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Autore: DeniseCecilia    14/06/2016    8 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
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Eccomi di ritorno.
In questo capitolo ci sarà un piccolo colpo di scena, ma... non sarà quello che probabilmente molti di voi si aspettano.
Fatemi sapere come vi ha lasciati, se vi va.
In ogni caso, come sempre, grazie a tutti i lettori. La storia vive grazie a voi :)

 


 

XI. Alieni

 

Il ringhio tutt'altro che sommesso della volpe vibrò nella stanza buia come un rombo di tuono.
L'analista Tom Harper sobbalzò sulla sedia girevole, compiendo un mezzo giro su se stesso.
Che cazzo gli prendeva a Wilde? Più che protettivo nei confronti di Hopps, a lui pareva un tantino aggressivo. Come se quel coniglio del quale stavano tracciando l'indirizzo IP, e che si atteggiava ridicolmente a macho, potesse realmente costituire una minaccia per la collega.
Predatori. Non li avrebbe mai capiti. Preferiva essere una talpa, era tutto più... lineare. Come un codice binario: 0 oppure 1. Nessuna reazione accesa e istintiva, nessun ululato elevato a casaccio. Pura logica, insomma. Controllo totale.
Attese che il ringhio del canide scemasse per decretare: “Ci siamo”.
“Forza, forza!”, esortò Nick. Ma la rabbia che intendeva trasferire alle parole scemò in un doloroso gemito di impazienza.
Proprio quando gli sembrava di non poter sopportare oltre che il computer elaborasse la richiesta, l'attesa finì. Sullo schermo nero comparve una breve stringa di cifre, divise in quattro blocchi, color verde fluo.
“E allora? Dove lo trovo questo bastardo?”, chiese all'analista.
“Calma, Wilde. Sempre che tu conosca il significato di questo termine. L'indirizzo fisico è al 42 di Magnolia Drive, Harvester Place” lesse la talpa. “Una cascina, a giudicare dalle dimensioni, con annesse serre”, aggiunse zoomando sull'immagine fornita da ZoogleMaps per quelle coordinate. "Corrisponde a ciò che il soggetto ha scritto nel suo profilo su MeetFurr. Vediamo a chi è intestata”.
Digitò un'ulteriore richiesta, selezionò un nominativo da una lista e nemmeno un secondo dopo comparvero, a raffica, le riproduzioni di due patenti di guida – per auto e per carri agricoli –, di una serie di multe comminate a Rick Hamilton dalla polizia locale di Harvester Place, e infine di una richiesta per utilizzo di suolo pubblico. Il lotto per una bancarella al mercato del paese.
“Niente sulla fedina penale, vedo”, constatò quasi amareggiato Nick. Così non andava, non aveva scuse per presentarsi da quell'Hamilton e strigliarlo un po'. Peccato. Avrebbe comunque potuto inventarsi una scusa...
“Tu lo sai, Wilde, che questo coniglio non ha fatto nulla di illegale, e che non può essere considerato colpevole di un'eventuale violazione della privacy, vero?”, lo richiamò Harper.
“Nulla di illegale, forse” macinò tra i denti Nick. “Ma ha pubblicato un selfie mezzo nudo, e con quello ha tentato di abbordare Hopps. E questo è male”, concluse.
La talpa tacque un istante, interdetta.
“Dico soltanto che, secondo il mio modesto ma informato parere, sarebbe più utile verificare con i gestori del sito chi ha iscritto Judy senza il suo consenso. Ci vuole più tempo per procurarsi un mandato, ma è più utile”, replicò poi.
“Infatti devi fare anche quello”, gli rispose Nick.
“Ah, ecco. Mi pareva strano che non avessi qualche altro gentile favore da appiopparmi”. Harper cominciava ad irritarsi, adesso.
“Scusa, Tom. Sono solo un po'... preoccupato. Solo un po'. Ne riparliamo, adesso devo comunque andare”, disse Nick.
“Lascia stare. Ma vedi di procurarmi quei biglietti gratuiti per la partita dei NutCrackers di domenica sera, altrimenti sai cosa succederà, Wilde”.
Si guardarono. In quella stanzetta asfittica spirò un singolo, debole alito d'aria calda fra di loro – sembrò alla volpe di trovarsi in un film western, in mezzo al deserto, in procinto di duellare con una talpa cieca e lenta ma pericolosissima.
“Procurami quei biglietti, ti dico, o entro la fine del vostro turno Judy saprà che ti sei allontanato dalla centrale di soppiatto, anziché fare una ricerca nel deposito delle prove. Che ti sei servito della chiave del suo appartamento per entrare e copiare dal suo portatile l'.xml della conversazione con Hamilton su Messenger. E che mi hai chiesto di passarlo ai raggi X, anche se tecnicamente non ha commesso alcun reato”.
“Taci, Harper. Io non ho fatto nulla di tutto questo, e tu domani avrai i tuoi biglietti. Azzardati a dire una sola parola a Judy, e ti garantisco che dal prossimo tunnel che scaverai sotto terra non riemergerai più. Sbarrerò personalmente l'uscita con una lastra di marmo”, sbottò Nick.
Harper indietreggiò lentamente dalla volpe che lo sovrastava.
“Okay, Wilde. Okay. Che cavolo, sei proprio di malumore oggi eh?”, si lamentò quello.
“E tu sei proprio perspicace. Grazie per le informazioni” borbottò Nick uscendo dalla stanza. “E vaffanculo”, aggiunse sottovoce tra sé e sé, percorrendo il corridoio fino all'ufficio.

 

“Nick”.
“Sì”, rispose lui atono, gli occhi incollati al bollitore sul fuoco.
“Hey, Nick”, insistette Judy.
“Sì”, di nuovo il tono piatto, ma con una punta di nervosismo.
“L'acqua non evaporerà prima, anche se la fissi”.
“Sì” ripeté monotona la volpe.
“No” ribatté la coniglietta. “Ascolt –”
“Sì” disse di nuovo lui, un assenso che in realtà era un modo per interrompere quella discussione sul nascere.
Ma la partner non era esattamente d'accordo.
“Va bene, non ascoltarmi allora. Ma almeno una cosa te la dico lo stesso”.
“Credo di saperla, Judy, la cosa che vuoi dirmi. Una a scelta fra queste, a naso: che non ritieni quel coniglio borioso un pericolo. Che hai già fatto oscurare il profilo sul sito. O che non devo preoccuparmi”, enumerò Nick. “Come se tu non ti fossi preoccupata, ieri sera”.
Era vero, si era preoccupata. Ma non appena aveva potuto rimettersi in moto, e al lavoro, tutto si era ridimensionato. Doveva esserci una spiegazione sensata per quella stranezza, magari non piacevole, ma doveva esserci. Ne sarebbero venuti a capo. Inoltre aveva la prova che, almeno in parte, chi ne era l'artefice doveva conoscerla.
Si alzò e raggiunse Nick, che ora le dava la schiena, ai fornelli.
“Cucciolo”, lo interpellò andando a posargli le zampe sui fianchi.
Nick tacque, ma le prese le zampe e se le portò sull'addome, stringendole.
“Judy, non ce l'ho con te”. Era tutto ciò che si sentiva di dire – e di sottolineare – perché non poteva certo spifferare che era geloso marcio.
“Lo so”, rispose lei “ma adesso ascolta, sul serio”. Attese di vederlo annuire al bollitore, nel quale intanto l'acqua finalmente stava iniziando a gorgogliare, e proseguì. “Penso tutte le cose che hai detto, ma non sono quella che avevo in mente. Io volevo soltanto dirti che, se ti interessa e se ti può tranquillizzare, puoi leggere la conversazione che ho avuto col... coniglio borioso”, terminò ridendo a quell'espressione. Per altro non errata.
Si slacciò dall'abbraccio per consentire alla volpe di versare il liquido fumante nelle tazze, e nell'indietreggiare tracciò con la zampa una carezza sulla sua coda.
“Sul serio?”, chiese Nick.
“Certo, sul serio”, gli rispose lei.
Nick posò tazze, bustine di thé e zucchero sul tavolo della cucina, poi si sedette, meditabondo.
Judy lasciò che riflettesse, qualunque cosa avesse in mente. Non le importava come, desiderava soltanto diradare quelle nubi che aveva visto accalcarsi sulla sua fronte da quando gli aveva raccontato l'antipatica novità.
Gli prese la zampa, mentre le rispettive bustine di Twinings in infusione disperdevano nell'acqua eleganti riccioli di colore: blu nella tazza di lui, arancio in quella di lei.
“Lo sai, Carotina, a volte, nei momenti di crisi, ho pensato che tu stessi in mia compagnia solo perché ho il pelo arancione, come le carote”, ragionò Nick indicandole il suo thé – alle carote, appunto. “Poi però capitano momenti come questo, e capisco quanto sono stupido”.
Judy gli sorrise dolcemente. “E' solo che tieni a me”, puntualizzò.
“E viceversa”, aggiunse lui. Poteva sembrare una piccola cosa, ma il fatto che la coniglietta gli avesse offerto di fargli leggere quella conversazione era importante. Per una mammifera così orgogliosa della propria indipendenza e libertà era una rinuncia piena di significato.
Si rese conto che, proprio perché ora gli era accessibile, non avvertiva più la bruciante curiosità di scoprire cosa, esattamente, Hamilton e Judy si fossero detti in quella banale chiacchierata che aveva trafugato senza aprire.
“Non serve, Carotina. Non mi importa di leggere cosa ti ha scritto quel coso. Sai, potrei arrabbiarmi seriamente, se lo facessi. Ma sono felice che tu me l'abbia proposto”, le disse perciò. “Davvero”.
Si dedicarono pigramente a sorseggiare il thé, giocando con le dita intrecciate, una pausa di quiete in quel mercoledì iniziato in modo turbolento.
“E comunque”, la pungolò quando ebbero finito, con un ghigno divertito sul muso “sbaglio o mi hai chiamato cucciolo?”.
Judy arrossì. Era la prima volta che usava un appellativo tenero con lui, e per di più l'aveva fatto mentre non poteva vederla in faccia. Mentre ora...
“Ehm, sì. Non oserai prendermi in giro per questo, spero”.
Nick la lasciò a cuocere nel suo brodo per qualche secondo di troppo, secondo il parere della coniglietta, prima di risponderle: “Basta che tu non lo faccia in pubblico. Ma adesso che ci siamo solo noi... puoi chiamarmi cucciolo tutte le volte che vuoi”. Si produsse in quello che sperava essere un sorriso incoraggiante. Senza traccia di ironia.
Judy non si lasciò scappare l'occasione.
“Allora, cucciolo, adesso vieni in camera con me. Prometto che non ti farò alcun male” scherzò “e che non ti tenterò”, aggiunse più seria. Il pensiero le scivolò a ciò che lui le aveva detto la sera prima. “Sei una torta troppo buona perché la sprechi sbocconcellandoti”.
Si voltò rapidamente, prima che Nick potesse vederla avvampare ancora di più, e sparì nel corridoio.

 

Non credeva che sarebbe riuscito a rilassarsi, con una coniglia – per quanto affascinante – che gli camminava sulla schiena calcandogli le zampe sulla colonna vertebrale. Invece Nick dovette ammettere con se stesso che se la stava godendo.
A tratti si era persino lasciato sfuggire dei piccoli gemiti. Se non fosse stato comodamente sdraiato, prono, e così stanco, quelle piccole dita che lo palpavano impudiche un po' ovunque lo avrebbero eccitato.
Per fortuna Judy non gli aveva chiesto di togliersi i vestiti – era stata la prima cosa cui aveva pensato quando gli aveva annunciato tutta allegra che intendeva fargli un massaggio. La tipica immagine che compariva sui depliant di spa e simili includeva regolarmente un mammifero, quasi sempre di sesso femminile, con solo un lenzuolo addosso; un tripudio di candele e fiori tutt'attorno.
Invece non solo gli aveva chiesto – imposto – di tenere la camicia, non solo aveva evitato di mettere della musica in sottofondo, ma era sembrata preoccupata unicamente di verificare che il materasso fosse abbastanza rigido. E poi non aveva più proferito parola, nemmeno per chiedergli conferma che gli piacesse: le bastava ascoltare il suo respiro che si andava via via facendo più lento e profondo, e la tensione dei suoi muscoli che si andava sciogliendo sotto il suo tocco deciso, per saperlo.
Judy appoggiò i palmi delle zampe su una spalla e sull'angolo opposto della schiena di Nick, appena sopra il gluteo; poi, spostando il baricentro del proprio corpo in avanti, lasciò che questo andasse a gravare su quello di lui; esercitando una pressione spontanea senza compiere alcuno sforzo aggiuntivo. Ripeté il gesto cambiando spalla.
Lavorò ancora sulla schiena nella posizione dell'arciere; usando braccia, gomiti e pollici, muovendosi gattoni attorno alla volpe sempre più morbidamente abbandonata alle sue cure, prima di passare al collo... al cranio, al retro delle orecchie appiattite fiduciosamente sulla testa... si occupò degli arti superiori ed inferiori, e infine delle zampe. Delicatamente, con cautela, dal tallone in giù.
Concluse il trattamento come faceva sempre, con un minuto di raccoglimento, inginocchiata a lato.
Nick quasi non si rese conto della zampa di Judy che si posava al centro della sua schiena, lievissima, sollevandosi ed abbassandosi al ritmo del suo respiro – del loro respiro, poiché ormai in questo si erano uniformati.
La sentì però sdraiarsi di fianco a lui, accarezzargli il muso con dolcezza prima che entrambi cedessero al sonno.

 

Era pomeriggio inoltrato quando si svegliarono sbadigliando, due ore dopo.
Nick controllò la sveglia: quasi le cinque.
Lasciò che Judy si desse una rinfrescata mentre verificava se quella sera avrebbero dato qualcosa di interessante in TV. Non era in vena di uscire, e sperava che la partner l'avrebbe assecondato.
Sentì suonare il campanello, e si chiese di quale genere di venditore porta a porta gli sarebbe toccato sbarazzarsi a questo giro, posando la rivista. Andò all'ingresso.
Avvicinò un occhio allo spioncino.
Non era certo di aver visto bene... così prese tempo e ricontrollò.
Ma vide sempre la stessa scena di prima.
Prestando attenzione a non far rumore, tornò sui propri passi.

 

“Carotina, c'è una cosa importante che vorrei chiederti”, esordì Nick non appena mise zampa nello studio. Judy era seduta al computer, sul cui schermo campeggiava la casella di Posta in Arrivo della sua zMail.
“Oh, eccoti. Dimmi pure”, gli rispose, girandosi. Era così abituata a navigare da lì, che aveva smesso di chiedere permesso da un pezzo. A volte si diceva che, di fatto, ci viveva in quella casa: tornava alla Tenuta del Pangolino per dormire, riordinare e recuperare un cambio d'abito, essenzialmente, cambio che poi portava nell'armadietto in centrale.
Lo sguardo della volpe aveva qualcosa di curioso. Ma le sfuggiva cosa.
“Tu credi agli alieni, Carotina?”.
“Ehm, è questa la cosa importante che vorresti chiedermi?”, replicò lei. Non che si aspettasse nulla di clamoroso, ma insomma. Importante vuol dire importante, e l'esistenza di vita mammifera su altri pianeti non corrispondeva alla sua personale definizione di quel concetto.
“Sì. Ci credi? Credi nei grandi misteri inspiegabili che ci circondano?”.
Judy lo guardò con sospetto.
“Vuoi dire, oltre agli alieni, cose come Atlantide, lo yeti di Tundratown, i coccodrilli nelle fogne di Sahara Square?”.
“Tipo quelle, sì. E anche la telecinesi, la lettura del pensiero, l'astrologia, gli spiriti, i poltergeist...”.
Il campanello suonò di nuovo.
Judy raddrizzò le orecchie.
“Ah... scusa, non avevi risposto prima?”, chiese a Nick.
“Non proprio”.
“Che significa, non proprio? O hai risposto o non –”
“Ma è per questo che ti sto chiedendo se credi nei Grandi Misteri” replicò lui. Lo disse proprio così, sottolineando le iniziali.
“D'accordo. Allora. No, non credo nei presunti grandi misteri. Credo in tante cose intangibili, come l'affetto, come la fiducia nelle persone. Ma non nei cosiddetti fenomeni paranormali”, rispose Judy.
“E se ti dicessi che uno di questi fenomeni paranormali si è appena materializzato alla nostra porta?”, la inquisì Nick, registrando appena, sottotraccia, di aver detto nostra.
La coniglietta mise su un cipiglio fintamente severo e, dopo essersi alzata dalla sedia, gli si parò davanti a braccia incrociate.
“Nicholas Piberius Wilde, non so cosa tu abbia visto fuori dalla porta di tanto incredibile” – omise l'aggettivo, fingendo di non averlo notato, ma dentro gongolava – “sappi però che per ognuno dei misteri, o leggende che hai citato esiste una spiegazione plausibile”.
“Ma davvero”.
“Sì, davvero”.
Stava diventando un braccio di ferro, una di quelle sfide che tanto divertivano la volpe. La quale, tuttavia, in quel momento non aveva il suo solito atteggiamento provocatorio.
“E saresti disposta a scommettere un mese di rapporti compilati al posto mio, di saper spiegare anche il mistero-fuori-dalla-porta?”.
“Assolutamente” ribatté Judy, ormai intrappolata nel gioco.
In realtà non aveva la più pallida idea di cosa stesse promettendo.
“Perfetto” dichiarò Nick. “Allora dimmi: perché là fuori ci sono i tuoi genitori, Carotina?”.
La boccuccia di Judy si spalancò in una grande O di stupore.
I suoi genitori. Lì. A quell'ora.
Prese di corsa l'mPhone, verificò se si fosse persa qualche messaggio da sua madre, ma non ce n'erano.
No. Non era un mistero che sapesse risolvere, quello. Ne sapeva quanto Nick, cioè nulla.
“Allora?”, la sollecitò lui. Judy esitò. Sospirò.
“Allora, ti devo dei rapporti, suppongo. Subdola volpe”.
“Subdola, ma tanto fotogenica. Mica come quella palla di pelo marrone abborda-conigliette che ti si è attaccata addosso”, replicò lui, voltandosi e dirigendosi verso l'atrio. “Forza, andiamo”.
Il campanello suonò una terza volta, proprio mentre Nick si affacciava nella cornice della porta.

  
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