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Autore: shyrebel    12/06/2016    1 recensioni
Battuta dopo battuta.
Passaggio dopo passaggio.
Alzata dopo alzata.
Schiacciata dopo schiacciata.
Si vince o si perde.
Si sta parlando proprio della pallavolo.
Una, ormai 23enne, Esthefania ripensa ai bei momenti passati come schiacciatrice nella Karasuno femminile, una squadra liceale di un piccolo paese vicino a Tokyo.
Genere: Fluff, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Luogo: Valencia, España
Ore: 7.43PM

(Flashback)
"Mamá, dove andremo a vivere?"-domandò la 14enne curiosa alla madre, che si chinò in basso alla sua minuta altezza.

"Andiamo in Giappone."- rispose semplicemente la madre sorridendo alla figlia amorevolmente.

"Wooh! In Giappone?? È fantastico!"

"E sai perché?"- domandò il padre intromettendosi nella conversazione.

"Perché?"

"Per avverare il tuo sogno!"- rispose orgoglioso il padre.
(Fine flashback)

Si ricordava bene quel momento. 
Era passato solamente un mese da quelle magiche parole. 
Eppure eccola lì: su un aereo di linea.
Destinazione: Giappone. 
Guardava fuori dal piccolo finestrino le nuvole che sorvolavano la terra sotto di loro. 
Pensare che ci volevano così tante ore per arrivare dall'altra parte del globo, la mandava in ansia. 
Esatto, non sopportava aspettare.
'Perché aspettare per il mio sogno? È meglio che venga subito il momento!', si ripeteva nella testa di continuo. 
Voleva entrare esattamente nel campo di allenamento della Karasuno High School a Sendai (paesino vicino a Tokyo).
Aveva sentito molte voci su quella scuola: c'era tanta competizione tra le squadre di pallavolo e la Karasuno era tra le migliori.
Avrebbe fatto vedere quanto valeva con le proprie capacità.
Avrebbe migliorato di giorno in giorno.
Avrebbe reso orgogliosi i propri genitori.

"Esthefania?"

Una voce dolce come il miele risvegliò dai pensieri la sognatrice.
Era Emilia, la sua piccola sorellina di 6 anni. 

"Mh..si?"

"A che cosa stai pensando?"

Ci fu un attimo di silenzio.

"Sto pensando a quando arriveremo."- rispose sorridendo alla sorellina.

"Quanto ci manca?"

"Siamo appena partiti, Emilia."- Esthefania rise appena all'ingenuità della sorella. 
Era ancora lontano l'arrivo.
Infatti decise di schiacciare un bel pisolino, giusto per non sprecare le energie.

--

18 ore dopo.
La famiglia Ruiz scese sulla pista di atterraggio incamminandosi intanto verso l'aeroporto per ritirare i numerosi bagagli. 

"Mamma! È bellissimo!"- esclamò Emilia.

"Hai visto amore? Pensa, Tokyo ti piacerà ancora di più."- disse la madre, felice della gioia della piccola.

Aspettate--

"Tokyo?!"- esclamò ancor più forte la sorella maggiore.

"Shh! Non gridare."- la rimproverò il padre.

Continuarono a camminare verso l'uscita tranquilli. 
Esthefania non riusciva a credere che sarebbero andati anche a Tokyo: lì era dove si giocavano le nazionali! Che emozione! 
Non stava più nella pelle. 
Fremeva per toccare di nuovo una palla da pallavolo. 
Nel periodo delle scuole medie si era iscritta al club di pallavolo femminile, tanto per curiosità. 
Alla fine scoprì che, incredibilmente, era stata davvero un'ottima scelta.
Nel corso dei mesi migliorava e migliorava sempre di più. 
Vinceva. Perdeva. Si rialzava e vinceva.
Non avrebbe mai pensato che la pallavolo avrebbe avuto un ruolo così importante nella sua vita. 
Non dimenticò mai il giorno in cui l'allenatore la nominò 'asso' della squadra. Fu il giorno più felice della sua vita. 
Allora, però, era ignara del lungo viaggio che avrebbe fatto fino al Giappone per giocare in una squadra liceale.
Forse il giorno più bello della sua vita doveva ancora arrivare.

--

Primo giorno di scuola.
Sempre il peggiore o migliore giorno, dipende da come lo si affronta. 
A passi incerti, Esthefania passò oltre il cancello d'entrata mentre si guardava intorno. 
Un misto di sguardi e visi nuovi a volte incrociavano il suo. 
Vedeva ragazzini della sua età, altrettanto insicuri, del 2º anno e del 3º. 
Dalle medie aveva ereditato le piccole imperfezioni cutanee sul viso, che col tempo sarebbero via via scomparse. 
Sinceramente non si era mai fatta scrupoli per la bellezza: si curava, ma non ci dava troppa importanza. 
A volte era stata anche presa in giro, ma man mano era riuscita a superare questi problemi rafforzando se stessa. 
Il liceo era molto grande e spazioso; pensò che si sarebbe sentita bene lì. Cercò il tabellone dove erano scritte le varie classi e i vari nomi degli alunni assegnati ad esse e lo trovò. 
Ci furono dei problemi di comprensione per il giapponese, ma non così immensi alla fine..i professori non erano completi ignoranti e qualche cosa di italiano/spagnolo lo sapevano. 
Il giapponese lo stava già studiando privatamente quando era in Spagna, da quando si era appassionata alla pallavolo e aveva sentito parlare del famoso liceo. 
La mattinata passò velocemente, ma per Esthefania non era abbastanza: aveva il desiderio ardente di vedere quel campo e allenarsi fino a notte fonda. 
Improvvisamente sentì quel "dolce" e atteso suono della campanella che dava inizio all'intervallo. 

"Ci saranno le macchinette? Sto morendo di fame"- pensò Esthefania mentre guardava i compagni uscire dall'aula. 

"Beh, mi arran-"- prima che potesse continuare a parlare, mentre stava frugando nello zaino, trovò un fagotto di stoffa. Lo tirò fuori, lo aprì e scoprì che era la sua merenda. 
Come avrebbe mai fatto senza sua madre. C'era un piccolo messaggio cartaceo che diceva: "per la mia piccola sbadatina~"; subito dopo lo nascose per evitare qualcun altro lo vedesse, prese la merenda e uscì fuori sempre con il sorriso sulle labbra. 

"Sarebbe ora che mi facessi qualche amica. Ma come faccio ad approcciarmi con ragazze che non capiscono neanche la mia lingua? .."- pensò sconsolata. Aveva bisogno di amici, anche perché senza di quelli non avrebbe avuto su chi contare per incoraggiarla nel percorso che voleva intraprendere. 
Voleva una vera amica. 
E i maschi? Beh, non aveva mai avuto rapporti stretti con i maschi. Non ci dava importanza alla fine, quindi era come se non ne avesse bisogno. 

"Mh.."

Dopo il continuo vagabondare, trovò un posto comodo per sedersi su una delle panchine del cortile interno. Così riuscì a mangiare la sua merenda tranquilla. 
Anche se era sola.

"Scusa posso sedermi?"

La italospagnola si voltò e alzò lo sguardo per l'altezza della persona in questione. Una ragazza.

"Uhm.."- rispose non avendo capito quello che diceva.

"Oh, non hai capito? Ehm.. You speak english?"- domandò la ragazza.

"So and so."- rispose sorridendo imbarazzata.

"Ok, can I sit there?"

"..oh! Yes. Of course." 

Alla fine Esthefania fece spazio alla ragazza per sedersi. 
Non male come inizio di una conversazione, pensò ironicamente. 
Come pensava di sopravvivere? Grazie a Google Traduttore?

"Uhm..what is your nationality?"- chiese la ragazza. 

"I'm half italian and half spanish...but I was born in Spain."- rispose Esthefania.

"Oh, wow..uhm, what's your name?"

"Esthefania, and yours?"

"Maya."- rispose la ragazza sorridendo. La conversazione continuò e non sembrava andare affatto male.  

Al terzo e ultimo piano della scuola, tra tutti i ragazzi del terzo anno, c'era un ragazzo di nome Ukai Keinshin che guardava dalla finestra che si affacciava sul cortile. 
Era un ragazzo abbastanza alto, magro ma in forma. Era rasato e aveva un carattere abbastanza scorbutico (a volte) e ciò gli dava quasi un'aria da bullo, ma alla fine era un bravo ragazzo.
Dalla finestra poteva vedere 2/4 degli studenti fuori, intenti a divertirsi, chiacchierare, mangiare, passeggiare, rilassarsi, ect. 
Una delle cose che catturò la sua attenzione furono il solito gruppo di ragazze del terzo anno, le solite snob, le solite galline.
Sì, avrebbe voluto ricercare altre ragazze sinceramente. Certo era attraenti e scaltre, ma non erano i suoi obbiettivi. 
Ad un certo punto, sentì l'istinto di guardare altrove e l'occhio cadde su una certa conversazione animata su una panchina tra due ragazze. Erano piccole, quindi dedusse che fossero del 1º anno. 
Erano abbastanza lontane quindi non riusciva proprio a scorgere dettagli rilevanti del viso. 

"Chissà se troverò quella giusta per me.."- pensava fra sè e sè.

"Ehy, Keinshin!"

"Mh?"- si girò e si ritrovò il suo migliore amico, Yūsuke, che veniva verso di lui. 

"Che stai a guardare?" 

"Mah, nulla di speciale. C'è sempre il solito panorama alla fine."

"Eddai Ukai! Non hai trovato ancora nessuna? Cioè, hai anche abbastanza pretendenti. Non ti piace nessuna?"

"Quelle? Pfft. Non ci penso nemmeno, non fanno per me."

Riguardò fuori dalla finestra e vide che una delle ragazze che stavano conversando se ne era andata, lasciando da sola l'altra. 
Aguzzò la vista e vide si guardava intorno nel vano tentativo di trovare un qualcuno con cui parlare (o almeno lui pensava).

"Ehi, chi stai guardando?"- domandò Yūsuke confuso. Cercò anche lui guardare l'oggetto dei suoi occhi seguendo la traiettoria visiva.

"Stai guardando quella sulla panchina?"

"Sì."

"Ma è del primo anno, o sbaglio?"

"Si sì, e quindi?"

La cosa abbastanza strana era che Ukai non riuscisse proprio staccare gli occhi dalla ragazza. 

"Colpo di fulmine? A neanche 1 km di distanza?" 

"Non sei simpatico."

"Bah, non ti capisco. Piuttosto ricorda che abbiamo la partita la settimana prossima e dobbiamo essere pronti."- disse Yūsuke per poi andarsene. 

Il ragazzo si scantò dal suono della campanella. Vide la ragazza alzarsi e dirigersi verso l'interno dell'edificio scolastico. 

"Che strana sensazione.."- pensò.

--

Il primo giorno di scuola era finito. 
Esthefania stava finendo di mettere a posto le sue cose nello zaino.

"Allora, come ti sei sentita oggi?"- chiese la professoressa che era rimasta in classe. 

"Beh, bene. Molto bene. Ho già fatto un'amica. Penso che non avrò problemi anche per farmi capire."- rispose sollevata la 14enne.

"...quando ti sei presentata, hai detto che ti piaceva particolarmente la pallavolo."

"Sì, è il motivo per cui sono venuta qui."

"Sono felice, perché il club femminile è a corto di giocatrici. Invece quello maschile è un club attivo."

"Lo so, ho visto molte partite su Internet. Sono davvero formidabili."- disse estasiata. Lo pensava davvero, per lei erano il massimo. 
Erano il suo esempio.

"Domani potrei già darti il modulo di iscriz-"

"Ne sarei onorata!"- esclamò facendo l'inchino tradizionale giapponese.
La professoressa rimase un po' sbalordita, però si rilassò sorridendole.

"Bene. Ora torna a casa."- la incitò la professoressa. 

"Certo, arrivederci."- la salutò educatamente e, preso lo zaino, si diresse nei corridoi verso l'esterno.
Arrivata quasi al cancello d'entrata della scuola, si accorse di un ragazzo alto e anello che aspettava sul muretto. 
Chi stava aspettando? 
Magari doveva parlare con dei professori. 
In realtà, non erano problemi che la riguardavano, quindi continuò a camminare tranquilla.

"Uhm, scusa."- disse il ragazzo.

Subito Esthefania si girò verso di lui, forse un po' spaventata.

"Tranquilla non ti mangio."- sorrise amichevolmente. La vide meditare su quello che aveva pronunciato per qualche secondo. 

"Ok.."- rispose solamente Esthefania. 

"Ecco, volevo sapere il tuo nome." 

Di tutto quello che disse riuscì a capire solo 'nome', però recepì al volo la richiesta.

"Uhm, perché?"- gli chiese in giapponese. 

"Perché me l'ha chiesto un professore."- rispose il ragazzo.

Stette ancora a meditare su quello che aveva detto. Alla fine qualcosa riuscì a comprendere.

"Uhm..."

Si doveva fidare? 
Perché un professore aveva bisogno del suo nome. E poi quale?

"Ehi, puoi stare tranquilla. Davvero."

"...Esthefania." 

Il ragazzo sospirò.
"E il cognome?"- chiese incalzante alla ragazza.

"..Ruiz."- rispose incerta.

"Ok, perfetto. Grazie mille."- disse il ragazzo per poi fare l'inchino giapponese.

"....oh...de nad- ehm, p..prego."- disse abbassando leggermente il capo in segno di rispetto.
Il ragazzo finalmente se ne andò (stranamente non verso la scuola, ma come sempre non erano affari che la riguardavano).
La ragazza riprese il suo cammino e uscì da scuola. 

--

"Pronto?"

"Ehi, Ukai! Ho il nome della ragazza."

"Davvero?"

"Sì, sono restato fuori al cancello per aspettarla. Era praticamente l'ultima. Mi devi 10 yen, amico."

Ukai si mise a ridere. 

"Scusami."

"Tranquillo, ma allora ci provi con lei?"

"Ecco, non lo so. Proverò con il primo passo. Almeno se diventiamo amici è un inizio."

"Bah, contento tu. Guai a chi osa deriderti."

"Grazie mille. Ah, e come si chiama quindi?"

"Esthefania Ruiz. Ci ha messo un po' a dirmelo, era estremamente timida."

"Esthefania.. Ma è europea?"

"Secondo me si, ad un certo punto invece di dirmi prego, stava per parlarmi in una lingua strana. Vabbè."

"Capisco. Era..uhm.."

"Mh, non mi faceva impazzire, ma secondo me ti piacerà."

"Ok, comunque io e gli altri ti stiamo aspettando."

"Eh miseria, arrivo! Sai, non è completamente colpa mia."- disse Yūsuke ad Ukai.

"Tzs, tzs. Tutte scuse."

"Appena arrivo là ti schiaccio la palla in faccia."

"Uuuh, ho proprio paura!"

Chiuse la chiamata alla fine della conversazione.
Nella mente di Ukai c'erano tanti pensieri. 
Perché mai si era fissato con quella ragazza da neanche un giorno? 
Colpo di fulmine? No era impossibile, l'aveva vista pure da lontano. Non aveva visto nemmeno il suo viso. 
Ma c'era qualcosa che non andava: non la smetteva di pensare. 

"Esthefania.."

Una cosa era certa.
Il giorno dopo l'avrebbe rivista. 

--

8:00AM

Esthefania era seduta al suo posto pronta per una nuova mattinata di scuola. 

"Beh il primo giorno non è andato così male. Penso che mi troverò bene."- pensò Esthefania rassicurata.

Il professore prese a parlare subito. 

"Buongiorno ragazzi."- disse amichevolmente.

"Buongiorno!"

"Oggi, prima di iniziare la lezione volevo informarvi della scelta dei vari club extra scolastici. Dopo la lezione vi darò i moduli di iscrizione con le varie scelte." 

Esthefania era confusa. Di nuovo.
Aveva capito come al solito le quattro cose che sapeva, ma non aveva capito il concetto della frase. 

"Ora fate gli esercizi che ho scritto alla lavagna, in silenzio."- disse il professore, dopodiché fece un cenno a Esthefania di venire alla cattedra. 

Esthefania si alzò e andò alla cattedra. 

"Esthefania hai capito cosa ho detto?"- domandò in italiano.

"Uhm, più o meno."- rispose la ragazza. Fu stupita che il professore sapesse così bene l'italiano ma non lo fece notare al professore.

"Allora, alla fine della lezione darò i moduli di iscrizione con le varie scelte dei club extra scolastici e tu dovrai compilare quello che preferisci."

"Ok, grazie mille."

"Di nulla, puoi tornare a posto."

E ritornò tutto alla solita routine. 
Intanto si guardava il modulo che il professore della scorsa ora le aveva dato e cercava subito il club di pallavolo. 
Eccolo.
Lo segnò come attività scelta e aspettò con ansia l'intervallo. 
La lezione sembrava andare al rallentatore ed Esthefania desiderava che quella campanella suonasse anche solo per sbaglio, pur di andare in segreteria a dare il modulo.

"Psst. Hey, che cosa ha?"- disse a bassavoce una compagna alla sua amica che guardò l'europea.

"Mh, non saprei. Però è strana."

"Hai ragione."

Passarono le prime ore di lezione e finalmente la fatidica campanella suonò. 
Esthefania finì di compilare il foglio e corse come una saetta fuori dalla classe sotto lo sguardo attonito dei compagni e del professore.

"Finalmente!"- pensò la ragazza dirigendosi verso la segreteria..che era?
Dove era esattamente?
Si guardò intorno.
Di solito erano al piano terra, ma avrebbe fatto prima a chiederlo a qualcuno.

"Perché non l'ho chiesto prima?"- si disse pensando a come fosse stata agitata nelle ultime ore. 

"Devo stare calma."

Mentre camminava, cercò la segreteria. Invano.

"Ma dove sarà--"

Le sue parole furono spezzate da un colpo. Mancava proprio lo scontrarsi con la gente quella mattina. Esthefania finì a terra colpendo il pavimento con il sedere. 
Era destino: era la sua giornata 'no'.
La persona con cui si era scontrata in realtà non aveva neanche colpa, era ferma. Si girò e vide per terra la povera malcapitata. 

"Uh? Tu?"- disse.

Esthefania, sentendo una voce maschile, alzò lo sguardo e vide il ragazzo che aveva incontrato il giorno prima al cancello della scuola. Era davvero così alto? Non se ne era accorta prima.

"Uh...s-scusa non volevo...non.."- disse Esthefania in giapponese con voce leggermente tremante e preoccupata. Si rialzò sistemandosi l'uniforme. Si chinò per prendere il modulo.

"...ehy Kei! Guarda chi c'è?"- disse il ragazzo.

Il ragazzo rasato era girato mentre guardava il telefono per i fatti suoi. 
Quando si girò e guardò oltre il suo amico Yūsuke, non capì subito chi fosse, ma poi si sentì le gambe cedere. Era quella ragazza!

"Tutto bene, Kei?"- disse Yūsuke sfottendolo con il suo solito sorriso.

Esthefania, in quel momento, non focalizzò nemmeno la situazione da quanto era agitata.

"U-Uhm..scusate..sapete dov'è la segreteria?"- disse Esthefania nel suo giapponese grezzo.

I due ragazzi la guardarono un attimo confusi.

"Segreteria?"

"Qui non c'è una segreteria."

Il mondo crollò addosso alla ragazza.

"Come non c'è?!?"- pensò la povera ragazza che fra poco rischiava l'infarto.

Ukai vide che la ragazza era agitata e teneva stretto un foglio. 
Che sia il modulo d'iscrizione che danno tutti gli anni? 

"Non c'è la segreteria."- le disse Ukai avvicinandosi. "Devi andare direttamente nell'ufficio della direttrice."

Esthefania riuscì a capire la frase, purtroppo. L'agitazione salì.

"Sai dov'è?"- disse Ukai con fare gentile.

Esthefania scosse la testa.

"Dai Ukai se lo troverà da sola. Ci sta facendo perdere tutto l'intervallo!"- disse Yūsuke abbastanza scocciato.

"Intanto tu vai, io ti raggiungo."- disse Ukai con convinzione.

Ritornò il solito ghigno all'amico.

"Beh, allora d'accordo. Buona fortuna."- disse Yūsuke ammiccando e andandosene.

Bah, che nervi. Come faceva ancora Ukai a sopportarlo.
Si rigirò verso la ragazza che era ancora ferma davanti a lui.
L'amico ci aveva visto bene: era davvero carina. La sua altezza la rendeva ancora più tenera. 
Il suo cuore era in tumulto e non sapeva come fermarlo.

"Vieni, ti accompagno."- disse Ukai sorridendole e porgendole la mano.

Esthefania guardò la mano e guardò lui. Si doveva fidare? Aveva uno stile intimidatorio, ma sembrava un bravo ragazzo. Prendere o lasciare?

"D'accordo ..grazie."- disse Esthefania sorridendo, negando però il contatto con la sua mano. 
Ukai la ritirò un po' dispiaciuto.

"Seguimi."

In meno di qualche minuto erano già  davanti all'ufficio.

"Bussa, entra qua e dai il modulo alla segretaria."

Esthefania annuì capendo ciò che aveva detto.
Si stupì della sua capacità di apprendimento che prima non aveva, ma dopo si ripeté che era solo stata fortuna fino a quel momento.

"Grazie."- gli disse sorridendo.

"Figurati. Oh, mi chiamo Ukai. Tu?"

"Esthefania, piacere. Sei..sei di terza, giusto?"

"Sì, mi sembravi abbastanza intimorita prima."- disse ridendo appena.

"Beh, devo dire che siete davvero alti e.."

"Ti faccio paura?"- disse Ukai con uno sguardo serio, quasi inadatto alla situazione comica che si era creata.
Infatti Esthefania rimase in silenzio per qualche secondo. 
Poi si aprì la porta dell'ufficio.

"Avete bisogno di qualcosa?"- disse una donna sui 60 anni con gli occhiali: la segretaria. 

"Uhm- sì, in realtà io ho bisogno..di dare questo modulo di iscrizione."- disse Esthefania sorridendo appena alla serietà della donna.

"Per i club extra scolastici?"

"Sì."

"Perfetto, grazie mille."

La ragazza fece il solito inchino tradizionale e accennò un prego, dopodiché sentì la porta chiudersi dura.

"Non c'è bisogno che lo fai in queste situazioni."- disse Ukai.

Esthefania si rimise in posizione eretta e lo guardò.

"Oh, è che ho sentito e letto che è molto importante questo gesto, quindi.."

"Imparerai a tuo tempo."- disse il ragazzo sorridendo.

"Uh..si, certo."- disse la ragazza arrossendo leggermente.
Arrossendo leggermente.
Arrossendo.
Leggermente.
Boom! Prima cotta delle superiori: un ragazzo di terza.
Ma non corriamo troppo. Questo è solo l'inizio di una lunga storia.

"Senti..uhm...se vuoi...possiamo diventare amici."- disse Ukai rompendo il ghiaccio. Intanto guardava tutto ma non lei e si grattava la nuca con fare nervoso.
Davvero strano, eh.

"A..Amici? Uh.."

'Non restare così come un'ebete', era quello che si ripeteva.
Doveva rispondere, anche perché Ukai si stava aspettando una risposta più che positiva.

"..per me va bene."- disse Esthefania sorridendo.

Il cuore di Ukai fece un balzo enorme a sentire quelle parole e dentro di sè stava gridando come una ragazzina.

"Fantastico!- u-uhm, si..sono contento."- disse Ukai ridendo nervosamente.

La campanella ruppe quell'atmosfera tesa che si era creata.

"Oh, scusami devo andare."- affermò premurosa Esthefania.

"Certo certo, vai pure. È stato un piacere conoscerti!"- disse alzando la voce nel mentre la vedeva correre via da lui.
Si sentì rispondere un veloce 'anche per me!' e gli scappò un sorriso.
Forse si era davvero innamorato.

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