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Autore: tixit    07/06/2016    1 recensioni
Dopo Teoricamente Theoric, una storia brevissima su inganni, baci sotto la luna, cose che non si dicono e cose che non serve dire.
[Pre-Thor]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. Il ballo

Il Principe e la Guerriera riemersero dalla Biblioteca con un sorriso enigmatico sul volto, e, come entrarono nel Salone, si separarono senza fretta, senza nemmeno cercarsi con lo sguardo.
Hervor fece il giro degli invitati, salutando le facce note, con la sua voce roca, una cuspide tra sensualità e sguaiataggine, le spalle fiere tenute ben dritte e i gesti bruschi.
Il Salone apparteneva alla parte vecchia del Castello, ed aveva i pilastri di pietra squadrati e appena sbozzati, con incisi serpenti ed antiche rune - in quella austera barbarie, Hervor, la Guerriera bionda, sembrava decisamente al suo posto, molto più di tanti damerini. Odino aveva seguito il suo consiglio, per una volta - Frigga in realtà, sospettò Loki con un sogghigno, sua madre era un'ospite perfetta - avevano fatto bene ad allestire la festa per i Guerrieri proprio lì, e non dove venivano ricevuti, di solito, gli ambasciatori: i Guerrieri invitati avrebbero preferito questa parte del Castello che ricordava gli antichi valori, ancora vivi per loro, mentre non si sarebbero sentiti a loro agio in mezzo a tutto quel marmo e a tutto quell'oro che infestava il Castello - e forse, pensò di sfuggita Loki, quelli che venivano dalle zone di confine ed avevano passato gli ultimi mesi nel fango, mangiando qualunque cosa si muovesse e che non era un uomo, non avrebbero apprezzato tutto quel lusso.

Loki, silenzioso, si appoggiò ad una colonna bassa e tozza, vicino all'ingresso del Salone. Era molto elegante, con quei capelli neri lucidi portati lisci dietro le orecchie e con l'abito semplice, ma impeccabile nonostante l'escursione in Biblioteca.
Osservò senza farsi osservare lo sguardo di disapprovazione di Wili, il fratello di suo padre - Lord Wili, Pugno Nell'Ombra - sapeva di non piacergli. Era stato solo dopo Hervor, però, che aveva cominciato a sospettare di non essergli mai piaciuto... forse perché suo padre aveva sempre detto che avrebbe scelto lui il suo successore? Perché a Loki era stata promessa una occasione che per Wili non c'era mai stata?
Con le braccia incrociate sul petto, passò ad osservare Sigyn che ballava con Thor: erano carini insieme. Cercò con lo sguardo, automaticamente, l’oro dei capelli di Sif tra gli invitati, quasi tutti biondi.
Se Sigyn fosse stata una che si allenava con la spada, il giorno dopo, nell’Arena, ne avrebbero viste delle belle: Sif, la guerriera, avrebbe inchiodato Sigyn, la streghetta, sulla schiena, sabbia nei capelli e sangue da qualche parte, preferibilmente la bocca, dove ti avrebbe fatto male quando parlavi, mangiavi e bevevi. Proprio come faceva con lui, quando erano ragazzini, ogni volta che doveva pareggiare un conto con Thor.

Forse. O forse no.

Lui avrebbe scommesso su Sigyn - se non altro come augurio che la streghetta riuscisse a far mordere la polvere alla guerriera.
Se avesse usato il seidhr ci sarebbe riuscita, ma, forse, gli altri avrebbero obiettato che non era stata leale - tipico della cricca di suo fratello, fin da ragazzini: se lo colpivano con l‘arma in cui erano più forti loro, allora era leale, se usava l’arma in cui era più forte lui, allora non lo era.

Suo fratello era bello, decise, con quei capelli biondi e lunghi, con quella sovrabbondanza di muscoli da cavapietre - usavano tutto il giorno un martello pure loro, eh! - e con quella barbetta curata. Non aveva neanche una cicatrice sul viso, e, soprattutto, aveva quel sorriso così aperto, da cucciolo ben pasciuto, convinto che tutto sarebbe sempre andato bene per lui e per i suoi. Uno che sembrava avere la certezza non solo di avercele, lui, sette vite, ma che ce le avessero tutti, e che proprio tutti si aggirassero per il mondo come faceva lui, senza una preoccupazione per la testa.
Avrebbe fatto una bella coppia con qualunque tipo di ragazza appesa al braccio; Sif, che non si faceva avanti con Thor, aveva molti problemi ad accettarlo, ma lui, Loki, lo ammetteva senza troppi patemi d'animo - non invidiava Thor, non lo aveva mai invidiato, erano partiti alla pari, forse, o forse no, ma lui era diverso e non c’era molto da fare: Thor era nato per essere amato, ammirato e protetto. Lui, Loki, a quanto pareva, no.

A volte, certe sere, pensava di essere nato per essere annegato in un catino, come certi gattini in soprannumero. Lo aveva pensato quando era arrivato al campo di Hervor e aveva capito che la sua lucente armatura, dono di suo padre, di cui era stato tanto orgoglioso, più bella di quella di Thor, sarebbe stata un facile bersaglio per l'arco o la balestra di un Vanhir qualsiasi, appostato dietro un cespuglio. Senza contare l'arroventarsi al sole - non riusciva a capire come facesse suo fratello, e soprattutto Sif, con quella sua armatura che sembrava il corpetto di un vestito, che, addirittura, era scollata e seguiva i rilievi dei seni (servisse poi a qualcosa...). Probabilmente le loro armature non si arroventavano perché loro non stavano con la fanteria, marciando per giorni, il passo uguale per tutti, sudando sotto il sole, e non gli toccavano ore di guardia, ma perché scendevano in battaglia, solo quando serviva.
L’aveva sostituita quasi subito con cuoio e con placche di metallo ricoperte di cuoio, nei punti in cui non poteva permettersi di essere ferito (cuore, arteria femorale, ginocchio, inclusi). In questo modo aveva una armatura che lo proteggeva di meno, ma, di sicuro, molto più discreta - sembrava che indossasse un abito di pelle. Inoltre, non solo gli lasciava liberi i movimenti, ma gli consentiva anche di confondersi con la notte e con la nebbia. Cosa che, all'occorrenza, si era rivelata molto utile.
L'unico svantaggio era che il sangue impregnava il cuoio - su una armatura l'odore metallico della morte si sarebbe confuso con quello della cotta, o degli spallacci, col cuoio ci voleva un vero lavaggio per dimenticare di avere il sangue di qualcuno sulle mani. Cosa che non gli spiaceva: se, come pensava certe volte, lui era - era stato - un gattino inutile da annegare, allora avrebbe fatto di tutto per sopravvivere ed era bene che ogni tanto se ne ricordassero tutti.

Altre volte, invece, pensava di essere nato per godersi tutta la sua vita, fino in fondo, perché lui si che ne aveva una che valeva per sette.

E altre volte pensava… altre cose.

Ma suo fratello, lui, lo amava. Per lo meno… lo amava per la maggior parte del tempo. Il sempre ed il mai in natura non esistono, pensò, se non per quanto riguardava la morte.


E Sigyn? beh Sigyn era Sigyn.

La osservò spassionatamente, stringendo gli occhi: il vestito era sbagliato, decisamente, si capiva che le era stato prestato da qualcuna più alta e più mascolina, e sistemato nei ritagli di una giornata. La infagottava, ricoprendola fino al collo, come il vestito di una festa proprio non dovrebbe proprio fare; il blu spento, quasi polveroso, non le si addiceva - era stato pensato per far risaltare lo splendore di una donna bionda e statuaria - chi glielo aveva prestato si era degnata, ma non sprecata. La stoffa era di qualità, ma molto leggera, e nei giardini pensili, se non fosse stato per i bracieri disposti ad intervalli regolari e per il calore emanato dai muri, con l'avanzare della notte avrebbe avuto bisogno di essere riscaldata. Ma per quello c’era Theoric, pensò sogghignando tra sé.
Su di lei sarebbe stato bello il verde scuro del muschio, adatto alla cercatrice di erbe che era.
Sarebbe dovuta passare da lui, pensò per la seconda volta, ma, tutto sommato, meglio così: ci mancava solo un Fandral tra i piedi in Biblioteca, che li disturbava durante lo studio per fare il cretino con Sigyn.

Le sei o sette trecce in cui aveva raccolto, in parte, i capelli iniziavano a sciogliersi, per mancanza di spilloni e perle. Eppure nell’insieme non era niente male, ma, principalmente, perché i dettagli rivelavano la gioia del primo ballo importante a cui veniva invitata.
Scherzava insieme a Thor per qualche passo in cui si erano sicuramente incartati a vicenda. Vide che lui la sollevava ridendo, facendola piroettare e che lei gli poggiava le mani sulle spalle con confidenza, i nasi che si sfioravano senza intenzione e senza imbarazzo.

Erano carini insieme non perché fossero bravi, piuttosto, proprio perché erano due ballerini entusiasti e davvero tremendi, che se la stavano spassando, incuranti dell’effetto che facevano agli altri.
Facevano tenerezza, non come due cuccioli, decise con una onestà che rasentava qualcosa di brutale, ma più come un mozzo alla sua prima volta in mare, che, senza fare attenzione, finisce per sputare controvento.

E no, Sif non avrebbe apprezzato. Non l'avrebbe indispettita il vestito, o l’acconciatura, e nemmeno il colore dei capelli - sbagliando - ma le avrebbe fatto rabbia quella confidenza tra i due, che l’avrebbe fatta sentire al secondo posto.

Sogghignò. Sif, lui lo sapeva bene, adorava primeggiare. Anche nell'affetto di Thor.
Per quello quando puniva Thor lo puniva tramite lui.


Probabilmente nemmeno Theoric avrebbe apprezzato quei due: era palese che era stato archiviato... gli venne da sorridere - a Sigyn non serviva davvero un guerriero giovane, imbranato e, soprattutto, inventato, per farla divertire: se la cavava molto bene anche da sola.
Meglio, rifletté spassionatamente, Sigyn, forse lei non lo aveva capito davvero, ma per lui era stato molto chiaro, Sigyn stava per baciare Theoric, lì fuori, in giardino, sotto la luna. E le sarebbe anche piaciuto.

Fu a quel punto che Hervor lo raggiunse, interrompendo i suoi pensieri. Arrivò scortata proprio da Fandral, un amico di suo fratello, un leccatissimo damerino con il pizzetto perfetto e un gusto particolarmente sviluppato per la galanteria.
Lei annunciò che voleva scendere ad una locanda, aveva bisogno di aria - Loki tradusse, rigorosamente nei suoi pensieri, in “birra”, e nella “possibilità di dire qualche parolaccia, ora che scopare aveva scopato e salutare aveva salutato”. Si offrì di accompagnarla con estrema cortesia - era un Principe - mentre Fandral declinò l’invito con una cortesia in quantità leggermente inferiore, ma, per bilanciare e farsi perdonare, con il suo solito sorriso affascinante. Al suo passare quel sorriso non schiudeva fiori, ma cosce diafane.
Fandral non era scemo, lo capì, e non voleva certo farsi incastrare in qualche bettola con una Guerriera rissosa e dal pessimo carattere, non con tutte quelle ancelle arrendevoli e tutta quella luna.
Sigyn li incrociò per tornarsene in camera sua, topolino che desiderava passare inosservato. Di scatto lui tese il braccio e la afferrò proprio sopra il gomito.


“Vuoi venire con noi?”

La domanda gli scappò. Puoi dire di no, Sigyn, dì di no.

“Dove andate?” Ti importa il dove, quindi? Daresti la stessa risposta al giovane Theoric sotto la luna? Se ti chiedesse di sequirlo all’ombra del porticato?

Hervor le sorrise, amichevole: “Non ne posso più di canzoni e balli, ho voglia di bere qualcosa e rilassarmi. Vieni pure con noi, piccola.”

Sigyn la guardò severamente, mentre una risposta le aleggiava dietro le labbra ben chiuse e cioè di quali balli e di quali canzoni cianciava mai visto che, appena arrivata, era sparita con il Principe in Biblioteca… cosa avevano letto di grazia? Ne aveva una idea abbastanza chiara; poteva sentire su tutti e due la mescolanza dell’odore dell’uno e dell’altra.

“Prendi un mantello e sbrigati.” le disse Loki, brusco, “Noi non aspettiamo.”

Fu così che alcuni minuti dopo si ritrovò a trotterellare dietro le gambe lunghe di quei due, avvolta nel suo mantello con cui andava nei boschi, un po’ logoro e dal colore sbiadito, fendendo l’aria pungente della sera. La temperatura si sarebbe abbassata bruscamente, lo sapeva, ma aveva fatto più in fretta che poteva e non le era riuscito di trovare i guanti e nemmeno le era venuto in mente di infilarsi i suoi stivali… e ora eccola lì che saltellava con le scarpine da ballo, tra i ciottoli delle stradine della città vecchia, cercando di evitare il fango e le storte.

Loki non si voltò una sola volta a guardarla, tranne quando sentì arrivare una carrozza, allora la prese per un braccio attirandola verso il muro dei palazzi che costeggiavano la via, e lei si irrigidì sentendo su di lui l’odore di Hervor.

Una volta entrati nella taverna che quei due avevano scelto, la sospinsero verso un tavolo in un angolo, facendola appollaiare su un sedile alto, di legno.

Loki le lasciò sole un attimo a studiarsi l’un l’altra - Hervor palesemente curiosa, quasi ineducata, Sigyn più timida, ma tranquilla.

Quando Loki tornò, oltre a bottiglia e bicchieri, aveva tra le mani, avvolto in strati di stoffa, un mattone scaldato nel camino, che sistemò in terra accanto a Sigyn. La ragazza lo guardò con gratitudine, poggiandoci i piedini sopra - Hervor era vestita a strati e indossava degli stupendi stivali bordati in pelle di lupo, Loki sembrava non soffrire mai il freddo, anzi, sembrava amarlo, studiare con lui in inverno significava starnutire disperatamente mentre Loki ti guardava perplesso, ma lei era uscita come era vestita per il ballo e ora senza il mantello, con quella stoffa così elegante e leggera, troppo leggera…

“Io direi di fare un gioco Sigyn che ne dici? Si chiama Io non ho mai, ma alcuni lo chiamano Umiliazione...” Hervor ridacchiò “si tratta di fare una affermazione in cui si rivela una cosa che non si è mai fatta. Se qualcuno dei presenti l’ha compiuta, allora dovrà bere. Se nessuno beve... berrà chi ha parlato…”

Sigyn sbatté gli occhi incerta - non voleva giocare con quei due, ma non poteva nemmeno lasciarli lì e tornarsene da sola al Castello.

Loki piazzò la bottiglia nel centro del tavolo e tre bicchierini. Sigyn rabbrividì ed Hervor rise. “Su ragazzina, deciditi!”

Dopo, lo rimpianse almeno un paio di volte, ma in quel momento sentì di detestare Hervor e Loki perché la chiamavano ragazzina e piccola - non lo era - per cui decise, in piena coscienza, che farsi umiliare da quei due lupi, per una serata, restando al tavolo, non fosse cosa peggiore che farsi umiliare ammettendo di non voler bere con loro e di non reggere l’alcol e di non voler dividere con nessuno dei due i fatti suoi e di essere gelosa - non gelosa marcia, sia chiaro! ma comunque gelosa - della loro intesa.


Note finali: per Io non ho mai... devo ringraziare agatha di Loki's Tirlogy: leggendo la sua storia mi è venuto in mente (io lo avevo conosciuto grazie a David Lodge, in versione astemia e letteraria) e l'ho usato come artificio evitando lunghe chiacchiere tra questi tre... che si dicano quello che si devono dire e stop!
   
 
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