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Autore: Doomsday_    10/06/2016    4 recensioni
- Future!fic -
Dopo cinque lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene nuovamente spezzata. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco quel che per loro conta più della vita stessa.
Dal testo:
"Il corvo la fissava silenzioso, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.
"
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quinto Capitolo






 
«Si tratta di contrazioni isolate. La bambina sta bene» la ginecologa indicò lo schermo dell'ecografo dove i segni vitali del feto erano registrati, mentre con la sonda continuava a premere sul ventre di Malia.
«Ma le è uscito del sangue», obiettò subito Stiles, del tutto incredulo che davvero sia Malia che la bambina stessero bene, «Un sacco di sangue», specificò.
«Può succedere sotto un affaticamento eccessivo. Le contrazioni e il sangue sono segnali che da il corpo per far capire che è al limite. Nel suo caso», disse la dottoressa, rivolgendo un sorriso rassicurante a Malia, «è piuttosto facile che ciò avvenga».
I suoi occhi erano concentrati, ma il sorriso e l'espressione tranquilla ispiravano fiducia sufficiente da far tirare un sospiro di sollievo persino a Stiles.
La dottoressa Redwell era una donna alta e imponente, dai lunghi capelli corvini e lo sguardo deciso. Aveva seguito anche la gravidanza di Jamie ed era lei che lo aveva fatto nascere, così come avrebbe fatto anche con Claudia. Di lei si potevano fidare.
La dottoressa porse a Malia un pezzo di carta per ripulirsi il ventre dal gel e spense l'ecografo.
«Non è un problema, ma potrebbe velocemente diventarlo. Ha quasi concluso il secondo trimestre, la bambina inizia a pesare e con un altro figlio a cui dover badare capisco che sia difficile restare tranquilli, ma dovrà stare seriamente a riposo se non vorrà essere ricoverata».
«Starà a riposo», promise subito Stiles, il quale era rimasto lì impalato come un soldato per tutta la durata dell'ecografia, attento ad ogni singola parola pronunciata dalla dottoressa.
«Prevenire è sempre un bene, ma non dovete preoccuparvi eccessivamente: è uno dei casi di placenta previa più tranquilli che abbia mai seguito».
Fissò i suoi occhi azzurri come il ghiaccio prima su Malia, per poi spostarli su Stiles. Possedeva quella strana dote di comunicare una notizia seria risultando comunque rassicurante.
«Okay, qui abbiamo finito», decretò, «Ah, un'ultima cosa», disse tirando fuori una siringa.
Malia alzò gli occhi al cielo.
«Mi dispiace, signora Stilinski. Lo so che non le piace, ma prometto che farò in fretta».
Stiles guardò dubbioso il liquido bianco all'interno della siringa e chiese: «Cos'è?».
«Ormoni».
Quando la dottoressa ripose la siringa, Stiles abbandonò finalmente la sua posizione rigida e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
Lanciò una lunga occhiata a Malia «Mi dispiace per aver alzato la voce, prima», disse accostandosi.
La ginecologa si allontanò per lasciare loro un po' di intimità. Finse di sistemare alcune scartoffie sulla scrivania, mentre Stiles aiutava Malia a mettersi in piedi, guardandola con due grandi occhi dispiaciuti e una preoccupazione palpabile in ogni suo gesto, persino nella postura che aveva assunto.
D'un tratto la porta della stanza si aprì e Scott vi entrò di gran carriera. Aveva quell'espressione corrucciata ma sicura che Stiles e Malia riconobbero come "faccia-da-Alpha-preoccupato".
In un paio di falcate affiancò il suo migliore amico e lanciò un'occhiata indagatrice a Malia come se dovesse necessariamente constatare con i propri occhi il suo effettivo benessere.
Malia lo rassicurò con un sorriso incerto, dato che alle spalle di Scott la ginecologa guardava la scena allibita.
«Va tutto bene, amico» gli assicurò Stiles, poggiandogli una mano sulla spalla. Lui lo ignorò e finalmente si rivolse alla dottoressa, la quale non nascose affatto come l'intrusione di un altro strutturato, che non aveva nulla a che fare con la sua specializzazione, la indignasse.
«Voglio vedere la sua cartella», disse Scott, senza mezzi termini, porgendo la mano in chiaro segno di attesa.
«È un famigliare?» chiese lei, a labbra strette.
«No, sono il suo medico».
La dottoressa Redwell chiuse la cartella con la stessa forza che avrebbe utilizzato per sbattergli la porta in faccia.
«Dottor McCall, non mi sembra che lei sia uno strutturato di ginecologia, né un chirurgo neonatale, o sbaglio? Inoltre appare personalmente coinvolto con la signora Stilinski, perciò no, non la renderò partecipe dei miei metodi d'approccio alla cura della mia paziente. Ora è pregato di andarsene se non vuole che il Primario venga informato del suo comportamento».
Dall'espressione di Scott sembrò che avesse appena ricevuto uno schiaffo in piena faccia. Stiles diede una pacca comprensiva alla spalla dell'amico e rivolse un'occhiata imbarazzata alla dottoressa, prima di trascinare via sia lui che Malia e togliere velocemente il disturbo.


 
***


Stiles la aiutò a sdraiarsi e le rimboccò con cura le coperte.
«Stai comoda? Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare?».
Malia roteò gli occhi, togliendo qualcuno dei cuscini che Stiles le aveva sistemato tutt'attorno.
«Non sono neppure stanca, Stiles. Non capisco perché debba starmene a letto senza far nulla» protestò, senza riuscire a smuoverlo dalla sua decisione di farla stare a riposo.
«La dottoressa ha detto che non ti saresti dovuta alzare per almeno un paio di giorni, Mal... solo per questa sera. Okay?» le fece promettere e lei non poté far altro che assentire.
Le baciò la fronte e si tirò su; stava per lasciare la stanza, ma Malia, con tono titubante disse: «Siamo dei bravi genitori». Voleva essere un'affermazione, ma la frase di Malia suonò più come una domanda preoccupata.
Ricordava quando all'inizio di bambini Malia non ne voleva proprio sentir parlare. Godiamoci il matrimonio, gli ripeteva. Poi era rimasta incinta di Jamie e a Stiles era servita tutta la persuasione di cui era capace per convincerla che erano pronti, che stavano insieme e insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi cosa. Che non importava chi fossero i suoi genitori, lei sarebbe stata migliore. E ne era sicuro perché Malia sapeva amare con tutta se stessa, in un modo così totale da fare paura. E Stiles lo sapeva bene, perché nessuno era mai stato capace di amarlo come era in grado di fare lei. In un modo semplice, disinteressato, come se non ne potesse farne a meno perché ciò che provava era parte di lei.
«Ottimi genitori!» concordò immediatamente Stiles.
Vide il dubbio annebbiarle lo sguardo e sentì il senso di colpa soffocarlo. Quel giorno avevano sbagliato entrambi.
«Dimmi che non andrai più nella foresta da sola».
Malia alzò le mani in segno di resa e disse: «Sei ufficialmente autorizzato a incatenarmi a questo letto come facevi nel seminterrato della Casa al Lago».
Stiles rise «Sembra eccitante».
E pensò che sì, dopo tutto, non sarebbe neppure stata una così cattiva idea farlo davvero per assicurarsi di farle rispettare la promessa. In fondo, Malia non brillava certo per la sua capacità a starsene tranquilla.


Quando tornò in salotto, trovò Scott e Lydia nella stessa posizione in cui li aveva lasciati: lui seduto sul divano e lei in piedi, con Jamie tra le braccia nel tentativo di cullarlo. Il piccolo piangeva ininterrottamente e Lydia sembrava aver rinunciato quasi del tutto all'impresa di calmarlo.
Non appena Jamie vide Stiles scendere le scale, si sbracciò per tornare tra le sue braccia, aumentando – se possibile – l'intensità delle urla.
Stiles si affrettò ad accontentarlo, spaventato all'idea che Malia si potesse allarmare nel sentire il suo pianto.
Appena Jamie si fu accoccolato contro il suo petto, Stiles si preparò ad affrontare i due amici.
«Avreste dovuto dircelo» lo accusò, difatti, Lydia, senza perder tempo. «Avremmo potuto… ».
Ma Stiles la bloccò sul nascere: «No, invece. Non avreste potuto fare assolutamente nulla. È successo e basta. Non è qualcosa che il suo corpo è in grado di guarire e nulla avrebbe potuto evitarlo», sbottò chiarendo fin da subito che non aveva nessuna intenzione di discuterne con loro.
Lydia si ammutolì all'istante e solo allora Stiles si rese conto di quale tono aggressivo avesse usato contro di lei. Le rivolse un'occhiata dispiaciuta, prima di fare un sospiro e proseguire con più calma.
«Non è questo l'importante per il momento, okay?», si voltò a fissare gli occhi in quelli di Scott e proseguì: «Siamo stati aggrediti. Dobbiamo risolvere questa faccenda. E in fretta anche» nonostante cercasse di mantenere un tono di voce calmo, una nota d'isteria tradì il suo intento e le mani gli tremavano appena nell'accarezzare la schiena di Jamie.
«Ma non ha senso. Perché prendere di mira un bambino?», chiese Lydia con occhi tormentati.
«Credimi, se avesse voluto Jamie l'avrebbe preso. Sembrava più che altro intenzionato ad attirare la nostra attenzione. Come se volesse uscire allo scoperto. Voleva essere visto da noi», rispose Stiles, assottigliando lo sguardo. «Sa come nascondersi e cancellare ogni sua traccia. Il messaggio penso sia chiaro: è lui a condurre il gioco».
«Per ora» aggiunse Scott, masticando le parole.
Il volto di Stiles si rabbuiò nel ricordare l'accaduto. Strinse le labbra, i suoi occhi si fecero distanti.
«Dovevi vederla, nel bosco: Malia si è lanciata all'attacco senza neppure riflettere. È un problema, Scott. Sembra non rendersi conto che adesso ha dei limiti».
«Cosa vorresti dire con questo? Credi che stia perdendo parte dei suoi poteri? Con Jamie non è successo» chiese Lydia.
«Pensi che questa volta sia diverso?» si accodò Scott.
Al tempo, avevano preso in considerazione qualsiasi possibilità, persino che – sottraendo completamente i poteri alla Lupa del Deserto – Malia non avesse subito la stessa sorte toccata a sua madre. Ma la verità era semplice e, in fondo, anche se nessuno l'aveva ancora detto, tutti loro l'avevano già capito: Jamie era umano. Niente poteri, artigli o occhi luminosi. Malia ne era felice, Stiles un po' meno.
Stiles non rispose, eppure il suo sguardo era inequivocabile.
Che alcune mancanze di Malia non fossero solamente la distrazione della gravidanza, Stiles ne era sempre più sicuro.
Quando Jamie riprese a piagnucolare, Stiles si diresse in cucina e mise a scaldare un biberon di latte. Ne approfittò per preparare anche una tazza di caffè per sé e i due ospiti.
Lydia sembrava propensa a dargli una mano, ma Stiles non glielo permise. Era evidente quanto volesse dimostrare che aveva ancora tutto sotto controllo.
Lasciò Jamie nel box a bere il latte, poi raggiunse i due amici già seduti al tavolo della cucina.
Quando prese posto, chiuse gli occhi e tirò un lungo sospiro, ricercando quella calma che sembrava minacciare di abbandonarlo all'improvviso.
Si grattò distrattamente la barba, con sguardo vacuo. Cercò le sigarette nella tasca della giacca, senza trovarle; Malia le aveva buttate tutte e lui non le aveva più ricomprate. Scott e Lydia discutevano animatamente su da dove iniziare a cercare indizi, ma Stiles sembrava non ascoltarli affatto.
Non riusciva a fare a meno di ripensare al bosco e al cadavere di quel ragazzo, a tutto il sangue e a quel mostro che stava per toccare suo figlio. Ma ogni cosa alla fine lo riconduceva sempre là, ogni particolare di quel momento lo trascinava a Malia, a terra, con il volto esangue. E lui impotente, accanto a lei, senza poter far altro che aspettare i rinforzi che, per fortuna, aveva già chiamato.
«Non so come potrà reagire alla perdita parziale dei suoi poteri, adesso che siamo minacciati da un Darach», parlò piano, ma fu sufficiente perché i due amici tacessero all'istante.
Stiles si stava torturando le dita delle mani abbandonate sul tavolo, accanto alla tazza di caffè fumante e ancora intatta.
«Oggi, quando il Darach stava per prendere Jamie, c'è stato un attimo in cui ho creduto che Malia lo avrebbe ucciso senza pensarci troppo. Quell'espressione… non ne ho mai vista una simile sul volto di Malia. Ma poi il Darach ha reagito e l'ha colpita. L'aveva sovrastata e le stava per fare ancora del male e ho capito che quello pronto a uccidere ero io. E ci ho provato, avrei continuato a sparargli se solo fosse servito a qualcosa o se non fosse fuggito via».
Stiles adesso guardava Scott come se – con quelle parole – lo stesse profondamente deludendo, ma negli occhi dell'amico si poteva leggere solo tutta la comprensione del mondo.
«Non credo di essere pronto a questo. A doverla proteggere. È lei quella che combatte, non io».
«Non sarebbe la prima volta che lo faresti. Proteggerla, intendo» gli fece notare Lydia.
«Già e come è finita in quei casi? Malia che si espone più del necessario finendo quasi per farsi ammazzare, perché puntualmente io rimango ferito e lei perde la testa. Non ho superpoteri, artigli o forza bruta. Ho solo una pistola e sembra che in questo caso persino questa sia inutile» provò a mascherare l'amarezza di quelle parole sotto un tono di finto sarcasmo.
Ma non si trattava più del solito Stiles che cercava di prendere i momenti difficili in modo leggero. Era più uno Stiles con i nervi a pezzi.
Scott gli poggiò una mano sulla spalla «Okay, ora calmati però».
Prima che Stiles potesse ribattere, anche Lydia gli venne incontro.
«Hai detto che indossava una maschera, giusto?» chiese, prendendo carta e penna, «Sapresti descrivere come era fatta?».
Stiles annuì, sporgendosi verso l'amica per poter guardare meglio il foglio e seguire i tratti che Lydia già stava disegnando.
«Era una maschera in legno. Levigata, in modo da riprodurre i lineamenti di un viso femminile, con l'unica anomalia delle labbra poste solo in un lato della faccia».
Lydia seguì la descrizione attentamente, riproducendola quasi alla perfezione.
«Potremmo iniziare le ricerche da qui. È un punto di partenza» disse la Banshee, rivolgendo un sorriso incoraggiante a Stiles.
Poi gli pose una mano sulla sua e la strinse «Andrà tutto bene. Supereremo anche questa».
«Domani inizieremo con i libri che abbiamo a disposizione, vedrai che scopriremo di che si tratta e fermeremo il Darach in tempo».
L'ottimismo di Lydia non rese affatto Stiles più tranquillo. La guardò, senza ammettere che quelle parole gli sembravano più una condanna a morte certa e si limitò ad annuire per accontentarla.
Poi, grattandosi distrattamente la testa, ammise: «Sì, bhe, credo proprio che io inizierò questa sera. In ogni caso non credo che riuscirei a pensare ad altro».
Scott aggrottò la fronte e disse: «Facciamo così: ordino una pizza e iniziamo a consultare i libri di storia celtica che hai qui a casa. Che ne dici?»
Stiles gli sorrise e per un attimo sembrò tentato di dirgli di sì. Loro due come ai vecchi tempi: montagne di libri da consultare, discorsi insensati e una pizza enorme al salame piccante, pronti ad affrontare la prossima minaccia soprannaturale come se tutti quegli anni di pace non fossero mai trascorsi.
«Torna a casa da Kira, Scott. I bambini vorranno stare con te», disse, invece. Ammiccò a Jamie, crollato da un pezzo all'interno del box «Noi due ce la caveremo anche da soli».


 
***


Una volta usciti da casa Stilinski, Scott fece per salutare Lydia, ma la donna lo fermò.
«So che è tardi, ma… ho davvero bisogno del tuo aiuto»,
«Che succede?»,
«Si tratta di Jordan» rispose Lydia con voce grave, «mi ha chiesto di non dirti nulla, ma non posso semplicemente ignorarlo. È sconvolto, Scott. Sono giorni che non si presenta a lavoro. Si è rinchiuso dentro il suo studio ed esce solamente per controllare Allie. Con me non vuole parlare, ma non può continuare così…».
Scott poggiò entrambe le mani sulle spalle della donna. «Okay, Lydia, non ti agitare. Ci penso io, va bene?».
La donna annuì. Sembrava esausta, il suo viso era sempre pallido ultimamente, segnato da occhiaie gonfie.
Con un messaggio avvisò Kira che avrebbe ritardato ulteriormente e, insieme a Lydia, si diressero a casa di lei.
Quando Scott bussò alla porta dello studio di Jordan, non ricevette risposta, eppure entrò ugualmente, con circospezione, senza attendere il suo invito.
Lo trovò seduto alla scrivania, il capo abbandonato sullo schienale della poltrona. Dormiva e sembrava sfinito persino nel sonno.
Scott tentennò prima di decidere di voltarsi e lasciare che continuasse il suo riposo, quando Parrish si destò.
«Cosa ci fai qui?»,
«Lydia» si limitò a dire Scott, sapendo che come spiegazione sarebbe stata più che sufficiente.
L'espressione di Jordan si fece quasi insofferente, si massaggiò la base del naso e gli rivolse un'occhiata gelida come se Scott fosse un estraneo e non l'amico con cui trascorreva il Natale e le vacanze estive.
Scott si sedette su una delle poltrone, sembrava cercare le parole giuste, ma poi disse semplicemente: «Vuoi parlarne?».
A quella domanda gli occhi di Jordan si arrossarono.
Scott era sempre stato l'adulto del branco, sin da adolescente. Era un Alpha, un leader e aveva sempre dovuto dimostrare di poter essere all'altezza di ogni situazione. Era stato un uomo nel corpo di un ragazzo per lungo tempo e, adesso che era divenuto un uomo, Jordan ebbe l'impressione di avere dinanzi a sé un anziano patriarca a cui poter affidare i problemi più insormontabili.
Nonostante Jordan fosse più grande di lui, non aveva mai sentito la differenza di età quando si trovava in compagnia di Scott. Erano alla pari.
Ora però, i ruoli sembravano essersi capovolti: lui assomigliava ad un'adolescente spaventato sotto lo sguardo preoccupato di Scott e non riusciva a superare quanto questo lo imbarazzasse.
«Non proprio», mormorò.
«È scomparso un altro ragazzo. Thomas Murray. Stiles si sta facendo carico anche del tuo lavoro, ma i federali iniziano a stargli addosso. Vorrebbero parlare con lo Sceriffo, non con il suo Vice».
Jordan rimase in silenzio, lo sguardo basso carico di senso di colpa.
«È piuttosto frustrante, in effetti, non riuscire a trovare neppure una traccia da poter seguire. Come se questo Darach non avesse odore. Ha attaccato Malia e Stiles oggi, eppure Malia non ha sentito nulla. Sai, capisco fin troppo bene il bisogno di chiudersi dentro una stanza e lasciare fuori il resto del mondo, ma non credo che si rivelerebbe una tattica vincente, a lungo andare».
Gli occhi di Jordan si fecero lucidi e sembrò provare a resistere alla tentazione di piangere. Un uomo non piange, soprattutto non davanti a un altro uomo.
«Era morta, Scott. Allie… la mia bambina. Morta tra le mie braccia. Ogni volta che chiudo gli occhi sento ancora il suo corpicino freddo e inerte rannicchiato contro il mio petto».
Un singhiozzo strozzato gli fece morire in gola la frase. Deglutì, respirando a fondo, prima di poter continuare, ma fu Scott a venirgli incontro: «E il giorno seguente in ufficio ti attende un caso di omicidio».
Annuì distrattamente, comprendendo quanto fosse stato facile per Jordan crollare in quel modo.
«Ho visto tante cose terribili, tante morti. Ma questo… non sarò mai abbastanza pronto per questo»,
«E non dovrai esserlo» gli promise l'amico


 
***


Jordan entrò nella camera da letto sua e di Lydia con occhi bassi. In piedi sul lettone, Allie saltellava e si rotolava, mentre guardava alla TV il dvd della Sirenetta.
«Allie, mettiti giù, potresti cadere» la ammonì Jordan, ma la bambina non sembrava volergli dare retta.
«Dov'è mamma?» chiese allora e Allie, intenta a cantare le canzoni del cartone, si limitò a indicare la porta del bagno.
Lydia stava davanti allo specchio del lavandino; era appena uscita dalla doccia e aveva solo il telo da bagno a coprirle il corpo.
«È stato un colpo basso quello di coinvolgere Scott», disse Jordan, restando sulla porta del bagno.
Lydia non si girò nel sentire la sua voce, bensì gli rispose guardandolo dal riflesso dello specchio.
«Però ha funzionato, no?», disse. Non sembrava preoccuparsi poi molto della promessa infranta.
Jordan corrugò la fronte a quella risposta.
«Sei qui. Vuoi parlare» inclinò di poco la testa e lo guardò con la coda dell'occhio e aggiunse «Finalmente».
Jordan entrò nel bagno, fermandosi a pochi passi dalle sue spalle.
Alzò le mani per poggiarle sulle sue spalle nude. Avrebbe voluto accarezzarla, toccarla, ma non lo fece. In quegli ultimi giorni, ciò che gli mancava di più era il contatto con sua moglie.
«Ho perso letteralmente il controllo, Lyds. Mi dispiace. È stato troppo da sopportare. E non potevo farti questo. Avrei dovuto dirti fin da subito cosa ho visto, ma non tolleravo l'idea di ferirti a tal punto»
Gli occhi di Lydia si fecero umidi, ma si forzò di mantenere un'espressione controllata.
Jordan le si accostò e il suo petto aderì alla schiena nuda e ancora bagnata di lei. Le cinse la vita con le braccia e poggiò il mento sulla sua testa.
«I morti che vedo nei miei sogni sono causa mia», mormorò con voce rotta «è così che mi sento mentre li trasporto tra le braccia, avvolto dalle fiamme. E quella notte stringevo Allie, così…»
«Non succederà» lo interruppe bruscamente Lydia. In fondo alla sua voce fu ben udibile una chiara nota di disperazione.
La foga con cui lo disse era allarmante. Si districò dall'abbraccio impacciato di Jordan, per voltarsi e guardarlo negli occhi.
«Non succederà» ripeté, con il respiro affannato di chi non aveva più aria nei polmoni.
Tremava appena, Jordan se ne accorse solo perché oramai la conosceva e sapeva cogliere ogni suo più piccolo particolare.
Si chinò per poggiare la fronte contro quella di Lydia. Chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo.
Solo lei riusciva a dargli quel senso di chiarezza necessario. Ad ancorarlo alla ragione anche quando tutto sembrava non avere più alcun senso.
Ma quell'attimo di distrazione gli costò caro.
Jordan cadde in ginocchio, gli occhi persi mutarono in quelli del Mastino Infernale. Persino i tratti del viso si guastarono e dalle labbra apparvero denti affilati.
«Jordan?» fece Lydia, chinandosi su di lui. Lasciò carezze leggere sul suo volto, ma lui non la sentiva. Non era più con lei, in quel momento.
Il cigolio della porta catturò l'attenzione di Lydia e vide Allie, lì impalata a fissare la scena.
Aveva già visto prima gli occhi di suo padre cambiare improvvisamente colore, ma mai si era ritrovata faccia a faccia con il Mastino Infernale.
Il piccolo viso sembrava terrorizzato, gli occhi chiari spalancati, enormi.
«Papà?» chiese con vocetta acuta, come se faticasse a riconoscerlo in quello stato che, a tutti gli effetti, era più simile a un mostro.
Accennò un passo, senza riuscire a togliere gli occhi da suo padre.
«Aspetta, Allie!» la ammonì Lydia, ponendo il braccio avanti, come se così facendo potesse proteggerla anche da quella distanza. Ma la bambina ignorò l'avvertimento e si piantò davanti a Jordan.
Lo scrutò velocemente, con quei suoi occhi intelligenti, di un verde chiaro proprio come erano quelli di suo padre, poi con quella sicurezza tipica dei bambini, pose le mani sulle sue guance e si sporse per baciargli il viso, incurante di zanne e occhi spaventosi.
Un gesto così dolce che fece commuovere Lydia, tanto che le lacrime che aveva trattenuto a stento in quei giorni le solcarono il viso, copiose.
Ancora in trance, Jordan mosse le labbra, sussurrando parole che Lydia non riuscì a cogliere, finché Allie non lasciò andare il suo volto e allora quei sussurri divennero parole comprensibili.
«Un corvo rosso» annaspò Jordan, come se gli facesse fatica anche solo parlare.
«Cosa?» chiese Lydia, tremando nel ricordare tutti i sogni che stava facendo in quelle notti. Prese in braccio Allie, percependo l'improvviso impulso viscerale di tenerla al sicuro da una minaccia che sembrava sempre più evanescente.
«Un corvo rosso ci sta fissando».




Angolo Autrice: Prima di tutto vorrei ringraziare tutti quanti voi per aver letto e recensito, per seguire questa storia con così tanta passione! Davvero, siete meravigliosi! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Secondo voi come reagirà Stiles a questa nuova minaccia?



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Placenta previa: è una situazione in cui la placenta si inserisce nella parte bassa dell’utero, andando a coprire in parte o interamente l’orifizio uterino. Provoca sanguinamenti vaginali abbondanti e spesso anche immotivati. Aumenta la probabilità di un distacco della placenta.

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Il prossimo aggiornamento avverrà il 24 Giugno




   
 
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