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Autore: Janta    08/06/2016    4 recensioni
La notte era l'unico momento in cui lui era capace di vivere con serenità, come un giovane della sua età avrebbe dovuto effettivamente fare.
Si diresse verso la credenza accanto a lui, e con occhi vuoti passò lo sguardo sulle foto incorniciate che erano state appoggiate sopra. Non aveva mai avuto il coraggio di toglierle. Ogni volta che si perdeva ad osservarle, non poteva fare a meno di pensare ad una frase di una poesia che a lei piaceva tanto.
"E ora che non ci sei, è il vuoto ad ogni gradino."
Così recitava quella poesia malinconica, e Namjoon poteva tranquillamente dire che, effettivamente, gli calzava a pennello. Per lui, da quando lei se n'era andata, era tutto incredibilmente vuoto. Non capiva più quale fosse il motivo che lo tenesse in vita. Vuoto era il mondo, pieno di gente buona soltanto a pensare ai suoi interessi, vuote erano le giornate così prive di senso, vuota era la vita, vuoto era Namjoon stesso, privato dei suoi sentimenti che lei, scomparendo, aveva portato con sé.
[namjin ]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Seokjin non era mai piaciuta l'idea di fare il fioraio. Non che avesse qualcosa contro i fiori, che li odiasse o ne fosse allergico. Semplicemente, il fatto di fare un lavoro così strano per un uomo, non gli era mai andato giù. In fin dei conti, succedeva anche troppo spesso che un nuovo cliente, arrivato nel negozio, vedendosi comparire davanti un uomo, strabuzzasse gli occhi pieno di stupore. Lo stereotipo che si era creato da secoli sul fatto che le fioraie potessero essere solo donne era duro a morire anche per i suoi clienti abituali, figuriamoci per i novellini.
Tuttavia, nonostante questi piccoli incidenti di percorso - a cui si andava ad aggiungere il fatto che lui, il fioraio, non lo facesse di sicuro per scelta, ma per necessità - alla fine aveva iniziato ad apprezzare il suo lavoro. Riusciva, tramite quell'occupazione, a coltivare la sua vera passione: la psicologia. Infatti non c'era cliente che, nell'entrare nel suo negozio, non esprimesse le sue emozioni. Queste a volte uscivano fuori tramite la voce e la sua intonazione, altre invece tramite lo sguardo. Impercettibili o chiare, esse risultavano sempre visibili a Seokjin che, in tal modo, riusciva ogni volta a soddisfare i desideri della clientela. C'era chi entrava nel negozio con aria mesta e occhi lucidi, e allora Seokjin aveva l'educazione di non chiedere i motivi per cui volesse quei fiori. Altre volte, capitava qualcuno davvero contento. Ma, in realtà, i suoi clienti preferiti erano quelli che entravano un po'impacciati, con l'aria imbarazzata e titubante. Quando arrivavano quelle persone lì, a Seokjin veniva sempre voglia di sorridere: anche se non lo dimostrava mai, lui era un tipo davvero romantico, e si emozionava per i gesti più piccoli. In conclusione, si poteva dire soddisfatto del lavoro che faceva, perchè passava intere giornate a chiedersi su quale emozione avrebbe portato con sè il suo prossimo cliente.

Per questo motivo Seokjin, quando vide arrivare un cliente totalmente apatico, non potè non stupirsi. Per quanto cercasse la più impercettibile emozione da parte di quest'ultimo, non riusciva a trovare altro oltre ad una forte sensazione di... vuoto. Nulla che gli facesse capire perchè quello si trovasse lì, niente che gli facesse conoscere un pezzo della vita del suo cliente. Alzò un sopracciglio, perplesso. Questa sconfitta non gli andava giù, per quanto fosse un tipo decisamente paziente era anche estremamente curioso e il fatto di non capire nulla di una persona lo feriva nell'orgoglio. Suo malgrado, dopo aver atteso titubante per qualche secondo che il cliente iniziasse a parlare, chiese con gentile freddezza:
-Ha bisogno?-
Nonostante il cliente fosse di poco più giovane di lui - o almeno, così sembrava, secondo la stima di Seokjin - lui aveva imparato che l'educazione era sempre importante, e che era meglio partire sempre con il ben più cortese tono del lei, piuttosto che quello amichevole del tu. Che il cliente si sentisse a disagio per tutta questa sua formalità, personalmente non gli importava granchè.
Quando quella domanda giunse alle orecchie dell'interlocutore, quest'ultimo sembrò risvegliarsi dai suoi ignoti pensieri, e rispose.
-Ah... Ah, sì. Avete delle camelie?- Chiese. -Rosa.- precisò poi. Quel tono più marcato che aveva usato per precisare il colore delle camelie a Seokjin parve decisamente importante. Sapeva bene che cosa significassero quei fiori, e nello specifico anche quel colore. Erano simbolo di mancanza, una mancanza impossibile da cancellare. Quindi il fioraio reputò che non fosse proprio argomento su cui indagare, e lasciò perdere. La sua curiosità finiva lì, un attimo prima di invadere la privacy della gente. A lui bastava conoscere i sentimenti delle altre persone, non indagarne a fondo fatti personali.
-Certo, ne vuole una o un mazzo?- rispose quindi. Aveva avuto la conferma che, ancora una volta, le sue abilità di psicologo erano valide quanto bastava per permettergli di essere sicuro delle sue capacità, e tanto gli bastava.
-Va bene un mazzo, grazie.-
Senza aggiungere una parola, si diresse verso il luogo dove si trovavano le camelie, e dopo aver scelto quelle che avevano l'aspetto migliore, si dette da fare per creare un bouquet. Quando lo finì, sorrise soddisfatto ammirando il piccolo capolavoro che gli stava tra le mani. Senza falsa modestia, doveva ammettere che gli era venuto proprio bene. Dopo aver pagato, il cliente se ne andò da dove era venuto, con la medesima espressione apatica. Seokjin alzò le spalle e, decidendo di non curarsene più, ritornò al suo lavoro.

Quando uscì dal negozio era già buio. Questo gli mise addosso un po'di malinconia. Odiava il buio, la sensazione che gli provocava il non sapere che cosa si nascondesse dietro ogni angolo del mondo che lo circondava lo lasciava in un perenne stato d'angoscia. Lui era già un adulto, eppure non riusciva a togliersi di dosso quella paura che, di solito, i bambini si lasciavano alle spalle una volta finite le elementari. Faceva freddo quel giorno d'autunno, le foglie secche ricoprivano le grigie strade, e tutto trasmetteva una certa malinconia. Come se l'inverno avesse deciso di portarsi via tutt'a un tratto i bei colori vivaci tipici dell'autunno. Seokjin scacciò dalla mente questi pensieri, quando improvvisamente si accorse di una cosa: aveva ripreso a pensare allo strano cliente di quella mattina. Nonostante avesse deciso di non pensarci più, non riusciva ad evitare di ammettere il fatto che l'avesse terribilmente incuriosito. In realtà non sapeva bene nemmeno lui cosa l'avesse davvero attirato di quella persona, ma c'era qualcosa che lo spingeva a... volerlo conoscere più a fondo. Forse era quell'aria di mistero che si portava appresso, Seokjin non avrebbe saputo dirlo, ma si ritrovò a sperare di incontrarlo ancora, anche se sapeva benissimo che tutto ciò fosse altamente improbabile.

Namjoon amava la notte. Si avvicinò alle grandi finestre del suo alloggio. Nel completo buio di quella casa, poteva osservare ogni piccolo dettaglio di ciò che succedeva nella frenetica Seul, città che non era in grado di dormire nemmeno quando il mondo le imponeva di farlo. Guardò con occhi vuoti le luci della città, e ascoltò il viavai delle auto per la strada. Tutto quello gli dava una sensazione di calma perenne, come se il tempo non andasse né avanti, né indietro, e lo consolava. Perchè il suo tempo aveva smesso di scorrere da più di un anno, ormai. E provare, almeno una volta al giorno, la gradevole sensazione di non essere lasciato indietro da tutto ciò che lo circondava, lo tranquillizzava. Per questo amava la notte. Era l'unico momento in cui lui era capace di vivere con serenità, come un giovane della sua età avrebbe dovuto effettivamente fare.
Si diresse verso la credenza accanto a lui, e con occhi vuoti passò lo sguardo sulle foto incorniciate che erano state appoggiate sopra. Non aveva mai avuto il coraggio di toglierle. Ogni volta che si perdeva ad osservarle, non poteva fare a meno di pensare ad una frase di una poesia che a lei piaceva tanto.

E ora che non ci sei, è il vuoto ad ogni gradino.

Così recitava quella poesia così malinconica, e Namjoon poteva tranquillamente dire che, effettivamente, gli calzava a pennello. Per lui, da quando lei se n'era andata, era tutto incredibilmente vuoto. Non capiva più quale fosse il motivo che lo tenesse in vita. Vuoto era il mondo, pieno di gente buona soltanto a pensare ai suoi interessi, vuote erano le giornate così prive di senso, vuota era la vita, vuoto era Namjoon stesso, privato dei suoi sentimenti che lei, scomparendo, aveva portato con sé.
Sospirò, decidendo di mettere fine a quei pensieri da mal di testa. Dormire era ciò che gli serviva di più in quel momento.

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nda: concedetemi solo di dire che fare il fioraio sia un lavoro strano per un uomo, please ahahah non so se lo sia effettivamente ma per me lo è, quindi... quindi niente ahah
   
 
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