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Autore: DeniseCecilia    08/06/2016    6 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
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X. Torta

 

Un bacio leggero, in punta di muso, scambiato per la strada.
Così avevano ricominciato, con un gesto romantico ma che aveva tutti i toni dell'ufficialità, la giornata insieme.
Restava loro uno scampolo di mattino, e in quel martedì assolato e narcotico che già sapeva di estate decisero che l'avrebbero trascorso nella più pigra rilassatezza.
Judy si sarebbe occupata di procacciare qualcosa di commestibile – e preferibilmente abbondante – per il pranzo mentre Nick provvedeva a farsi una doccia e rendersi nuovamente presentabile.
Con la luce del giorno a tenere a bada le loro azioni, ed i sensi snebbiati, si erano poi permessi di riguadagnare quel letto dal quale la sera prima la volpe si era autoesiliata.
“Eccomi”, disse quest'ultima andandosi a sdraiare accanto alla coniglietta.
“Hey, ciao”, gli sorrise lei. “Da quanto tempo non ci vedevamo”.
Nick lasciò che la scia di quell'affermazione, dal tono vagamente malizioso, aleggiasse tra di loro, senza nulla aggiungere. Si voltò ad osservare Judy, senza capacitarsi del tutto del fatto che lei fosse lì. Le ultime ore erano state intense, così intense e perfette che a tratti si chiedeva se non fossero, in realtà, un parto della sua immaginazione.
“Sei davvero qui?”, le chiese allora, coerente con se stesso.
Judy si sistemò meglio sul fianco, e guardandolo negli occhi – mai così verdi, così luminosi – annuì decisa. Lasciò scorrere pigramente una zampa sul suo petto, scontenta della presenza della camicia.
“Nick”.
“Cosa?”.
“E' una domanda stupida, lo sai”.
Lui non si scompose. “E' una domanda, Carotina. E' buona norma rispondere, quando qualcuno ti fa una domanda”, la schernì.
“Ah, se la metti su questo piano”, ridacchiò lei. “Allora va bene. Sì, sono davvero qui”, sottolineò con un ulteriore cenno del capo. “E tu?”.
“Io?”.
“Nick”.
“Cosa?”.
“E' buona norma non rispondere ad una domanda con un'altra domanda”, lo rimbeccò lei.
“Ah, allora va bene”, ghignò la volpe facendole il verso. “Puoi ripetere, per favore?”.
Judy sospirò platealmente.
“Io sono qui, Nick. E tu, tu ci sei davvero? Non me lo sto sognando?”, il tono nettamente addolcito, il volume della voce appena percepibile.
Ma che fa, mi ruba le battute?, argomentò lui tra sé e sé.
“Beh, mi vedi, no, Carotina? E' un po' tardi per il dormiveglia, specialmente per te. E poi”, aggiunse sornione avvicinandosi al muso di lei e posandole una zampa sulla spalla “se vuoi ti posso rinfrescare la memoria”.
Al suo solito, non le diede il tempo di formulare una risposta, arguta oppure ottusa che fosse. Si può anzi dire che le tappò la bocca senza mezzi termini. Appena un attimo di sorpresa – quando smetterà di cogliermi così impreparata?, ebbe modo di chiedersi – e poi Judy si abbandonò al calore del suo bacio, lento e via via più profondo, lasciandoglisi cadere fra le braccia.
Se questo era il risultato di quella piccola, dolceamara separazione della sera precedente, pensò la coniglia, se il risultato era ritrovarsi più affamati, più appassionati, ma anche più lucidi e consapevoli; allora ben venga. Avrebbe aspettato.

 

Il turno di lavoro fu abbastanza impegnativo e incasinato da distrarli un po' – e per quanto ad entrambi sarebbe piaciuto spiaggiarsi nel letto di Nick fino alla fine dei tempi, e non far altro che consumarsi a vicenda, in fondo ne avevano bisogno.
Avevano appena messo la zampa fuori dallo spogliatoio che Bogo gli lanciò al volo un fascicolo con una denuncia per rissa e danni. Il fatto era avvenuto durante la notte, ed il proprietario del locale in cui i due rinoceronti responsabili si erano picchiati li stava attendendo alla scrivania di Judy. Preferivano sempre la sua scrivania, quando lavoravano insieme alle scartoffie, per l'ovvia ragione che la coniglietta era la metà ordinata e precisa della coppia.
“Ha detto che nel locale c'erano dei testimoni, dico bene? A quell'ora della notte, o forse dovrei dire dell'alba, non saranno rimasti in giro molti avventori suppongo”, ragionò Nick.
“Suppone male”, giunse l'inattesa risposta, un tantino sarcastica, dalla lontra proprietaria del night club dal suggestivo nome di Hot Honey Moon. “Se butta l'occhio in corridoio, agente, noterà qualcosa come trenta, quaranta dei miei clienti più affezionati”.
Nick sbiancò, per quanto la sua pelliccia di un arancio acceso glielo consentiva.
“Oh, vi sarei enormente grati, agenti, se voleste trattarli con ogni riguardo. Si sono presentati qui su mia personale richiesta, e non vorrei, davvero non vorrei che anche uno solo di loro smettesse di frequentare l'Hot Honey perché, diciamo, la polizia si è mostrata più curiosa del necessario. Mi spiego, agenti?”, proseguì serafico quello.
Nick si sentì riaffluire il sangue alla faccia tutto d'un colpo.
Aveva voglia di spiegare due cosette a quel tizio presuntuoso, magari anche facendo uso di quelle tecniche di comunicazione non verbale che erano state loro insegnate all'ultimo corso di aggiornamento.
Che se non sapeva contenere gli animi nel suo locale da quattro soldi erano affari suoi, e se non gli stava bene come la polizia lavorava, poteva risolvere i suoi guai da solo.
Che quello non era un servizio di vigilanza privata.
E nemmeno un gruppo di dame da compagnia, e che quella non era l'ora del thé coi pasticcini, e che...
… Judy dovette accorgersi di quel che la volpe stava covando, perché intervenne prendendo la parola.
“Non si preoccupi, signor Lontroskkj, nessun testimone verrà trattato alla stregua di un colpevole, non dalla ZPD”, disse, sperando che l'imprenditore cogliesse nella sua frase non solo la disponibilità formale, ma anche il sottotesto implicito: chi disprezza la polizia si becca il mio, di disprezzo.
Conclusero la loro breve conversazione rapidamente e senza fronzoli: di là li aspettavano decine di mammiferi, in gran parte predatori ancora mezzo ubriachi, da ascoltare.

 

Aprendo la porta della sua stanza – chiamarla casa le sembrava giorno dopo giorno sempre più eccessivo, specie alla luce degli ultimi avvenimenti – Judy si stranì.
Ogni oggetto le appariva senz'altro riconoscibile, ma al tempo stesso alterato, come rimpicciolito. Come fosse stata via a lungo, così a lungo da dover nuovamente familiarizzare con l'ambiente.
Appese il giubbino alla sedia posta davanti alla minuscola scrivania, avviò il portatile e si stese sul letto, in attesa che caricasse.
La doccia che aveva fatto in centrale – poiché disgraziatamente quel loculo in cui viveva non l'aveva – era stata appena sufficiente a rilassarla dopo le ore passate inchiodata alla sedia, a trascrivere dati e indicazioni dei testimoni, o alternativamente a tamburellare le zampe impaziente su e giù per l'ufficio.
E non avrebbe neppure rivisto Nick fino all'indomani.
Avevano stabilito, davanti ad un bicchierone di caffè ristoratore e ad una fetta di torta – scontatamente alle carote per lei, ai mirtilli per lui – che almeno per il momento avrebbero passato le notti nelle rispettive abitazioni.
Il ricordo della prima e, per ora, unica che avevano passato abbracciati, quella notte così carica di tenerezza, avrebbe dovuto sostenerli fino a che non avessero deciso di passarle tutte quante insieme, a scambiarsi calore e affetto senza filtri e riserve. Di quell'affetto dovevano avere estrema cura. E quella tenerezza dovevan coltivarla, sì, ma proteggendola dall'impeto dei loro desideri più istintivi.
“Non voglio mangiarti, Carotina”, aveva esordito Nick a bassa voce.
Judy era stata incerta se mostrarsi risentita – ne avrebbe avuto motivo – ma poi aveva stabilito che, dal suo tono, la volpe doveva avere qualcosa di significativo da dirle. Aveva deciso allora di giocare di contraccacco.
“Ma davvero. Perché io, invece, di mangiarti ho proprio voglia. Soprattutto se continui a dedicarti a quella torta in modo tanto sensuale e, lasciatelo dire, sfacciato”, gli aveva dunque risposto.
Nick aveva faticato a nascondere una perfetta esecuzione del suo miglior ghigno, che comunque Judy aveva intuito lo stesso.
Ad occhi chiusi sul proprio, piccolo letto, ricordava quell'istante in cui tutto era tecnicamente possibile, in cui il partner avrebbe potuto fare qualunque cosa: per esempio, approfittarne e baciarla. Invece no.
“Non voglio mangiarti, Judy”, aveva ripetuto invece lui. “Non adesso. Non mi basta comprarti, come ho comprato questa crostata. Non mi basta una fetta, e nemmeno cento fette, io voglio la-fottuta-torta. E distruggere la ricetta, così nessun altro potrà averti”.
E poi basta, quello sfacciato aveva finito la sua consumazione e si era adagiato allo schienale della sedia, osservandola. Ma quanto a lungo... No, seriamente, la voleva morta, altro che baci e baci. Per qualche oscura ragione la odiava e ora la stava uccidendo con deliberata lentezza. Mammifero crudele.
E poi sì, l'aveva baciata finalmente. Si era sporto verso di lei, catturandola per le braccia; e attirandola a sé al di sopra di quel dozzinale tavolo di fòrmica, in quella tavola calda di periferia che pullulava di animali con la stanchezza di vivere dipinta in faccia, l'aveva baciata con trasporto. Mammifero meraviglioso.
Nessuno se n'era curato ad eccezione del cuoco, che da dietro il banco aveva lanciato un fischio acuto di approvazione.
Per assurdo, lo squallore estetico di quel posto – dove tornavano ancora e ancora perché sfornava alcuni tra i più golosi manicheretti di Zootropolis – aveva esaltato il sapore di quel nuovo contatto, ruvido ed esigente.
Anche io ti voglio tutto – Judy gliel'avrebbe urlato sul muso, se la sua bocca non fosse stata così piacevolmente in altre faccende affaccendata. Aggrappata quasi con disperazione alla sua cravatta l'aveva ricambiato con altrettanta intensità, trattenendo un imbarazzante mugolìo nella gola.
Un modo per averlo c'era. Nick non l'aveva espresso, ma era nell'aria.
Perché no, si disse infine Judy, sollevandosi a sedere e raggiungendo d'un balzo la scrivania, accorgendosi soltanto allora che i suoi vicini origlioni e dal battibecco facile stavano appunto discutendo a proposito di una cena bruciata e del televisore dal segnale disturbato.
Aprì una nuova finestra in Firefox, andò su Zoogle Immagini e digitò la chiave di ricerca “abito+sposa+coniglia”.
Proprio mentre l'algoritmo caricava la prima pagina di risultati, udì il caratteristico ping di Messenger: aveva una nuova notifica.

 

L'aveva scorta nell'elenco degli ultimi iscritti al sito, l'aveva addocchiata anzi, e la sua foto l'aveva fulminato.
Santa Carota, che occhi! Le più belle viole del pensiero che coltivava nel suo vivaio non reggevano il confronto, assolutamente no.
E stava persino diventando sdolcinato, il che non era da lui. No, lui era un coniglio con le palle, non aveva bisogno di frasi melense per conquistare le donne: i selfie che si era scattato a torso nudo, la zappa in spalla sotto il sole dei campi, avrebbero colpito nel segno; ne era certo.
Chiuse l'ingrandimento della fotografia e fece scorrere la pagina del profilo, visionando le prime informazioni.
A quanto pareva, questa Judy Hopps aveva avuto in sorte tutte le migliori carte. Proveniva da una solida famiglia di coltivatori – quarantaquattro generazioni, ottocento acri di terreno – e viveva non troppo lontano da lì, a Bunnyburrow. La cosa gli piaceva: quello era il profondo Sud, la campagna dura e pura, dove le ragazze non avevano fronzoli per la testa e andavano in calore così spesso che non c'era nemmeno bisogno di coccolarle, prima, per portarsele a letto. C'era un unico inconveniente: in genere erano anche fissate con il desiderio di avere una prole numerosa. Avrebbe sondato presto il terreno in merito, non voleva perdere tempo.
Circolavano troppe sognatrici per i suoi gusti, su quel sito di incontri: MeetFurr raccoglieva di tutto, compresi parecchi single senza speranza. Non che facesse parte della categoria, lui, ci entrava solo per flirtare.
Ventisette anni.
Solare, spigliata – la descrizione inserita era piuttosto comune per le femmine della sua specie.
Amava il giardinaggio – uhm, perfetto! –, la musica ed il ballo country, e infine le commedie romantiche. Non proprio il massimo quest'ultima cosa, ma poteva sopportarlo. Spesso le ragazze in apparenza più dolci e tranquille si rivelavano dei veri trattori, sotto le lenzuola.
Odiava le zucchine, i mammiferi invadenti e le grandi città. Okay, okay.
Istantaneamente decise che il gioco valeva la candela, alzò la zampa dal folto pelo bruno e copia incollò l'alias di quella bambola coi fianchi da urlo nell'apposita casella “Ricerca Contatti” in Messenger.
Inviò la richiesta di amicizia motivandola così: Ciao Judy, io sono Rick. Ho visto il tuo profilo su MF e sono rimasto così colpito che non ho saputo accontentarmi di scriverti un messaggio. Ti va di scambiare due chiacchiere in chat? Anche adesso, se vuoi. Resterò alzato ancora per un po', apposta per te! R.

 

Le parole di quel tipo lasciarono Judy di sasso.
Chi mai poteva voler parlare con lei, a quell'ora, con tanta urgenza?
Da dove sbucava quel Rick?
E soprattutto, che significava che aveva visto il suo profilo? Lei non aveva mai aperto alcun profilo su MeetFurr! Aveva altro a cui pensare – prima era stato studiare ed allenarsi per entrare in Accademia, poi studiare ed allenarsi per diplomarsi in Accademia, ed ora con sua grande gioia... rendere il mondo un posto migliore. Aveva altro cui pensare, sì, e poi non gradiva quei contesti in cui decine di perfetti sconosciuti ti assediavano con la smania di ottenere qualcosa da te – non importava che fosse sesso o amore: lei credeva negli incontri casuali.
Mentre rileggeva per la terza volta il messaggio, un orribile presentimento la colse. Per sua natura, e per mestiere, era abituata ad accettare l'evidenza, quando era davvero tale. E sembrava evidente che lei avesse, a sua insaputa, un profilo sul più grande sito di incontri di Zootropolis e dintorni, come recitava lo slogan. La prima e più importante cosa da fare, subito, era verificare questa supposizione.
Abbandonò momentaneamente la sua fantasticheria matrimoniale ed aprì una nuova scheda nel browser. Digitò l'indirizzo del sito. E poi, senza nemmeno doversi cercare, vide tra i profili in evidenza in homepage il proprio nome, con a fianco una foto che le ritraeva il viso, sorridente.
Sentì il naso fremerle impazzito: cosa accidenti stava succedendo?

  
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