urla.
- Mik..ael figlia!!! T…u! – si riuscì a capire tra i balbetti, ma un altro gesto fu inconfutabile, puntò la mano verso Rebekah. Un raggio di luce colpì la sorella. Klaus la spinse via capendo all’istante cosa stava succedendo, mentre Rebekah urlava dal dolore. Entrambi si ripararono dietro il muro che divideva la camera dal corridoio. Klaus strinse le labbra. Come aveva potuto non pensarci prima?
- Ma che diavolo era? – Rebekah con le spalle al muro, si vide la pelle fumare e non riusciva a credere a quello che aveva appena visto o sentito su sé stessa.
- Mikael ha ucciso tutta la sua specie, un po’ di risentimento è normale. – Klaus la stringeva ancora nelle braccia, mentre con gli occhi controllò se le ferite della sorella si stessero rimarginando. Tirò un sospiro di sollievo. Rebekah stava guarendo. Quella ragazzina sprigionava la luce del sole dalle mani e poteva uccidere ogni vampiro, anche un originale.
- Mi stava per arrostire viva, come ha fatto? Porto l’anello solare - disse poi Rebekah appena quelle mani prudenti la liberarono. Grazie a lui era viva. Klaus l’aveva salvata.
- Forse è per questo che la chiamano divina Brynhild. – parlò più a sé stesso che a lei. - Tu rimani qui, ci penso io. – Klaus entrò nella stanza alzando le mani. Brynhild era in piedi aggrappata all’arco del letto a baldacchino.
- Almeno ti sei alzata, questa è una buona cosa. – le disse nella lingua che lei conosceva, ma Brynhild non lo rispose e con un ringhio lasciò il palo di legno cercando di raggiungere la porta. Klaus la fermò in tempo, anche perché la sua camminata aveva ancora qualche difficoltà, ma poteva sempre trasformarsi. Doveva fare qualcosa e subito.
- Calmati. – le disse, ma lei ansimando cercava di liberarsi dalla presa e Klaus non ebbe altra scelta. L’abbracciò. Era come trattenere nelle braccia una volpe selvatica. – Shh, va tutto bene. – Klaus la sentì scuotersi per qualche secondo finché la sua rabbia scemò. – vedo che non abbiamo solo il naso e la bocca in comune. – disse mozzando una risata - il desiderio di vendetta ha capitanato così tante volte il mio corpo al punto tale che posso prendermi la libertà di dirti che non serve a niente. Credimi. – l’allontanò dal suo petto guardandola negli occhi. – non ne vale la pena. – la ragazza ricambiò lo sguardo. – fidati di me, lei non ti farà del male - continuò guardandola in quei occhioni celesti che da isterici erano ritornati da ragazzina innocente.
- Puoi contarci se mi accoglie ancora con una saetta solare. – disse Rebekah dal corridoio origliando il discorso del fratello, ma Klaus non sé ne preoccupò, Brynhild non capiva quella lingua.
- Rispondimi. Ti fidi di me? – ritorno alla ragazza davanti a lui. Brynhild annuì.
- Posso farla entrare? – ma a quest’ultima richiesta la ragazza iniziò di nuovo ad agitarsi, scuotendo la testa. – nessuno ti farà del male! Te lo prometto! – concluse poi cercando il suo sguardo. Si guardarono per altri secondi e Klaus potete vedere il panico di Brynhild svanire. - Rebekah! Entra. – urlò all’altra sorella rimasta fuori.
Rebekah entrò alzando le mani - Hai ragione Mikael era mio padre. – iniziò anche lei a parlare nella sua lingua madre. – ma era un vero e proprio stronzo. – quelle parole fecero tramutare di colpo l'espressione marcata sul viso di Brynhild, da arrabbiata a sorpresa. – hai sentito bene. Era! Ci ha pensato Klaus. – la ragazza alzò il viso verso Klaus chiedendogli prova e lui confermò col capo. – nessuno di noi lo rimpiange. Nessuno di noi è come lui. – abbassò le mani. Il viso di Brynhild era rilassato, forse l’aveva convinta. La ragazza si liberò dall’abbraccio di Klaus che la lasciò andare. A passi incerti fu vicino al vampiro originale che aveva tentato di uccidere. Rebekah presa da un cenno di paura raccolse una busta contenente i vestiti che le aveva comprato. Le erano cadute durante quell’inaspettata accoglienza omicida.
- Guarda! Ti ho comprato dei regali! – disse poi per convincere quella potente mina solare a non ucciderla. La ragazza non la considerò, ma si avvicinò ulteriormente. Veloce le prese una ciocca di capelli morbidi e setosi. Li annusò e Rebekah sospirò dal sollievo.
- Mi sa che le piaci, sorella. - sorrise Klaus mostrando i suoi denti in tutto il suo buon umore.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Originals / Vai alla pagina dell'autore: laragazzadislessica