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Autore: Carla Marrone    16/06/2016    1 recensioni
Un'avventura umoristica, in cui, il mio OC, una glottologa, finirà nel mondo di Lost Canvas. Il suo scopo? Tradurre delle antiche pergamene, che conducono ad un misterioso, magico tesoro. Il tutto, possibilmente, prima che queste cadano nelle mani degli Specter. Ad aiutarla, i Cavalieri di Atena, che avrà occasione di conoscere.
Come unica avvertenza, il linguaggio, solo in alcuni punti, un po' scurrile. Mi piace illudermi che, talvolta, fosse più che necessario. Quando ci vuole, ci vuole.
Spero vi divertiate a leggere questa breve incursione nella realtà dei Saint Seiya, almeno quanto mi sono divertita io ad inventarla. Fatemi sapere, ci conto!
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.IL VIAGGIO SEGRETO  

Mi sveglio, nel cuore della notte, infastidita da un bussare incessante alla mia porta. Sulle prime, non capendo bene che ora fosse, avevo creduto il rumore provenire dal cantiere. Ma poi, ho dovuto fare mente locale. Tutti dormono, a quest’ora. Deve, per forza, trattarsi di qualcuno che ha bisogno di me. Vado ad aprire, non senza un minimo di timore, per scoprire la dea Atena in persona, sull’uscio della mia camera. 

“Sasha? – mi stropiccio gli occhi, cercando di rendere la mia mente più lucida. – C’è qualcosa che non va, ti servo?” 

La ragazza scuote lentamente il capo. “Stai tranquilla Miranda, va tutto bene. Ho trovato il modo di farti tornare a casa.” Ora, sul “va tutto bene”, sono d’accordo. Sullo “stai tranquilla”, un po’ meno. Voglio dire, cazzo, se sto davvero per tornare a casa, in questo frangente, è come se avessi vinto alla lotteria. Sono sicura voi possiate capirmi. Non credevo sarebbe mai accaduto. 

“Dici sul serio? – incrocio le dita delle mani e me le porto davanti alla bocca. Ho le lacrime agli occhi. – Grazie Sasha. Sarò per sempre in debito con te.”

“Tu hai fatto molto per noi. Considera il debito già estinto.” 

Sono così felice della notizia che quasi dimentico. “Mi è possibile salutare due persone che lavorano alla locanda con me prima di partire?” Chiedo con tono quasi supplichevole.

Atena esprime nuovamente con dei gesti il suo diniego. “Temo tu debba partire subito. Non abbiamo molto tempo. – abbassa lo sguardo. – Inoltre, nessuno deve sapere che appartieni ad un’altra dimensione. E’ più sicuro per tutti.” Mi squadra intensamente coi suoi occhi verde acqua, come se volesse sottopormi ad una prova di coraggio. Che io accetto. Infatti, annuisco col capo, un’unica volta e senza esitare. Seguo Sasha fuori dalla stanza, dopo essermi vestita in fretta e furia. Su una cosa, se non altro avevo ragione. Io provengo davvero da un mondo parallelo. Tutto quello che devo fare adesso, però, è evitare di pensarci, per non crearmi ulteriore angoscia. 

Fino a metà tragitto, non parliamo. Almeno, fin quando non decido di non farcela più a reggere. Sono troppo nervosa, ho bisogno di distrarmi dall’ansia da anticipazione. Così, mi rivolgo alla giovane divinità con la prima domanda che mi viene in mente:- Stanno bene Manigoldo e… Shion, giusto? Com’è andata la missione?- 

“Non hanno riportato ferite gravi.” Il che significa che sono comunque feriti. Questo, normalmente, dovrebbe preoccupare. Già, dimentico sempre che quelle con cui ho a che fare sono persone speciali. Ciò che ferisce una persona normale, non è che una carezza per loro. “E, grazie a te, hanno trovato lo Scrigno in poco tempo. - continua la ragazzina, con tono sollevato nella voce. – Adesso ci sarà possibile imprigionare Hypnos e Tanathos, gli dei gemelli a capo degli Specter, al suo interno. Se tutto andrà per il meglio, s’intende…” 

“Sono felice che la missione sia andata bene. – scuoto velocemente il capo, poi, lo volgo verso Sasha. Credo di aver immagazzinato con un po’ di ritardo l’ultima informazione fornitami. La quale, ha un ché di scioccante. – Il dio del sonno e quello della morte, vuoi dire loro?”

“Esattamente.” Stavolta, la voce della giovane è grave. Non invidio davvero i cavalieri. Nel mio mondo i soldati combattono guerre devastanti e sanguinose, ma, se non altro, non devono vedersela con presenze sovrannaturali. Il che mi porta a pormi un dubbio. 

“Come mai, sia Dohko e Asmita che Manigoldo e Shion hanno riportato lesioni? Non avrebbero dovuto incontrare nemici, sul loro cammino. Ho tradotto le pergamene più in fretta che potevo… Forse, gli Specter sono comunque riusciti a precedermi?” 

“E’ più facile che li abbiano seguiti. Non aspettavano altro che vederli uscire dal Tempio, per poter scoprire il luogo segreto, indicato dalle antiche scritture. Una volta raggiunta la Fortezza, li hanno attaccati, per tentare d’impadronirsi del tesoro.” Mi risponde Sasha. Adesso è tutto chiaro. 

“Questo perché loro sapevano che io sono qui. Erano anche al corrente del fatto che potevo decifrare le scritture.” Guardo Atena negli occhi. Lei si limita a restituirmi lo sguardo. “Ho rischiato davvero grosso, adesso me ne rendo conto. Sono proprio felice di poter ritornare a casa. Grazie Sasha.” 

“Mi hai già ringraziata, Miranda. Comunque, non temere – mi poggia una mano sulla spalla – I miei Cavalieri non avrebbero mai permesso che ti accadesse qualcosa di brutto.” 

“Nonostante ciò… tu come fai a non avere paura? Anche la tua vita è costantemente in pericolo.” Non ho potuto trattenermi, ho dovuto chiederglielo. 

“Siamo arrivati.” Mi dice con voce tenue. Non risponderà alla mia domanda. Ma, va bene così, la risposta sarebbe stata scontata. Lo so bene che anche lei, seppur dotata di grandi poteri spirituali, ha paura. E’ solo una ragazzina, dopotutto. Per certe cose, non si è mai completamente pronti. Le persone convinte che le cose ci capitino, per volontà del destino, solo quando si è pronti a riceverle, mi hanno fatto sempre un po’ ridere. Si raccontano un gran mare di fesserie. Tutto solo per placare l’ansia, con parole fittizie. 

Mi guardo intorno. Siamo nel punto più alto del Tempio, all’interno di una sorta di gazebo. Alle nostre spalle, una gigantesca statua della dea Atena. Averla davanti a me, in carne ed ossa, proprio in questo momento, mi crea un misto di ilarità e fierezza.

Scorgo una figura davanti a me, indossa abiti scuri e nella notte non distinguo bene i lineamenti del suo corpo e del volto. Credo abbia i capelli lunghi, di un colore nitido. Devo aspettare di essergli più vicina per potermene sincerare con chiarezza.

Si tratta di un giovane, dalla liscia capigliatura biondo-oro. E’ piuttosto grazioso ed ha una fisionomia delicata. Da lontano, credevo fosse una donna. Questo, perché credo abbia, su per giù, la stessa età di Sasha. Indossa una tunica nera dalle ampie maniche bordate d’oro. Una allure misteriosa emana dal suo corpo e, dal modo in cui si guardano negli occhi, comprendo che lui ed Atena si conoscono molto bene. 

“Questo ragazzo si chiama Alone ed ha dipinto il quadro magico, che ti ha condotta qui.” 

Bene. Sembra io abbia trovato la persona giusta da usare come punching-ball. Con tutto lo stress accumulato negli ultimi giorni, non mi farebbe affatto male. 

Il mio tira-graffi mi parla con voce suadente e composta. “Avvicinati alla tela. E’ il modo per tornare a casa. Una volta rientrata, distruggerò il dipinto, di modo che tu non debba mai più venire a trovarti in una simile situazione.” 

Quindi, sta accadendo davvero. Tornerò nel mio mondo. Do qualche passo verso il quadro, poi, mi blocco. Detesto lasciare le cose a metà, ma non ho altra scelta. 

“Sasha. Potresti dire ad Allen di andare a parlare con Ivan e Paul, alla locanda di Zorba? Lavoravano con me ed immagino vogliano sapere perché non mi sono più fatta viva da un giorno all’altro.”

“Certo, glielo riferirò. Mi spiace tu non possa dirglielo di persona, però…” La giovane dea abbassa lo sguardo, colpevole. 

“Ah! Un’ultima cosa. – tiro fuori dalla tasca l’accendino e la scatolina di sigarillos e li metto nelle mani di Sasha. – Dì a Manigoldo che non ne ho più bisogno.” 

La giovane annuisce. 

E adesso, tocca a me. Tiro un respiro profondo. Cammino lentamente verso la tela. Ho paura, ma mi impongo di non fermare il passo. Poco prima di scontrarmi col dipinto, allungo una mano davanti a me ed una luce bianca mi attraversa. Adesso capisco come si sente il foglio quando lo passano allo scanner. Poco prima che tutto quello che mi circonda svanisca in una nuvola confusa e sbiadita, sento parlare i due ragazzi alle mie spalle. 

“Quello che è accaduto oggi, in realtà non è mai accaduto.” 

“Grazie infinite, Alone. So quanto è stato difficile per te. E vuol dire molto.” 

La visione davanti ai miei occhi cambia completamente. Mi ritrovo in una stanza, circondata di statue ed affreschi. Quello che sto osservando, raffigura il tempio di Atena. Ma cosa…? 

“Miranda, insomma! Non posso mica mettermi ad urlare. Siamo in un museo, per Diana. Ah, ah! Ho fatto una battuta.” Mi volto in direzione della voce sopraggiuntami. La mia amica Giulia mi squadra severa a pochi centimetri. Ora ricordo. Eravamo andate a vedere il museo d’arte Greca. Quindi, sono a casa. Cioè, non proprio, dato che sono in un museo, in città e io vivo in una normale abitazione in paese. Però, il concetto è quello, sono tornata! 

“Ma che fai, non mi ascolti neanche se ti urlo nell’orecchio?!” 

“S-s-scusa Giulia. Dicevi?” Tento di fingere l’attitudine più normale e tranquilla che mi riesce. 

“Che, per quanto mi riguarda, io ho visto abbastanza. Ho una discreta fame e devo comprare il giornale a mio nonno. Non riesce a fumare il sigaro se, intanto, non legge il giornale.” 

Per automatismo, mi porto la mano alla tasca. I miei sigarillos non ci sono. I miei ricordi più recenti cominciano a riaffiorare e sono sicura di essermeli messi in tasca prima di lasciare casa, per venire qui. 

“Allora, - incalza Giulia. – Ce ne andiamo?” 

Giulia è l’unica persona che io conosca che riesce a mangiare più di me. Ed è anche piuttosto pericolosa, quando le prende il “colpo di fame”. Ai guidatori insonni, prende un rischioso desiderio di dormire, a lei, capita col bisogno di cibo.

“Per me va bene.” La abbraccio. Sono così felice. Adesso sono al sicuro.

In realtà, lo sono sempre stata. Quasi non riesco a credere che tutta questa lunga avventura sia avvenuta nella mia mente, nel giro di pochi secondi. Ho creduto di vivere mesi nell’antica Grecia, mentre la mia migliore amica, mi domandava se mi andava di uscire a mangiare un boccone. Incredibile. Quasi non riesco a credere sia successo davvero. 

“Ehilà, piano con lo slancio lesbico. Va bene che i greci erano libertini, ma la gente ci sta guardando.” Giulia mi rimprovera, in forma di battuta ed io rientro nei ranghi. 

Usciamo dal museo e raggiungiamo l’edicola più vicina. Giulia acquista il quotidiano, mentre, la mia attenzione è catturata da ben altro. Non è mica Dohko, il cavaliere, disegnato sulla copertina di questo albo? L’armatura è inconfondibile. 

Lo osservo meglio. Si tratta di un fumetto giapponese intitolato “Lost Canvas”, la tela perduta. Sembra narrare la storia di alcuni guerrieri che combattono in un tempio sacro. Mi accorgo di avere il mento penzoloni, quando la mia amica me lo risistema in sede con un dito. 

“Credevo non leggessi più questa roba dai tempi del liceo. – Esclama. – Allora, che fai, lo prendi?” Mi chiede distratta, mentre è intenta a pagare il suo giornale. Mi ricordo, solo in questo momento, che ha fretta di andare a mangiare. Prima, ero completamente rapita nel mio piccolo mondo interiore. 

Pago il fumetto e seguo Giulia in macchina. Lo apro ed inizio a leggerlo, non appena preso posto sul sedile.

Ho come l’impressione che questa storia mi appassionerà parecchio.

 
   
 
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