Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.528 (Fidipù)
Note: Bene, bene! Eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo!
Yeeeeehh! Ad ogni capitolo la fine si avvicina inesorabile e...beh, in
questo saluteremo un personaggio che è stato con noi per un po' di tempo.
Bene, qualche informazione random...mh, vediamo, vediamo...beh, in verità
non c'è niente da dire (questi ultimi capitoli sono stati un po' carenti
sulle mie informazioni random su Parigi!) e quindi passo subito ai
ringraziamenti.
Un grazie a chi legge, a chi commenta sia qui che su FB (Sì, sono di nuovo
indietro con le risposte, appena mi libero di almeno un esame, riprenderò
a rispondervi. Scusatemi ancora, ma sappiate che leggo sempre ogni
commento!), a chi ha inserito questa storia nelle sue liste e a chi,
nonostante tutto, mi sta ancora sopportando!
Grazie, immensamente grazie!
Marinette
non ricordava che il suo letto respirasse.
Per niente.
Lentamente aprì gli occhi, ritrovandosi a osservare il suo cuscino e
ridacchiò, puntellando il mento contro il petto del ragazzo sul quale era
si era addormentata e osservando il volto dormiente di Adrien: era
diventata abitudine per lei averlo al proprio fianco; eppure alle volte,
come quel momento, si stupiva ancora di quanto era fortunata.
Quante volte aveva sospirato sulle immagini ritagliate dalle riviste,
studiando quel volto, che ancora aveva i lineamenti morbidi e acerbi della
fanciullezza? Tante. Tantissime.
E quante altre volte aveva osservato lo stesso volto, nascosto dietro una
maschera nera, con quel sorriso beffardo che sembrava prenderla
perennemente in giro? Tante. Tantissime.
Ogni tanto si dava ancora della stupida per non essersi accorta subito
della somiglianza che c’era fra Adrien e Chat Noir, pensando poi a quanto
tempo avevano perso, rincorrendosi a vicenda...
Erano stati ciechi, tremendamente ciechi.
Allungò la mano sinistra, carezzando la guancia del ragazzo, sorridendo
all’anello che ormai era diventato parte di lei: «Marinette?» mormorò la
voce di Adrien e la giovane sorrise, osservando le palpebre sbattere sugli
occhi verdi, che si guardavano intorno confusi: «Buongiorno.»
«Ciao.»
«Mh. Penso di aver avuto un incubo…» bofonchiò Adrien, sistemandosi meglio
nel letto e catturando fra le dita una ciocca di capelli scuri, iniziando
a giocherellarci, mentre la ragazza si accomodava nell’incavo del suo
braccio, posandogli una mano all’altezza del cuore.
«Davvero?»
«Ho sognato Plagg con le dieci vergini.» borbottò il biondo,
concentrandosi sulle punte scure che si era intrecciato fra le dita e
sorridendo, quando la sentì sghignazzare contro il suo corpo: «E lui non
era in forma umana ma…»
«Versione kwami?»
«Esatto! Solo a grande quanto una persona e…» Adrien scosse il capo,
sospirando rumorosamente: «No, sinceramente preferisco dimenticare il
seguito.»
«Non sono neanche tanto sicura di volerlo sapere.» dichiarò Marinette,
intrecciando una gamba lasciata scoperta dalla misé notturna a quella del
giovane, coperta dal jeans: «Quella storia di Plagg ti ha veramente
sconvolto.»
«Traumatizzato rende meglio l’idea.» sospirò Adrien, allungando un braccio
indietro e afferrando il proprio cellulare, sbloccando e osservando
l’orario: «Devo andare.»
«Mh. Di già? E’ domenica!»
Adrien la strinse a sé, baciandole la fronte: «Oggi ci sono le prove della
sfilata di mio padre e, se per caso tua madre sale su…beh, sarà difficile
spiegarle la mia presenza nel tuo letto...» le spiegò, sciogliendo
l’abbraccio e mettendosi seduto, passandosi una mano sul volto e
osservando la ragazza ancora sdraiata: «Anche se devo dire, sono molto
tentato di rimanere qui con te. L’ho già detto che adoro questa tua
camicia da notte?»
«Sì, hai preteso che la indossassi ogni notte.» dichiarò Marinette,
mettendosi seduta e afferrando la felpa che il ragazzo che le aveva
lanciato, indossandola: «Sono le prove per la settimana della moda?»
«Sì.» assentì Adrien, scendendo velocemente le scale e recuperando le
scarpe da ginnastica vicino alla chaise longue: «Ormai è alle porte e papà
deve controllare il tutto nel suo insieme: la musica, le tempistiche di
noi sul palco, la scaletta dei modelli…» le spiegò, alzando lo sguardo e
osservandola seduta sul soppalco, mentre dondolava le gambe nel vuoto: «Se
mi libero presto ci vediamo?»
«Oggi pomeriggio dobbiamo andare all’aeroporto…»
«Giusto! Alex torna a casa!» esclamò il ragazzo, battendosi la mano sulla
fronte: «Me l’ero dimenticato. Ok, salutiamo Alex e poi andiamo da qualche
parte?»
«Mi piacerebbe, ma sono piena di compiti.»
«Quello pure io. Vengo a farli qui da te.»
Marinette annuì, poggiandosi contro la balaustra di ferro e osservando il
ragazzo svegliare il proprio kwami e poi trasformarsi in Chat Noir:
«Allora ci sentiamo dopo, ok?» le domandò, mentre risaliva le scalette del
soppalco e l’affiancava, allungando le mani per aprire la botola sopra il
letto: «Se mio padre non fa il solito Gabriel Agreste dovrebbe essere una
cosa veloce.»
«Se tuo padre non fa tuo padre?» chiese la ragazza, ridendo e seguendolo
nel terrazzino sopra la sua camera: «Non pensi che c’è qualcosa che non va
in quello che hai detto?»
«Tu dici?» Chat scosse il capo, balzando sulla ringhiera e voltandosi
verso di lei: «Ti chiamo, allora.»
«D’accordo. E adesso vai, prima che tuo padre faccia tuo padre e…beh, ti
akumatizzi perché sei arrivato in ritardo!» sentenziò la ragazza,
alzandosi sulle punte dei piedi e baciandolo sulle labbra; si ritrasse
poi, rossa in volto: «Adrien?»
«Mh?»
«T-ti amo.»
«Ti amo anch’io, Marinette.» le mormorò il ragazzo, facendole l’occhiolino
e poi balzando giù dal terrazzo; atterrando sul tetto di un bus e correndo
per tutta la lunghezza del mezzo, aiutandosi con il bastone per
raggiungere il tetto dell’edificio di fronte.
Marinette si poggiò alla ringhiera, osservando l’orizzonte e stringendosi
nella felpa color crema: «Oops.» esclamò una voce maschile, mentre un
qualcosa di blu atterrò alla sinistra della ragazza, facendola sobbalzare:
«Buondì, boss!»
«Peacock!»
«Salve! Bel vestito!» buttò lì il ragazzo, osservando la mise della
giovane e sorridendo: «Immagino che a Perfettino sia piaciuto parecchio.»
«Co-cosa fai qui?» domandò Marinette, stringendosi addosso la felpa e
osservando il compagno di squadra.
«Prima che tu parta con chissà quali castelli…» iniziò l’eroe, poggiandosi
alla ringhiera e incrociando le braccia: «Sono venuto perché Nino mi ha
detto che tuo padre fa i migliori macarons al cioccolato di tutta Parigi
e…» si fermò, sciogliendosi e passandosi una mano sulla nuca: «Beh, l’ho
detto a Flaffy e voleva assaggiarli…»
Marinette ridacchiò, scuotendo il capo e facendo ondeggiare le ciocche
scure: «Sai, non si direbbe che tu sia così dolce con il tuo kwami.»
dichiarò, sorridendo: «Sinceramente, non pensavo che facevi tutto questo
per Flaffy.»
«E’ mio amico.»
Il sorriso della ragazza si allargò, annuendo con la testa: «Sono contenta
che sei in squadra, sai?»
«Anche se ci ho provato con te?»
«Anche se ci hai provato con me.» dichiarò Marinette: «Anzi, devo scusarmi
per come ho reagito…»
«Scusarti per come hai reagito?» domandò Peacock, scuotendo la testa: «Se
un coglione come il sottoscritto ci prova con te, devi reagire in quel
modo! Capito?»
«Sono completamente d’accordo.» mormorò la voce di Chat, facendo
sobbalzare i due: Marinette e Peacock si voltarono, trovando l’eroe nero
appollaiato sul tetto sopra il terrazzino: «Cosa ci fai qui Peacock?»
«Non è come sembra…» iniziò il Portatore del Miraculous del Pavone,
allungando le mani in avanti e saltando sopra la ringhiera: «Davvero.»
«Oh. Certo. Anche il mio pugno non sarà quello sembra…»
«Come mai sei tornato?»
«Ho dimenticato il cellulare, my lady.» le spiegò il biondo, sorridendole
dolcemente: «Sistemo un attimo il pennuto e poi sono da te.» dichiarò
velocemente, voltandosi e notando che Peacock era sparito: «Dov’è andato?»
«Nel negozio dei miei. A comprare dei macarons per il suo kwami.»
«Certo, ed io sono Volpina.»
Lila sorrise, stringendo il braccio del ragazzo al suo fianco e marciando
allegra per la strada, dando un’occhiata a ogni vetrina che incontravano
sul loro cammino: Wei era molto più alto e grande di lei, al suo fianco
sembrava una cosa piccolina e delicata.
Ridacchiò nuovamente, attirando su di sé l’attenzione del ragazzo:
«Niente.» mormorò di fronte all’occhiata incuriosita di Wei, alzando il
viso verso il cielo e offrendolo ai primi raggi del sole: «Grazie per
essere venuto con me. Sono talmente abituata a fare colazione fuori casa
che…beh, non mi piace prepararmela.»
«Nessun problema.» sentenziò Wei, abbozzando un sorriso: «Stamattina non
lavoravo e quindi…»
«Come? Niente giro sporco di carta la domenica?»
«No, la domenica è sacrilega per monsieur Mercier.»
«Forse sacra.»
«Sì, sacra.»
«Quel tipo è assurdo.»
«E’ interessante.» mormorò il ragazzo, sorridendo: «Mentre lavoro mi
racconta un po’ della sua vita e da quel che ho capito è stato una specie
di…di…» si fermò, aggrottando la fronte e mordendosi il labbro inferiore:
«Come è che Peacock chiama Ladybug?»
«Mh. Boss?»
«Ecco, Mercier è stato una specie di boss dell’industria della carta da
giovane.» spiegò Wei, massaggiandosi la nuca con la mano libera: «Mi ha
raccontato di un suo rivale e di quello che ha fatto per farlo…farlo…come
si dice?»
«Mh. Farlo fallire?»
«Esatto!» esclamò il ragazzo, fermandosi e chinandosi per baciarla,
sorridendo poi e riprendendo a camminare: «Ha fatto le peggio cose.»
«A-ha.» mormorò Lila, le labbra piegate in un’espressione gioiosa,
ascoltando attenta il ragazzo che le narrava tutto ciò che sapeva su
Mercier, ignorando bellamente il mondo che la circondava.
«Lila?»
«Mh?»
«Il locale per fare colazione?»
L’italiana si guardò intorno, osservando il grande incrocio all’inizio
degli Champs-Élysées: «Come ci siamo arrivati qui?» domandò, voltandosi
indietro e guardando la strada che avevano appena percorso: «L’abbiamo
superato!»
«Io seguivo te.»
«Non seguirmi, soprattutto dopo che mi hai baciata.»
«Perché?»
«Perché divento come Marinette!» bofonchiò la ragazza, percorrendo a passo
svelto la strada appena fatta e sorridendo alla vista del tendaggio verde
pistacchio: «Café le carré élysée!» esclamò allegra, sorridendo al
compagno: «Uno dei posti dove ho trovato un caffè abbastanza decente.»
«Mh.»
«Fanno anche il the, ho controllato ieri.»
«Ottimo!»
Sarah alzò la testa, osservando la parte posteriore del Sacré Coeur e poi
abbassò lo sguardo, abbozzando un sorriso all’amico: «Devi per forza
andare?» domandò, prendendolo sottobraccio e posando la testa sulla spalla
di Alex: «Praticamente sei arrivato, sei finito nelle mani di Coeur Noir
e…»
«E sono stato salvato.» concluse il ragazzo, sorridendole: «Beh, mi
sarebbe piaciuto visitare Parigi un po’ di più: salire sulla Tour Eiffel,
andare al Louvre, vedere Notre-Dame…ah, aspetta. Notre-Dame l’ho vista,
ero Mogui ma ci sono stato. Dovevo farmi un selfie, maledizione!»
«Dubito che da Mogui ti saresti fatto un selfie.»
«Ah già. Avevo dei problemi con la mia immagine. E dire che non sono mai
stato molto vanitoso!» sospirò Alex, scuotendo il capo: «Ah, prima che me
ne dimentichi! Stamattina mi sono ricordato una cosa di Coeur Noir.»
«Davvero?»
«Sì, avrei voluto fare una specie di riunione, ma non c’è il tempo quindi
lo dico a te e…beh, ci penserai tu a riferirlo a tutti: quando ero sotto
il suo controllo, sono stato suo ospite – diciamo così – e…» si fermò,
scuotendo la testa e sospirando: «Per quanto sia tutto assolutamente
confuso, ricordo vagamente il suo volto: è una donna, avrà sui trenta,
quarant’anni, ed è ancora molto bella.» Alex si fermò, portandosi due dita
al setto nasale: «Il suo specchio. Nella sua stanza c’era uno specchio e
il suo riflesso era strano…»
«Strano?»
«Sì, sembrava vivo.»
«Ma che cosa…?»
«Non mi ricordo altro, mi spiace.»
«Alex, già questo è tanto!» esclamò Sarah, posandogli le mani sulle spalle
e alzandosi sulle punte dei piedi, per dargli un bacio sulla guancia:
«Specchio. Sembra che quasi tutto giri attorno agli specchi: per
sconfiggere Mogui dovevamo farti specchiare per mostrarti la tua vera
natura, Coeur Noir ha uno strano specchio…» la ragazza scosse il capo,
facendo danzare la coda bionda e sospirò: «Spero che il maestro Fu abbia
qualche risposta.»
Rafael sbadigliò, osservando il biondo sfilare sulla passerella e
guardarlo male, quando gli passò davanti: «Adrien.» lo riprese
immediatamente Gabriel, avanzando sul défilé con una cartellina fra le
mani: «Potresti fare uno sguardo meno arrabbiato?»
«Ci posso provare.» sbuffò il ragazzo, incrociando le braccia al petto e
sospirando all’espressione del genitore: «D’accordo lo farò.»
Rafael abbozzò un sorriso, salendo sul palco e avvicinandosi al collega:
«Non stavo facendo niente.» spiegò, mettendo le mani in avanti: «Davvero.
Nino mi…»
«Ti ha parlato dei macarons che fa Tom e tu volevi comprarli per il tuo
kwami.» concluse Adrien, portandosi le mani alla fronte e passandosele fra
i capelli: «Me l’ha spiegato Marinette.»
«Perfetto, quindi è tutto…»
«Fatto sta che ti sei avvicinato a lei!»
«Non è che puoi ringhiare contro ogni ragazzo che le parla, Perfettino.»
«Posso e lo faccio.»
«Stai messo proprio male, amico.» sentenziò Rafael, scuotendo il capo e
abbozzando un sorriso: «Insomma, non è brutto?»
«Essere totalmente presi da una ragazza? Sapere che lei è come l’aria che
respiri e che senza moriresti?»
«Riesci a essere un po’ meno sdolcinato? Seriamente, fai venire il
diabete.»
«Posso provarci. Comunque non è brutto, anzi tutt’altro…» Adrien infilò le
mani nelle tasche dei jeans, sorridendo: «Quando ancora non stavamo
insieme…beh, alle volte ha fatto male, così tanto che non riuscivo a
respirare; ma ogni volta che lei mi guardava, che mi sorrideva era come…»
«Come se tu fossi invincibile e potevi fare di tutto?»
«Sembra che tu conosca la sensazione.» dichiarò Adrien, inclinando la
testa: «Chi è la sfortunata?»
«Ti sembro tipo da legarmi come te?»
«Per niente. Ma Marinette dice che sei un bravo ragazzo e che hai un certo
interesse per qualcuna; ed io credo a quello che lei dice…»
«Ha sbagliato totalmente stavolta. Fidati.»
«Mh. Sarà…»
«Vogliamo riprendere le prove o vi faccio portare un po’ di caffè e
biscotti?» sbottò Gabriel, fissando male i due modelli, voltandosi poi
verso uno degli addetti: «E tu! Ti ho detto che non volevo quel modello
qui! Imbecille!»
Alex sospirò, osservando il piccolo gruppetto riunito per salutarlo: «Beh.
E’ stato breve ma intenso.» dichiarò, sorridendo e facendo passare lo
sguardo su tutti: «Proverò a tornare, magari senza che qualche germe
malvagio mi faccia diventare cattivo…»
«Nino ha detto di scusarlo, oggi aveva un lavoro come dj e non ha potuto
rimandare…» mormorò Adrien, passandosi una mano fra i capelli e sorridendo
all’americano: «Sono stato felice di conoscerti, anche se avrei preferito
evitare di fare la conoscenza di Mogui: simpatico ragazzo, ma un po’
troppo arrabbiato.»
«Mi hanno detto che non era facile parlare con lui.»
«Per niente, quando urlava poi…»
Marinette sorrise, affiancando Adrien: «Alya è con Nino, quindi anche lei
non è potuta venire…»
«Tranquilla.»
«Spero davvero che tornerai.»
«Devo assolutamente venire ad assaggiare i dolci di tuo padre! Ieri sera
ne ho sentite talmente tante su questi croissants, che devo provarli!»
«Quando vuoi, Alex.»
L’americano sorrise, osservando la coppia: «Beh, posso dire di aver
conosciuto Ladybug e Chat Noir. Gli eroi di Parigi.»
«E non dimenticarti di Volpina e Tortoise.» esclamò Lila, avvicinandosi e
sorridendo: «Torna, mi raccomando.»
«Tornerò, Lila.»
«Fai il bravo, ok?»
«Lo farò Wei. E tu studia il francese, per quando tornerò voglio sentirti
parlare da dio!»
«Lo farò.»
Alex sorrise, voltandosi poi verso Rafael: «Grazie, amico.» mormorò,
allungando una mano e sorridendo quando vide l’altro titubare nel
prendergliela e stringerla: «Grazie per avermi ospitato a casa tua e per
avermi salvato. Sei un tipo a posto e…» scoccò un’occhiata a Sarah,
sorridendo: «Ti affido la mia sorellina. Proteggila.»
Rafael fissò l’altro negli occhi, annuendo con la testa e aumentando la
presa della mano: «Lo farò.» dichiarò sicuro e sentendosi soddisfatto
dell’espressione convinta che vide nello sguardo di Alex; dietro di lui
qualcuno sbuffò e si voltò, osservando Adrien portarsi una mano alla bocca
e Marinette fissarlo male.
Sarah chinò lo sguardo, sentendosi le guance andare a fuoco: «Alex…»
mormorò, venendo subito catturata dall’abbraccio dell’amico: «Tornerai,
vero?»
«Appena mia madre finirà di sclerare, salto sul primo aereo e torno da te.
Da voi.» sentenziò il ragazzo, accentuando la stretta: «Sei la mia
migliore amica e la mia sorella mancata, non ti lascerò mai sola. E adesso
sono anche più tranquillo perché hai dei compagni con te: fai il culo a
Coeur Noir e falla pentire di tutto ciò che ha fatto a New York e qui,
ok?»
«Lo farò.» mormorò Sarah, voltandosi verso gli altri e sorridendo: «Lo
faremo.»