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Autore: elegia85    15/04/2009    5 recensioni
Faccio il killer di professione. Ed è difficile da credere. Anche per me.
Genere: Generale, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"IL RINOCERONTE BIANCO"


Faccio il killer di professione. Ed è difficile da credere. Anche per me. Del resto la mia faccia pulita non lo lascerebbe in alcun modo paventare. Eppure…
È difficile anche da credere la notizia che gira vorticosamente da ieri per tutte le strade: sarebbe entrato un rinoceronte bianco in città, e terrorizzerebbe la gente, oltre ad aver già ucciso un paio di persone incautamente avvicinatesi al raro esemplare. Sarebbe difficile da credere tutto questo, se proprio ora non ce l’avessi davanti. O meglio: sotto gli occhi.
Sta beatamente passeggiando sotto l’hotel in cui mi trovo, e dalla finestra della mia stanza lo scorgo nitidamente. Così bianco, bello, maestoso. Eppure così mostruosamente pericoloso.
Mi assomiglia, in fondo. Non penso di essere troppo diverso da lui.
Nella palazzina di fronte alla mia, al quarto piano, c’è una bellissima ragazza. È da quando sono entrato in questa squallida stanza che la spio. Mi fa impazzire il suo modo teatrale di indossare le calze; e poi il fatto che gira sempre mezza nuda in casa devo ammettere che rappresenta un ottimo motivo per rinunciare al riposo notturno. Comunque non la sto spiando solo per appagare delle mie voglie. Lo faccio per lavoro. Lei sarà la mia prossima vittima.
Intanto tutti sono presi dal rinoceronte. Non c’è finestra che dia sulla via a non avere qualcuno affacciato: un terribile e fastidioso bisbiglio di fondo. E giù, noncurante dei mille sguardi che lo circondano, c’è lui: il rinoceronte bianco. Voluttuoso, apatico, sornione. E lento. Di fronte a lui c’è un ragazzo, intorno ai trent’anni forse. Immobile. Con la busta della spesa in mano, bardato a puntino per il gelo; bloccato dalla paura. Sembra un fermo-immagine. Non si muove niente, eppure a me, in mezzo a tanto brusio ed alle prime urla di terrore, sembra di sentire il suo cuore battere a folle velocità. E tutto ciò peggiora la mia emicrania.
Una vecchia urla con tutta la voce che ha in corpo dall’ultimo piano di una palazzina. E dire che neanche lo conosce quel ragazzo in pericolo. Ma sapete com’è, certa gente vive anche per gli altri. E fa molto male a farlo.
La nonna del ragazzo – e sì, perché è un giovane orfano che vive con l’anziana nonna – invece è bella che svenuta. La sua è l’unica finestra dalla quale non si sporge anima viva.
Io intanto sto preparando il mio fucile. Lo sto montando sopra il treppiedi, con la solita cautela ed i soliti tempi lenti, quasi a voler consumare un rito liturgico che custodisce geloso migliaia d’anni di tradizione. La mia bella vittima sta praticamente in posa alla finestra. Immobile, preoccupata per il ragazzo in strada. Incapace di scorgermi.
Il mirino è sempre l’ultimo pezzo che monto: una specie di imprimatur, un sigillo, la firma all’opera d’arte. Ed eccola pronta, la mia creatura. Fredda, preziosa e muta. Con meno paura di me e meno scrupoli. Incapace di guardare, ma infallibile nel vedere. E prendere la mira.
Il rinoceronte, intanto, ha iniziato anche lui a fissare il ragazzo che ha di fronte. E cade la neve. Sembra di stare dentro ad un mondo artificiale: il silenzio dei fiocchi di neve che cadono per terra e le urla ed i bisbigli del pubblico non pagante. Credo che forse il mondo è solo una palla di vetro che ogni tanto si rovescia, e fa cadere la neve. E nessuno sente niente, nessuno sente dolore da fuori.
Il tempo è fermo, come le lancette dell’orologio appeso nella mia stanza. Ad un tratto anche la gente affacciata comincia a tacere.
Il lento e soffice cadere della neve sporca di bianco gli occhi del rinoceronte, e raffredda le labbra secche del ragazzo che guarda in faccia il suo futuro carnefice. Neanche una sirena, da lontano.
La mia, di vittima, è invece trepidante, ed affacciata dal balcone offre ai miei occhi uno spettacolo grandioso: ho deciso, le sparerò in mezzo ai seni. Oggi sarà giorno di mattanza.
Nel frattempo il rinoceronte ha iniziato a muoversi minaccioso, avvicinandosi lentamente ma con fare incombente al ragazzo terrorizzato. Dal mirino si vedono pure le lacrime scendergli dagli occhi, e gelarsi sul viso.
Ma eccolo che parte il rinoceronte. All’attacco! Ed il mio dito inizia a premere il grilletto: l’occhio sinistro stretto e quello destro addossato al mirino legge le sorti della mia vittima.
Tutto si consuma in un istante. Un istante non è nulla: non è un secondo, non è un giorno, non è un metro, non è Dio. Un istante è un nulla.
E in un nulla il rinoceronte cade in terra, macchiando col suo sangue la neve immacolata.
Il ragazzo non capisce cosa sia successo, e scappa via a gambe levate. La gente, in un mutismo mistico, alza le proprie teste e mi cerca con lo sguardo.
Io con un occhio guardo il povero rinoceronte a cui ho sparato, e con l’altro fisso la scollatura della ragazza che avrei dovuto uccidere. Lei, preziosa ed unica, mi guarda. Forse con gratitudine.
Ma in fondo chi me lo fa fare di separare due seni così belli…?



  
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