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Autore: Proserpyne    13/06/2016    0 recensioni
"Le bionde trecce gli occhi azzurri e poi" canta Battisti nella sua canzone; in questa storia,però, la bambina diventata donna senza accorgersene ha la chioma fulva e gli occhi di cioccolato. Il suo nome è Olivia e,insieme al suo compagno di infanzia, fra corse per i campi, pomeriggi al mare e un addio inaspettato, capirà veramente cosa vuol dire crescere.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Piccola premessa: ci tenevo a precisare che la storiella che segue è stata scritta quasi tre anni fa; ho voluto mantenere il più possibile la forma originale, apportando qualche variazione e correzione qua e là. Chiedo perdono, perciò, per l'ingenuità con la quale è stata scritta e la eventuale scarsezza di profondità psicologica dei personaggi o dettagli. Nulla toglie che in futuro possa riprendere la vicenda e creare qualcosa di più sostanzioso, ma so che la me di tre anni fa avrebbe voluto che "La canzone del sole" venisse pubblicata nella sua forma originale comunque. Detto ciò, buona lettura
                                                                                                                                                                        Spirit of the Mountain


La canzone del sole
 
  C’era un casolare abbandonato nella campagna della Toscana occidentale; i suoi unici abitanti erano i topi e le rondini che nidificavano negli spazi lasciati dai mattoni crepati. Era il luogo segreto dove due bambini passavano insieme l’ infanzia fra giochi e corse. Olivia e Arturo, figli di contadini di un paesino, erano amici inseparabili da sempre; erano cresciuti insieme come fratello e sorella, pur essendo molto diversi: la bambina, dalla chioma rossa e gli occhi nocciola, aveva uno spirito  ribelle ed era sempre in movimento, mentre il compagno, capelli marroni e sguardo azzurro, era fra i due quello più responsabile e riflessivo. I bambini trascorrevano i pomeriggi d’estate a esplorare la casa abbandonata e a scoprirne come avventurieri i tesori; la sera giocavano insieme in una delle due case correndo per i campi dei genitori o inseguendo i gatti e le varie bestiole che affollavano le cascine.
  Non sapevano cosa fosse il dolore e la tristezza: erano solo due fanciulli al massimo della  vitalità che non si curavano di ciò che non apparteneva al loro mondo infantile.
  Olivia era sempre allegra: tutto il paese riconosceva quel faccino lentigginoso sempre incorniciato da due trecce e gli abitanti volevano bene  alla bambina che la domenica a messa saltellava in ogni dove per salutare amici e parenti, dispensando sorrisi a tutti. Arturo era un giovanotto simpatico e, a differenza dell’ amica, aveva un gran senso della responsabilità; cercava di comportarsi sempre nel miglior modo possibile e di aiutare gli altri.
  Uno dei loro passatempi preferiti era quello di andare a nuotare nel torrente del paese: coperti dall’ombra degli alberi, i bambini giocavano nell’acqua schizzandosi e facendo gare di velocità, nelle quali vinceva quasi sempre Arturo, facendo così arrabbiare moltissimo Olivia, che metteva il broncio. L’arrabbiatura non durava molto e ben presto erano di nuovo insieme a scherzare e a spruzzarsi.
  Quando furono più grandi i genitori permisero loro di fare delle brevi gite al mare, che distava poco tempo dal paese: ogni domenica i ragazzini montavano sulle loro biciclette e pedalavano fino alla spiaggia. Passavano così i pomeriggi fra le onde scure e quando erano stanchi si lasciavano cadere sulla sabbia; il ritorno era accompagnato dalle chiacchiere e dalle risate.
  A volte trascorrevano i pomeriggi semplicemente restando seduti all’ombra delle querce, le bici abbandonate nei campi: solitamente Arturo rimaneva sdraiato a fischiettare con una spiga di grano in bocca, mentre Olivia creava coroncine  con fiordalisi e papaveri.
  Il tempo volava e, fra giochi e divertimenti, i due amici divennero ragazzi: fu all’arrivo dell’ adolescenza conobbero per la prima volta la tristezza. Infatti, al padre di Olivia era stato offerto un lavoro nelle Marche che lo avrebbe occupato per molti anni; la famiglia della ragazza stava passando un periodo di ristrettezze economiche, perciò dovette accettare: ciò significava che si sarebbe dovuta trasferire in un’altra regione finche non sarebbe finito il periodo lavorativo. Per i due amici dividersi fu l’esperienza più dolorosa che avessero mai  affrontato: erano sempre stati insieme e non riuscivano a pensare di non potere più vedersi. La sera della partenza si salutarono fra le lacrime: la stazione era pressoché deserta quando arrivò il treno che avrebbe diviso i due compagni. Olivia salutò l’amico un’ultima volta, poi salì: le lunghe trecce e le calze rosse sotto il vestito azzurro la facevano sembrare ancora una bambina, benché avesse ormai sedici anni. Ci fu uno sbuffo di fumo, poi Arturo rimase a fissare le rotaie in solitudine.
  I giorni che seguirono furono molto difficili per il ragazzo ma ben presto ci pensarono gli impegni della vita adulta a distrarlo dai suoi dolori: iniziò a lavorare in una fattoria del paese e a prendersi cura del casolare di Olivia; conobbe la fatica e il lavoro ma, al tempo stesso, divenne consapevole della sua forza e della sua costanza. Crebbe e divenne un giovane volenteroso: il bambino impacciato del passato si trasformò in un uomo forte e buono.
  A volte, nei ritagli di tempo, in sella alla bicicletta si trasportava fino al mare: lì, nelle spiagge che ricordavano i giochi infantili, si metteva a pensare all’amica lontana e si chiedeva quando l’avrebbe vista di nuovo.
Passarono così cinque anni: le lettere che Olivia mandava, molte all’inizio della partenza e sempre di meno con il passare del tempo, assicuravano che la ragazza stava bene, ma che le mancava il luogo natale. I messaggi divennero sempre più radi e Arturo, che aspettava con impazienza, iniziò a pensare che l’amica non sarebbe più tornata . Un giorno arrivò una lettera che comunicava la fine del periodo di lavoro del padre di Olivia e il ritorno della famiglia. Il giovane era fuori di sé dalla gioia: dopo anni avrebbe finalmente rivisto la compagna di infanzia!
   Il giorno dell’arrivo andò ad aspettarla in stazione e ,quando il treno arrivò e riversò la folla sulla passerella, Arturo dovette mettersi in punta di piedi per cercare la famiglia dell’amica. Non c’era traccia di Olivia e il ragazzo iniziò a preoccuparsi. Quando poi, seguita dai genitori, la vide, Arturo stentò a riconoscerla: la ragazza o, meglio, la donna davanti a lui camminava con passo deciso e sguardo fiero; i bei capelli rossi le arrivavano al mento; gli abiti fanciulleschi avevano lasciato il posto a un elegante abito color cioccolato dal quale spuntavano lunghe gambe dalle calze viola. Le ci volle un po’ per individuare l’amico, poi i grandi occhi marroni le si illuminarono e corse ad abbracciarlo. Arturo rimase spaesato nello stringerle  la vita sottile: la ragazza era avvolta da un profumo strano che lo stordiva e lo inebriava. Il giovane si stupì nel vedere il sorriso sicuro di Olivia: il volto dai lineamenti infantili aveva acquisito fattezze morbide e decise allo stesso tempo; le lentiggini illuminavano la carnagione pallida, donandole un’aria intrigante e affascinante. Arturo, ancora frastornato, accompagnò l’amica e la famiglia fino alla cascina.
  Quella sera i due giovani vollero andare in uno dei posti di infanzia: il ragazzo osservava di sottecchi l’amica camminare con passo elegante nei campi. I giorni in cui correvano spensierati per i prati erano finiti: la donna davanti a lui non aveva niente della leggerezza della bambina degli anni passati. Si ritrovarono seduti sotto il loro albero, un ciliegio sul limitare del prato: Olivia raccontò degli anni in città passati a studiare letteratura e a lavorare  in una profumeria, mentre Arturo le parlò dell’estati trascorse a lavorare nella cascina. La ragazza lo guardava gesticolare: era cambiato molto ed era diventato un uomo sicuro e forte. Gli occhi azzurri risaltavano grazie al colorito scuro della pelle bruciata dal sole e ai capelli scuri, conferendo eleganza al fisico virile.
  Il papavero che Olivia teneva fra le labbra dischiuse cadde:  Arturo smise di parlare quando sentì la mano fine della ragazza sfiorargli il collo e salire al viso; rimase immobile quando l’amica d’infanzia si avvicinò e gli baciò le labbra. Olivia si ritrasse indispettita nel vedere la faccia stupita dell’amico e si alzò con un’espressione imbronciata.
“Sei cambiata”. I lineamenti della ragazza si inasprirono.
 “Sono una donna, ormai” disse semplicemente e se ne andò. Arturo rimase a fissare la figura scura che si allontanava. In un momento, la sua mente fu affollata da immagini, suoni, sensazioni dell’infanzia: i giochi, il buio del casolare abbandonato, il sole sul verde dei prati, l’acqua dei pomeriggi al mare, le lunghe trecce color del tramonto di Olivia … Per la prima volta si accorse che tutto ciò era finito per sempre: davanti a lui si prospettava un futuro dalle sfumature accese come i capelli della donna e luminoso come i suoi occhi. Si alzò e raggiunse l’amica: non aveva più senso rifugiarsi nel passato.
 
   
 
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