Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    07/06/2016    8 recensioni
Maya ha vinto la sfida con Ayumi Himekawa, aggiudicandosi la Dea Scarlatta e i diritti dell'opera. Ma proprio come accade nel dramma originale, un fuoco arde sotto le ceneri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stage #10. Il filo rosso



Mizuki aveva eseguito con prontezza ognuno dei compiti affidatole e si stava dirigendo, insieme allo stesso medico che aveva aiutato il signor Masumi la notte dell’aggressione, all’appartamento di Maya. Non l’aveva più chiamata e pregò che tutto fosse andato per il meglio e che non fosse necessario il loro intervento.

Erano ormai le dieci passate, in pochi minuti sarebbe stata lì. Non fece in tempo a terminare il pensiero che scorse il palazzo e le due auto parcheggiate davanti. Corrugò la fronte, posizionò l’auto con una manovra precisa e insieme al fidato medico raggiunse a passo svelto l’ingresso dell’edificio. Suonò alla portineria notturna e l’ometto di guardia le permise di entrare quando specificò che era stata chiamata dal signor Hayami.

Con l’ascensore raggiunsero in breve l’appartamento, mentre l’ansia le cresceva in petto immaginandosi le scene più improbabili. Il medico ebbe la decenza di non trascinarla in qualche discussione inutile, probabilmente conosceva bene Masumi Hayami e se richiedeva il suo aiuto in piena notte, un motivo valido doveva esserci. Signor Hayami, spero tanto che si sia sbagliato e che Maya fosse semplicemente a dormire… però non mi ha richiamato…

La campanellina del piano suonò riscuotendola dai suoi pensieri e le porte si aprirono. Affondò le scarpe nel tappeto morbido che rivestiva il corridoio e in breve fu davanti alla porta d’ingresso. Era socchiusa e quel particolare inquietante le fermò il sangue nelle vene. Scambiò un’occhiata preoccupata col medico, che annuì come incoraggiamento.

Saeko scostò la pesante porta blindata aperta per metà e un urlo maschile e disperato riempì l’aria. Il corridoio davanti a loro era illuminato, ma avrebbe preferito ci fossero le tenebre. Il suo cuore, che batteva accelerato per la tensione e la paura, s’arrestò di colpo e il fiato le si mozzò in gola.

Masumi Hayami era in ginocchio a terra con Maya esanime fra le braccia. Dietro di lui, che era girato in modo innaturale e con gli occhi spalancati, c’erano un uomo in abiti scuri e Shiori Takamiya. Nell’istante in cui realizzò il manico del coltello che sporgeva dal torace dello sconosciuto, un fiotto di sangue schizzò l’abito grigio di Shiori e il suo volto mentre l’uomo crollava a terra. Mizuki spalancò la bocca, le membra congelate e la mente vuota, che si rifiutava di accettare quella scena assurda che andava ben oltre le sue fantasie precedenti. Shiori cadde lentamente in ginocchio, gli occhi spalancati, il respiro pesante, irrigidita e sotto shock, cosparsa di sangue vermiglio. La realtà è sempre peggiore…

Il medico, forse più avvezzo a scene simili, scattò in avanti, lanciando un’occhiata alla ragazza stesa a terra per dedicarsi al giovane accoltellato. Mizuki deglutì e raggiunse il signor Hayami senza capire chi fosse più sconvolto in quella stanza.

- Signor Hayami… - sussurrò posandogli una mano sulla spalla. Lui si girò lentamente, gli occhi azzurri assenti e dilatati. Saeko sussultò per quell’espressione vuota, poi passò lo sguardo sul volto tumefatto e grigio di Maya. Le si strinse il cuore in una morsa dolorosa che le fece uscire pesanti lacrime salate, cariche di rabbia e sofferenza quando si accorse di guardare un volto senza vita.

Lui la teneva stretta a sé, in un abbraccio delicato e dolce, contemplando sconcertato i lineamenti conosciuti e adorati, e quell’atteggiamento di dedizione scavò ancor più dentro di lei dando conferma evidente dei sentimenti del suo capo per quella ragazza.

- Mi aiuti! - gridò il medico attirando la sua attenzione. Controvoglia, Mizuki lasciò il suo capo e si avvicinò al dottore.

- Tenga qui! Prema e non lo lasci sanguinare! - ordinò con sicurezza indicando la sua mano lorda che premeva una garza quadrata intrisa di liquido rosso. Il coltello giaceva a terra, avvolto in un’altra benda bianca.

Mizuki, meccanicamente, premette col palmo sul torace dell’uomo disteso, la mente vuota e distante, ancora incapace di metabolizzare quanto accaduto. Il dottore aveva strappato la camicia dello sconosciuto e la pelle, terrea per il trauma a l’ingente perdita di sangue, era inondata orrendamente di sangue scuro e appiccicoso.

Accertatosi che la segretaria facesse quanto le aveva chiesto, il medico scoccò un’occhiata alla donna in tailleur, inginocchiata a terra con lo sguardo fisso e vacuo diritto davanti a sé. Era in stato di shock, ma non sembrava ferita e avrebbe potuto attendere ancora un po’. Raggiunse Masumi Hayami, probabilmente scosso anche lui, e si inginocchiò di fronte a lui. Era evidente che la ragazza fosse stata brutalmente strangolata. Aveva anche un taglio sul labbro inferiore di minor conto e un livido sulla guancia destra. Non erano da escludere delle lesioni interne, invisibili in quel momento.

Allungò le braccia per agire prontamente, ma Masumi gli afferrò un polso con occhi gelidi ed espressione demoniaca. Si fissarono immobili, sotto lo sguardo desolato di Mizuki.

- Signor Hayami, mi ha chiamato per questo, no? - mormorò il medico indicando con gli occhi Maya.

Masumi lo lasciò e allentò la presa delle sue braccia, consegnandogli il suo corpo statico. Non sentiva niente, non provava niente, era vuoto come un guscio, insensibile e freddo. Freddo come la sua pelle, come i suoi occhi che non brillavano più, come il suo volto che non rideva, le sue mani che non gesticolavano, le sue gambe che non correvano da qualche parte, come le sue labbra che non l’avrebbero più baciato.

Il medico si dedicò a lei, si mise cavalcioni sulle sue anche e iniziò a spingere con le mani premute in mezzo al suo petto. Masumi lo fissava atterrito. Sta provando a rianimarla! Contava, si fermava e riprendeva. Il tempo sembrava non passare mai e Masumi teneva lo sguardo fermo sui lineamenti delicati e spenti, il cuore che batteva senza sosta in un miscuglio di emozioni: paura, ansia, speranza. Impazzirò… Alla terza volta, Maya tossì.

- Maya! - gridò Masumi sporgendosi in avanti senza riuscire a contenere la quantità di emozioni che gli devastarono l’anima. Ce ne erano troppe per contarle e dar ragione ad ognuna di esse, così scelse la prima che l’aveva inondato: gratitudine. Sollevò gli occhi azzurri che finalmente avevano ripreso la loro espressione e fissò in silenzio il medico che ansimava appena. L’uomo annuì con un sorriso, tirando un sospiro di sollievo e si mise di nuovo in ginocchio di lato, effettuando i primi accertamenti sulla paziente che tossiva e piangeva.

Masumi accostò una mano alla sua guancia, tremando di felicità. Scostò una ciocca di capelli fissando il suo viso che piano piano riprendeva colore e che ora era velato di un rossore intenso. Sentiva lacrime ardenti dietro gli occhi e un nodo stringergli la gola.

Maya si girò su un fianco stringendosi la pancia, sfuggendo alle analisi del medico che si rassegnò e si appoggiò sui talloni. Sentiva bruciare dovunque, soprattutto il petto. Non riusciva a respirare bene e i suoi ricordi erano confusi e incoerenti. Ricordava voci, grida, ma niente aveva senso perché l’ultima, che aveva chiamato il suo nome, era la sua. Era distesa sul pavimento freddo, poi un tocco, caldo, bruciante, le arrivò diritto al cuore come una saetta. Inspirò a fondo cercando di calmare il tumulto che l’aveva scossa e aprì gli occhi che sentiva incollati dalle lacrime dense. Il mondo girava come una trottola, non c’era una sola parte del corpo che non le dolesse e la nausea le sconvolgeva lo stomaco, ma strinse i denti e sbatté le palpebre un paio di volte.

Mise a fuoco e lo vide.

- Maya… - sussurrò Masumi con voce rotta dall’emozione quando si rese conto che era lucida. Aveva il cuore che gli scoppiava in petto per la felicità e allo stesso tempo era invaso da una paura oscura e immotivata, forse residuo di quella provata precedentemente.

- Sei… qui? - gracchiò Maya con voce pesante mentre un sorriso dolce e pieno d’amore si stendeva sulle sue labbra.

- Sì - la rassicurò lui ricacciando indietro le lacrime che gli inumidivano gli occhi - Ce la fai a sollevarti un pochino? - le chiese premuroso chiedendo conferma con lo sguardo al medico che mosse appena il mento in senso positivo. Lei annuì lentamente e tentò di puntarsi sul fianco spingendo con le mani. Quando le braccia non risposero, crollò sotto il suo stesso peso, ma Masumi, pronto, l’afferrò tirandola verso di sé. Lei scoppiò a piangere all’improvviso e si aggrappò a lui buttandogli le braccia al collo mentre Masumi la stringeva con forza.

- Va tutto bene - sussurrò più volte al suo orecchio, cullandola e inspirando il suo profumo dolce che credeva di aver perduto per sempre.

I singhiozzi liberatori di Maya si sparsero per la stanza, facendo commuovere Mizuki che distolse lo sguardo dai due innamorati lasciando uscire lacrime di felicità, mentre il medico si stava prendendo cura di Shiori Takamiya. La segretaria spostò lo sguardo sull’uomo disteso che sembrava morto. Non l’aveva mai visto e non aveva idea di chi fosse, ma da ciò che aveva scorto quando era entrata, aveva difeso il signor Hayami a costo della sua stessa vita. I lineamenti del suo volto erano decisi, un naso dritto sbucava dalla fronte tesa e le labbra in quel momento erano tirate dalla sofferenza.

Poteva vedere il flebile battito nella vena sul collo candido, che creava un raccapricciante contrasto e che allo stesso tempo le indicava che era ancora vivo, ma se non avesse ricevuto cure specifiche prima possibile, sarebbe morto sicuramente.

- Signor Hayami - la voce del medico attirò l’attenzione di Masumi e Mizuki - Sua moglie deve andare in ospedale immediatamente e anche quel ragazzo - aggiunse indicando Hijiri a terra - La signorina Kitajima necessita di molto riposo e di una visita approfondita -

- Mizuki - chiamò Masumi voltandosi verso la segretaria mentre teneva ancora Maya stretta al suo petto sebbene i singhiozzi si fossero attenuati - Dobbiamo andare a casa di mio padre, Karato non può andare in ospedale… - mormorò posando uno sguardo carico di riconoscenza e affetto sul volto esanime dell’amico.

Saeko trattenne il respiro per un attimo, domandandosi che tipo di legame ci fosse con quell’uomo che si chiamava Karato e perché non potesse andare in ospedale, poi annuì.

- Ma, signore… - si lamentò il medico - Se non lo porterete in ospedale, morirà! -

Masumi lo fissò con freddezza.

- Chiami qualcuno disposto ad operare a casa mia con tutto il materiale necessario - ordinò con voce che non ammetteva repliche - Lei può andare con mia moglie in ospedale - aggiunse distogliendo lo sguardo.

Il medico annuì con un sospiro rassegnato e chiamò due ambulanze private. Comprendeva quanto fosse delicata quella situazione, ma temeva che un’azione del genere non sarebbe bastata a salvare il giovane accoltellato.

Masumi si alzò in piedi, trascinando Maya con sé. La teneva senza alcun problema e non l’avrebbe lasciata neanche se fosse crollato il mondo sotto i suoi piedi. Lei si sistemò meglio cingendogli la vita con le gambe e il collo con le braccia sottili.

Mizuki li guardò arrossendo lievemente e si rese conto di non aver mai visto quell’espressione completa e concentrata sul volto del signor Masumi da quando lo conosceva. Spostò gli occhi su Shiori Takamiya e i suoi pensieri cambiarono radicalmente.

Quest’evento cambierà le nostre vite…



Le tenebre riempivano completamente la stanza. Solo un piccolo spiraglio di luce filtrava dalla finestra dove la tenda era leggermente spostata. Non c’erano rumori che potessero disturbare il suo sonno, tranne il cuore martellante che ancora gli batteva in petto.

A niente erano valse le rassicurazioni dei medici che se ne erano appena andati: da quando le aveva detto quelle due parole e l’aveva abbracciato, non aveva ancora ripreso conoscenza né spiccicato parola. La osservava con le mani in tasca, di fianco al letto che già una volta aveva occupato. Non riusciva a calmarsi, l’adrenalina gli saturava ancora le vene a tal punto da rendergli impossibile uscire di lì e occuparsi di Shiori, Karato, suo padre e della Daito.

Storse la bocca in una smorfia disgustata e sospirò spostando lo sguardo lungo i lineamenti appena illuminati del suo volto. Una tenerezza immensa gli invase il cuore soppiantando per un attimo quell’ansia travolgente che non voleva abbandonarlo. Non si riconosceva più. Non era mai stato particolarmente emozionabile dopo la morte di sua madre, ma Maya sembrava aver riportato alla luce tutte le sue insicurezze e paure.

Anni prima, proprio quando aveva saputo della morte di sua madre, Maya era fuggita abbandonando per la prima volta lo spettacolo a cui avrebbe dovuto partecipare. Anche quella situazione era stata causata da lui stesso, dalla sua cecità. Anche allora si era sentito smarrito, perduto e inerme di fronte al dolore di lei. L’aveva portata in quella casa, curata, aveva provato a farle tornare la voglia di recitare, ma aveva fallito in tutto.

Si avvicinò al letto irrigidendosi. Tecnicamente, buona parte dei problemi che aveva avuto nella vita erano stati colpa sua. Strinse i denti e allungò una mano piegandosi verso di lei. Strisciò le nocche sulla guancia gonfia a causa probabilmente di uno schiaffo. Chiuse gli occhi al tocco e quando lei sospirò, li riaprì di scatto credendo di trovarla sveglia. Invece le sue palpebre erano ancora abbassate, ma le labbra erano distese in un sorriso dolce e sereno.

- Maya… - mormorò pronunciando le due sillabe con grande trasporto. Faceva parte della sua essenza, gli era entrata dentro in profondità, legata strettamente a lui non con un contratto, ma probabilmente con un filo rosso come narrava la leggenda. Sorrise osservando la sua espressione rilassata e permise alla paura di abbandonare il suo cuore lasciando spazio ai sentimenti che provava per lei e che proprio in quella stanza anni prima le aveva esternato di nascosto. Abbassò lo sguardo imbarazzato, al ricordo del sapore di quell’orrenda medicina che le aveva dato.

- Ora non c’è più bisogno che io mi nasconda - sussurrò sentendo le farfalle nello stomaco. Appoggiò un ginocchio sul letto ed entrambe le mani ai lati del cuscino. Calò lentamente su di lei, unendo le labbra alle sue. Erano calde e morbide e il desiderio di svegliarla e infilarsi nel letto accanto a lei fu così impellente da costringerlo ad alzarsi di scatto.

Arrossì nel buio, infilandosi di nuovo le mani in tasca, come un ragazzino beccato a compiere qualche malefatta.

- Perché debba imbarazzarmi così, poi, non lo capisco proprio… - borbottò contrariato di se stesso scuotendo la testa mestamente. Invece lo sapeva perfettamente. Era la spontaneità di Maya, il modo in cui gli si era concessa solamente quel pomeriggio, senza riserve, con curiosità e senza alcuna paura. Sorrise e, dopo averle dato un’ultima occhiata, uscì dalla stanza.

Percorse il corridoio fino in fondo dove una porta semi aperta lasciava filtrare la luce a forma di spicchio. La scostò piano ed entrò senza fare rumore. Un sorriso curioso si dipinse sul suo volto mentre un debole sospiro di sollievo gli uscì spontaneo alla vista di Hijiri che giaceva immobile, ma salvo, nel letto degli ospiti. Il dottore era riuscito davvero ad ottenere uno staff di medici privati che avevano operato d’urgenza Karato salvandogli la vita senza fare domande sconvenienti. Avevano lasciato un macchinario per il monitoraggio e una flebo pendeva dal suo braccio. Il volto aveva riacquisito colore e aveva perduto la tensione orribile dell’avvicendarsi della morte che aveva visto nell’appartamento.

Il suo sguardo si posò sulla sua segretaria che non aveva voluto saperne di andarsene. Quando i medici avevano finito con Hijiri, lei era rientrata e gli aveva tenuto la mano. Dormiva appoggiata alla sedia, la mano affusolata su quella dell’amico.

Un’emozione intensa lo investì alla vista di quel legame e dei volti delle due persone che più stimava. Non si erano mai incontrati prima… quando Karato si sveglierà, la prima cosa che vedrà saranno gli occhi di Mizuki… non vorrei essere nei suoi panni…

Ridacchiò felice augurandosi che il destino facesse il suo corso e prese la coperta adagiata ai piedi del letto. La distese sulla segretaria, abbassò l’intensità della lampada sul comodino al minimo, e uscì. Chiuse lentamente la porta e quando risollevò lo sguardo s’immobilizzò.

- Padre… - sussurrò sia per la meraviglia che per non fare rumore. Eisuke Hayami era in piedi, appoggiato al suo bastone, in mezzo al corridoio buio.

Masumi s’irrigidì. Gli erano piombati in casa nel mezzo della notte con un moribondo e una che quasi lo era. Sujimoto lo aveva avvisato, grazie alla prontezza di Mizuki che lo aveva chiamato come le aveva chiesto, ed Eisuke li aveva lasciati agire, facendo entrare e uscire ambulanze e medici come fosse un ospedale e ora suo padre aveva diritto ad una spiegazione.

Discesero le scale e raggiunsero lo studio.

- Mi dispiace per questo trambusto, padre, e grazie per aver permesso ad Hijiri di essere operato qui - gli disse subito senza preamboli una volta che lui si fu accomodato sul divano storcendo la bocca per una smorfia di dolore.

- Ora vorrai degnarti di dirmi cos’è successo - replicò Eisuke alzando lo sguardo duro su di lui. Masumi annuì, si versò da bere dato che ne aveva proprio bisogno, mise una mano nella tasca interna della giacca prelevando le foto e si sedette davanti a lui affondando nella morbidezza del divano.

- Quando sono rientrato a casa Takamiya, c’erano queste - e gli porse i pezzetti strappati - Ho cercato le chiavi dell’appartamento che abbiamo dato a Maya Kitajima - proseguì ignorando l’occhiata prolungata e poco convinta di Eisuke - Ma non le ho trovate. Shiori non era a letto e io… -

- E tu hai ben pensato di interpretare la parte del principe che salva la damigella - ironizzò il padre con un sorriso beffardo sfogliando i frammenti e corrugando la fronte. Masumi mosse appena la testa, annuendo stancamente: non sarebbe servito a niente negare l’evidenza.

- Quando siamo arrivati, Shiori aveva soffocato Maya Kitajima e stava per versarle in volto dell’acido - Eisuke sollevò lo sguardo freddo e calcolatore - Hijiri le è saltato addosso e l’ha allontanata. Apparentemente Maya sembrava morta e io… -

- E tu eri troppo preso dalla tua Dea Scarlatta per renderti conto di come stessero esattamente le cose… - terminò Eisuke per lui, che sembrava essere perfettamente cosciente della situazione. Masumi lo fissò serio, chiedendosi come potesse leggerlo così a fondo. Oppure sono io che sono trasparente…

- Non so come sia accaduto, ma Shiori ha preso uno dei coltelli della cucina e quando Karato l’ha vista… lui… - abbassò la testa con voce incrinata al ricordo della lama che affondava nel suo petto.

- Lui ti ha protetto - finì Eisuke come se fosse una cosa scontata. Masumi alzò gli occhi carichi d’ira per l’assenza di interesse nel tono della sua voce.

- Ha dato la vita per me, anche se ora è salvo! Come puoi parlarne come se niente fosse! - sibilò stringendo le mani intorno al bicchiere finché le nocche divennero bianche.

- È il suo ruolo! Non rendere grande qualcosa che non lo è! - ribatté Eisuke con voce dura sostenendo lo sguardo adirato del figlio.

- No! Mi ha salvato la vita! - insisté alzandosi in piedi. Era stanco e la tensione ancora non l’aveva abbandonato.

- E ora cosa farai, Masumi? - lo interrogò Eisuke ignorando le sue parole cariche d’astio.

- Ora farò ciò che avrei dovuto fare un anno fa - lo informò lapidario. Eisuke assottigliò lo sguardo cercando di indovinare i pensieri del figlio, ma Masumi sembrava impenetrabile.

- Non fare pazzie - sibilò il vecchio con sguardo minaccioso.

Masumi lo ignorò, bevve tutto il liquore e si avviò verso la porta dello studio.

- Dove vai? - gracchiò cercando di alzarsi con l’aiuto del bastone.

- Alla Daito - lo liquidò il figlio senza neanche voltarsi.

Eisuke rimase in piedi, immobile, con il cuore che batteva forte in petto come non gli accadeva da tempo. La casa in quel momento era silenziosa e lugubre. Imboccò il corridoio e iniziò a salire lentamente le scale.

Quando Masumi era arrivato con in braccio quella ragazza, non aveva avuto necessità di altre conferme ai suoi sospetti, gli era bastato guardare il suo volto. Lui non si era accorto neanche della sua presenza, troppo preso da lei, all’idea che potesse morire.

Si fermò ansimando a metà scala per riprendere fiato. Avrai pensato anche tu che ti sarebbe intollerabile non poterla più vedere recitare? O hai pensato che la maledizione della Dea Scarlatta si stesse ripetendo nuovamente?

Riprese a salire e quando arrivò in cima tirò un sospiro di sollievo. Il cuore era ancora accelerato e i polmoni gli bruciavano intensamente, ma la sua più grande emozione era stata vedere Maya Kitajima il giorno dello spettacolo dimostrativo. Immobile, in cima a quella scale, immerso nel silenzio e nelle tenebre, lasciò che quel calore gli invadesse l’anima.

Proseguì lungo il corridoio, aprì la porta della stanza ed entrò senza far rumore. Dette tempo agli occhi di abituarsi all’oscurità e, aiutato dalla luce lunare che entrava da una tenda aperta, raggiunse la sedia a fianco del letto e si sedette stancamente.

La ragazza dormiva, apparentemente serena. Il suo profilo spiccava illuminato dai raggi argentei rendendo la sua figura quasi soprannaturale, proprio come lo era stata su quel palco. Era naturale che Masumi se ne fosse innamorato, era davvero una Dea, sia sul palco che fuori, se avevi occhi per guardare e non ti fermavi alla superficie. L’aveva vista quel primo giorno ai binari del treno, dove gli aveva detto con grande ardore e trasporto, a lui, uno sconosciuto, che avrebbe voluto “diventare” la Dea Scarlatta. Ogni altra volta che l’aveva incontrata senza mai rivelarle chi fosse veramente, aveva colto sempre più la sua essenza, quella che Chigusa doveva aver intravisto in lei fin dall’inizio.

Quando Maya Kitajima aveva accolto la proposta di Masumi di firmare un contratto di esclusiva, inizialmente aveva creduto ad una trappola e, ne era certo, anche suo figlio aveva pensato la stessa cosa. Invece lei non solo aveva firmato, ma aveva accettato anche un futuro passaggio di proprietà dei diritti. Aveva riflettuto a lungo sul motivo che poteva averla spinta a fare un passo del genere e, come diceva un noto investigatore occidentale, “quando hai eliminato l'impossibile, qualsiasi cosa resti, per quanto improbabile, deve essere la verità”.

La verità era che Maya Kitajima si era innamorata di suo figlio. Improbabile, sì, assurdo viste le vessazioni che Masumi aveva perpetrato nei suoi confronti, eppure vero. Shiori Takamiya aveva commesso un grave errore, non poteva sapere se di valutazione o dettato dalla follia, ma l’indomani avrebbe dovuto necessariamente incontrarsi con suo nonno.

Si alzò con un gemito, raggiunse il bordo del letto e allungò una mano sfiorando con le nocche la guancia tiepida. Un sorriso separò le labbra di Maya e quel tepore sembrò passare da lei a lui.

- Riposa, ragazzina, qui non ti disturberà nessuno - sussurrò nelle tenebre.



I sogni nebulosi e distorti che avevano reso il suo sonno tormentato si stavano pian piano dissipando. C’erano facce demoniache, voragini profonde in cui cadeva senza possibilità di aggrapparsi a niente, ma la cosa che più l’aveva terrorizzata era l’idea di essere stata chiusa in una bottiglia. Poi la bottiglia era diventata un mare in cui affogava, un sacchetto che le cingeva la testa come un sudario di morte e infine due mani scheletriche e adunche che stringevano la sua gola.

In quel dormiveglia agitato si domandava perché avesse sognato quelle strane cose, dato che in quel momento era certa che tutto andasse bene. Annaspò con una mano, passandosela fra i capelli, sentì il braccio pesante e lo riadagiò lungo il fianco. La coperta che la copriva era soffice e morbida, non sembrava però una di quelle che ricordava sul suo letto.

Ignorò quell’ultimo pensiero vacante e si crogiolò un po’ in quel calduccio confortevole. Era sicura che ci fosse qualcosa di importante che avrebbe dovuto ricordarsi, ma in quel momento proprio non le sovveniva. Inoltre avrebbe potuto essere tranquillamente un altro frammento di quel sogno assurdo.

Quando la patina del sonno sembrò svanire, con essa se ne andò anche quell’antidolorifico naturale che annebbiava i nervi. Un’acuta fitta di dolore le tagliò il respiro, un bruciore intenso le aggredì la gola e si ripercosse nella schiena, nelle costole, sul fianco e dentro la pancia. Il labbro le martellava appena e quando ci portò una mano sopra, il ricordo di quanto avvenuto nella realtà scacciò completamente il sogno, sostituendosi ad esso e giustificandolo.

Rimase pietrificata, gli occhi spalancati nelle tenebre rese chiare da una fonte lontana di luce che registrò a malapena, il cuore che d’improvviso le schizzò fuori dal petto quando rivide Shiori Takamiya sopra di sé, le mani intorno al suo collo, la boccetta d’acido in mano. Il ricordo la investì come un ciclone, non poté arrestare in alcun modo quell’ondata terrificante finché la sua mente rievocò ogni particolare che vibrò nei suoi ricordi come la nota prolungata di un violino.

Ci mise qualche attimo a rendersi conto che quella minaccia era passata, che non era distesa a terra, ma in un letto, che respirava anche se a fatica, che il suo volto non era sfregiato dall’acido. Quell’ultimo pensiero fece scaturire grosse lacrime rotonde che rotolarono sulle sue guance fino al cuscino.

Deglutì con fatica sentendo la gola gonfia e irritata sebbene il bruciore che aveva sentito appena si era svegliata fosse diminuito. Potrò recitare ancora! Signora! Io posso… esultò interiormente stringendo gli occhi con forza per l’emozione.

Esattamente come i ricordi precedenti, un altro perforò la sua mente. La sua voce. I suoi occhi. Le sue braccia intorno a lei. Era lì! Il mio ammiratore era lì! L’ho visto per un attimo, ne sono sicura! Ma com’è possibile? L’ho forse sognato?

Confusa e con il cuore in subbuglio, si portò le mani al volto, asciugandosi le lacrime di felicità. Più conscia della realtà intorno a lei, Maya si voltò a destra e vide una tenda scostata che faceva filtrare la luce dell’alba, un cassettone, un tavolino tondo e due sedie. Poi si girò lentamente dato che il collo le faceva male e spalancò gli occhi congelandosi.

Masumi Hayami dormiva su un fianco accanto a lei, sopra le coperte. Era vestito e la sua espressione era rilassata e distesa. Si girò su un lato anche lei, lasciando che il cuore battesse all’impazzata e sentendosi imbarazzata perché poteva scrutarlo in quel modo mentre dormiva.

Le sopracciglia arcuate segnavano il taglio deciso degli occhi e le ciglia chiare poggiavano sulle guance dagli zigomi perfettamente delineati. Il naso diritto formava una linea geometrica gradevole che rendeva il suo volto attraente, lasciando spazio alla bocca poco sotto, chiusa e distesa nel rilassamento del riposo. Non aveva mai avuto modo di osservarlo così da vicino e così attentamente. Indugiò a lungo, arrossendo e ringraziando che stesse ancora dormendo.

Come sono finita qui? Dove siamo? Perché dorme accanto a me? Allungò una mano e spostò una ciocca di capelli senza toccarlo, eppure rabbrividì, appena le dita sfiorarono i fili dorati. Come può avere questo aspetto? È curioso… Lasciò vagare lo sguardo sui vari punti del volto memorizzando ogni piccola imperfezione, particolari che non aveva mai potuto vedere, forme, linee, curve.

Infine terminò la sua esplorazione sui suoi occhi che lentamente si aprirono. Maya trattenne il fiato, incapace di distogliere lo sguardo, rimase incatenata a quel bagliore azzurro ghiaccio che divenne immediatamente consapevole della sua presenza. Le iridi si contrassero e il blu si fece più intenso, perdendo il velo di sonno che le aveva offuscate per un attimo.

- Maya… - sussurrò Masumi restando immobile, perso in quegli occhi cioccolato che lo stavano guardando mentre dormiva. Quella consapevolezza gli fece accelerare il cuore che prese a battere freneticamente.

Lei non riuscì a spiccicare parola, agganciata a quello sguardo magnetico e al suono dolce della sua voce.

- Stai bene? - aggiunse un istante dopo, sempre usando quel tono sussurrato, come se avesse timore di spezzare l’incantesimo.

- Sì - ammise Maya che nel complesso poteva ritenersi fortunata. Sentì le lacrime inumidirle gli occhi, ma non scesero, creando invece una patina lucida e commossa che fecero stringere il cuore dell’uomo al suo fianco.

Quel silenzio teso e carico d’attesa si protrasse a lungo, mentre si scambiavano invisibili emozioni che apparivano fugacemente sui loro volti. Quando Maya fu sicura che il suo cuore sarebbe scoppiato, lui allungò lentamente una mano e le sfiorò una guancia. Si sentì rabbrividire da capo a piedi e venne attraversata da una scossa potente.

Masumi la fissò, mentre il suo volto esanime tornava a tormentarlo, lasciò scivolare lentamente le dita dietro il suo orecchio sussultando all’incontro con i suoi capelli morbidi. Lei reagì al suo tocco muovendosi appena, ma bastò a lui per cacciare con forza quei ricordi angoscianti. Distese il braccio, l’afferrò dietro il collo e si avvicinò a lei con uno scatto imrovviso, stringendola a sé e appoggiando il volto alla sua testa.

Maya si sentì avvolta dalla sua paura che lentamente lasciava il posto al sollievo. Era proprio lui… mi ha trovata e mi ha portata qui… chissà cosa ha visto… per un attimo i suoi occhi si sono oscurati… Si appoggiò con la fronte contro di lui, udendo il suo respiro accelerato, come se fosse ancora spaventato per qualcosa. Era piacevole il peso del suo corpo sul piumone, la faceva sentire sicura e protetta. La sua mano fra i capelli era gentile, la carezzava dolcemente e un groppo di commozione le chiuse la gola facendola sussultare per il dolore improvviso.

Masumi la scostò appena mentre le sue dita indugiavano sul collo caldo e liscio. Il ricordo di averla creduta morta stava tornando a devastarlo, ma appena lei incrociò il suo sguardo, fissandolo sorridente, si convinse che era lì con lui. Lasciò trapelare quell’emozione intensa, si avvicinò ancora e appoggiò le labbra alle sue delicatamente.

Maya sollevò il viso per incontrarlo, sentiva il cuore battere senza freni in petto e l’unica cosa che voleva era incontrarlo ancora, in modo che ciò che provavano scacciasse il terrore che le ghermiva l’anima al ricordo della sera precedente. Sentì solo una piccola fitta al labbro tagliato, che ben presto venne sostituita da un languido calore. Le sue labbra erano gentili e lievi, come se non volesse farle del male, e chiudendo gli occhi per la gioia, lasciò scivolare due lacrime argentee di felicità.

Masumi venne travolto dal sentimento che li univa e gli occorse uno sforzo immenso per tenere sotto controllo le sue emozioni. Quelle piccole labbra accoglievano le sue con dolcezza, sicuramente il labbro le doleva ancora, ma era trepidante come lui. Entrambi distesi su un fianco, potevano concentrarsi unicamente su quell’attimo. Fu lei a modificare il ritmo di quel bacio sensuale e lento che lo stava facendo impazzire, strusciando lentamente la lingua sulle sue labbra. Dischiuse la bocca e l’accolse dentro di sé, intrecciandola alla sua. Poteva sentire la tensione del corpo di lei allentarsi, quando portò fuori dalle coperte un braccio e glielo passò intorno il collo, avvicinandosi strettamente a lui.

Le piccole dita strisciarono piano dalla guancia fin dietro l’orecchio, poi si attorcigliarono avide intorno ai suoi capelli. Maya si sentì trascinare in un abisso pieno di luce e calore, dove ogni cosa era bella e buona e proveniva da loro due. L’amore che condividevano era inebriante e coinvolgente, tutti gli ostacoli che aveva visto nel passato le sembravano in quel momento dei pensieri inutili. Che senso aveva preoccuparsi del rango o dell’aspetto se un solo bacio poteva scatenare un simile turbinio di emozioni?

Si aggrappò alle ciocche bionde, attirandolo verso di sé sebbene non ci fosse affatto spazio. Masumi assecondò il movimento avvinto da quell’euforia che richiedeva un contatto più approfondito. Quell’incredibile eccitazione aveva il potere di cancellare ogni altra cosa: pensieri, preoccupazioni, luoghi, persone. Esistevano solo loro due, insieme.

Le labbra sfregavano e si torcevano senza concedersi tregua in una danza frenetica per scacciare la paura e sostituirla con un ricordo più bello. Era un contatto disperato, denso di sollievo e accettazione, che li coinvolgeva interamente. Maya sgusciò fuori dalle coperte staccandosi dal bacio. Aveva il respiro veloce e lo sguardo brillante, fisso negli occhi di lui. Masumi la guardò interdetto, in una posizione semi sdraiata. Ebbe appena il tempo di sollevarsi, che lei gli si gettò fra le braccia.

- Maya… - sussurrò serrando le braccia intorno alla sua schiena. Era calda per essere stata sotto le coperte e scossa da piccoli brividi. Era ancora spaventata, ecco perché quell’assalto irruente e poco in linea con le sue abitudini. Serrò le labbra ricacciando la rabbia e la tenne stretta, dimostrandole tutto il suo appoggio.

Lei si scostò, tenendosi al suo collo, le gambe intorno alla sua vita. Inclinò la testa e lo scrutò imbarazzata.

- Sei venuto a prendermi - sussurrò sicura con il batticuore che la squassava.

Lui non rispose, catturato da quell’espressione riconoscente e tenera. Aveva le guance arrossate, poteva vederle appena nella penombra della stanza.

Maya vide la verità in quello sguardo cristallino e non ebbe bisogno di altro. Si sollevò aderendo completamente al suo corpo solido e si abbandonò alle sue labbra esigenti, preludio dell’amore che avrebbero condiviso.


   
 
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