Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: miss potter    12/06/2016    1 recensioni
“Non devi nascondere il tuo corpo. Non c’è niente di sbagliato nel suo aspetto o nel modo in cui si muove, in cui lo muovi quando pensi che non ci sia nessuno a guardare…”
La voce di Magnus vantava la musicalità del canto di un usignolo.
“Sì, ma tu non chiamarmi tesoro.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Senza nemmeno preoccuparsi di identificare l’intruso, Alec corse a spegnere la musica inciampando un paio di volte sui suoi stessi piedi prima di finire carponi davanti allo stereo e zittirlo con una manata sullo sportello, che si aprì in un lamento di ferraglie.

“Oh, Dio—” uggiolò scattando in piedi, otto tonalità di rosso diverse in faccia, e si mise alla disperata ricerca della maglietta per coprirsi.

Magnus ridacchiò dinnanzi a tale scena, le braccia conserte sul petto ampio.

“Oh, sì. Ogni due, trecento anni si convince a condividere con la Terra alcuni dei suoi angeli più interessanti, glielo devo riconoscere…” fu il commento del Nascosto, le labbra lucide di burro cacao all’albicocca piegate in un sogghigno più significativo di mille parole.

“Magnus!” Esclamò Alec avvolgendosi il petto nudo con la t-shirt, le mani troppo malferme per riuscire ad indossarla. Guardò lo Stregone – impeccabile, come sempre – come se questi gli avesse appena sparato. “Non ti ho… sentito entrare. Cosa… cosa ci fai qui?”

Magnus si avvicinò ulteriormente di un paio di passi, ora abbastanza prossimo al Nephilim per poterne odorare l’essenza: un fiore di pesco in boccio bagnato di rugiada… gioventù illibata, da uscirci pazzi.

Inspirò a pieni polmoni quel profumo che ora gli sembrava tanto gradevole quanto la vista che gli si presentava di fronte.

Alec fremette abbassando lo sguardo, come se potesse percepire il peso di quelle attenzioni su ogni centimetro del proprio corpo sudato di cui non andava fiero.

“Grazie al cielo, perché altrimenti avrei rischiato di perdermi un vero spettacolo. E mi ha invitato la tua deliziosa sorellina. Deve consegnarmi dei documenti, sai… noiose pratiche che in ogni caso non avrei mai letto nemmeno in altri ottocento anni di vita,” rispose evasivo esaminando piuttosto attentamente, invece, la curva armoniosa dei fianchi dello Shadowhunter. “Curioso come tu riesca a muoverti con tale grazia e… trasporto per essere un killer professionista, Alexander.”

“… Ed eccolo alla carica,” Alec pensò nel brevissimo accenno di riflessione razionale rimastogli nel constatare come non ci fosse una parte del suo corpo che non si sentisse terribilmente esposta sotto quello sguardo ferino. La sua lucentezza era stata sapientemente messa in risalto da una leggera ombra di trucco viola scuro sugli angoli esterni degli occhi dal particolarissimo taglio orientale.

Da qualche tempo, oramai, Magnus Bane stava esplicitando un particolare interesse nei confronti di Alec, e di tali attenzioni quest’ultimo non si sarebbe mai del tutto abituato, come anche del suo nome pronunciato per intero. Del suo nome per intero su quelle labbra, per essere precisi.

“Non sono un… killer,” contestò lo Shadowhunter, dandogli velocemente le spalle anche per celare quel rossore che non c’era verso di contenere. Tuttavia, così facendo, espose involontariamente le rune, disegnate da una mano esperta, lungo la linea flessuosa della spina dorsale e sul costato pallido. “Non ho mai ucciso.”

Ma lo Stregone era in un’altra dimensione, al momento. Si prese il suo tempo per indugiare il più a lungo possibile sulle scapole in rilievo del giovane angelo, e per un attimo si aspettò che da quelle ossa di una perfetta forma triangolare si dispiegasse un maestoso paio di ali.

In un altro paio di silenziosi passi, Magnus si ritrovò così vicino ad Alec che se avesse allungato un braccio avrebbe potuto facilmente sfiorargli le creste iliache.

“E da quando tale virtù si accompagna a tanto dispiacere?”

Alec rabbrividì, la coda dell’occhio ad allertarlo della prossimità dello Stregone, l’epidermide dell’insopportabile calore del suo respiro. Magnus profumava di sandalo e menta piperita, di carta antica e cannella.

“Magnus…” mormorò Alec, a mezza voce e tremando appena, ma non di freddo.

“Alexander, guardami.”

“Non—Non dirai a nessuno di… quello che hai visto stasera, mi sono spiegato?”

L’improvviso tono autoritario del giovane Nephilim, per una frazione di secondo, fece contare una intera schiera di costellazioni allo Stregone, che si mordicchiò un labbro sorridendo come una volpe in un pollaio mentre appoggiava i propri artigli gentili sulle spalle del ragazzo, che sussultò.

“Resterà il nostro piccolo segreto, tesoro,” disse con voce tranquilla, bassa, rassicurante. “Ma ora guardami. Voglio i tuoi meravigliosi occhi blu su di me.”

Per non peggiorare le sue condizioni, oramai disperate, e per non dare motivo a Magnus di avvicinarsi ulteriormente ed insistere, Alec ubbidì, fronteggiandolo. Magnus era leggermente più alto di lui, i tratti esotici e giovani di un ventenne sui cui occhi però pesavano secoli di storia e avventure ed esperienza. Era un tipo di sguardo, quello, di cui se ne vedono pochi in giro, col potere magnetico di catturarti e costringerti ad amare il tuo aguzzino per il resto della tua insignificante vita mortale, perché semplicemente non ti potrebbe capitare niente di meglio, non vorresti niente di meglio, nemmeno se vivessi per mille anni.

Alec stava già per abbassare gli occhi, sottomesso al proprio imbarazzo, prima che due dita ingioiellate poste sotto al suo mento accorressero in soccorso.

“Così…” soffiò Magnus praticamente sulle sue labbra, la testa appena inclinata. Un ciuffo magenta di capelli lucidi di gel gli scivolò sulla fronte ampia ed abbronzata, risparmiata da qualunque imperfezione tipica della gioventù, o ruga di espressione. “Il mio bellissimo Alexander.”

“M—Magnus, io non…” cominciò ad agitarsi Alec, irrigidendosi alla carezza e al complimento.

“Shh.”

Magnus allungò una mano sulla maglietta che le dita pietrificate di Alec ancora stringevano, per invitarlo a lasciare la presa. Ed Alec, di nuovo, si riscoprì incapace a resistergli, ogni neurone in cortocircuito.

“Non devi nascondere il tuo corpo. Non c’è niente di sbagliato nel suo aspetto o nel modo in cui si muove, in cui lo muovi quando pensi che non ci sia nessuno a guardare…”

La voce di Magnus vantava la musicalità del canto di un usignolo.

“Sì, ma tu non chiamarmi tesoro.”

Alec pensò anche, quando scontrò le proprie labbra con le sue e Magnus gemette appena colto alla sprovvista, che quel suono non poteva che provenire da una bocca con un sapore così buono.

Le labbra dei due giovani cominciarono a rincorrersi a perdifiato come due daini innamorati ed inebriati dal profumo della primavera, stagione promettente e ricca, gentile e feconda, in cui ogni cosa sembrava tornare possibile dopo il lungo inverno, secco ed impietoso. E tale si sentiva Magnus, dopo secoli di vuoto riempito da illusioni e facce insipide che avevano finito per causargli solo dolore dopo la caduca ed insignificante ebbrezza a cui gli immortali sono condannati. Con Alec, oh, con lui era diverso: nonostante l’eterna giovinezza, Magnus credeva di essere di nuovo capace di assaporare la vita nelle sue più cangianti sfumature, dove non un secondo eguagliasse il precedente, ed ogni suono e colore e sapore vibravano di novità. Era certo di aver trovato finalmente qualcuno con cui passare i suoi monotoni giorni, in cui tutto aveva perduto il senso e la noia s’era inesorabilmente sostituita al costante mutamento tipico di un’età che dimostrava da troppo tempo.

Circondò con entrambi i palmi il viso arrossato di Alec, ad occhi chiusi, definendone coi polpastrelli i tratti spigolosi, e gli sovvenne di tutte le statue di marmo perfette ed immuni al trascorrere del tempo che aveva ammirato nel corso della vita; Alec non era perfetto, però. Alec, sebbene fosse sangue angelico quello che scorreva nelle sue vene, portava con sé e su di sé i segni di un’esistenza vissuta intensamente, non sempre facile. La pelle del giovane Nephilim presentava alcuni difetti, piccoli nei o cicatrici sottili, che tuttavia gli donavano un aspetto peculiare che aveva il potere di stregare Magnus e costringerlo, troppo spesso, ad imbambolarsi nell’osservazione di quei dettagli ai suoi occhi così speciali.

“Bellissimo,” sussurrò a mezza voce tra un tenero bacio ed un morsetto accattivante, giusto per spolverare un pizzico di pepe su quel momento già di per sé eccitante.

Alec, paonazzo, scosse appena il capo, rituffandosi quasi frettolosamente nel bacio per evitare che il compagno notasse la sua esitazione di fronte all’ennesimo complimento.

Magnus non era certo tipo da farsi prendere per il naso, però.

“Shh, lo sei. Bellissimo,” ripeté una seconda, una terza, una quarta volta, e se si fosse reso necessario ne avrebbe fatto il proprio mantra finché non avesse convinto il timido guerriero a credergli. “E indecente, se posso osare…”
“Smettila,” quasi non si soffocò con la saliva, Alec, a quelle parole pronunciate con voce arrochita, interrompendo il contatto tra le loro labbra infatuate l’una del sapore dell’altra.

Nascose dunque il viso sopraffatto dalla vergogna nella curva sinuosa e calda del collo di Magnus prima di tornare a proferire verbo con la gola chiusa, i palmi delle mani premuti contro il petto di lui.

“Tu giochi sporco,” bofonchiò sulla stoffa morbida della camicia di Magnus, che ghignò su uno zigomo del ragazzo dai capelli color onice.

“Sono uno Stregone, ho i miei trucchi, gioia,” commentò sagace, e spostò le mani sulla schiena poderosa di Alec per riguadagnare lo spazio che questi aveva rubato loro in un moto di inspiegabile, adorabile imbarazzo. “Ma la cosa che adoro di più, sai qual è?”

Alec scosse la testa, incapace a ritornargli lo sguardo.

“È che sai essere… così, senza rendertene minimamente conto o impegnandoti, al contrario del pallone gonfiato che ti ritrovi come parabatai e di cui mi dimentico costantemente il nome.”

“Ehi… Jace è— molto sicuro di sé,” brontolò Alec corrucciandosi.

“A te non serve metterti in mostra come una bestia da circo. Tu sei… selvaggio, una creatura indomita che non ha bisogno di ruggire per farsi notare. E non hai la minima idea di cosa riesci a farmi, ad ispirarmi, semplicemente parlando o camminando, o quando sorridi tra te quando pensi che nessuno ti stia guardando.”

Parlava lentamente, Magnus, come se stesse recitando un antico poema epico dove ogni sillaba è preziosa.

Sfiorò a fior di labbra la curva di una delle guance di Alec, sempre più rosse.

“Non capisci cosa mi provocano le fossette che ti si generano qui, le rare, splendide volte in cui ridi, e quando poi arrossisci perché ti spaventa il suono della tua risata,” sussurrò, spostando quindi la bocca adorante sulla fronte del suo ragazzo. “La piccola ruga tra le sopracciglia quando sei assorto e schiudi appena le labbra in contemplazione del vuoto. In quei momenti, vorrei così tanto entrarti dentro per comprendere quali misteri si celano in te, Alexander…”

Alec tossicchiò, soggiogato da tale confessione e dalle parole scelte per essere infine sussurrata direttamente dentro il suo padiglione auricolare, così sensibile. Soprattutto quando le dita esperte di Magnus ora sembravano intenzionate a stanziarsi a tempo indeterminato sulla zona lombare della propria schiena nuda.

“Ma tu, per me,” continuò il ragazzo dai tratti orientali, “rimarrai sempre un mistero, non è vero? Perché sai meravigliarmi ogni giorno, senza sosta, ogni volta in maniera sorprendentemente unica. Sei meglio di qualsiasi alba, che ogni mattina sorge sempre nello stesso punto e puntuale illumina la Terra. Tu… no, tu mi cogli costantemente impreparato e—”

“Oh ma insomma, quanto parli?”

Alec decise di interromperlo una volta per tutte con l’ennesimo bacio a labbra aperte, carezzandolo giusto con un accenno di lingua, il che per Magnus risultò essere la sospirata conferma del suo discorso così brutalmente e piacevolmente interrotto.

Peccato che non passò molto tempo prima che l’incanto venisse nuovamente spezzato…

“Oh, per l’Angelo, ragazzi…”

Una voce femminile, squillante come una campana a festa e più briosa dell’aria pura di montagna, riecheggiò per tutta la palestra causando il quasi infarto di Alec ed un sospiro esasperato da parte di Magnus, il quale se ne allontanò di malavoglia.

Isabelle Lightwood li osservava incredula – ma non eccessivamente, e da quanto poi? – con una spalla appoggiata allo stipite della porta, in una mano un faldone di documenti dall’aria  impossibilmente noiosa e sul volto struccato ma vivace un’espressione di incancellabile giubilo.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: miss potter