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Autore: tixit    02/06/2016    2 recensioni
Dopo Teoricamente Theoric, una storia brevissima su inganni, baci sotto la luna, cose che non si dicono e cose che non serve dire.
[Pre-Thor]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. La luna

I raggi attraversavano le vetrate colorate, tingendosi di verde e di blu - nella finestra principale era disegnato, con il vetro fuso, Yggdrasil, l’Albero Cosmico che sorreggeva la volta celeste, con le sue foglie, allungate verso l’alto fino a mescolare il loro verde brillante nel blu di un cielo che diventava l’universo tutto.
L'artigiano che a suo tempo aveva forgiato quella vetrata aveva lavorato molto bene, decise Loki, osservandola con occhio critico, mentre scortava la sua ospite tra gli scaffali della Biblioteca.

Loki avrebbe potuto disquisire per ore di Yggdrasil come oggetto fisico, un simbolo riconoscibile da tutti, facile da trovare in un bosco, rassicurante, e usato per narrare una comosgonia inspiegabile ad anime semplici, bisognose di una risposta, una qualunque, pure senza senso, per alzarsi dal letto ogni mattina. E avrebbe potuto parlare pure di Yggdrasil come simbolo della sapienza, a suo modo anch’essa una risposta semplice per la domanda complessa perché esisto? e che la riempio a fare di cose questa vita, se tanto poi tutto finisce?

Ma Loki sapeva che ad Hervor tutto questo non sarebbe interessato: Hervor la sfiorava tutti i giorni la fine della sua vita e non aveva tempo per discorsi oziosi. Era giunta ad Asgard per riposarsi dalla guerra, e non stava certo in un albero quella pace che cercava e a cui, onestamente, aveva pieno diritto.

E nemmeno in lui, il viziato principe Loki che aveva conosciuto per tre anni sui campi di battaglia al confine coi Vanhir. C’era un popolo con cui Asgard non era in guerra?

Lei lo aveva visto arrivare cucciolo, maligno e saputello, dubbio dono di Odino, sulle cui intenzioni non avrebbe scommesso - cosa aveva pensato suo Padre, inviandolo al campo, quella volta? Cosa aveva pensato davvero?
Di sbarazzarsi del cucciolo meno forte senza sporcarsi le mani?
O il problema del cucciolo era che non era abbastanza debole?
I cuccioli, anche quelli più teneri e carini, hanno l’imbarazzante abitudine di crescere, lo sanno tutti. Un lupacchiotto infernale di Jotunheim, da piccolo, era adorabile da osservare, ma nessuno possedeva lupi infernali adulti. Era la stessa cosa con troppi eredi ad un trono? Diventava troppo pericoloso crescerne più di uno?
Voleva fare in modo che la sua dipartita sembrasse un incidente?

O aveva sperato che, tra uomini veri, diventasse finalmente un uomo? O la versione di uomo che piaceva ad Odino?

Il Vecchio non gli aveva mai parlato da padre (era un Re e non poteva ragionare da uomo) e lui, dopo, non aveva chiesto perché temeva la risposta. Nonostante tutto lo amava intensamente e si dannava l’anima per non riuscire a soddisfarlo, per non essere Thor, ma solo Loki.

Hervor lo aveva visto vomitare, una sera, in silenzio, davanti a ciò che restava di un uomo. Questa era la gloria, quindi? Questo era quello che lui non sapeva fare, quando si allenava con Thor e la sua cricca, Sif compresa? Lo scopo finale non era far mordere la polvere ad un avversario con eleganza, umiliarlo ridendo, compiaciuti di una abilità acquisita con il giusto maestro, ma farlo a pezzi con rabbia, senza arte, solo con tutto l’odio che si ha dentro, e guardarlo negli occhi mentre muore, mentre nei suoi occhi si scorge la nostra stessa paura di morire? Era l’indifferenza per lo spreco di una vita quello lo avevano mandato ad imparare?

Lei gli aveva detto di non mangiare più cipolle mezze marce alla sera, dato che non c'era abituato, salvandogli la faccia di fronte a uomini che non lo stimavano - sai che novità?
E lui aveva messo al suo servizio ciò che aveva: la sua intelligenza, la sua abilità nel risolvere problemi teorici, applicata a cose pratiche, per non farli morire ammazzati.
Non più di quanto, per lo meno, non fosse necessario.
Strategia la chiamavano.

Da Hervor, una donna, aveva imparato, in tre anni così brevi, alcune cose sull’essere uomo, che non avevano molto a che vedere né col suo uccello, né con un'ascia.
Anche se - gli venne da sorridere - maligno e saputello… in quello lui non era cambiato affatto.

Con delicatezza accarezzò le rughe intorno agli occhi della Guerriera, che parlavano di giorni trascorsi sotto le intemperie, sole che cuoce, occhi strizzati per esaminare l’orizzonte e non essere sorpresi da un attacco, vento che schiaffeggia il viso, freddo umido che penetra nelle ossa, tosse che squassa il petto, nemico che non puoi vincere con la spada.
Non lo stupiva di non provare un vero interesse per le ancelle che piacevano tanto a suo fratello; lui, così raffinato su tante cose, in fatto di donne e uomini, aveva scoperto un gusto primitivo che non collimava con quello del suo stesso sangue e dei suoi amici - Thor faceva duelli con gente di rango, sortite di alcune ore in cui dava il meglio di sé, imprese che suscitavano meraviglia... non stava con la truppa di un campo di confine.
Vedeva l’onore, il lato bello della guerra.
Non vedeva le dita mozzate, la dissenteria, la paura del buio, la mancanza di quelli che più ami. Non aveva appreso l’arte lenta e costante dell’incassare senza muovere un muscolo. E pure lui, Loki, in fondo, aveva visto pochissimo, un lampo; inutile che la facesse tanto lunga su ciò che era e su ciò che non era.

Si baciarono, ma fu una cosa veloce, un incontro di lingue e denti, rozzo e liberatorio, solo un preludio di pura cortesia, come un brindisi prima di un pasto, doveroso, ma lei non era lì per quello, lui non era il suo amante, era solo uno di cui si fidava - poi Hervor rise e lo spinse su di un tavolo, spostando le pergamene con un gesto deciso “E’ qui che studi principino?”

“A volte...” non gli interessava che lei lo chiamasse così - sapeva leggere l'intenzione dietro le parole - e non lo imbarazzava stare sotto di lei… era anche più comodo per fare ciò che voleva: le slacciò il vestito senza fretta, una tunica semplice e comoda, che non le intralciava i movimenti, con giusto una spruzzata di ricami dorati lungo lo scollo - severi e geometrici, come lei - giusto quanto bastava perché il suo abito non stonasse inadatto, nel Salone, con quello degli altri ospiti.
Lei rise strofinandosi su di lui - non era sentimentale, era come un uomo e voleva solo scopare, senza inventarsi scuse e corteggiamenti e luce della luna - scacciò il pensiero di Sigyn dalla testa, con fastidio - senza farsi male con le menzogne, dopo.

Le sfiorò con rispetto le cicatrici, sentendola gemere.

“Ti si addice questa stanza” ansimò la Guerriera, inarcandosi sotto le sue dita.

“Perché? Perché è polverosa e piena di libri?” le morse la pelle lasciandole un segno. "Per i mobili eleganti?"

“Anche…” la sentì ridere, soddisfatta dal piacere dentro il dolore “ma il colore della luce… mi sa che il sole qui non illumina gli angoli, eh?”

“Un posto per gente infida e per codardi che si devono nascondere?” il tono era leggero, ma la domanda era seria - il parere di Hervor gli interessava più di quello di Sif, ma meno, molto meno di quello di Odino.

“Un posto per uno che pensa troppo e sta lì ad osservare tutto,” con un gesto deciso gli aprì la bottoniera delle brache, la mano scivolò a cercarlo parlando di ingordigia, mentre il sorriso sul viso, semi-immerso nell’ombra, gli diceva, invece, che era contenta di ciò che stava trovando. Non sarà stata la risposta alla domanda chi siamo e di certo il suo corpo non era un trattato sulla teogonia, nessuno lo avrebbe paragonato ad Yggdrasil… solo qualche ancella vogliosa di compiacerlo con paragoni nettamente fuori luogo - avrebbe riso, nel caso, per quanto nessuna se ne fosse lamentata di certo non ce l'aveva duro come il ramo di un albero millenario - ma il piacere fisico, lui lo sapeva bene, aveva comunque un suo perché.
Lei si chinò a baciarlo, impudica, non sulle labbra, con il solo intento di scambiare piacere con altro piacere.
Loki affondò le dita nei capelli della Guerriera, una treccia bionda che gli ricadeva tra le cosce, mentre il capo di lei ondeggiava ritmicamente assieme al piacere di lui, che si gonfiava in onde lunghe e lente.
Si godette il momento - avrebbe ricambiato. E infatti lo fece.

Quando ebbero finito si rivestirono a vicenda, con cura, i gesti lenti come carezze che non si sarebbero mai scambiati.

“Dovresti tornare con noi.” disse la donna.

“Per scaldarti il giaciglio?” chiese Loki alzando il sopracciglio.

“No, sei troppo giovane per dare soddisfazione duratura, ma potresti chiedere che ci mandino un paio di guaritrici.” lo guardò con occhi penetranti appoggiando il palmo delle mani sul bordo del tavolo di legno scuro, quasi nero.

“Fulla?” chiese.

“Morta, si è allontanata dal campo per cercare delle erbe e invece ha trovato una pattuglia di esploratori.” Non gli disse altro - non era necessario - e lui non chiese: Hervor aveva abbastanza esperienza per sapere cosa era successo ad un corpo, guardandolo. Se quello che era successo a Fulla fosse stato onorevole glielo avrebbe narrato.

“Sopravvaluti il mio potere.” Per lui era un dato di fatto - quella guerra era troppo lontana perché ci si preoccupasse seriamente di farla finire. Eppure una fine era necessaria, ma non sapeva su che tavolo se la sarebbero potuta giocare.

Lei non disse nulla.
Quando era arrivato al campo, aveva guardato quel ragazzino allampanato con attenzione: non era diverso da altri ragazzini che finivano nell’esercito meno glorioso, quello di asce e stracci, senza elmi brillanti, perché non c’era altro posto dove andare: se fosse stato il figlio prediletto, decise, non sarebbe stato nel fango a vomitare facendo finta di nulla, accanto al cadavere della sua prima vittima. Sarebbe stato accanto al fuoco di casa sua, imparando il mestiere di suo padre, assieme a suo padre, come fanno da sempre i primogeniti o quelli preferiti. Meglio nascere figlio di un fornaio. Molto meglio.

Sospettò che Odino non avesse perso troppo tempo coi suoi figli ad insegnargli il mestiere di Re - aveva troppo fare e non vedeva il tempo scorrere.

Se Odino glielo avesse chiesto esplicitamente, gli avrebbe tagliato la gola appena arrivato - era una Guerriera fedele ad Asgard e capiva che il suo mondo non si poteva permettere cuccioli inutili - ma nessuno le aveva chiesto nulla esplicitamente, e allora lo aveva trattato come gli altri: non gli avrebbe fatto fare cose fuori dalla sua portata, ma nemmeno lo avrebbe coccolato, che si rendesse utile.

Il cucciolo li aveva sorpresi tutti. Sia per le cose che aveva imparato, sia per come li aveva osservati, imparando anche quando non gli insegnavano, sia per lo strato di muscoli allungati, così poco… asgardiani, così’ da lupo, che aveva messo sù, sotto quelle pelle pallida e quei capelli neri, folti e setosi, così poco asgardiani anch'essi, sempre così ordinati. Possibile che nessuno gli avesse spiegato che il biondo era il colore più pregiato?
E poi l'aveva sorpresa per quelle cose di cui - assurdamente - si vergognava e che non diceva.
Una sera, guardandolo, aveva capito che lui sapeva che lei, se Odino quel giorno glielo avesse chiesto, gli avrebbe tagliato la gola. E che non la stimava di meno per questo.

“Forse. Scommetto che, se serve, lo sai leccare il culo a Corte...”

“Forse.”

“E poi sei stato tre anni in mezzo a noi nel fango.” Non avrebbe voluto dirglielo, detestava fare i complimenti a quel cucciolo sfrontato dalla lingua affilata. Non era ancora un uomo. Per quanto la riguardava non era ancora diventato veramente un uomo. Per quanto la riguardava sarebbe sempre stato più vicino ad un cucciolo. Ma, anche se cucciolo, si era guadagnato il suo rispetto.

“Niente di onorevole, niente da ricordare.” Loki le rispose freddamente. “Tre anni è niente.”

“Tre anni di merda è tanto.” ribatté brusca Hervor, accigliata, per essere uno sveglio, certe volte Loki Lingua d'Argento non capiva proprio un cazzo. “Se t’avessero preso sul confine non eri il principino, eri carne da macello come noi, quelli per cui non ci sono funerali speciali e canti di gloria, quelli che sperano solo che qualcuno si occupi dei loro figli. Con quel bel visino magari piacevi pure a qualcuno, o a più di uno, per un po’ di spasso.”

“Un uomo?” era incredulo.

“Uomo o donna... è carne, carne di sangue reale, vuoi mettere? meglio che un buco in un albero riempito di resina. Che altro hai visto lì? Hai visto uomini e donne? Io ho visto solo carne.” Si allontanò brusca da lui.

Loki si spiacque di averla fatta tornare con il pensiero alla guerra, proprio quando era lì in cerca di pace, la afferrò e la spinse contro il muro, accanto ad uno scaffale ricolmo di libri. Brusco anche lui, ma senza cattiveria.
Dopo, spazzati via i pensieri più neri, avrebbero parlato come lei voleva. Intanto era importante che lei sapesse di essere viva. E che essere vivi non era solo uccidere qualcuno o pianificare di farlo.


Sigyn aveva osservato Loki allontanarsi con Hervor.

Cosa avrebbero fatto insieme non era un mistero. Forse avrebbero chiacchierato dei vecchi tempi, ma di certo non avrebbero fatto solo quello: le mani della Guerriera mostravano senza pudore il desiderio. E il suo sorriso sfrontato la certezza che il desiderio sarebbe stato soddisfatto.
Si erano allontanati per i corridoi, senza nascondersi a nessuno, come due animali che, allegramente, andavano a consumare un boccone prelibato, solo che quel boccone erano i loro corpi.

Lei invece, era tutto il contrario: si vergognava, per prima, con Theoric.
Sapeva che cosa aveva desiderato, sapeva il suo cuore come aveva accelerato il battito e il brivido, quando, andandosene, lui l’aveva sfiorata casualmente. Sperò tanto che il ragazzo non se ne fosse accorto e che non l'avesse giudicata male.
Non desiderava quello che avrebbero fatto il Principe e la Guerriera, no, per quello non era… non era pronta.
Aveva desiderato solo un bacio, qualcosa solo suo, da ricordare. Soprattutto aveva desiderato che qualcuno più come lei, più semplice, diciamo, uno meno affilato, la trovasse piacevole; non dico speciale, non come Sif, che solo con un sorriso, se voleva, toglieva agli uomini il fiato, ma piacevole a modo suo, in un modo adatto a una Sigyn… una con i capelli che non erano d’oro, eppure, raddrizzò le spalle, erano belli di loro, e con il seidhr che non era all’altezza... Corrugò la fronte - quanto ci aveva sperato di essere presa da Freya… desiderava imparare da lei, ma non per colpire, o sedurre, avrebbe voluto essere una guaritrice. Vivere in un villaggio, con una casa tranquilla, tutta sua, nella foresta.
A Loki - al Principe - non lo aveva detto; forse Frigga l'avrebbe considerata ingrata.

Come non gli aveva detto quello che desiderava da questo ballo: incontrare qualcuno che volesse le sue labbra, non perché qualche altra parte del suo corpo lo aveva deciso, ma perché la trovava piacevole, amabile, e non solo perché una sera c’era la luna e la brezza dal fiume e perché nel buio della festa, in fondo, si baciavano tutti. Ma perché era lei. Era lei e basta.
Ripensò a quanto si era vergognata per il no di Freya, parole eleganti su una pergamena, le aveva lette e rilette e solo dopo qualche giorno aveva trovato il coraggio di comunicarle a Loki, facendo finta che non le importasse. Forse lo aveva deluso? Aveva passato tanto tempo a studiare con lei… e lei era stata solo una allieva deludente, non una promettente seidhkona, ma la solita Sigyn.
Quella che non aveva colto l’attimo con Theoric, pensando che non fosse giusto, perché il suo non era un cuore integro, e che, forse, quel ragazzo semplice come lei, meritava di meglio.

Sentì la mano di Thor posarsi sulla sua spalla. “Vuoi ballare?” bofonchiò lui imbarazzato.


Lei annuì grata. Un paio di balli, giusto per dire di essersi divertita, senza mentire, e poi se ne sarebbe tornata in camera sua. Theoric era stato impossibile da trovare, sia nel Salone, che per i giardini pensili - lo aveva cercato a lungo, ma forse si era perso con qualche ancella ancora più semplice di lei, e comunque adesso, a mente fredda, non avrebbe saputo che dirgli - impossibile ricucire l’attimo.

Inoltre, se avesse indugiato troppo nel Salone, vi avrebbe visto emergere, ad un certo punto, il Principe e la Guerriera, con addosso l’uno l’odore dell’altra.
E questo non lo avrebbe sopportato.
   
 
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