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Autore: Bab1974    13/06/2016    1 recensioni
Serie di storie slash ispirate alle fiabe, partecipanti al contest di sango_79 '[Contest fiume] A mille ce n'è... di slash da narrar! (Originali e multifandom - Slash e yaoi)'
1- Il principe ranocchio Storia ispirata dalla favola Il principe ranocchio, ne stravolge il finale facendola diventare una favola slash. Il ranocchio Padon, dopo un anno di permanenza a palazzo, riesce a farsi baciare dalla principessa, ma non torna uomo. All'inizio sembra che non ci sia soluzione, ma ne trova una il fratello minore di lei.
2- Nome in codice: Cappuccetto Rosso (prossimamente)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ladro e il bell'addormentato

 

 

 

 

Martin aveva bisogno di parecchi soldi. I debiti lo sommergevano e i suoi sforzi per mantenersi con un lavoro onesto dopo la prigione, non erano stati fortunati, ma neppure ricercati. In realtà non ci si era impegnato troppo, non aveva mai avuto lo sprono a trovarsi un impiego e a farsi una famiglia, forse perché essendo gay e con l'istinto di ricercare più amanti che compagni di vita, non si sentiva parte della società normale. Anche ora che la legge aveva dato agli omosessuali la possibilità di unirsi in regola con la legge, non si sentiva parte di coloro che lottavano per poter adottare i bambini assieme.

-Dovrò tornare ai furti acrobatici, se voglio raggranellare a sufficienza e in tempo utile perché non mi riducano uno straccio.- pensò, passando davanti alla villa di uno degli uomini più ricchi della città -Spero solo che non vengano subito da me non sono tanti, in zona, a saper organizzare cose del genere.-

Villa De Santis, all'apparenza, sembrava impenetrabile: recinto elettrificato, cani, guardie. Però Martin sapeva che c'era sempre un pertugio che poteva sfaldare anche il più sofisticato impianto di sorveglianza e lui lo avrebbe trovato.

 

 

 

Dopo una settimana di appostamenti, scoprì che il modo per entrare nella casa, era o compiendo complicate acrobazie, oppure riuscendo a intrufolarsi nel camioncino delle consegne che ogni giorno varcava il cancello. Pur essendo molto agile, non aveva troppo tempo prima che i creditori, gente poco paziente, lo cercassero per saldare i debiti, perciò pensò che la seconda possibilità fosse la più abbordabile. Per due giorni seguì il furgoncino nei suoi spostamenti. Non riuscì a capire che cosa consegnava, ma notò che usavano dei carrelli, ognuno con il nome della famiglia a cui erano diretti. Forse, riuscendo a entrare lì dentro, sarebbe potuto penetrare nella villa senza problemi. Approfittando del fatto che il fattorino, a ogni fermata, si perdeva in molte chiacchiere, entrò nel retro e cercò il carrello con il nome della famiglia De Santis. Poi si accoccolò al suo interno, stupendosi per il forte odore di medicinale che permaneva nell'aria. Si chiese se non fosse un fattorino della farmacia e, in quel caso, che bisogno c'era, ogni giorno, di consegnare. Non che avesse importanza, l'unica cosa che voleva era riuscire a penetrare dentro la villa. Per l'uscita si sarebbe ingegnato in seguito.

Il furgone ripartì e si agganciò con le mani a uno spessore per non scivolare. Il tragitto fu breve e appena si fermò, il carrello in cui stava fu trascinato fuori, per fortuna con delicatezza perciò non sentì troppi scossoni. Il percorso, per essere portato nella stanza giusta, fu piuttosto lungo e dopo un saluto a qualcuno fu abbandonato. I bip che sentiva erano inquietanti e si affacciò solo quando si accorse di essere stato abbandonato per qualche minuto. Per fortuna sembrava che nessuno avesse intenzione di aprire per il momento. Uscendo dalla posizione, non propriamente comoda, si stiracchio e nella penombra si accorse di essere in una stanza allestita come un ospedale, piena di macchinari e con qualcuno steso in un letto.

-Accidenti, cosa vuol dire essere benestanti! Non sono tanti quelli che si permetterebbero di avere in casa propria una stanza del genere.- pensò Poi ricordò che facendo ricerche in internet, aveva scoperto che il loro figlio di mezzo, Roberto, era entrato in coma dopo un incidente stradale. Si chiese se si trattasse proprio di lui, perché in quel caso erano due anni che versava in stato vegetativo.

Martin si avvicinò al letto e rimase come folgorato. Steso sul letto, apparentemente addormentato, c'era il più bel ragazzo che avesse mai visto. Aveva visto foto del giovane figlio della coppia, ma doveva ammettere che non gli rendevano affatto giustizia. Gli accarezzò i capelli e notò i fili che lo collegavano alla macchina. L'istinto lo portò a cercare di scuoterlo, con il solo risultato che l'aggeggio cominciò a suonare, probabilmente notando un'anomalia. Preso dal panico, Martin si rinchiuse in un piccolo bagno e da lì si preparò a scappare dentro uno stipo che lo conteneva appena, ma che era l'unica cosa che lo poteva nascondere alla vista.

Nel giro di pochi istanti un'infermiera e un medico (ah, i soldi! Ti possono permettere ogni cosa) seguiti dai padroni di casa, intervennero. Dopo aver controllato ogni parametro, il medico scosse la testa, sconsolato.

“Mi dispiace, è stato un falso allarme. Peccato, pensavo che fosse proprio giunto il momento.” si scusò, come se si sentisse in colpa di percepire uno stipendio senza risolvere nulla.

“Ma è un buon segno?” insistette la signora De Santis “In due anni è la prima volta che questo affare dà segno di vita in maniera autonoma. Cominciavo a pensare non funzionasse.”

Il medico alzò le spalle, in un gesto che poteva significare ogni cosa.

“Signora, non la voglio illudere per nulla” disse “Il fatto che abbia reagito in un momento in cui era da solo, senza stimoli esterni, potrebbe significare qualcosa, ma io aspetterei che accada altro, prima di cantar vittoria.”

La signora De Santis sospirò profondamente.

“Se solo quel disgraziato di Attilio non se la fosse data a gambe...” borbottò la voce di una ragazzina, affacciatasi alla porta.

“Attilio è in guerra, non poteva fare altrimenti.” corresse con voce stridula la madre, accarezzando una foto sul comodino in cui erano presenti due ragazzi abbracciati, poi obbligò la ragazza a uscire.

Nel mentre, il dottore e l'infermiera sistemarono meglio il letto e la macchina ricominciò a suonare, poi uscirono.

 

 

 

Martin fu molto deluso del fatto che bastasse così poco per farlo agitare. In cuor suo sperava che fosse stato merito suo e che si sarebbe svegliato all'istante. Si chiese cosa avrebbe fatto se lo avesse baciato. Fulminò con lo sguardo il ragazzo che abbracciava Roberto nella foto sul comodino e lo odiò profondamente. Dal breve scambio di battute aveva intuito che quell'essere ignobile era fuggito pur di non stare accanto a un comatoso. In un attimo si era dimenticato il motivo per cui si trovava lì e cominciò a sussurrare qualcosa al ragazzo, raccontandogli ciò che poteva della sua vita.

Nel farlo cercò di avvicinarsi il più possibile senza fare suonare la macchina. Arrivò fino a un soffio della sua bocca e sulle sua labbra sussurrò delicatamente.

“Sai, ho una gran voglia di baciarti. Non posso credere che quello stronzo del tuo ragazzo ti abbia mollato così. Doveva essere davvero una gran testa di...”

Si bloccò, con il cuore che batteva a mille, perché notò che le labbra di Roberto si erano dischiuse, come se fossero in attesa di qualcosa.

-Oddio, e adesso che faccio. Se non lo bacio perdo l'occasione, se lo faccio e la macchina si mette a suonare, potrei finire ancora in galera.-

Non ebbe tempo di decidere sul da farsi. Due braccia lo cinsero e lo attrassero e le loro labbra si unirono. Martin ricambiò il bacio, al momento totalmente succube. La macchina ricominciò a suonare. Martin scattò, cercando di liberarsi, ma sembrava come preso in una morsa di ferro e non riuscì ad alzarsi.

“Tu chi sei?” sbottò il medico rientrando nella stanza. L'infermiera e la madre rimasero bloccate sulla porta e forse Martin avrebbe fatto una brutta fine se una voce debole non avesse parlato.

“Tu... tu... non ...sei... Attilio.” disse Roberto con un filo di voce.

L'attenzione, al momento catturata da Martin, si riversò tutta su Roberto e sua madre, che improvvisamente sembrava essersi dimenticata della presenza di un estraneo, si buttò sul figlio.

“Oddio, ti sei svegliato.” Si accorse di nuovo della presenza di Martin perché nel tentativo di abbracciare il figlio le loro teste cozzarono.

“Tu chi sei?” lo apostrofò dura la madre.

“Non è Attilio. Dov'è Attilio?” ripeté come una cantilena il ragazzo. “Mi sono svegliato dal sonno, perché pensavo che Attilio volesse baciarmi.” ricordò sforzandosi.

Martin si sentiva sulle spine: era peggio essere entrato per rubare, o aver attentato alla virtù del ragazzo?

“Tecnicamente è lui che ha baciato me.” puntualizzò, sperando che almeno da quel punto fosse in regola “Mi sono avvicinato per osservarlo meglio e mi sono trovato avvinghiato. Anzi, per cortesia, potreste liberarmi?”

“Io non ti sto tenendo!” esclamò Roberto, alzando la voce, o almeno credendo di farlo. Il risultato fu un soffio appena più potente.

Intervenne il dottore, che cercò di disincagliare gli arti di Roberto strettamente avvinghiati alla schiena di Martin.

“Può succedere che ci siano dei movimenti involontari del corpo, dopo mesi di immobilità.” alla fine scosse la testa “No, così rischiamo di lesionare i muscoli e rompere un osso. Dobbiamo dargli un miorilassante, ma prima avvertirei la clinica del suo risveglio. Non voglio dargli medicinali senza il loro consenso.”

Martin capì con terrore che sarebbe rimasto in quella posizione per troppo tempo e si demoralizzò. Avrebbero chiamato la polizia, sarebbe finito ancora dentro e gli avrebbero dato qualche anno. -Brutto Martino!- accusò, usando il nome che dava al proprio membro -Per colpa tua sono finito nei guai.-

 

 

 

 

“Dov'è Attilio?” chiese con un filo di voce Roberto.

La madre inghiottì un paio di volte prima di rispondere, sperando che la voce non gli si rompesse per l'emozione.

“Non ho fatto che parlartene per tutto il periodo in cui sei stato male. Ti ho anche letto le sue lettere.” Inghiottì di nuovo “Lo hanno spedito in Bosnia per la guerra.”

Martin sentì lo sguardo perplesso di Roberto su di sé, come per avere conferma di quello che la madre stesse dicendo la verità.

“Ehm, forse in Afganistan, signora.” intervenne, cominciando a intendere che la donna aveva inventato tutto per nascondere al figlio che il suo fidanzato lo aveva lasciato durante il coma.

“Tu taci!” lo apostrofò dura lei “Appena arriveranno le forze dell'ordine, la smetterai di fare lo spiritoso.”

I carabinieri, chiamati immediatamente dopo la clinica, arrivarono prima di loro poiché avevano una pattuglia in zona. Benché non fossero famosi per la loro propensione al riso, trovarono molto comica la posizione in cui versava il malcapitato e non riuscirono a trattenersi al fare delle battute rivolte a lui, mentre lo identificavano.

“E poi fanno le battute su di noi.”

Nel frattempo, Roberto taceva e cercava di distogliere lo sguardo da Martin il che era piuttosto complicato, visto che lo aveva proprio sopra.

“Mi dispiace che tu sia finito nei guai.” disse, poco prima che i sanitari entrassero nella stanza “Ho creduto di sentire la voce di Attilio che mi chiamava e invece eri tu. Ho aspettato tanto il suo ritorno, forse non volevo svegliarmi perché sapevo che non era più accanto a me.”

“Fattelo dire, quello è davvero un deficiente.” Martin lo pensava sul serio. Roberto era pallido come un cencio ed era bello comunque. Cercò di immaginarlo in forma, abbronzato, felice e Martino reagì alzando la testa.

Roberto sorrise delle scusa di Martin per la sua reazione e le sue braccia, un attimo prima immobili, tornarono a muoversi e attirò ancora a sé il ragazzo, affondò le mani nei suoi folti capelli. Si baciarono ancora, fregandosene se erano presenti i medici, i carabinieri, a madre e la sorella che cominciò ad applaudire. Gli uomini dell'ordine pubblico erano in procinto di intervenire, ma la signora De Santis li trattenne.

“Ehm, è possibile che ritiriamo la denuncia.” annunciò “In fondo, se non fosse stato per lui, non sappiamo quanto tempo Roberto sarebbe rimasto in coma. Lo arresterete la prossima volta.”

I carabinieri scossero la testa e si avvicinarono.

“Ehi, Fortunello, per questa volta ti sei salvato, ma credo proprio che ci rincontreremo.” Intanto osservavano il pad che gli era stato consegnato solo qualche giorno prima, un nuovo computer portatile che consentiva di identificare al volo le impronte digitali. Il giovane era schedato e da come era partito, non ci sarebbe mancato molto al prossimo passo falso.

I due, intanto continuavano imperterriti a baciarsi e la madre, che un attimo prima lo aveva trattato male, ora si sentì sollevata, sperando che non fosse un'altra storia deludente.

“Beh, forse non è atletico come il pompiere, ma sembra che non baci affatto male.” intervenne Cosetta, la sorellina. “Ma forse, dopo più di due anni di coma, anche un criceto sarebbe stato il benvenuto.”

“Cos, ti prego, non rovinare questo momento!” La madre si teneva la testa, come se tutta tensione che aveva trattenuto in quegli anni, fosse esplosa al momento. Un attimo dopo le sue gambe avevano ceduto e si era trovata fra le braccia di uno dei medici che erano giunti per soccorrere Roberto. Vedendo la scena, avevano deciso di aspettare e intanto si presero cura della donna. La signora non voleva abbandonare suo figlio nelle grinfie della sorella, ma non poté che abbandonarsi. Dopo un lungo momento e due si separarono e, con stupore, Martin si accorse che non c'erano più i carabinieri.

“Dove sono finiti?”

La ragazzina rise di cuore.

“Mamma ha ritirato la denuncia. Per questa volta ti sei salvato il culo.”

Martin si alzò da sopra Roberto, ormai libero, ma senza lasciare le sua mani.

“Forse è meglio che me ne vada prima che cambi idea.”

“No, ti prego, rimanimi accanto. Non mi abbandonare anche tu.” lo implorò il ragazzo steso ancora nel letto.

“Mi dispiace, ma è molto meglio per te se ti trovi un ragazzo più serio.” cercò di spiegare “Io faccio una vita troppo pericolosa.”

E scappò prima che qualcuno potesse anche solo pensare di fermarlo. Sulla porta incontrò un uomo che entrava con il fiatone. Immaginò si trattasse del padre di Roberto. Cercò d'informarsi della salute del figlio, ma Martin non aveva tempo e uscì da quella villa malefica. Una settimana sprecata e non aveva ancora i soldi da dare al Viandante.

 

 

 

 

 

Due giorni dopo, fu intercettato dai carabinieri che lo stavano per arrestare in casa De Santis.

“Hanno cambiato idea e vogliono denunciarmi?” chiese Martin.

“Non proprio. A quanto pare loro figlio si rifiuti di seguire qualsiasi tipo di terapia riabilitativa, se non sei presente e ci hanno chiesto di rintracciarti. Sono disposti a pagarti molto bene, se rimani al suo fianco.”

Martin abbassò lo sguardo a terra e ripensò al bacio che si erano scambiati. Era stato genuino e senza secondi fini.

“Non so. Non trovo giusto farmi pagare per una cosa del genere.”

“Fai quello che vuoi, ma abbiamo indagato e i nostri informatori ci hanno detto che devi un sacco di soldi al Viandante e ultimamente non ti è andata molto bene con i colpi. Hai perso lo smalto. Forse è una buona scusa per cominciare a guadagnarti soldi in maniera onesta.”

Martin scosse la testa in maniera sconsolata, ma accettò. Non certo per i soldi, per guadagnare il necessario ci sarebbero voluti almeno vent'anni, senza contare gli interessi che levitavano ogni minuto che passava. Il suo desiderio era di rivedere Roberto e di parlargli. Non aveva pensato che a lui e al bacio che si erano scambiati e pensava che sarebbe stata un'ottima scusa per passare del tempo con lui.

Chiamò il numero che i carabinieri gli avevano lasciato e chiese alla segretaria del signor De Santis quando poteva cominciare. Lei, che era stata avvertita della possibilità della chiamata, lo invitò a trovarlo il giorno stesso alla clinica privata in cui il ragazzo era ricoverato. Tutti erano stati avvertiti del suo arrivo. Non era passato neppure un minuto da quando aveva interpellato l'infermiera dello sportello, che già era davanti alla sua porta. Non sapeva se era il caso di bussare e infatti alla fine decise di entrare senza avvertire. Roberto stava dormendo. Era ancora molto pallido, ma almeno non attaccato a una macchina. Lo osservò un bel po', indeciso se manifestare la propria presenza. Poi si avvicinò e gli accarezzò delicatamente la testa con la mano. Quel movimento lo sveglio e nel trovarlo al suo fianco sorrise.

“Oh, ciao. Non pensavo che saresti venuto. La mamma mi ha spiegato che hai delle pendenze con la legge.” disse accogliendolo.

“Devo dire che quando lei vuole qualcosa, fa di tutto per ottenerla. In realtà, sono contento di avere una scusa per incontrarti ancora. Mi è dispiaciuto lasciarti così.”

“Ti ha chiesto lei di venire qui?” Il suo viso si rabbuiò “Sono riuscita a scucirle la verità su Attilio. Mi ha lasciato dopo appena due mesi di coma. I miei l'hanno pregato tanto, almeno di venire a trovarmi ogni tanto, parlarmi. Se penso che l'anno prima, quando gli ho rivelato di essere gay, avevano minacciato di diseredarmi. Quell'incidente, in fondo, mi ha portato fortuna. Ha aiutato me a capire che il mio ragazzo era un disgraziato e i miei a comprendere che c'è di peggio nella vita.”

Martin abbassò lo sguardo e sentì che non poteva andare lì tutti i giorni, come voleva la madre, senza dirgli la verità. Quindi, dopo aver respirato profondamente, gli raccontò tutto.

“Quindi la mamma ti sta pagando per passare del tempo con me. E perché me lo racconti? Non saresti entrato nella villa, se non avessi bisogno di soldi.”

“Non guadagnerei abbastanza per ripagare i miei debiti, non in tempo perché non mi rompano comunque un braccio, o qualche dito. Volevo solo rivederti e mi sembrava un'ottima scusa.”

Roberto abbassò lo sguardo e fissò i propri piedi coperti.

“Vuoi metterti con me?”

Martin alzò un ciglio: sembrava uno fissato con le relazioni fisse. Forse Attilio sarebbe scappato comunque, se non fosse stata per causa dell'incidente.

“Pensavo più a una sveltina, in un futuro, quando starai meglio. Ho una vita movimentata, devo dei soldi a uno strozzino e non credo che i tuoi sarebbero felici se ti legassi a una persona che potrebbe metterti in pericolo.”

“Mia madre bacerebbe la terra su cui cammini. I medici dicono che è stato merito tuo e del fatto che ti ho scambiato per Attilio, se mi sono svegliato. Ma se non vuoi una storia, non credo che tu sia adatto a me. Usi il fatto di essere un disadattato per non avere una storia vera. Se vuoi continuare a farmi da babysitter, fai pure, ma non avrai altro da me.”

Martin si chiese se avesse ragione e se davvero non fosse solo una scusa. Non si era mai impegnato per tenersi un lavoro, o un ragazzo, o una casa. Era una specie di nomade che usava la criminalità per non sentirsi responsabile di nulla, non per guadagnarci.

“Tu mi piaci davvero, sono rimasto come fulminato da te, ma non so se sono pronto per mettere la testa a posto.” confessò “Però vorrei tentare, se non ti dispiace avere un ragazzo censurato, senza un euro e che, se mai dovesse trovare un impiego, per molto tempo dovrà usare il suo stipendio per pagare uno strozzino, sperando che non aumenti troppo il debito.”

“Non facile, direi.” ammise Roberto “Prima di risponderti, vorrei che mi baciassi ora che sono nel pieno delle mie facoltà mentali.”

Martin non se lo fece ripetere due volte e, prima che l'altro cambiasse idea, si fondò su di lui e sulle sue labbra come un avvoltoio sulla sua preda, come un assetato alla fonte di un'oasi. Questo bacio durò parecchio e entrambi se ne distaccarono con un sorriso ebete.

“Direi che è molto meglio di quanto ricordavo e già mi sembrava buono.” Roberto si appoggiò sul suo petto, respirando a fatica per quanto era rimasto in apnea, ma felice “Mi fa venire voglia di provare il resto.”

“Per quello credo sia meglio attendere un po' più di intimità.” rise Martin stringendolo di più a sé, sperando di fare la cosa giusta. Voleva tentare di avere una vita normale. Non sapeva se ci sarebbe riuscito, anzi la sua testa già gli diceva che non avrebbe resistito e che sarebbe scappato prima di una settimana. Ma chi non risica non rosica, diceva il proverbio, e lui aveva una gran voglia di assaggiare il delizioso pasto che gli veniva servito.

“Non sono abituato alle relazioni serie.” preferì avvisare “Potrei non essere adatto.”

Con sospiro profondo, Roberto si arrese. Se lo voleva, doveva accettare che potesse darsela a gambe. Beh, in fondo la vita era anche rischio, e non sarebbe stata divertente se tutto fosse stato programmato in ogni aspetto. Un secondo bacio suggellò il loro patto di tentare di avere una relazione, la storia avrebbe loro detto se avevano fatto bene.

 

 

 

 

  
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