Film > X-men (film)
Segui la storia  |       
Autore: arsea    14/06/2016    2 recensioni
Post Apocalypse e possibili spoiler!
Charles ed Erik non sono così lontani come è stato in passato, ma l'ennesimo tradimento è troppo vicino per poter essere cancellato. Charles non può permettersi più di perdonare, anche se è certo che il ci sarà presto un'altra occasione per farlo. Non può permettersi di credere alle parole di Erik. Non può più permettersi di credere in Erik e basta.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’uomo che Charles aveva visto la notte prima si chiamava James Flint ed era uno dei numerosi proprietari terrieri che si trovavano nella periferia di Richmond.
Il viaggio dall’aeroporto alla sua fattoria sperduta in mezzo al nulla fu lungo abbastanza da risultare soffocante, Hank trovò incredibilmente spiacevole il silenzio dell’abitacolo una volta che fu costretto a stare coi due mutanti, perciò una volta che arrivarono fu anche il più ansioso di scendere.
Aiutò Charles a fare altrettanto, ma una volta fatto quello il telepate guidò da solo la sedia a rotelle fino alla porta a vetri, percependo con facilità che dentro la piccola casetta coloniale c’era un’unica persona << Non è un geo-cineta >> disse perplesso, fermandosi a pochi passi << Cosa significa? >> << È un mutante, sì, ma ha solo una capacità botanica >> e nel dirlo indicò il florido frutteto a poca distanza, stracolmo di frutti anche in quel periodo dell’anno << Vuol dire che siamo venuti fin qui per nulla? >> domandò Erik incrociando le braccia al petto.
Mentre parlavano un uomo sulla quarantina uscì sulla veranda, corpo massiccio e capelli brizzolati, con occhi scuri e una mascella squadrata << Salve, signori. Posso aiutarvi? >> domandò con un marcato accento, lisciandosi la camicia di cotone da poco << Salve >> ribatté Charles con il suo fare impeccabile, sollevando una mano contro il sole che lo abbagliava, avanzando di un giro di ruota ancora per approfittare dell’ombra della casa << Il mio nome è Charles Xavier, signor Flint, sono un professore di biologia e genetica. Lui è il dottor Hank McCoy e questo è... Henry Suskind. Possiamo approfittare della sua pazienza per alcune domande? >> l’uomo corrugò la fronte senza capire, un po’ sospettoso anche, ma dopo un po’ giudicò un uomo in sedia a rotelle un pericolo trascurabile.
Guardò il trio ancora un momento, poi le scale, infine spostò il peso da un piede all’altro a disagio, ma Charles si affrettò a toglierlo d’impiccio: << Non voglio approfittare della sua cortesia più del dovuto, signor Flint. Possiamo parlare anche qui, se me ne concede il tempo, non abbiamo bisogno di entrare in casa >> l’uomo sembrò ancora più tranquillizzato da quelle parole, scese i pochi gradini con la sicurezza di chi sa come affrontare ogni situazione e bastava notare quella per capire che non aveva la più pallida idea di quel che era.
Si reputava un normalissimo texano di sangue puro, conservatore, protezionista, ospitale e lavoratore, con l’unica eccezione di essere particolarmente fortunato con le piante.
E Charles non aveva alcun diritto di strapparlo alle sue illusioni << Che genere di domande? >> era sicuramente lui l’uomo che aveva visto.
Riconosceva la casa, e anche il punto in cui lo aveva visto battere il terreno con il suo bastone << Siamo interessati al suo frutteto, signor Flint. Mi sono giunte voci che possiede un terreno estremamente fertile. Potremmo prendere dei campioni? A puro scopo didattico, gliel’assicuro >> mentre parlava sondava la sua mente ancora più in profondità, arrivò a toccare i suoi ricordi più nascosti.
Era stato lui a scatenare il terremoto, ne era certo, ne vide le prove nella sua memoria, eppure in qualche modo la mente cosciente non ne era affatto al corrente.
Non ne aveva le capacità, non era la sua mutazione, era sicuro di questo: come aveva fatto a scatenare un terremoto se non ne possedeva il potere?
Charles si appoggiò la testa alle dita puntellate sul bracciolo, pensoso mentre James Flint rimaneva semplicemente immobile, paralizzato dalla sua telepatia.
Condivise le sue scoperte con gli altri << È possibile che il suo potere sia semplicemente sopito? >> domandò Hank << Lo percepirei. Sento la differenza >> << Charles >> il telepate sbiancò a quel richiamo, si sollevò dritto come una lepre sorpresa da uno sparo, tendendo i propri sensi al massimo << Che succede? >> ignorò la domanda di Erik, concentrandosi per cercare di scoprire la fonte della voce, ma per più di cinquecento miglia non c’era un solo mutante oltre a James.
Il suo cuore cominciò a battere così forte da costringerlo a portarsi una mano al petto << Dimentica l’ultima mezz’ora. Torna dentro e accendi la tivù >> ordinò poi all’uomo davanti a lui, prima di guidare la sedia a rotelle di nuovo al punto di partenza, all’auto, seguito dai due uomini un po’ confusi << Puoi spiegarci cosa sta succedendo? >> domandò Hank allarmato << Non lo so >> ammise il professore, cercando di calmare il proprio battito impazzito << In qualche modo ha usato una capacità che non possiede, ma non ne ha il minimo ricordo. Non è stato lui, in tutti i modi in cui possa essere letta questa frase >> << Non capisco quello che stai dicendo. Come può farlo e non farlo? >> ribatté Hank sempre più perplesso << Qualcuno gli ha prestato il proprio potere o quello di qualcun altro >> disse Erik a quel punto, attirando così lo sguardo di entrambi << Conosci chi può averlo fatto? >> il signore dei metalli scosse il capo, stringendosi nelle spalle << È solo l’unica soluzione che abbia un senso >> si scrutarono ancora per un momento, Charles decise di credergli, quindi sospirò e aprì lo sportello della macchina << Ho bisogno di Cerebro. Dobbiamo trovare questo “qualcuno” >> dichiarò solennemente.
Avrebbero potuto fare almeno una sosta per il pranzo, invece tornarono al jet e intrapresero subito il viaggio di ritorno, questa volta molto più silenzioso.
Charles sedeva allo stesso posto dell’andata, lo sguardo perso tra le nuvole dietro l’oblò, ma la sua mente era colma di zavorra, tormentata sia dal rompicapo del nuovo mutante sia dalla voce che aveva sentito e che temeva di conoscere << Tutto bene? >> domandò Erik di fronte a lui, stanco del silenzio e della pesantezza che andava peggiorando intorno al telepate.
Poteva quasi vederla, una cappa oscura e tesa << Sì. Voglio solo tornare dai ragazzi >> << Sei così preoccupato per loro? Sono al sicuro >> Charles non rispose, limitandosi ad annuire con poca convinzione << Che vuoi fare quando lo troverai? >> << Trovare chi? >> << L’autore del terremoto >> << Sonderò la sua mente >> << E se lo giudicherai una minaccia? >> << Lo eliminerò >> parlò senza indecisione né la minima esitazione, come se fosse semplicemente una conseguenza inevitabile.
Gli mise i brividi, quello non era affatto l’uomo che conosceva << Non riesco davvero a credere che tu sia diventato così >> << Non posso permettermi più alcun moralismo. Quei ragazzi non hanno nessun altro che li protegga >> si comportava come un lupo capobranco, disposto a tutto per difendere i suoi compagni.
Forse non aveva rinunciato alla convivenza con gli umani, ma non era più disposto a porgere l’altra guancia.
Sospirò, sbottonandosi il colletto della camicia che indossava e decise che non era il momento più adatto per una conversazione, perciò si rialzò in piedi e andò alla cabina di pilotaggio, lasciandosi cadere sul sedile del copilota dopo aver chiuso la porta alle proprie spalle.
Hank si irrigidì solo nel vederlo entrare, stranito dalla sua presenza almeno quanto lo fu dal secondo sospiro mesto che fece sedendosi.
Inutile dire che non si fidava affatto di lui, inutile dire che vederlo morto lo avrebbe fatto dormire sonni più tranquilli, ma era un uomo di scienza e sapeva che ogni cosa ha il suo perché << Si suppone che tu sia il suo migliore amico, giusto? >> esordì, spiazzandolo un po’ con il suo tono e anche la sua noncuranza visto che Charles poteva ascoltare tutto << Può seguire ogni nostro pensiero comunque. Non lo farà, se lo facesse sempre non riuscirebbe nemmeno più a pensare, quindi fingiamo che sia solo una persona normale e non il telepate più potente sulla faccia della terra >> << Il secondo telepate più potente >> lo corresse automaticamente << Ma certo, esclusa la giovane rossa >> concesse Erik con un gesto noncurante della mano << Come diavolo è diventato quella sottospecie di depresso paranoico? >> Hank strabuzzò tanto gli occhi che quasi temette gli sarebbero rotolati a terra, perché anche se non aveva urlato Charles avrebbe potuto benissimo sentirli, ma proprio come Magneto aveva detto non li raggiunse alcuna intromissione dalla cabina principale.
Sospirò con un respiro tremante, inserendo il pilota automatico e lasciando andare la cloche << Parli dei sistemi di sicurezza? >> domandò in un mormorio << Non solo quelli. Ammetto che mi sono sorpreso per il bunker, ma dopotutto l’esercito è a conoscenza dell’ubicazione della scuola e credo che sia un bene premunirsi contro di loro. Parlo di come si sia messo in assetto da combattimento prima ancora di capire cosa sia successo >> << Dopo l’Egitto è diventato un po’... non è stato facile per lui. Non è riuscito a proteggere nessuno, nemmeno se stesso. È stato un duro colpo. Crede che sia colpa del suo esitare >> << Anche tu lo credi? >> domandò, un po’ sorpreso di notare del biasimo nella voce dell’uomo.
Quello si strinse nelle spalle, gli lanciò un’occhiata eloquente e non aggiunse altro.
Ma certo.
Dopotutto se non avesse esitato con lui, En Sabah Nur non sarebbe mai arrivato a catturarlo.
Si morsicò la lingua per trattenere un’imprecazione, lo sguardo fisso adesso sul cielo limpido di fronte a sé, e per alcuni lunghi minuti non si dissero nulla << È persino meglio di quel che pensassi >> si lasciò sfuggire infine con sarcasmo bruciante << No, è solo un periodo. Ha passato di peggio, davvero. Comincia a preoccuparti quando ha più alcol che sangue nelle vene. Quello sì che tira fuori il peggio di lui >> << Charles non è un alcolista >> la sola idea lo inorridiva, ma in risposta Bestia gli scoppiò a ridere in faccia, scuotendo il capo << È solo un genio dell’autocontrollo. Conosco persone che non toccano più un goccio dopo aver passato quello che ha passato lui. Invece è sobrio da dieci anni, anche se si concede un bicchiere ogni tanto. Questo non mi fa dimenticare che è un telepate >> << E il sonno invece? >> << Non ha mai dormito granché. Gli passerà >> non sapeva se il suo fosse fiducioso ottimismo oppure noncuranza.
Possibile che credesse semplicemente che non avesse bisogno di aiuto?
Ma del resto che genere di aiuto potevano dargli?
Sempre che lo avesse accettato.
Sospirò, si passò la mano sugli occhi e si massaggiò la fronte, chiedendosi come fosse meglio agire.
Era venuto lì per un motivo del resto, e non se ne sarebbe andato senza esser soddisfatto << Ti preoccupa davvero Charles? >> << Non mi aspetto che tu mi creda. Non ne ho nemmeno bisogno >> Hank sospirò << Non è questione di crederti o meno, non è possibile che io lo faccia e basta. Mi chiedo solo se tu sia pronto ad accettarne le conseguenze >> << Non ve ne saranno >> << Come vuoi >> concesse lo scienziato, ma non sembrava molto convinto.
Di nuovo si protrasse un piccolo silenzio, finché Hank non lo interruppe: << Per nessuno è facile digerire il fallimento >> mormorò << Quale fallimento? >> l’altro sbuffò ironico, scuotendo il capo << Charles è una persona, maledetto psicolabile. Per lui i duemila morti causati da te e da En Sabah Nur sono un fallimento. Lo è il non averli protetti, il non aver fatto nulla per prevederlo. Lo è la morte della tua famiglia >> aggiunse in un sussurro << Sono tutte cose che Charles non poteva controllare. Non ha alcun motivo di sobbarcarsi la responsabilità di quanto successo >> << Quando quel mostro si è unito a Cerebro per distruggere le testate è stato Charles a farlo entrare. Si è aggrappato ad un desiderio che Charles aveva nel cuore. Gli ha svelato di che potere è capace. È come scoperchiare il vaso di Pandora, capisci? È un suo fallimento sentirsi attratto da quel potere >> << Lo pensi anche tu? >> << Quel che penso io non importa. Importa che sia lui a pensarlo. Importa che possa far dimenticare all’intero maledetto mondo la nostra esistenza e non l’abbia fatto. Importa che possa convincere tutti ad eleggerlo Presidente degli Stati Uniti e invece non lo faccia. Capisci adesso? Importa. Charles con la sua telepatia potrebbe portare la pace per tutti noi, l’accettazione, ma vorrebbe dire gettare via tutto ciò in cui crede. Questo sì che può togliere il sonno >> Erik imprecò, batté un pugno sul bracciolo e rimarcò la propria imprecazione.
Perché era tutto così complicato quando si trattava di Charles Xevier?
Fissò il cielo così ingiustamente azzurro e terso, così colmo di luce e positività e lo odiò almeno quanto aveva odiato chiunque altro in passato << È tutta colpa mia >> morsicò, e Hank ebbe la gentile decenza di stare in silenzio, preferendo lasciar parlare quello.
Parlò solo dopo qualche momento, quando fu sufficientemente sicuro che il senso di colpa avesse lavorato a dovere << Vorrei che fosse così, perché sarebbe sufficiente eliminare te per eliminare il problema. Invece, a dispetto di quel che vorrei non sei affatto tu l’unica causa. E lui non è così malconcio. Credo che sia semplicemente maturato a dirla tutta >> << Maturato dici? E da quale espressione di autodistruttivo panico e terrore lo deduci? >> << Per quanto vuoi continuare a parlare di me fingendo che io non stia ascoltando, vecchio amico? >> si intromise la voce del telepate, armata di esasperata pazienza << Posso costringere il mio potere ad ignorarvi, ma l’udito è un senso passivo, non si può spegnere >> Erik ridacchiò tra sé e sé mentre Hank invece impallidiva, senza alzarsi ma limitandosi a fare un cenno perché la porta si aprisse e la voce del professore smettesse di giungere ovattata << Stavamo solo scambiandoci le nostre reciproche impressioni >> si difese affatto pentito << Se tu continui ad erigere muri intorno a te che altro dovrei fare? >> << Rispettare i miei muri sarebbe un passo avanti. Pazientare sarebbe educato. Cercare di capire che non ho bisogno del tuo aiuto sarebbe un miracolo, ma nemmeno io posso sperare in tanto >> finalmente Erik si alzò, più per pietà del povero scienziato al suo fianco che per altro, e tornò al suo posto di fronte al telepate.
Era tornato l’affabile professore, gli occhi di nuovo mare su cui il sole si riflette e la bocca generosa piegata in un sorriso.
Quella menzogna faceva male solo a vederla << Io non sono uno dei tuoi studenti, Charles, te l’ho già detto >> << Perché non mi dici invece perché sei venuto qui? A parte tormentare me  >> << Non ti è bastata la mia giustificazione dei giorni scorsi? >> << No >> << Non ne ho altre. Dovrei inventarmene una? >> << Più convincente almeno >> ribatté il professore.
Di nuovo situazione di stallo.
Si fissarono senza che nessuno dei due mollasse, lasciando crescere la tensione senza fare nulla per fermarla.
La mascella del telepate era contratta quando Erik parlò di nuovo << Hanno intenzione di schedarci, lo hai sentito? >> fece con noncuranza << Mi chiedevo quando avresti tirato fuori la questione >> mormorò Charles massaggiandosi la fronte << E quindi? >> << Non siamo in campagna elettorale. La cosa resterà parola morta almeno per altri quattro anni >> << Quindi te ne disinteressi? >> << Mi hanno già convocato per un numero indicibile di consulti e convegni. Mi chiedi se me la sento di sottopormi al pubblico linciaggio? Ho di meglio da fare >> << Sei il nostro leader pubblico >> il sorriso che Erik sfoggiava non meritava nient’altro che l’occhiataccia che si guadagnò, eppure fu utile visto che riuscì a strappargli anche un sorriso.
Sospirò poi, cambiando leggermente posizione sulla poltrona << Quando cominceranno a parlare seriamente di schedarci gli X-Men saranno già abbastanza appoggiati da avere qualcuno che ostacoli la proposta >> << Quindi lavori sul grande piano come al solito. Che farai quando non funzionerà e l’umanità ti deluderà ancora una volta? >> il mal di testa di Charles aumentò sensibilmente con quell’unica semplice domanda, passando da semplice fastidio a vero e proprio dolore << Vuoi trasformare i tuoi ragazzi in vigilanti mascherati? >> << Non voglio fare proprio nulla. Voglio che sappiano difendersi. Voglio che non siano impreparati la prossima volta che deciderai di ucciderci tutti >> sibilò con rabbia del tutto gratuita ma dettata dall’irritazione.
Erik incassò e si morse la lingua per non ribattere, dimostrando a se stesso che poteva sopportare un po’ più di quel che era abituato a fare.
Non aveva vissuto per dieci anni da semplice umano del resto?
Non aveva lavorato in una stupidissima fabbrica e creduto con ogni fibra del suo essere che fosse la cosa più importante del mondo?
L’esasperazione di Charles non era più dura da digerire delle decine di uomini mediocri e infimi che aveva costretto se stesso a frequentare << Scusa. Non... ignora quello che ho detto >> disse il telepate dopo l’ennesimo sospiro << No, va tutto bene. Non scusarti, è perfettamente legittimo quello che hai detto >> << La CIA vuole i dossier dei ragazzi >> se ne uscì il professore, con la sofferenza di chi si strappa un dente.
Erik trattenne il fiato, poi si sporse in avanti con il busto, appoggiandosi al tavolo << Che cosa hai deciso? >> sibilò minaccioso << Che cosa vuoi che abbia deciso? Ho risposto di no, ho detto che non potevano avere nessuna informazione su di loro. Sono sotto la mia responsabilità >> << Non si arrenderanno, Charles >> << Sì invece >> Erik si sentì morire a quelle parole, ebbe paura di quel che sarebbe seguito << Ho promesso loro che potranno avere me. Cerebro. Tutte le informazioni che vorranno, ma niente sui mutanti >> << C-cosa?! >>  << È il compromesso più vantaggioso che potessi strappare >> << Vantaggioso? Lo chiami vantaggioso questo? Ti trasformeranno in un’arma, Charles. Ucciderai delle persone, ti strumentalizzeranno, e per come sei fatto ti faranno uscire di senno! Questa non è una soluzione, è un maledettissimo contratto con il diavolo >> gli occhi grigio-azzurri di Erik divennero duri come il metallo che controllava, terribilmente gelidi nel guardarlo << Non è di certo questa l’unica soluzione, lo sai bene >> << Naturalmente. Non per te, certo. Potrei sempre cancellare tutti i loro ricordi, giusto? Ordinar loro di bruciare i nostri dati, i rapporti, magari anche di impiccarsi tutti insieme in una volta. Erik, io non sono te >> azzannò il telepate furibondo << Credi che questo sia il male minore? Oppure sei davvero così fiducioso nei loro confronti? È la CIA, dannazione! Non sono boy-scout, non sono i buoni contro i cattivi del mondo! Ti stanno solo trasformando in un bersaglio, maledetto ingenuo, e presto o tardi coloro contro cui ti metteranno verranno a massacrare te e tutto ciò a cui tieni! >> << Non lo permetterò. Non sapranno mai della nostra esistenza >> Erik batté un pugno sul tavolo per rimarcare la propria rabbia, ma ovviamente non poteva sorprenderlo in alcun modo << Almeno finché non troverai un altro telepate, giusto? Una volta mi hai detto che potete percepirvi a vicenda, che Emma ti era impenetrabile quanto tu lo eri a lei. Cosa farai se uno dei ricercati della CIA utilizzasse un altro Professor X per rintracciarti? >> << Stai esasperando la cosa. E ho già detto che non saranno implicati i mutanti >> << Di quelli si occuperà il tuo piccolo esercito privato, giusto? Charles Xevier contro tutto il male del mondo. Patetico >> sentenziò infine incrociando le braccia al petto con ostentazione, e persino il telepate ne sembrò sconvolto, abbastanza da fissarlo a bocca aperta.
Poi però lo stupore lasciò spazio alla rabbia, quella rabbia che solo Erik Lehnsherr riusciva a scatenare dentro di lui: << Se avranno paura di noi cosa pensi che li fermerà dal portarli di nuovo verso il futuro che abbiamo scongiurato? >> sibilò << Se non mostreremo che siamo disposti a condividere il potere che possediamo chi li distoglierà da quel futuro, Erik? Credi che En Sabah Nur non li abbia terrorizzati abbastanza? Credi che ci metteranno molto ad organizzare una nuova caccia alle streghe? >> << Abbiamo le armi per poterla vincere! >> gli ringhiò contro l’altro, osteggiando il suo tono pacato e tagliente alzando invece la voce << Non sei cambiato affatto >> sibilò << Speravo che fossi tu ad esserlo abbastanza! Invece continui a lasciarti trascinare! La CIA, maledetto te! È per colpa di quella donna? È stata Moira a convincerti? >> << Oh Dio, non posso credere che tu l’abbia detto davvero >> << Non sono io quello che si è offerto di fare da spia all’organizzazione più pericolosa del mondo. Credevo tu possedessi più buonsenso >> << COSA DOVREI FARE?! >> urlò a quel punto Charles, con tale violenza da lasciarlo stupefatto.
Le sue mani erano strette a pugno e tremavano, il suo intero corpo tremava, costretto in una morsa di furia che lo rendeva spaventoso.
Per un momento Erik fu molto consapevole del fatto che poteva renderlo un vegetale che sbavava sul pavimento con meno sforzo di quello necessario a sbattere le palpebre << Sanno che esistiamo >> continuò, facendo scivolare le parole fra i denti come se faticasse ad esprimerle << Sanno che io esisto. Immagino che offrirmi di collaborare con loro sia più dignitoso di costringerli a venirmi a prendere e rinchiudermi chissà dove finché non obbedisco alle loro richieste. Hanno mille modi per obbligarmi. Hanno un’intera scuola di modi per obbligarmi >> aggiunse fremente << Dovrei seguire il tuo metodo quindi? E cosa mi chiamo a fare “Professore” allora?! Perché insegno a quei ragazzi a non nascondersi, ad essere fieri, a non aver paura? Offro me stesso perché non scoprano Jean magari, oppure Kurt, o Pietro. Offro me stesso perché io posso difendermi per quel poco che mi è concesso, mentre i miei ragazzi no! >> lo indicò con una mano, imprecando coloritamente << Credi che se avessero avuto un modo per controllare te ti avrebbero rinchiuso sotto il Pentagono? Con il tuo potere? L’America ti sfoggerebbe ad ogni dannatissima parata degli armamenti del 4 Luglio. Io mi sono costruito un guinzaglio, quel guinzaglio mi tiene in vita e mi fa svegliare ogni luridissima mattina, quindi sì, sono disposto a vendermi all’organizzazione più pericolosa del pianeta se significa tenere al sicuro coloro che amo! >> si passò una mano sul capo, un gesto che aveva fatto per troppo tempo perché fosse cancellato dalle poche settimane che era stato calvo, e lasciò andare tutta l’aria contenuta nei suoi polmoni per calmarsi.
Il mal di testa si era ormai trasformato in un pulsare costante e doloroso, ma gli fu grato adesso perché gli permise di avere qualcosa su cui focalizzarsi per riacquistare la compostezza.
Guidò da sé la bottiglia di whiskey e tolse il tappo intarsiato prima di portarsela alle labbra e suggere una lunga sorsata << Non tirare più fuori l’argomento >> ammonì senza guardare l’Erik dal volto congelato dallo stupore che lo stava fissando << Non ho intenzione di consultare te sulle questioni che riguardano la mia vita e la mia scuola. Non so cosa ti abbia portato qui, ma almeno una cosa è certa: non resterai per sempre >> fu lui a comandare alla scacchiera di porsi fra loro questa volta, cominciando a disporvi i pezzi mentre cercava disperatamente di essere l’uomo che voleva essere ma che non riusciva ad essere << Ti aspettavi che mi dicessi d’accordo? >> fece Erik allora, come se non avesse parlato affatto anche se era chiaro che aveva prestato attenzione << Che applaudissi all’ennesimo compromesso autodistruttivo di Charles Xavier? >> << Oh ti prego... >> << Non pregarmi >> lo freddò tagliente << Me l’hai detto perché tu stesso pensi che sia una pessima idea. Come al solito costringi me ad affrontare le verità scomode, non è così? Lasci che sia la mia bocca ad essere egoista e meschina, giusto? Oppure volevi solo qualcuno contro cui urlare? >> Charles sollevò solo gli occhi per guardarlo, le pupille diventate due punte di spillo in mezzo all’abisso << Comincio ad essere davvero stanco di te. Forse Raven aveva ragione >> << Tendi ad allontanare chiunque provi anche solo ad essere in disaccordo. Neppure tu sei cambiato, Charles, ma ti concedo un consiglio, in nome della nostra amicizia: non sai tutto >> << Vaffanculo, Erik >> << Almeno adesso vedo in te qualcosa di vagamente riconoscibile >> sentenziò il tedesco incrociando le braccia al petto << Perché non chiedi semplicemente il mio aiuto? >> continuò << Perché non mi dici soltanto che non hai il coraggio di sporcarti le mani e chiedi a me di occuparmene? >> << Non è quello che ti ho chiesto. Anzi, non ti ho chiesto proprio nulla >> << Naturalmente >> sbuffò Erik sarcastico e sprezzante in egual modo, tanto che Charles per la prima volta nella sua vita dovette lottare con tutto se stesso per non fargli del male.
Avrebbe potuto, per Dio, avrebbe potuto rendere quell’insulso uomo stracolmo di ego a strisciare ai suoi piedi, ma si trattenne con un lungo e tremante respiro profondo, chiuse gli occhi e si impose la calma.
Lo sforzo lo lasciò spossato e di malumore, bevve ancora anche se si costrinse a versare il liquido dorato in un bicchiere, e lo svuotò prima di tornare alla scacchiera.
Mosse il cavallo << Hai studiato Fisica, giusto? >> se ne uscì dopo essersi schiarito la gola con noncuranza.
Erik aveva perso il conto di quanti loro litigi erano finiti così, non aveva abbastanza dita per ricordare le volte in cui Charles aveva semplicemente cambiato argomento quando la rabbia diventava troppo da gestire per lui, e per quanto esasperazione e frustrazione montassero in lui per quel comportamento, qualcosa in esso lo tranquillizzò anche perché era decisamente da loro.
Un loro piuttosto lontano comunque, prima di Washington, prima di Cuba, quando le loro giornate erano scandite da ricerche fra i mutanti di tutto il mondo e chiacchiere infinite nello studio di Brian Xavier << Sì. Non so come tu lo sappia comunque >> lo assecondò << Ho fatto delle ricerche su di te. E la testa di Shaw ha fatto il resto >> rispose l’altro con semplicità, guardandolo fare la sua mossa.
Evitava accuratamente il suo sguardo, continuando a fissare il suo fosco sulla scacchiera come se potesse incenerirla solo in quel modo << Dovevo conoscere il mio potere, per questo l’ho fatto >> << È esattamente il motivo per cui dovresti insegnarla >> dichiarò Charles << Abbiamo alcuni ragazzi a cui potrebbe essere d’aiuto. Non tutti hanno il controllo innato di Pietro >> fingeva di non aver detto meno di cinque minuti prima che se ne sarebbe andato.
Ma con lui era così, del resto.
Le illusioni erano tutto per Charles. Senza le illusioni sarebbe stato perduto.



NA: Grazie a tutti per aver letto :) 
Con il prossimo capitolo la trama comincerà un po' a delinearsi e spero tanto che Sua Altezza Stan Lee non decida di mandarmi un accidenti XD XD
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: arsea