= Soap Opera -parte
I =
Spear sollevò gli occhi
stanchi dall’ordinato mazzo di
fogli, rendendosi conto solo in quel momento di essere rimasta di nuovo
in
ufficio fino a un orario indecente.
Un
medico, anche affermato, che prendesse seriamente il
proprio lavoro non finiva mai di studiare e aggiornarsi, e lei aveva
finito per
concentrarsi così tanto nell’esame approfondito di
dieci differenti casi di
Sindrome di Tera’shat da non rendersi conto di aver fatto le
due e mezza di
notte.
Il
suo turno sarebbe cominciato tra meno di sei ore: non
valeva neppure la pena tornare a casa. Fortunatamente per lei, in
quella
clinica gli uffici dei medici possedevano un bagno con doccia annesso,
e Spear
era stata tanto lungimirante da comprare un divano letto a una piazza e
mezza
proprio per simili evenienze, oltre ad avere sempre appresso dei cambi.
Stava
per alzarsi dalla scrivania, quando il suo
comunicatore personale iniziò a vibrare. Erano poche le
persone che sapevano
come raggiungerla su quello -le altre chiamate arrivavano sulla linea
diretta
dell’ufficio o le venivano passate dal centralino della
clinica- e Spear sapeva
di non poter ignorare nessuna di esse, orario indecente o meno.
Soprattutto in quel caso specifico.
«dimmi».
‒ credo
che stavolta ci siamo.
Spear
non credeva negli Dei, aveva smesso da quando aveva
quindici anni, ma se così non fosse stato probabilmente li
avrebbe ringraziati.
«perfetto, Elaja. Dimmi tutto».
Elaja
era la dottoressa nella piccola armata del giovane
capitano Kozmotis Pitchiner. Era un’ex specializzanda di
Spear, molto in gamba,
che in seguito lei ed Aleha avevano frequentato al di fuori del lavoro.
Quando era stata spedita al fronte, e proprio in
quell’armata, Spear le aveva chiesto di tenere
d’occhio Kozmotis -per quanto le
era possibile- e riferirle qualunque cosa potesse risultare utile al
raggiungimento del suo obiettivo: dividerlo da sua sorella.
Ovviamente
non le aveva chiesto di farlo gratis. Elaja
avrebbe lasciato il fronte volentieri, nella clinica dove Spear
lavorava al
momento c’erano un paio di posti vacanti, e lei era certa che
il direttore
avrebbe dato ad una qualunque sua proposta la massima considerazione
possibile:
questo non solo per la sua indubbia bravura di medico, ma anche
perché aveva
iniziato a lavorarselo a dovere appena arrivata nella struttura.
Coloro
che tendevano credere nell’importanza di certi valori
morali avrebbero potuto trovarlo riprovevole, ma gli Dei non erano la
sola cosa
in cui Spear, sempre a quindici anni, avesse smesso di credere.
Si era detta che anche se la loro madre si era lasciata
andare del tutto, abbandonando il lavoro e anche loro due a se stesse,
il tenore di vita di Aleha
non
avrebbe mai dovuto cambiare in peggio, neppure minimamente; per tale
motivo,
quando i soldi che era riuscita a raccogliere con ognuno dei lavori
part-time
che aveva trovato -oltre al vitalizio destinato alle vedove di guerra-
non
erano stati sufficienti, Spear
aveva
fatto in modo di trovarne con degli…extra
di tipo tristemente particolare.
Tuttora non sapeva se Aleha avesse intuito qualcosa, ma se
anche l’aveva fatto non aveva mai voluto parlarne, e tanto
meglio così.
Poi
la sua carriera era decollata, e attualmente stava
procedendo veloce quanto quella di Kozmotis in campo militare, ma quel
periodo
buio l’aveva plasmata irrimediabilmente in un certo modo;
indi, dove competenze
e professionalità non aumentavano la sua influenza, non si
faceva scrupoli a
utilizzare altri mezzi.
‒
stasera i soldati
avevano la libera uscita, e gli ufficiali avevano in programma di
andare in un
bordello travestito da locale notturno qualunque...
«ed
è andato lì anche
lui?»
Forse
Elaja aveva ragione, e quella era veramente la volta
buona. Però doveva ammettere di essere un
po’sorpresa perché, dopo tutta la
lealtà che Kozmotis professava ad Aleha, tutto avrebbe
pensato meno che finisse
col tradirla in modo così palese e grossolano.
‒
sì. Però è tornato
prima degli altri. A quanto diceva, a lui era sfuggita la parte del
“bordello
travestito”, probabilmente perché conoscendolo i
suoi commilitoni non
gliel’avevano detto e basta, e quando ha capito dove si
trovava realmente non
ha voluto saperne…ma lui è effettivamente andato
in quel posto, ci è rimasto a
sufficienza da avere il tempo materiale di intrattenersi con una
lavoratrice, e
causa solidarietà maschile le testimonianze dei suoi
colleghi non sono granché
attendibili. Personalmente gli credo senza dubbio alcuno, sapendo che
tipo di
persona è, ma non ho prove concrete che dimostrino la sua
innocenza.
«appunto.
Mi raccomando, quando Aleha ti contatterà per
chiederti conferma, perché ovviamente lo farà, tu
evita di dire che lo ritieni
innocente» disse, con un tono abbastanza neutro
«Elaja, ti ringrazio. Ci
vediamo qui in clinica tra una settimana, massimo due».
‒ sono io che
ringrazio te. Non vedo l’ora di andarmene di
qui…del resto stare al fronte non
è qualcosa che ho scelto io.
«posso
immaginarlo. A presto».
Si
alzò e interruppe la comunicazione, sentendosi
quasi sollevata per qualche breve
istante. Tuttavia, già
prima di andare sotto la
doccia, si rese conto che era ancora lontana dal poter cantare
vittoria. Non
sarebbe stato saggio farlo, almeno fino a quando non avesse sentito
Aleha dire
addio a quello stupido ragazzo, e magari l’avesse
rimpiazzato.
Per
folle che potesse sembrare, Spear aveva iniziato da
tempo a dare un’occhiata ad alcuni possibili candidati: tra questi c’era
un neurologo di un anno più
giovane di lei, che lavorava in quella stessa clinica, che ovviamente
già
conosceva entrambe, e che inizialmente aveva fatto una corte discreta
ad Aleha.
Non era un tipo appiccicoso ed insistente, e aveva desistito appena lei
gli
aveva detto di essere impegnata…ma a breve quello non
sarebbe più stato un
problema.
***
«sono
tornata!» annunciò Aleha entrando in casa. Era
un’abitudine che aveva preso anni addietro, e non
l’aveva ancora persa benché
spesso si trovasse ad annunciare il suo arrivo a una casa vuota.
«Spear, ci
sei?...»
La
sera prima sua sorella non era tornata a casa, ma la cosa
non l’aveva stupita più di tanto. Aveva intuito
come sarebbe andata da quando
le aveva domandato “oggi torni?” e lei, senza
sollevare lo sguardo da quel che
stava facendo, aveva risposto “mh”. Probabilmente
non l’aveva neppure sentita,
com’era successo altre volte.
«sì,
ci sono. Vieni in cucina, la cena è in tavola».
Tolti
cappotto e scarpe, Aleha raggiunse la sorella in
cucina. «ieri sera mi avevi detto che saresti tornata a
casa».
«ah
sì?» ecco, appunto: non l’aveva neppure
sentita!
«scusami, mi sono messa a esaminare alcuni report dei casi di
Sindrome di
Tera’shat, e sai com’è che vanno a
finire queste cose. Probabilmente avrei
continuato fino a chissà quanto, se non avessi ricevuto una
chiamata da
Elaja…ricordi Elaja, giusto?»
Ovvio
che la ricordava, ogni tanto si
sentivano tuttora.
Magari Aleha non aveva un comunicatore personale come quello di sua
sorella
-aveva solo un cercapersone- ma c’era sempre la linea fissa
di casa. «certo,
anche se non parlo con lei da un po’. Dovrei proprio
chiamarla appena
possibile! Come sta? Da quel che hai detto mi è parso di
capire che ti abbia
chiamata a un’ora piuttosto tarda…»
osservò la ragazza, leggermente allarmata.
«sì,
è così. Nulla di che, lei sta bene…per
bene che si
possa stare al fronte, ovviamente».
Qualcosa
non andava: mentre aveva
parlato, Spear non l’aveva
mai guardata in faccia, e ciò non prometteva nulla di buono.
«di Kozmotis ha
detto nulla?»
«mh».
Prima
non la guardava negli occhi,
ora esitava a
risponderle: cosa accidenti stava succedendo? «Spear, gli
è successo
qualcosa?!»
«Kozmotis
sta
benissimo e si diverte anche, da
quel
che mi ha detto. Non preoccuparti per lui. Mangiamo?»
La
risposta della sorella le diede
sollievo solo in parte,
perché aveva percepito la sottile venatura di disprezzo con
cui aveva
sottolineato quel “si diverte”. C’era
qualcosa riguardante il suo ragazzo che
lei non sembrava volerle dire, e questo stava iniziando a darle una
certa
ansia. «mangerò solo quando mi dirai quello che
non vuoi dirmi, qualunque cosa
sia!»
Spear
sollevò finalmente
gli occhi dal piatto. «io te lo
direi, ma trattandosi di quel ragazzo tu non mi crederesti a
prescindere.
Quindi a che pro?»
«tu
intanto parla, poi se
crederci o meno lo deciderò io»
ribatté Aleha «ma non puoi lanciare il sasso e
nascondere la mano».
«io
non ho lanciato sassi
né nascosto mani. Tu domandi, io
rispondo».
Iniziava
a temere il peggio, anche se
non era ancora in
grado di dargli una forma. Cos’aveva combinato Kozmotis
perché Spear, col
carattere che aveva, fosse così reticente? Se non parlava
poteva esserci un
solo motivo, ossia perché temeva di ferirla, e non poco.
«e allora rispondimi
anche adesso! Cosa ti ha detto Elaja?!»
Davanti
alla sua testardaggine, dopo
un’ultima esitazione,
Spear parve rassegnarsi. «Aleha, premetto che nonostante quel
che ho saputo non
penso che lui sia cattivo. È un ragazzo di diciotto anni,
quindi ha i suoi
bisogni, i suoi istinti, voi due vi
vedete molto poco, per cui è ovvio che lui finisca
per…insomma, non so quanta
lealtà si possa pretendere da un militare diciottenne in
missione. Certo, lui
avrebbe potuto essere più onesto con te e ammettere di non
volere una relazione
che prevedesse reciproca fedeltà a livello fisico,
invece di professarti lealtà, rassicurarti di pensare e
volere solo te, mentre
poi…»
Aleha
iniziò a capire dove
Spear voleva andare a parare,
tanto che sentì il bisogno di sedersi. Non poteva
né voleva credere a quel che
stava sentendo. Doveva esserci uno sbaglio, non era possibile: lei e
Kozmotis
si erano sentiti solo tre giorni prima, e lui le aveva fatto proprio
tutte
quelle rassicurazioni di cui Spear aveva parlato. Non poteva essere
stato con
un’altra ragazza, o forse anche più di una. Non
era nella sua natura, e
comunque non vedeva dove avrebbe potuto trovarne una laggiù,
in missione.
A parte Elaja stessa.
E le infermiere.
E magari, nelle rare sere di libera
uscita, le lavoratrici
di qualche locale notturno, o di un…no!
Impossibile.
«non
mi ha
tradita».
Spear
poggiò una mano
fredda sopra la sua. «ti avevo detto
che non mi avresti creduta. Elaja mi ha detto che lui e gli altri
ufficiali
avevano la libera uscita, e sono andati tutti quanti in un bordello.
Lui è
tornato prima degli altri, ma ha avuto tutto il tempo di fare quel che
si va a
fare in certi posti».
«no!»
gridò la
ragazza, sbattendo un pugno sul tavolo «io non ci credo, non
è possibile, non
l’avrebbe mai fatto. Lui mi ama, e non andrebbe mai a letto
con un’altra!»
«anche
a me sembrava
assurdo, ma perché Elaja, che è amica
di entrambe, avrebbe dovuto dirmi una stupidaggine? Oltretutto non
c’è neppure
la possibilità che possa aver detto una cosa del genere
perché vuole Kozmotis
per sé: ha altri gusti» le ricordò
Spear.
«magari
ora le piacciono
gli uomini» borbottò Aleha.
«purtroppo
per te io temo
di no, al momento è ancora legata
a quell’infermiera. Se non credi alle mie parole puoi sempre
cercare di
contattarla» disse, porgendole il proprio comunicatore
«forse a quest’ora può
risponderti».
Aleha
lo prese senza esitare.
«la chiamo eccome! Non perché
non ti creda, ma magari puoi aver frainteso le sue parole».
«io
non credo proprio, ma
fai pure».
Elaja
rispose dopo tre squilli, e la
conversazione delle due
ragazze andò al sodo dopo brevissimi convenevoli. Purtroppo
per lei, Aleha non
sentì nulla che riuscisse a rincuorarla minimamente, o che
smentisse quel che
aveva detto sua sorella.
‒ ho saputo
dagli
altri ufficiali la destinazione, mentre lui l’ho incontrato
soltanto quando è
tornato. L’ho sentito borbottare qualcosa come “io
credevo fosse un locale
qualunque”, ma francamente non è molto credibile:
anch’io avrei cercato una
qualunque scusa, anche banale come questa, se a farmi domande fosse
stata
un’amica della mia ragazza.
«ma
potrebbe anche non aver
fatto niente per davvero»
obiettò debolmente Aleha «tu per caso hai fatto
qualche domanda a quelli che
erano con lui?»
‒ quel
che dicono loro non
vale granché: non
solo gli ufficiali qui vanno tutti d’accordo, ma gli uomini
tendono a coprirsi
senza esitazioni quando ci sono in ballo certe cose. Senti,
è stato fuori
diverso tempo insieme agli altri, e se vai in un bordello non
è per guardare le
pareti, Aleha. Io ti ho detto quel che so e come la penso, poi
ovviamente sta a
te decidere come regolarti.
Si
salutarono e conclusero la
chiamata. Aleha ormai non
sapeva cosa pensare. Avrebbe voluto credere che il suo ragazzo fosse
davvero
ignaro della vera natura di quel posto, che una volta compresa se ne
fosse
andato, e finirla lì, ma l’opinione di Elaja non
si fondava su elementi campati
per aria, e anche sua sorella non aveva tutti i torti.
Kozmotis la vedeva poco, lui aveva
diciotto anni, la vita da
militare non era semplice, e forse lui aveva davvero sentito il bisogno
di uno sfogo…però
anche lei era giovane, anche
lei lo vedeva poco, e neppure il lavoro di un’infermiera era
precisamente
semplice, ma non per questo andava a cercare un ragazzo qualunque con
cui fare
sesso!
«fare
buoni propositi
è semplice, mantenerli non lo è
altrettanto per tutti» disse Spear, che doveva aver intuito
cosa le passava per
la testa.
«se
sentiva che qualcosa
non andava, perché non me ne ha
parlato l’ultima volta che ci siamo sentiti?
Perché non mi ha confessato che la
nostra lontananza stava diventando difficile da gestire e mi ha detto
tutte
quelle cose, se non era vero? Non è da lui!»
esclamò, in un altro tentativo di
strenua difesa «non è in grado di essere
così meschino!»
«ti
stupirebbe sapere cosa
sono in grado di fare e dire le
persone pur di non perdere i propri “punti
fermi”» replicò sua sorella
«nello
specifico una ragazza con cui “sistemarsi", che sia in grado
di sostenere
una relazione con un militare…e sostenere anche la sua
estrema possessività,
nonché il suo essere così terribilmente eccessivo
e soffocante nei periodi in
cui torna a casa».
«non
è
“estremamente possessivo”, lo è solo
nella giusta
misura, e non è affatto eccessivo e soffocante, ma
premuroso!» protestò Aleha
«mi piace che si prenda cura di me, e non mi spiace che sia
un po’geloso…»
«un
po’, dici? Ti
devo ricordare cosa mi hai detto a riguardo, sorella? Hai dimenticato
che
“guarda storto qualunque ragazzo osi osservarti un
po’troppo a lungo”? O la
volta in cui “ha picchiato un ragazzo che ha osato farti un
apprezzamento”?»
«Spear,
questo è
successo quattro anni fa, ora non lo
rifarebbe!» protestò Aleha.
«o
ancora»
continuò l’altra, imperterrita «il
giorno in cui
hai preso una leggerissima storta alla caviglia sinistra e lui ti ha
portata in
braccio fino a qui…»
«quello
è stato
un gesto carino».
«…attraversando
tre
quartieri a piedi? Tu lo troverai carino, ma se io fossi
stata al tuo posto
mi sarei vergognata non poco. Anzi, non glielo avrei proprio permesso.
Ma
torniamo al discorso principale: cosa intendi fare adesso?
Ciò che ti ha
riferito Elaja non lascia molti dubbi su quel che è
successo».
Avevano
divagato per un
po’, ma ecco che il problema
principale si ripresentava in tutta la sua grandezza. Pensare a lui a
letto con
un’altra faceva molto male, e ancor di più che lui
non fosse stato sincero nel
dirle come si sentiva realmente. Se lo fosse stato avrebbero potuto
discuterne
e regolarsi di conseguenza: magari avrebbero finito lo stesso col
lasciarsi, e
non sarebbe stato piacevole, ma sarebbe stato meglio così
piuttosto che venire
a conoscenza di un tradimento.
Cos’avrebbe fatto?
Si sentiva più delusa e
ferita che arrabbiata, e continuava
ad amarlo lo stesso; più rifletteva, più
finiva col confondersi. Che
lasciarlo libero fosse meglio per entrambi? O no?
«prima
di prendere
qualsiasi decisione voglio parlare anche
con lui. Gli dirò quello che ho saputo, e se sarà
abbastanza onesto almeno da
ammettere di avermi tradita, se dirà che è stato
solo uno sbaglio di cui si è
pentito e prometterà di non rifarlo, io…potrei
anche provare a passarci sopra,
credo. Sì, sapevo che non avresti approvato»
aggiunse Aleha, vedendo Spear
passarsi una mano sul volto «oppure, se ammetterà
quel che ha fatto e di non
sentirsela di sostenere ancora una relazione a distanza, ci lasceremo
e…e
basta».
«e
se invece
negherà spudoratamente?»
Aleha
scrollò le spalle,
con aria afflitta. «non lo so.
Immagino che mi prenderò una pausa…»
«che
è come
lasciarlo, visto e considerato che Kozmotis non
tornerà prima di altri quattro mesi».
«hai
ragione anche su
questo» ammise «però sarebbe veramente
dura».
Spear
sollevò un
sopracciglio. «più dura di quando è
morto
nostro padre? Di quando abbiamo detto a tutti che mamma aveva trovato
lavoro
altrove e ci mandava i soldi, quando invece era qui a languire nel
letto come l’inutile
ameba che ha dimostrato di essere?
Sei più che in grado di sopportare la
fine di una relazione a
distanza».
«ho
passato momenti
peggiori, ma non è facile lo stesso. Non
è una relazione a distanza qualsiasi, io lo amo da sempre.
Lo amavo anche prima
di rendermene conto. Non ho mai avuto altri che lui, non ho mai pensato
ad
altri che lui. Ho sempre creduto che l’avrei sposato, un
giorno…e prima di
iniziare a dispiacermi per la fine della nostra relazione
aspetterò che questa
arrivi, se mai arriverà davvero».
***
«…io sto bene,
ma quattro mesi sono troppo lunghi. Per
fortuna possiamo almeno sentirci ogni tanto, altrimenti diventerei
pazzo, e
quell’ “ogni tanto” non è mai
abbastanza».
Kozmotis
aveva chiamato Aleha appena
aveva potuto, e se
pensava a cos’era accaduto solo due sere prima
s’innervosiva ancora. I suoi
colleghi ufficiali lo avevano trascinato fuori durante la libera
uscita,
promettendogli che “sarebbe stata una cosa tranquilla e
sarebbero tornati
presto”. Ebbene, non solo avevano passato buona
metà della serata andando da un
pub a un altro di quella cittadina di confine, ma avevano anche
concluso il
tutto in un locale notturno che poi si era rivelato essere nientemeno
che un
bordello!
Lui non ne aveva idea, ma gli altri
lo sapevano eccome, e
glielo avevano nascosto di proposito, oltretutto istigandolo a
“divertirsi un
po’con le signorine”. Lui ovviamente non
c’era stato, aveva salutato tutti ed
era tornato alla base, maledicendosi per aver accettato di andare con
loro:
avrebbe potuto sfruttare quel tempo per contattare Aleha, cosa che a
quel punto
non aveva potuto più fare, perché si era fatto
troppo tardi. Quindi era
semplicemente andato a letto, dopo aver scambiato due chiacchiere con
la
dottoressa della loro piccola armata, che aveva incontrato per caso.
‒ già,
non lo è mai.
Ora
però non gli importava
molto dei commilitoni cretini.
C’era qualcosa che non andava in Aleha, e l’aveva
percepito dall’inizio di
quella chiamata. Magari era colpa di una giornata lavorativa
particolarmente
pesante o qualcosa di simile, ma c’era uno strano e
immotivato campanello
d’allarme che aveva iniziato a risuonargli in
testa…
‒ senti…a
parte questo
c’è dell’altro
che vorresti dirmi?
E
non solo non voleva saperne di
smettere, ma al momento
suonava ancor più forte di prima.
«sì,
certo.
Abbiamo bloccato un gruppetto di Dream Pirates
ieri mattina. Per fortuna ce la siamo sbrigata in fretta, non ci sono
stati
feriti, e non abbiamo ucciso nessuno dei nemici: li abbiamo catturati
tutti e
spediti nella Prigione Maxima. Preferisco sempre questo ad
un’uccisione, e la
maggior parte dei miei colleghi ufficiali inizia a pensarla come
me».
‒ ne sono
felice, ma
non era quel che intendevo. Kozmotis…tu sei soddisfatto
della nostra relazione,
anche se adesso è più a distanza che altro? Non
ti pesa neanche a
livello…fisico?
Ecco.
Ecco il
perché del campanello d’allarme. Quella domanda
non gli piaceva per nulla, e
gli stava causando una certa agitazione: perché Aleha se
n’era uscita
improvvisamente con delle frasi del genere? Era a dir poco strano,
anzi,
preoccupante. «amo il mio lavoro, ma vivo per i momenti in
cui posso tornare a
casa e rivederti, e quei momenti valgono tutti quelli in cui siamo
lontani,
quindi direi di no, che non mi pesa. Tu invece…»
si fece coraggio, volendo
andare a fondo della questione «è tutto a
posto?»
Aleha
rimase in silenzio per qualche
istante di troppo, e
lui iniziò a sentirsi molto più che agitato e
preoccupato. Cosa stava
succedendo?! Fino a pochi giorni prima era tutto ok!
‒ no, non lo
è, perché
continui a dirmi che è tutto a posto, che stare lontani non
ti pesa, e poi vai
a divertirti in un bordello. E non provare a negarlo, lo so che ci sei
andato.
Kozmotis
si sentì
stringere in una morsa ghiacciata. Lui non
aveva niente di cui rimproverarsi, se non l’essere stato un
po’troppo ingenuo,
ma vai a sapere cos’avevano detto ad Aleha!
«tu…c-come l’hai saputo?! Aaah, ma
che dico! Aleha, ascoltami, non so cosa ti hanno detto ma ti giuro che
non ho
fatto niente che possa dispiacerti! Sì, sono andato in quel
posto» ammise «ma
non ho toccato nessuna di quelle ragazze, davvero!»
‒ forse
pensi che sia
stupida, ma si sa che chi va in certi posti non lo fa per i complementi
d’arredamento. Perché mi menti ancora? Abbi almeno
il coraggio di ammetterlo!
Io capisco che la nostra non è una situazione semplice, e se
hai avuto un…un
cedimento…è
comprensibile,
ma-
«non
posso ammettere di
aver fatto qualcosa, se non l’ho
fatto!» la interruppe, ormai preoccupato quanto innervosito
dalla mancanza di
fiducia della sua ragazza «non ti ho tradita, non ti avrei
mai mancato di
rispetto in questo modo, e non esistono “cedimenti
comprensibili”!...non sarà
forse che stai facendo tutto questo discorso perché ne hai
avuto uno tu?!»
‒…per
gli Dei, è
proprio come aveva previsto Spear, ti ho messo alle strette a stai
accusando me
di qualcosa che hai fatto tu!
Spear.
Avrebbe dovuto immaginare lei che
c’entrasse in qualche
modo, e se era così doveva necessariamente cercare di darsi
una calmata e
correre ai ripari, tentando di convincere Aleha della sua innocenza
senza
muoverle altre accuse cretine. In caso contrario avrebbe soltanto fatto
il
gioco di quella maledetta strega, che di certo aveva messo in testa ad
Aleha
chissà cosa! «scusa. Scusami. Mi sono innervosito
e ho detto un’idiozia. So che
mi sei fedele, e ti giuro su tutto quel che vuoi che lo sono anche
io!» esclamò
«io tengo troppo a noi due per rovinare tutto in questo modo,
davvero, se solo
adesso potessimo parlare faccia a faccia sono sicuro che tu-»
‒ ma non
possiamo.
Kozmotis, è difficile anche solo pensarlo, ma forse
dovremmo…tu sei un
militare, e sei…sei un ragazzo giovane, hai i tuoi
istinti…
«Aleha,
no. Non dire altro.
Non dire altro, per favore» la
pregò, con la voce che tremava leggermente. Sentirla
iniziare a piangere, poi,
fu un’ulteriore fonte di sofferenza.
‒ separarci
sarà
difficile per tutti e due, ma forse è meglio
così, e non lo dico perché ce l’ho
con te: ti amo, e continuerò a farlo sempre, ma è
giusto che io ti lasci libero
di fare quello in cui sei più bravo, ossia difendere il
regno, e di poterti
sfogare quanto e con chi vuoi senza pensieri. Ti auguro ogni bene.
«io
non voglio che ci
lasciamo, non ti voglio perdere. Non
so cosa ti hanno detto, io però non ho fatto
niente» ripeté il ragazzo «non ho
fatto niente…»
Ma
ormai ad ascoltarlo non
c’era altro che il ronzio che
accompagnava una chiamata conclusa.
Rimase lì per un pezzo,
immobile come una statua, a lasciare
che il mondo gli crollasse addosso e, contemporaneamente, la terra gli
svanisse
da sotto i piedi.
La sua storia con Aleha era finita e
lui, così distante
dalla sua amata, avrebbe potuto fare ben poco per riconquistarla. Non
avrebbe
potuto rivederla prima di altri quattro mesi, e quattro mesi erano
un’eternità,
ora più che mai.
***
«lui si ostina a dire che
è tutto a posto, ma non lo
è…sentite, qualcuno ha idea di
cosa gli stia succedendo?»
Gli
altri ufficiali, da una nove a
quella parte, avevano
notato nel loro commilitone Kozmotis uno strano cambio di
atteggiamento.
I primi cinque giorni
l’avevano visto a terra, anzi, molto
a terra -sebbene il modo in cui
combatteva non ne avesse risentito-: avevano cercato di indagare,
ognuno per
conto proprio, senza ottenere nulla di concreto.
In seguito, ecco che qualcosa era
cambiato di nuovo: nel
tempo libero lo vedevano alternarsi tra momenti in cui rimuginava
chissà cosa
senza sosta, ed altri in cui si metteva a fare domande di vario tipo,
spesso
riguardanti l’ultima libera uscita.
«non
ne sono sicuro, ma
inizio a pensare che abbia qualche
problema con la sua ragazza. Mi sa che ha saputo
dov’è che siamo stati l’ultima
volta…»
«e
allora come fa lui
ad avere problemi?! Se mai potrei averne io, se la mia ragazza venisse
a saperlo»
commentò un capitano «ma Pitch è
più fedele di un cagnolino, e se lei ha
qualche dubbio allora non lo conosce bene!»
Quell’affermazione
ebbe il
pieno consenso dell’intero
gruppo: non c’era persona più leale e onesta di
Kozmotis, ed era chiaro a
chiunque lo frequentasse.
«non
so cos’abbia
in mente…stamattina l’ho visto confabulare
persino con un’infermiera. Quella che stava con la
dottoressa, per capirci».
«ah,
non mi ci far
pensare» sospirò un tenente «lei
sarà
anche stata contenta di abbandonare il fronte e andare in una clinica,
ma noi
abbiamo perso una dottoressa valida, e dobbiamo solo sperare che il suo
sostituto sia all’altezza. Comunque sia, io volevo fare una
proposta: perché
non andiamo tutti dal capitano Pitch e gli offriamo il nostro aiuto?
Così
facendo forse sarà un po’più
tranquillo».
Anche
stavolta gli ufficiali furono
tutti d’accordo, e si
misero alla sua ricerca. Lo trovarono poco dopo nel cortiletto
interno,
immerso nei propri pensieri.
«capitano».
Kozmotis
impiegò qualche
secondo a riscuotersi e dare
un’occhiata a tutto il gruppetto. «siete qui tutti
riuniti…devo preoccuparmi?»
«a
dire il vero siamo noi
ad essere preoccupati» disse
l’altro capitano suo pari «ci siamo accorti tutti
che c’è qualcosa che non va,
ed è inutile che provi a negarlo. Se ci dici di cosa si
tratta possiamo provare
a darti una mano».
Oh
sì, era molto carino da
parte loro offrirgli un aiuto
dopo aver contribuito involontariamente a metterlo nei guai. Proprio
per quell’
“involontariamente”, tuttavia, non riusciva ad
avercela con loro neppure
provandoci. In quei giorni aveva rimuginato, raccolto informazioni, e
si era
fatto un’idea abbastanza precisa di come dovessero essere
andate le cose; se
aveva ragione, e non vedeva perché non dovesse essere
così, nessuno degli
uomini che gli stavano davanti era coinvolto nel complotto, e forse
potevano
aiutarlo…o comunque essergli di sostegno.
«sono
vittima di un
complotto, signori miei, e penso anche
di sapere i chi, il come e i perché. Qui strega
ci cova».
«strega,
signore?» allibì il tenente, un
po’perplesso.
Kozmotis
fece cenno di sedersi, e
loro obbedirono senza
storie, piuttosto incuriositi dalla vicenda.
«cercherò
di
tagliare corto per quanto posso. Voi dovete
sapere che Spear, la sorella della mia ragazza…anzi, ex ragazza» si corresse,
facendo violenza su se stesso «mi detesta
da quando ero un bambino, e da sempre non ha fatto altro che parlarle
male di
me…»
«dovrebbe
farsi un
po’di cazzi suoi» fu il commento triviale
dell’altro capitano.
«parole
sante»
concordò Kozmotis, per una volta senza fare commenti sul
linguaggio «finora si era limitata a
questo, e la cosa non ha toccato né me né Aleha,
ma stavolta si è spinta oltre.
Ho fatto un po’di indagini qui, le ho ricollegate ad alcuni
episodi, e mi sono
fatto un’idea abbastanza precisa. Credo che
Elaja…avete tutti presente il nome
della dottoressa che avevamo fino a tre giorni fa, no?…fosse
in combutta con
quella strega».
L’infermiera
con cui Elaja
aveva avuto una relazione l’aveva
sentita parlare con qualcuno al telefono quella stessa sera e, da quel
che gli
aveva riferito, Kozmotis aveva capito che la dottoressa parlava proprio
di lui,
sebbene non lo avesse nominato direttamente.
«in
combutta
come?»
«la
cara dottoressa Willow
avrebbe dovuto tenermi d’occhio e
riferirle ogni informazione utile, e Spear le avrebbe fatto avere un
posto
nella clinica dove lavora» disse Kozmotis
«pensateci bene: Aleha viene a sapere
da qualcuno della nostra libera uscita -in chissà quali
termini!- mi lascia, e
guarda caso Elaja viene trasferita in una clinica nel territorio degli
Orion
pochi giorni dopo!»
«non
vorrei contraddirti,
Pitch, ma mi sembra un
po’improbabile e macchinoso» obiettò il
capitano.
«diventa
meno improbabile e
macchinoso se consideri che
Elaja è stata una specializzanda di Spear, e che frequentava
sia lei che Aleha
al di fuori del lavoro».
«aspettate,
capitano…allora la Spear di cui parlate è la
dottoressa Sinetenebris?» domandò il tenente.
«sì,
la strega
di cui parlo è proprio lei. La conosci?»
indagò Kozmotis, un po’sorpreso.
«io
no, ma mia madre
è una capo infermiera proprio nella
clinica dove lavora lei. Ogni tanto la nomina. Non le ha mai dato della
strega,
ma non l’ha neppure definita amabile. Pare che il direttore
le permetta di fare
il bello e il cattivo tempo, là dentro».
«quindi
per farle avere
quel posto le sarebbe bastato
chiedere» concluse Kozmotis.
«signore,
se volete posso
chiedere a mamma se ora la
dottoressa Willow lavora lì per davvero. Come
conferma».
«è
un’ottima idea» annuì Pitchiner
«e ti ringrazio».
«una
cosa però
va detta: al tuo posto non so se mi darei
tanta pena per una ragazza che si fa manovrare in questo modo dalla
sorella»
disse l’altro capitano «non sembra molto
sveglia».
Kozmotis
gli diede
un’occhiataccia. Non importava che Aleha
lo avesse lasciato, non avrebbe mai tollerato che qualcuno ne parlasse
male. «è
una persona intelligente, ma quando c’è di mezzo
Spear abbassa la guardia.
Tutto qui».
Riusciva
a comprendere
l’attaccamento di Aleha a Spear: la
madre delle due sorelle, in seguito alla morte del marito, aveva
trovato lavoro
altrove, limitandosi a spedire alle figlie i soldi che servivano fino a
quando
si era ammalata ed era morta; dunque era stata Spear ad accudire Aleha
in tutti
quegli anni, e a farle realmente da madre. Così gli aveva
detto Aleha.
Tanto secondo lui quanto secondo sua
madre era stato
tremendo da parte della signora Sinetenebris
lasciare sole le figlie in un momento del genere, ma
l’aveva fatto per
poterle mantenere, e ciò le dava un minimo di
giustificazione.
«come
vuoi. Dopo? Cosa
intendi fare?»
«finché
sono qui
cercherò di contattarla come posso e più
che posso. Avrò più libertà di manovra
solo tra più di tre mesi e mezzo, lo
so…ma non voglio arrendermi».
Buonasera :)
Avendo già diversi
capitoli pronti conto di aggiornare questa raccolta a cadenza
settimanale, giorno più giorno meno, e se le pubblicazioni
saranno così "distanti" l'una dall'altra è
soltanto perché voglio cercare di dare a tutti quanti il
tempo per leggere. Di conseguenza, a chi è arrivato fin qui
-e soprattutto a chi interessa :'D- comunico che potrà
leggere il seguito di questa "soap opera" non più tardi
della prossima settimana!
Che dire...era ben intuibile
già dal precendente capitolo che i rapporti tra i due futuri
cognati -posso chiamarli così, tanto sapete tutti che Aleha
è la futura Lady Pitchiner- non fossero propriamente dei
migliori, ma credo che da qui si possa intuire ancora meglio che, per
tentare di proteggere sua sorella, Spear non si limita alle parole.
Non che questo sia il peggio che farà, non credete :'D
Ringrazio tutti coloro che danno
un'occhiata anche questa
raccolta, oltre al resto. In particolar modo i miei ringraziamenti
vanno a vermissen_stern per i suoi commenti, e a Ialeya per aver
inserito tra le storie seguite questo patetico
tentativo di creare una raccolta decente su
una Golden Age piena di gente che, alla faccia di quanto si diceva nel
canon,
complotta come non so cosa questo insieme di one
shot che è una sorta di prequel
di “La Luna Dorata” :)
Alla prossima,
_Dracarys_