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Autore: Amantea    08/06/2016    16 recensioni
"- André, sei strano questa sera. E' successo qualcosa che dovrei sapere?
André la guardò con il sorriso delicato e convincente che sfoderava ogni qualvolta ci fosse da rassicurarla. Trattenne il fiato, pregò che fosse sufficiente, che Oscar non fosse abbastanza perspicace da intuire qualcosa di diverso nei suoi occhi... E funzionò, anche quella volta. "
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 ° IL CORAGGIO °

 


- Vieni André -.
- Certo Oscar, arrivo -.
Ripose la sella e gli ultimi finimenti sugli appositi ganci. Un'ultima carezza al collo morbido e leggermente sudato del cavallo, e poi uscì dalla scuderia. 
La figura snella di Oscar era appena un'ombra più scura contro l'incedere grigio della sera.
- André. Sei strano questa sera. E' successo qualcosa che dovrei sapere? -.
André la guardò con il sorriso delicato e convincente che sfoderava ogniqualvolta ci fosse da rassicurarla. Trattenne il fiato, pregò che fosse sufficiente, che Oscar non fosse abbastanza perspicace da intuire qualcosa di diverso nei suoi occhi... e funzionò. Anche quella volta.
In realtà il capitano delle guardie reali si era soffermato a scrutarlo in volto, più del solito. Lo aveva osservato mentre con i soliti gesti premurosi e sicuri sistemava la biada per i cavalli, stanchi per la lunga cavalcata. Lo aveva ascoltato pronunciare parole sottovoce, in quel linguaggio segreto che lei invidiava, e che sembrava incantare César. Chissà cosa si raccontavano quei due nel segreto delle scuderie!
Lo conosceva abbastanza per sapere che non poteva nasconderle nulla di veramente importante.
E quel poco che le avesse eventualmente taciuto, sarebbe stato certo di poco valore... di questo era convinta.

Si incamminarono dunque l'uno a fianco dell'altra lungo il vialetto ghiaioso che conduceva all'ingresso principale di Palazzo Jarjayes.
Un lusso, quello di camminare vicini, che si concedevano spontaneamente solo nell'intimità, lontani dallo scenario formale e pomposo di Versailles. Solo a casa tornavano ad essere semplicemente Oscar ed André.
E su quei sassolini bianchi, scomposti e sovrapposti e rilucenti nel buio, l'eco dei loro passi bambini era adesso un incedere deciso e croccante di stivali.
- Sei taciturno -, insisté Oscar.
Qualcosa non la convinceva. Nulla di definito, poco più che una lieve sensazione. Lo sguardo che si perde in un particolare inaspettato, la pelle sudata che si increspa sotto un alito di vento... qualcosa del genere. Niente più, che una sottile percezione, che il corpo registra, e poi la mente riesamina, se crede, quando meno ce lo aspettiamo.
L'osservazione le uscì in modo perentorio, mentre oltrepassavano il portone a vetri e piombo, e Oscar gettava i guanti e la spada su un divanetto, come se bastasse quel gesto a scrollarsi di dosso il peso del ruolo che aveva accettato non molti anni prima, in quello stesso ingresso, su quello stesso scalone.
- E' tutto a posto, Oscar, te l'ho detto -.
Questa volta gli occhi di Oscar indugiarono qualche istante in più sull'amico. Osservarono quelli di André, con malcelata insistenza. 
Alla luce tremula dei doppieri il verde sembrò diramarsi in schegge nere sottili e cangianti. Solo lei forse conosceva le infinite sfumature che quel verde assumeva a seconda dell'inclinazione della luce del sole, o della stagione. Quasi incredibile era, ad esempio, la tonalità che assumevano gli occhi di André in piena estate. Diventavano pressoché trasparenti, come acqua. 
Si riscosse da quei pensieri. 
Non sarebbe servito affatto fare una rassegna di colori per sapere cosa passava nella testa del suo attendente.
Quando voleva, sapeva essere impenetrabile. Quasi al pari suo.
- Io vado a letto, Oscar, e dovresti farlo anche tu. Domani ci aspetta una giornata impegnativa a Versailles -.
- Conosco gli impegni di domani, André -.
- Allora buonanotte Oscar -.
Si allontanò lungo il corridoio, verso la sua stanza, inghiottito dal buio, senza voltarsi, senza indugio alcuno. 
Oscar restò nell'ingresso, sola. 
Gettò uno sguardo alla scala, poi si slacciò l'ingombrante jabot, sganciò la giacca e con un sospiro entrò nel salottino.
Il fuoco era acceso, e la sua poltrona la attendeva come ogni sera. 
Si diresse al vassoio, colse un calice, lo empì di vino. Si gettò contro i cuscini, un sospiro allungando le gambe.
Le dolevano, senza dubbio. Uno stivale sull'altro, la schiena un poco scivolata, la testa arrovesciata sul velluto.
Un sorso nella gola, gli occhi chiusi. 
L'ultimo pensiero che le attraversò la mente, prima di crollare, fu che il giorno dopo, sotto il sole, avrebbe osservato meglio André, per cercare di capire cosa diavolo gli stesse succedendo, e perché per la prima volta non era stato sincero con lei.


André si chiuse alle spalle il legno della stanza.
Restò appoggiato alla porta, l'aria soffiata a forza dalle labbra socchiuse.
Non aveva mai mentito a Oscar. Mai. Mai nascosto un'emozione, mai taciuto nulla.
Ma adesso... come avrebbe potuto... 
Gettò la giacca su una sedia e si buttò sul letto. Scalciò via gli stivali, e rimase a braccia aperte, gli occhi appuntati sulle travi.
Gli sembrò ancora di sentire l'odore... quell'odore di donna, che lo aveva travolto, e acceso come un fuoco che divampa all'improvviso, e quasi gli aveva tolto la ragione. Quasi... se non una pelle morbida, una risata allegra, due occhi dolci e parole sussurrate all'orecchio, sfiorandolo un po', e mani che lo avevano cercato sotto alla giacca e poi sotto alla camicia...
E un sapore buono e sconosciuto, inaspettato, così buono da volerne ancora, di labbra morbide e di una bocca contro la sua.
Come avrebbe potuto raccontare a Oscar... come!
Come, di quella ragazza che si era fatta spingere contro un muro, e lo desiderava, come una donna desidera un uomo.
Come, dei baci che le aveva dato, delle mani che l'avevano toccata, dapprima incerte, guidate, e poi in caduta libera, tra strati di stoffa, a cercare pelle nascosta e calda. Incredibile come potesse essere calda una donna!
Come, della voglia che lo aveva colto impreparato, e poi lasciato quasi confuso... e del modo in cui si era ritratto, imbarazzato, amareggiato, d'improvviso lucido e consapevole... estremamente lucido, ed estremamente consapevole, che non era quella la ragazza che voleva... non era quella ragazza... che il corpo aveva una forza tutta sua, e il cuore un'altra, e si era sentito come dilaniato, strappato in due.
E il cuore aveva vinto, e il corpo si era arreso, ed era solo riuscito a dire qualcosa di irripetibile.
Non posso... 
Sotto due occhi increduli, e un poco sgranati, e un sorriso diventato poi malizioso, di una che la sa lunga, molto più di lui.
Non posso...

Sospirò ancora, gli occhi buttati al soffitto.
Non avrebbe potuto raccontare niente ad Oscar. Decisamente nulla del genere. 
In un istante tutto gli si era fatto chiaro. Tutto. Nel momento in cui si era staccato da quella ragazza, la sensazione lacerante che aveva provato... aveva capito tutto. 
Sorrise fra sé e sé. 
- Oscar... -, mormorò. E fu quasi un proposito. Una promessa con se stesso. Un tatuaggio impresso a caldo.
Pensò che amare richiede un grande coraggio. E lui ne aveva. Decisamente.
Lo avrebbe sempre avuto.
Per la sua Oscar. E solo per lei. 
 


 
   
 
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