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Autore: Alice_Nightshade    15/06/2016    0 recensioni
Voi vi siete mai chiesti a cosa pensano i gatti quando guardano nel vuoto? E se non stessero semplicemente pensando, ma guardando qualcosa che noi non possiamo vedere? Il ruolo dei gatti non è di semplici animali domestici. Sono loro che ci proteggono dai demoni, ogni giorno, ogni ora, ogni secondo.
(Alcuni nomi citati sono ispirati alla poesia di T. S. Eliot "Il nome dei gatti")
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What are you looking, Cat?


Buongiorno/sera a tutti! Visto che non ho niente da fare, ho deciso di cimentarmi in questa one shot. L'ispirazione mi è venuta quando ho guardato la mia gatta fissare il nulla come suo solito, mentre alcuni nomi li ho copiati dalla poesia di T. S. Eliot "Il nome dei gatti" (e anche dal musical "Cats"). Quindi... eccomi qua!
Spero che la storiella vi piaccia e......
Buona lettura!!!!




Samuel Jackson scrutava il cielo da una finestra del suo appartamento a New York, al diciassettesimo piano. Aveva la mascella contratta e la fronte corruciata. Quel giorno avrebbe fatto un colloquio di lavoro molto importante; era un imprenditore in cerca della via del successo, da una vita sognava un'opportunità del genere. Ormai aveva 42; non era giovane come un tempo, è vero, ma doveva essere impeccabile.
Passando davanti allo specchio, per l'ennesima volta si riannodò la cravatta.
Faceva sempre così quando era nervoso; si snodava e riannodava la cravatta in continuazione. Dopodiché si passò il pettine fra i capelli scuri e con la mano si toccò il mento, quasi per controllare che non ci fosse un singolo rimasuglio di barba. Dopo aver dato gli ultimi ritocchi, fece un passo indietro e ammirò la sua immagine allo specchio.
Era un uomo ben piazzato, con delle spalle larghe e un corpo muscoloso, nonostante l'età. I capelli e gli occhi scuri creavano un contrasto armonioso con la pelle non proprio abbronzata. Era bello, nonostante l'età.
Dopo aver constatato di non avere nulla che non andava, controllò l'orologio. Mancavano venti minuti alle quattro, era ora di andare. Dopo aver afferrato l'inseparabile ventiquattrore, sentì una finestra sbattere. Dopodiché dalla porta della cucina fece capolino un gatto.
-Quaxo- disse l'uomo -era ora che ti decidessi a tornare.-
Fece una carezza all'animale, il quale gli fece le fusa in risposta.
-Meno male che ti ho lasciato la finestra della cucina aperta, altrimenti chissà come saresti entrato.-
Quaxo, ovviamente, non rispose. Era un gatto di colore bianco e nero, con un pelo non molto lungo e dei vivaci occhi ambrati.
Samuel l'aveva trovato abbandonato in un vicolo vicino al suo appartamento tre anni fa, e da allora viveva con lui. Era l'unica cosa che lo faceva staccare dal lavoro, a causa del suo carattere esuberante e dell'insaziabile voglia di carezze.
Sarebbe rimasto volentieri lì a coccolarlo, ma non poteva permettersi di arrivare tardi al colloquio, quindi si avviò verso la porta d'ingresso.
-A dopo Quaxo, tieni d'occhio la casa.- lo salutò.
Dopo che se ne fu andato, il gatto pensò:
"Non ci crederesti se ti dicessi che lo faccio già, Samuel."
Uno scricchiolio lo fece girare di scatto. Il rumore proveniva dalla cucina, l'animale ne era più che certo. Così si fiondò nella stanza da cui era entrato, anche se non c'era nessuno. O almeno così sembrava.
Un'ombra scivolò sul pavimento vicino la finestra. Il gatto soffiò all'indirizzo di essa, sapendo perfettamente che cos'era in realtà.
"Un altro demone." pensò il felino "E io che speravo di dormire in pace oggi."
Dopodiché l'ombra si condensò in una massa scura e indistinta, con sembianze vagamente canine. Quaxo odiava quel genere di demoni; erano alquanto fastidiosi e cercavano in tutti i modo di intrufolarsi nelle abitazioni umane.
Ma non aveva molte alternative; ogni gatto era tenuto a far fuori gli inviati infernali che incontrava o, perlomeno, tenerli lontani dalle case. In genere bastava semplicemente guardarli in malo modo affacciandosi alla finestra, portando gli umani a credere che i loro amici felini stiano guardando nel vuoto o meditando.
Tuttavia, i demoni con caratteristiche canine erano, casualmente, come i cani: tremendamente fastidiosi ed insistenti. Quando capitavano demoni simili, bisognava ucciderli immediatamente, altrimenti avrebbero causato danni seri agli esseri umani.
Il segugio si avventò sul gatto; ma questo non si fece cogliere impreparato. Lo colpì al muso con gli artigli, facendo guaire di dolore l'essere demoniaco. Ma questo non si arrese: cercò di azzannare Quaxo al fianco destro, ma quest'ultimo si limitò a scansarsi e a rispondere con un'altra unghiata.
Sebbene l'essere fosse solo un'ombra, riceveva danni come se fosse in carne e ossa. In particolar modo i gatti, acerrimi nemici degli inviati infernali fin dall'antichità, riuscivano a infierire loro più dolore rispetto alle altre creature.
Il duello continuava senza esclusione di colpi, con il demone che cercava di azzannare il gatto e quest'ultimo che rispondeva graffiandolo sul muso o sui fianchi. Alla fine, il segugio infernale si ritrovò sfinito, mentre il felino era ancora nel pieno delle sue forze. Così, quasi con noncuranza, Quaxo fece un enorme balzo verso l'alto e affondò i suoi artigli nel collo del demone, con un colpo che avrebbe tagliato le corde vocali di un qualsiasi altro essere vivente. Il segugio cadde a terra, stramazzando dal dolore, e si dissolse in fumo.
Il gatto finalmente poté rilassarsi e, ritornando in salotto, si distese lungo il divano del suo padrone, pronto per fare il suo pisolino pomeridiano.

Alle cinque e mezza del pomeriggio, Samuel rientrò nell'appartamento. Il colloquio era andato alla perfezione, ed era sicuro che quelli dell'ufficio dove aveva svolto il colloquio l'avrebbero richiamato.
Si sentiva in vena di festeggiare, così tornando a casa aveva comprato una bottiglia di champagne tutta per sé.
Sarebbe stata una festa tranquilla, con solo lui e Quaxo come partecipanti. Non appena rientrò in casa, vide il gatto beatamente addormentato sul divano del soggiorno, così si sedette vicino a lui e gli fece una carezza, svegliandolo.
-Quaxo, non ci crederai mai: il colloquio non è andato bene, anzi, è andato benissimo...-
Il gatto non ascoltò quello che gli disse l'umano, perché più di tanto non capiva quello ciò che il suo padrone gli stava dicendo riguardo al suo "mondo del lavoro".
Così si lasciò coccolare, finché un verso disumano gli fece aprire gli occhi.
Alla finestra c'era la sagoma di un corvo fatta di pura ombra; un altro inviato infernale. Allora il felino scese dal divano e salì sul davanzale della finestra, mentre il suo padrone continuava a blaterare.
Il corvo, come previsto, non ci pensò due volte a volare via il più possibile lontano dal gatto. Questo lo seguì con lo sguardo finché non scomparve dalla sua vista. A quel punto il suo padrone gli chiese, con tono scherzoso:
-Cosa stai guardando, Quaxo?-
Come tutti gli umani, lui non era capace di vedere i demoni, quindi quando i gatti venivano sorpresi a tenere d'occhio uno di quegli esseri infernali i loro padroni pensavano stessero meditando o guardando nel vuoto.
"Chissà quanti umani ogni giorno pongono questa domanda ai loro gatti..." pensò il felino. Ed aveva ragione. Forse i nomi pronunciati alla fine della frase erano diversi, come Pierre, Augusto, Bombalurina o Grizabella, ma la domanda era grossomodo sempre quella.
"Cosa stai guardando, Gatto?"

   
 
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