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Autore: endif    14/04/2009    9 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto. Ringrazio moltissimo Nais che mi ha dato preziosi consigli per riscrivere le frasi in portoghese corretto.

CAP.9
SPERANZA

JASPER

Non c’era nulla che potesse far cedere quel folletto di Alice come del sano shopping. Non era difficile capire che avevo tentato in tutti i modi di nasconderle qualcosa, avevo cambiato decisione con enorme rapidità, di modo che lei non avesse una visione chiara delle mie scelte e non potesse prevedere l’immediato futuro che mi riguardava. Sorrisi leggermente. Alice odiava non avere tutto sotto controllo, ma a volte questa cosa era necessaria per il suo stesso bene.
La mancanza di Edward la faceva stare male. Girava per casa sempre di umore tetro, non parlava quasi mai, non sorrideva più spontaneamente. Oh, quando sentiva il mio sguardo su di lei si sforzava di apparire allegra, ma il suo stato d’animo mi era chiaro come un libro spalancato. Odiavo usare il mio potere su di lei e non sopportavo più di vederla così. Rispettavo il desiderio di Edward di restare da solo, e non sarebbe servito a nulla cercare di convincerlo a tornare. Avevo percepito la sua determinazione. Ma io dovevo fare qualcosa per Alice. Al pari della mancanza di nostro fratello, Alice soffriva anche per la lontananza da Bella. Era angustiata e combattuta per la promessa che avevamo fatto ad Edward, ma desiderava vederla e sapere come stava. Ma la lealtà di Alice era encomiabile, non avrebbe mai fatto nulla che rischiasse di farlo stare ancora più male, ed, inoltre, ne aveva anche un po’ paura.
Sorrisi tra me. Edward non avrebbe mai fatto del male alla sua diletta, io lo sapevo bene, ma le sue sfuriate erano piuttosto … teatrali.
Mi riscossi sbattendo le palpebre quando la mia amata mi guardò con uno sguardo interrogativo, in trepida attesa. Mi aveva chiesto qualcosa e sentii che si stava spazientendo.
Era quasi un’ora fa che quella boutique ci aveva spalancato le porte, e cominciavo a perdere colpi.
«Ho detto, ROSSO CARDINALE O ROSSO CILIEGIA?» Scandì le parole una ad una come ad un ritardato mostrandomi due foulard praticamente identici.
Li presi in mano avvicinandomeli al volto e strabuzzando gli occhi assorto. Sì erano proprio identici.
«Oh Rosso cardinale, tesoro, senza dubbio.» Con grazia Alice lasciò andare il foulard che avevo indicato e prese l’altro porgendolo alla commessa che la guardava inebetita.
«Allora prendo questo, lui non ha il minimo senso estetico.» Disse Alice ed io sorrisi al mio piccolo folletto dispettoso.
«Che ne dici, se ci incontriamo tra un paio d’ore alla Mercedes?» Si rivolse a me esasperata. La cosa che Alice odiava sopra tutte le altre era un compagno di shopping negligente, che non avesse quelle che lei considerava essere qualità indispensabili: occhio, gusto e resistenza. Ero irrimediabilmente carente nelle prime due, quindi, perlopiù inutile. Poi, mi colpì un’idea. Era perfetto!
Mi affrettai ad uscire dal negozio con passo non proprio umano, mormorando un «Ok, a dopo».
Decisi, prima che Alice mi smascherasse miseramente, di dirigermi verso un negozio di motociclette che avevo notato di fianco alla boutique più di un’ora prima. Dovevo agire in fretta per raggiungere Forks, prima che Alice mi intercettasse. Mi fiondai alla Mercedes. Che avesse una visione in seguito, quando ero già di strada, mi andava più che bene. Avrebbe finalmente visto Bella attraverso i miei occhi, si sarebbe messa un po’ l’anima in pace, e, nello stesso tempo non avrebbe infranto la promessa fatta ad Edward. L’ira di nostro fratello si sarebbe scatenata solo su di me, e questo l’avevo messo in conto. Ero preparato ad affrontarlo, anche se l’idea di contrastarmi con lui mi turbava. Edward era sempre molto riservato riguardo la nostra intimità perché suo malgrado era testimone involontario di ogni evento che sfiorasse le nostre menti. Ed io stavo per violare la promessa che gli avevo fatto immischiandomi negli affari suoi.
“Mi dispiace Edward, ma è per Alice, e lei E’ AFFAR MIO” pensai, tuttavia, più determinato che mai accelerando al massimo.

ALICE

Lo guardai allontanarsi scuotendo il capo.
Era davvero un caso disperato. Meglio continuare da sola.
Mi diressi alla cassa, porgendo alla commessa una carta di credito ultra platinata in maniera distratta. Pensavo agli altri quattro o cinque negozi da svaligiare che avevo adocchiato e al tempo che mi rimaneva prima di rincontrarmi con Jasper. Forse avrebbe atteso un pochino … Non mi piaceva restare sola, ma trascinarmelo dietro per altre due ore non mi allettava affatto. E, poi, avevo visto lo sguardo che aveva lanciato a quelle moto nel negozio lì all’angolo. Afferrai le buste che la commessa mi porgeva e uscii a passo spedito dal negozio. Sorrisi sentendo l’odore di Jasper provenire dalla direzione che avevo intuito. A volte non era necessario essere una veggente per prevedere il futuro …
Mi fermai un attimo sul marciapiede, indecisa verso quale negozio dirigermi per primo.
Una fitta mi trafisse la testa e mi bloccai, lasciando cadere tutti i pacchetti che reggevo tra le mani.
Stavo per avere una visione. La vista si offuscò improvvisamente. Provavo sempre una sensazione di dolore quando le visioni mi arrivavano inaspettate e non ero io a concentrarmi per evocarle.
Jasper in macchina
Il cartello di Forks
La stanza di Bella vuota
Ma neanche un secondo dopo la visione stava già cambiando.
Jasper al cellulare che parlava con voce concitata e sterzava bruscamente per cambiare direzione.
Poi, ancora altre immagini
Me stessa, ferma sul quello stesso marciapiedi, vista da lontano, dagli occhi di qualcuno che mi avrebbe scorta tra pochi attimi, vista dagli occhi di Bella!!!
Poi, voci concitate, le urla di Bella, mani che l’afferravano, la tenevano ferma mentre si dibatteva.
La visione cominciò a sfocarsi, come se ci fosse un’interferenza.
Una siringa, lacrime, tanto dolore …
E poi, il buio.
Afferrai il cellulare con mano tremante e composi il numero di Jasper. Alzai lo sguardo verso il palazzo che dall’angolazione della visione doveva essere quello in cui Bella si trovava. Lessi con angoscia sul cancello l’insegna piccola e discreta “Centro di salute mentale”.
«Già finito?» rispose lui sorpreso.
«E’ inutile Jasper. Torna indietro, tra qualche momento Bella mi vedrà dalla finestra del palazzo di fronte. L’hanno portata in manicomio.» Dissi io senza la minima inflessione nella voce.
Attaccai e composi un altro numero.

EDWARD
Fissavo il soffitto da ore senza vederlo.
Ero disteso a terra con le braccia sotto la testa con gesto meccanico e riflettevo assorto. Da tempo avevo imparato a controllare le mie emozioni e non sarebbe servito a nulla agitarmi.
Dovevo solo aspettare. Qualcosa sarebbe successo, un cenno, uno sprazzo, un mormorio.
Niente. Ormai, niente da giorni. Dopo l’ultima potente visione non avevo avuto più alcun segno di Bella e cominciavo a domandarmi seriamente se davvero nella mia mente fosse tutto a posto. Desideravo fortemente una nuova “allucinazione”, il nutrimento del mio spirito, ed, inoltre ero in uno stato di ansia parossistica.
Il mio ultimo contatto con l’altra dimensione mi aveva lasciato un’orribile sensazione di disagio, anche se la sensazione di pericolo non l’avvertivo più. Purtoppo non avvertivo più niente e questo mi preoccupava.
Bella, Bella, Bella come stai in questo momento? Pensai angosciato.
Ero profondamente combattuto. In me si lottava da sempre una battaglia interiore tra la parte razionale e quella istintiva, due contendenti di ugual valore e tenacia. Ma dentro bruciavo dal desiderio di prendere il primo aereo e ritornare a Forks.
Solo per vedere se sta bene. Poi, scomparirai per sempre, davvero Edward. Mi ripeteva la mia mente con la voce che usavo quando volevo affascinare e circuire gli umani.
Mi ero ritrovato già per le scale almeno una mezza dozzina di volte, ma poi, ritornavo nuovamente al mio covo maleodorante a testa bassa. Non potevo vanificare tutti gli sforzi che avevo fatto in questi mesi, tutti i sacrifici che avevo fatto affrontare a Bella, solo per soddisfare ancora un mio egoismo.
Chiusi gli occhi. Forse avrei potuto chiedere ad Alice, solo per questa volta, solo una rapida sbirciatina, ne sarebbe stata contenta …
Sentii dei passetti esitanti salire l’ultima rampa che portava solo alla soffitta. Mi giunsero dei pensieri delicati e dolci in portoghese.
Tomara que ele não me mande embora como a outra vez. - Speriamo che non mi cacci via come l’altra volta.-
Sorrisi. Quella ragazza era testarda.
Aveva fatto capolino un pomeriggio di una settimana fa, timidamente, presentandosi.
«Olá, estrangeiro. Meu nome é Adélia, se tu quer comer alguma coisa a minha mãe prepara boa comida barata …» - « Ciao, forestiero. Mi chiamo Adélia se vuoi mangiare qualcosa mia madre prepara buon cibo a poco prezzo …» -
In Brasile era tutto in vendita, te lo proponevano ad ogni angolo di strada, fino alla porta della tua abitazione: cibo, sesso, droga, qualsiasi cosa pur di fare qualche spicciolo per lenire l’estrema povertà.
L’avevo guardata con fastidio e le avevo risposto sgarbatamente «Eu não preciso de nada.» -« Non mi serve niente.»
Era fuggita via, ma sapevo che prima o poi sarebbe tornata.
Ed eccola al contrattacco.
Mi faceva tenerezza quella ragazza dagli occhi neri acuti e fieri. Non voleva la carità. Si capiva che, da sotto quegli stracci, doveva essere molto carina, ma i miei occhi non riuscivano più ad abituarsi ad altro dopo che il mio sole mi aveva abbagliato.
Bussò alla porta e, senza attendere risposta, l’aprì. Io non mi ero mosso di un millimetro.
«Nada, Adélia.» Dissi sperando che desistesse. Ma poi, mi accorsi dai suoi pensieri che mi stava fissando con … desiderio? Non era solo questo, c’era anche calcolo. Sospirai triste. Quell’innocente voleva vendersi a me anche per pochi soldi, ma in fondo era anche attratta dal mio corpo. Avrebbe unito l’utile al dilettevole.
« Quer company?» - «Vuoi compagnia?» - aveva fatto un passetto nella mia direzione.
«Vai embora, pequena.» - « Vai via, piccola»- dissi a voce bassa. Aveva incontrato una persona dalle maniera gentili ora, ma domani? Domani avrebbe infoltito le strade di disperati che vendevano piacere a persone ancora più disperate di loro.
«Pouco dinheiro, estrangeiro, não se preocupe.» -«Pochi soldi, forestiero, non preoccuparti»- e si denudò rapidamente il seno pieno e sodo a pochi passi da me. La guardai. Mio malgrado, ne ammirai la linea delicata e le punte ancora più scure. Mi alzai lentamente dal pavimento e mi avvicinai, misi le mani in tasca e le diedi quei pochi soldi che avevo con me.
Lei mi guardò sorridendo, liberò le mie mani dalle banconote e mi guidò il palmo verso la sua nudità. Le bloccai i polsi, portandole le braccia lungo il corpo.
«Vá-se embora, eu disse.» -«Vai via, ho detto»- Il mio tono era diventato freddo.
All’improvviso sentii un dolore profondo nella piega del braccio. Me lo tenni con l’altra mano avvicinandolo al corpo e mi piegai in preda di una fitta lancinante alla testa. Nella mia mente vidi un ago e sentii le urla disperate della mia amata. Mi accasciai al suolo in ginocchio.
Adélia fece per avvicinarmi, ma io ringhiai furioso prendendomi la testa tra le mani «FUORI !!!».
Non servì il portoghese per farmi capire. Fuggì lasciandomi solo.
Il dolore scomparve in un attimo. Mi alzai con le gambe un po’ tremanti.
Ora sapevo cosa fare. Nello stesso istante squillò il cellulare.
«Stiamo venendo a prenderti.» La voce di Alice, tetra, sembrava provenire dall’aldilà.


   
 
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