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Autore: ChrisAndreini    16/06/2016    5 recensioni
(Female Frisk. SansXFrisk)
"Ti odio e ti amo. Forse ti chiederai come questo sia possibile. Io non lo so, ma mi tormento" Catullo
*Tutti gli umani la guardavano come se fosse inferiore, ma lei aveva un potere enorme, un potere che nessuno poteva utilizzare, umano o mostro che fosse, oltre a lei.
*Cosa, cosa avevano fatto di sbagliato?!
Sans era sicuro che il sé della linea temporale precedente avesse fatto tutto il possibile, ma probabilmente quell’assassina non era altro che un’anima irrecuperabile.
*Che idiota!
Frisk non riusciva a credere quanto fosse risposto a rischiare pur di non vederla resettare.
Voleva dimostrare di poter cambiare il destino? Sans non poteva farlo! Era Frisk che aveva questo potere.
*Perché continuava a farlo?!
Sans non lo capiva, non ricordava i reset, e ogni volta cercava di trovare la verità, che però gli sfuggiva sempre di più, mano a mano che le linee temporali si susseguivano una dopo l’altra.
*Frisk aveva già la mano sul pulsante.
-Te lo prometto, Sans, è l’ultima volta!- disse, gettando il coltello a terra per asciugarsi gli occhi, mentre il mondo si scomponeva davanti a lei.
*Sperava solo che quello sarebbe stato l’ultimo reset, finalmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Flowey, Frisk, Sans
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ultima Pacifist

Sans non ricordava, ovviamente, tutto, ma Frisk aveva sempre sottovalutato quello che lui sentiva.

Certo, forse non ricordava, ma sapeva, e questo, benché sembrasse la stessa cosa, era molto diverso.

E sapeva di aver fatto una promessa alla bambina che in quel momento non significava nulla per lui, e l’aveva mantenuta per diversi anni, pur rimanendo davvero ferito nel farlo.

Ma almeno, in questo modo, era ferita anche lei, e in un certo senso aveva ottenuto la sua vendetta.

Ma perché allora, se la odiava tanto, non starle vicino faceva così male?

Forse era uno strano istinto masochista, che gli imponeva di continuare a stare vicino ogni volta alla persona che non faceva altro che resettare e cambiargli la vita a suo piacimento.

Ma quella volta, quella volta non glielo aveva permesso, e ormai erano passati diciotto anni dalla liberazione dal sottosuolo e Sans era stato lontano il più possibile da Frisk, passando tempo con lei solo in compagnia di altra gente e rivolgendole la parola solo quando era strettamente necessario.

Se Frisk all’inizio aveva cercato in tutti i modi di avvicinarlo, anche solo come amico, con il passare del tempo aveva iniziato a fare lo stesso, e per anni si comportarono tra di loro come perfetti estranei.

Sans sperava che potesse essere meglio per lui, ma non lo era affatto, si sentiva vuoto e senza scopo, e ogni secondo era convinto che tutto sarebbe nuovamente resettato.

Frisk, al contrario, sembrava tranquilla e felice, e a Sans questo dava un gran dolore al petto, come se la sua anima stesse crollando in mille pezzi.

E tutto per colpa di quella bambina, una bambina ormai donna.

Il fatto che non aveva resettato ancora significava di certo che l’assenza di Sans non la toccava, e forse tutti gli sforzi di farla stare bene nei vecchi tentativi erano stati inutili e Sans avrebbe potuto evitare di innamorar… di affezionarsi a lei.

Perché i ricordi se ne andavano, i sentimenti no.

In quel momento era alla festa dei cinque anni di Gorey, il dolcissimo figlio di Undyne e Alphys, e beveva punch nella zona riservata ai genitori.

Punch che conteneva senz’altro scotch, whiskey e qualche altro alcolico un po’ troppo fortino.

Chissà quante persone avevano avuto la stessa idea? Almeno tre sicuramente.

Sans bevve comunque, tanto che importava? Secondo quello che sentiva, era a poche ore da quando la bamboccia aveva resettato l’ultima volta, quindi da lì in poi ogni momento sarebbe potuto essere l’ultimo, prima di precipitare nuovamente in una spirale di nulla che li avrebbe riportati all’inizio.

Un ciclo senza fine, una catena che ogni volta si allungava e veniva fatta rigirare.

Un libro al quale, dopo ogni rilettura, veniva aggiunto un piccolo pezzo.

Sans era stufo, stufo marcio, di quella situazione, e niente sembrava meglio di un bel po’ di punch corretto per isolarlo un po’ dalla realtà.

Ed era già un bel po’ brillo quando lei arrivò, con un po’ di ritardo.

Salutò Undyne, e disse che Toriel non sarebbe potuta venire, perché aveva un turno con dei bambini all’ospedale.

Sans poteva giurare che avesse previsto tutto lei, glielo leggeva negli occhi.

Povera Toriel, un burattino nelle sue mani, come tutti gli altri mostri.

Prese un altro bicchiere.

Quella roba era fantastica!

Poteva sentire tutti i suoi problemi venire soffocati.

Certo, forse avrebbe fatto meglio a non presentarsi alla festa e basta, invece di decidere di ubriacarsi, ma andava bene anche così.

L’importante era non fare nulla di cui potersi pentire e non far capire che era a conoscenza del fatto che il punch era corretto, così si sarebbe potuto giustificare con il fatto che non si era accorto di niente.

-Sans, il punch è corretto- gli disse Frisk, prima di superarlo e cominciare a parlare con Asgore, per spiegare l’assenza della ex moglie.

E tanti cari saluti alla sua copertura.

Ma tanto che gli importava, se tutto sarebbe resettato, prima o poi?

Non le rispose neanche, e si limitò a prendere un altro bicchiere, e ad allontanarsi.

Prima che potesse rendersene conto, sbattè contro qualcosa nella zona dove stavano i bambini.

-Sans, hai un pessimo aspetto, cosa diavolo ti è successo in questi cinque minuti che non ti ho visto?!- esclamò Papyrus, l’essere contro cui aveva sbattuto.

-Ho bevuto punch- rispose Sans, alzando le spalle.

Undyne, che stava parlando con lo scheletro ed aveva il figlio in braccio, spalancò gli occhi.

Posò delicatamente Gorey, e fece comparire una lancia magica.

-Hai corretto il punch?!- chiese a Sans, che scosse la testa.

-No, ma lo hanno fatto almeno tre persone- rispose lui -Forse quattro- si corresse, riflettendo.

La mente iniziava ad annebbiarsi parecchio.

Undyne trattenne un’imprecazione per amor del bambino, e si avviò nella zona adulti, per chiarire la situazione.

Sarebbe senz’altro volata qualche testa, ma a Sans non importava. Tanto prima o poi tutto sarebbe resettato.

-Stai bene, fratello?- chiese Papyrus, preoccupato, prendendolo in braccio e controllando le sue condizioni.

Sans finì il bicchiere, ed alzò le spalle.

-Sono solo stanco e credo un po’ ubriaco- rispose.

Papyrus si rabbuiò.

-E’ per via di Frisk, vero? Ogni volta che andiamo da qualche parte e c’è anche lei tu fai così- commentò, pensieroso.

Sans sbuffò.

-No, non è per Frisk. O forse si, non è importante. Forse dovrei solo andare a casa- commentò, giocherellando con il bicchiere di plastica.

-Eh, no, Sans. Tu adesso vai da lei e socializzi! E’ una ragazza fantastica, e voglio che mio fratello e la mia migliore amica si chiariscano e facciano amicizia!- sempre tenendolo in braccio a mo’ di sacco di patate, si diresse nella zona adulti, dove Frisk parlava con una madre umana, probabilmente illustrando le proprietà benefiche del cibo magico dei mostri, a giudicare da come teneva un pezzo di torta e dall’espressione seria.

Frisk era stata la prima umana che Sans aveva visto, e ogni volta che la guardava rimaneva sorpreso dalla coincidenza che fosse anche l’umana più bella che avesse mai incontrato.

Vicino a quella madre che aveva più o meno la sua stessa età, Frisk splendeva, e non c’era confronto.

E diamine, Sans voleva ci fosse! Voleva poter almeno dire che, anche se Frisk gli aveva rubato il cuore, era una donna come un’altra, non più bella né più brutta. 

-Ambasciatrice! Mio fratello, qui, deve essere tenuto sott’occhio. Sembra che qualcuno abbia messo qualcosa nel punch e lui ne ha bevuto un sacco- Papyrus interruppe la conversazione, e dalla faccia dell’umana, Sans arrivò alla conclusione che lei fosse una dei responsabili.

Decise di tenerselo per sé.

-Oh, beh, ambasciatrice, meglio che io vi lasci soli, comunque è stata illuminante- commentò, prendendo un pezzo di torta e dileguandosi, con un sorrisino divertito.

Frisk guardò Papyrus con un grande sorriso.

Che bel sorriso!

Sans si diede dello stupido, per pensare ancora una cosa del genere.

-E devo essere proprio io?- chiese lei, un po’ a disagio, senza guardare lo scheletro più basso.

-Già, io ho affari importanti da sbrigare- lo posò accanto a Frisk e scomparve nella zona dei bambini.

Frisk si morse il labbro inferiore, e guardò Sans, che sentì di avere urgentemente bisogno di un alto bicchiere di punch.

-Ehm, quanti bicchieri hai bevuto?- chiese lei, per fare conversazione.

-Non credo sia affar tuo- rispose Sans schivo.

-Ok- 

Rimasero qualche minuto in silenzio, senza sapere bene cosa fare.

-Vado in bagno- disse poi lui, scappando via da quella situazione fin troppo imbarazzante.

Riuscì a trovare il filtro miracoloso in un cassetto segreto sotto un tavolo.

Probabilmente Undyne lo voleva nascondere in modo che nulla rovinasse la festa di suo figlio, ma non avrebbe avuto nulla da ridire se Sans ne avesse preso un altro bicchiere.

Altri due bicchieri…

Tutta la ciotola…

Fu abbastanza utile, questo Sans dovette ammetterlo.

Frisk lo trovò quasi per caso, quando si piegò sotto al suddetto tavolo per cercare un orecchino che le era caduto.

-Sans?! Ma cosa ci fai qui, con il punch… Sans!- lo rimproverò, non appena lo vide, oltre la tovaglia.

-Smettila, Frisk!- Sans si girò dall’altra parte.

si sarebbe volentieri alzato, o teletrasportato, ma non credeva di averne la forza, e l’ultima cosa che voleva era essere talmente tanto fuso da trasportarsi per sbaglio a Snowdin o a casa di Frisk.

L’ultima possibilità sembrava davvero plausibile.

E non voleva affatto che lo fosse.

-Smetterla? E di fare cosa, sentiamo!- lei scivolò sotto il tavolo, ed incrociò le braccia, guardandolo seccata -Fino a prova contraria sei tu quello ubriaco. E non sto facendo altro che preoccuparmi per te!- 

-Appunto, smettila!- urlò lui.

La tovaglia si sollevò nuovamente, facendo comparire la faccia preoccupata di Alphys. 

-Va tutto bene qui so…- spalancò gli occhi nel vederli così, ed arrossì parecchio -Oh, oh, scusate, non intendevo disturbarvi- fece per riabbassare la tovaglia, ma Frisk la interruppe.

-Tranquilla, non hai disturbato nulla. Sans ha bevuto tutto il punch corretto e volevo solo aiutarlo, ma a quanto pare se la cava da solo- Frisk uscì e la testa di Sans spuntò da sotto il tavolo.

-Ce la faccio eccome- disse, alzandosi, e beccandosi una craniata che lo stese di nuovo.

Alphys lo guardò preoccupata.

-Ma che gli succede? Perché ogni volta che siete insieme alla stessa festa lui fa così?- chiese lei.

Sans non ne poteva più di persone che continuavano a ripeterlo.

-Chiedetelo a lei- disse con voce impastata, indicando Frisk, che lo fece scivolare da sotto il tavolo e lo alzò di peso.

-Lo porto fuori a prendere un po’ d’aria- disse ad Alphys, senza riuscire nemmeno a fingere di sorridere.

-Mi ucciderai e poi resetterai, bambina?- chiese Sans, a voce un po’ troppo alta.

Alphys, rimase a bocca aperta.

-Wow, ha bevuto davvero davvero tanto. Speriamo che si riprenda- commentò, un po’ incerta -Vuoi che vi accom…- la sua proposta venne fermata dal bambino che la chiamava.

-Arrivo Gorey! Per qualsiasi cosa rivolgiti a me. Undyne sarebbe capace di ucciderlo se lo scoprisse in queste condizioni- l’idea la fece sospirare quasi sognante, prima di dirigersi nella zona bimbi.

-Andiamo, mucchietto d’ossa- lo incoraggiò Frisk, uscendo.

-Ce la faccio a camminare, lasciami!- si lamentò lui, scansandosi e quasi cadendo di faccia.

Frisk lo riprese, scuotendo la testa.

-Non capisco perché tu sia così cocciuto!- commentò, infastidita.

-Ho il cranio duro!- lui si diede delle botte in testa, che causarono un rumore parecchio molesto.

Frisk sospirò.

Arrivarono presto fuori, e Sans vomitò senza riuscire a trattenersi in un cespuglio lì vicino.

Frisk lo guardò a denti stretti.

-Io faccio quello che devo. Perché non riesci a capirlo?!- esclamò, a sorpresa.

Evidentemente aveva capito, come sempre, tutto quello che lo aveva spinto a scolarsi l’intera ciotola del punch.

Però stranamente non sembrava capire che era proprio questo fatto ad irritarlo più di qualsiasi altra cosa.

-Eh eh, sei tu che non capisci, Frisk. Tu sei una dannatissima drogata!- le urlò contro, alzandosi in piedi ed avviandosi nella sua direzione, con passo traballante, e tenendosi bene al muro.

-Cosa?! Ma che ti salta in…?!- fece per chiedere lei, ma Sans continuò, dando libero sfogo a tutto quello che pensava da qualche reset a questa parte e che si era sempre tenuto dentro.

-Non ti rendi conto di avere una dipendenza dal controllo?! E non sei felice se non riesci a controllare ogni nostra azione. Tutta la nostra vita è programmata minuto dopo minuto da te, e non ti fermerai finché non avrai scoperto ogni possibile soluzione. Per ogni piccola modifica noi siamo obbligati a dipendere da te, dalle tue azioni, dal tuo umore. Ti senti un dio su questa terra e finché non lo capirai saremo sempre soggetti alla tua dittatura senza neanche poterci ribellare. Resetterai così tante volte da perdere il conto, e non ti fermerai mai. Toriel, Papyrus, il resto dei mostri, tu sei un’eroina per loro, ma gli bastava semplicemente che tu li liberassi, il resto dovrebbe essere nelle loro mani, e tu glielo impedisci. Potremmo avere davvero una vita fantastica senza di te che detti regole, ma tu non ce lo permetti, non me lo permetti, non mi fai… io non… tu sei...- conscio che probabilmente stava davvero andando per la tangenziale e che tutto quello che aveva detto non aveva neanche senso compiuto, Sans, si lasciò scivolare sul muro, e si sedette a terra, prendendosi tra le mani la testa, che girava come una trottola.

-Lascia stare, tanto non puoi cambiare. Le dipendenze sono così, e la tua mente malata non si potrà curare- scosse la testa, sussurrando quelle parole a denti stretti, come se in parte sperasse non fossero vere.

Ma lui ne sapeva qualcosa di dipendenze, la sua era lì davanti, ed era da diciotto anni certi e probabilmente anche da qualche altro che non ricordava che lottava con tutte le sue forze per liberarsene.

-Questo era l’ultimo reset!- esclamò la ragazza con convinzione, sedendosi accanto a lui. 

Sans la guardò scettico.

-Magari io non ricorderò le varie linee temporali, ma fatti questa domanda: quante volte hai detto la stessa cosa?- le chiese Sans, lasciandola senza parole.

-Vorrei che tu non fossi mai esistita- disse infine, pentendosi nel momento stesso in cui aveva aperto bocca ma senza riuscire a negare la veridicità di quella frase.

Se lei non fosse mai esistita Sans non sarebbe stato così male per lei, non si sarebbe innamorato di lei, non l’avrebbe odiata, non sarebbe lì seduto distrutto e seccato per via dell’alcool.

Forse sarebbero ancora nel sottosuolo, o forse ci sarebbe stato un altro umano come Frisk che li avrebbe liberati, ma di certo lui non dovrebbe convivere con quell’emozione che ogni volta lottava per raggiungere quella ragazza.

Non dovrebbe convivere con la consapevolezza di quanto amasse colei che aveva rovinato numerose volte la sua vita e quella di tutte le persone a cui lui teneva.

Frisk lo guardò senza emettere un fiato, e lui decise di teletrasportarsi via, sempre più convinto che avrebbe dovuto lasciar perdere e non venire alla festa.

Perché l’alcool era così dannatamente liberatore?!

E perché lui, che aveva troppe cose che voleva tenere per sé, ne aveva bevuto così tanto?!

Si aspettò un reset da un momento all’altro, ma stranamente non venne.

 

Le parole di Sans le erano rimaste in testa in maniera fastidiosa, in quegli ultimi giorni in cui aveva cercato di vivere normalmente.

L’avevano fatta soffrire come non avrebbe mai voluto ammettere, e la parte peggiore era che più ci pensava, più riconosceva della verità in quelle parole.

E l’ultima frase…

Frisk aveva fatto una profonda analisi interiore, ed era arrivata ad una conclusione agghiacciante, ma necessaria.

Dopotutto, ne aveva fatte di follie di quel calibro in passato.

Ed aveva promesso sulla propria tomba, quando era morta in modo quasi permanente, che avrebbe fatto di tutto per proteggere gli altri e per far avere loro una vita tranquilla.

Perciò aveva elaborato un bel modo per proteggerli dai suoi reset, e da lei stessa.

Se non poteva trovare il modo di non esistere, almeno non sarebbe più esistita nelle loro vite da quel momento in poi.

-Frisk, non osare portare quel fiore vicino a me!- esclamò Flowey mentre la ragazza portava dentro un vasetto con un bellissimo fiore dell’eco che Undyne le aveva portato dopo una spedizione nel sottosuolo con la moglie ed il figlio.

Lo aveva chiesto lui, come regalo di compleanno, e solo quel weekend le due coniugi erano riuscite ad esaudire il suo desiderio.

La trentenne lo guardò alzando gli occhi, e portando il fiore oltre a lui per posarlo sul tavolo della cucina.

-Pessimo posto. Se vengono ospiti a cena il fiore implode- commentò Flowey, acido come sempre.

-Sarà utilissimo per quello che voglio fare- commentò lei, accarezzando i petali luminosi e prendendo un contenitore di vetro che sarebbe servito a coprirlo.

-Cosa vuoi fare?- chiese Flowey, piegando la testa.

Frisk sospirò, con sguardo basso.

Sentiva ancora le parole di Sans in testa come se un fiore dell’eco gliele stesse ripetendo in loop all’orecchio.

“Frisk, tu sei una drogata! Non ti rendi conto di avere una dipendenza dal controllo?!”

Sospirò di nuovo, e prese un foglio di carta, per scrivere un paio di parole per impostare un discorso.

-Lo vedrai. Succederà domani, se tutto va bene… Spero che Sans si presenti, vorrei almeno salutarlo prima di andarmene- la voce era impastata e ferma.

Flowey sobbalzò.

-Andartene? Di che stai parlando?- chiese, leggermente preoccupato per quanto un fiore senz’anima possa preoccuparsi per qualcuno. 

Frisk sospirò.

-Sans ha ragione, io non riesco a fermarmi, e se devo decidere di darci un taglio a questa storia dei reset voglio allontanarmi dalle loro vite quando non ho ancora nulla da cambiare- alzò le spalle, con espressione impassibile, e continuò a scrivere.

-Non avevi detto che questo sarebbe stato l’ultimo reset?- chiese Flowey, che non capiva e non credeva di voler capire a cosa alludesse Frisk con partenza e allontanamento.

-Sai, lo pensavo anche io, ma… l’ho sempre pensato, ogni volta- ricordò Frisk, mentre finiva di scrivere una lettera in brutta copia.

-Ma…- provò ad obiettare Flowey, ma Frisk gli fece cenno di fare silenzio, con un’espressione che al fiore ricordò fin troppo quella di Chara.

Ancora tremava, al pensiero di quello che era accaduto nell’ultima genocide della ragazza.

E a quello che lei ogni tanto diventava quando si arrabbiava parecchio e la lasciava uscire allo scoperto da dentro di lei.

-Devo registrare un messaggio per Sans e non credo di riuscire a farlo una seconda volta, quindi ti prego non interferire- gli disse con voce un po’ spezzata.

Si avvicinò al fiore dell’eco, e lesse il messaggio che aveva scritto, per poi chiudere il fiore nel contenitore di vetro in modo che il messaggio non venisse cancellato accidentalmente.

Infine distrusse la lettera, e prese il cellulare.

-Frisk…- sussurrò Flowey, sconvolto, ma lei non gli badò.

Scrisse un messaggio a Sans, ricordando il suo numero a memoria anche se in quella linea temporale non se l’erano scambiati.

“Ti prego, vieni. Ho bisogno assolutamente di parlarti. Poi non ti scoccerò mai più, promesso. Frisk”

E attese pazientemente l’arrivo dello scheletro, con la speranza che venisse, perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta a fare come voleva.

Sperava anche che dopo una settimana avesse smaltito i pustumi della sbornia, perché non le andava di farsi urlare contro di nuovo, anche se forse, se fosse stato un po’ annebbiato, sarebbe stato più semplice per lei dirgli addio.

Nell’attesa si appisolò sul divano, ed era arrivata la sera quando Sans suonò al campanello, quando ormai Frisk si era rassegnata al fatto che non sarebbe venuto.

Cadde per la sorpresa, ed andò subito ad aprire ad uno scheletro in felpa blu che la guardava confuso come a chiedersi cosa avesse in mente.

-Grazie di essere venuto- lo salutò lei, cercando di mantenere un tono normale e di non far trasparire tutte le emozioni che le roteavano nel petto alla vista dello scheletro, che nonostante gli anni era sempre uguale.

Sans aveva le mani in tasca, ed alzò le spalle.

-Papyrus ha visto il messaggio, e credeva non fosse carino da parte mia rifiutarmi. Si chiede cosa devi dirmi che non può essere riferito a lui invece che a me. Se è a proposito di qualsiasi cosa sia successa l’altra sera, sappi che non ero in me, quindi se abbiamo fatto qualcosa che…- iniziò a dire Sans, molto a disagio.

-Speravo che Papyrus non lo scoprisse- commentò Frisk preoccupata. Non voleva che qualcuno sapesse che aveva parlato con Sans prima di sparire, non voleva metterlo nei guai.

-Comunque non hai fatto nulla di cui poterti pentire, mi hai solo urlato in faccia il tuo odio nei miei confronti, e sta tranquillo, lo conoscevo già- il tono di Frisk le uscì più tagliente di quanto avrebbe voluto.

Ma in realtà non ce l’aveva minimamente con Sans per quello che le aveva detto, semmai il contrario.

Le aveva aperto gli occhi, e lei gli era grata per questo, anche se per farlo aveva davvero sofferto.

-Allora cosa vuoi, Frisk?- le chiese Sans, squadrandola come se vedesse all’interno della sua anima, e la ragazza si fece da parte per farlo entrare.

-Non voglio metterci troppo, dimmi solo cosa vuoi- Sans non fece segno di voler entrare, ma Frisk insistette, cercando di non avere la voce rotta.

-Ti prego, ci vorranno solo cinque minuti, ma non voglio rischiare che qualcuno ci veda- lo supplicò, indicando l’interno della piccola casa solitaria che condivideva con Flowey.

Sans la scrutò, come a chiedersi quale fosse il motivo di tanta agitazione, e dopo qualche secondo, decise di entrare.

-Se hai ucciso qualcuno e hai bisogno di aiuto per seppellire il cadavere credo che il tuo amico fiorellino sociopatico sia più indicato per aiutarti- entrando Sans salutò con un cenno sarcastico il fiore che spuntava dalla cucina, che lo guardò storto.

-E’ un dispiacere anche per me vederti, spazzatura sorridente- rispose Flowey a denti stretti. Frisk gli lanciò un’occhiata ammonitrice.

-Ma lo trovo improbabile, visto che avresti resettato in quel caso. Allora, cinque minuti passano in fretta, cosa vuoi dirmi?- chiese Sans, senza guardarla direttamente ma fissando un punto del muro dietro di lei.

Il coraggio di Frisk stava scemando. Era tutta disordinata e con i capelli spettinati per essersi addormentata in una posizione scomoda ed inoltre non era del tutto sicura che Sans potesse capire quello che lei stava cercando di dire, e se anche fosse stato, probabilmente la situazione sarebbe stata anche peggiore.

Per diciotto anni erano stati completamente lontani, e lei sapeva che lui la odiava, perciò come mai avrebbe dovuto…

-Sto aspettando- Sans incrociò le braccia, seccato e… a disagio?

Forse, nonostante i reset e quegli anni, qualcosa dell’affetto che aveva provato per lei era rimasto? 

Frisk sapeva che Sans sapeva, altrimenti non l’avrebbe aggredita in quel modo da ubriaco, ma il problema era che questo significava che conosceva molto più di quanto lei aveva creduto, seppur non ricordando esattamente i particolari e con la vista confusa.

-Ho pensato alle tue parole di quella notte- cominciò lei, osservandosi con grande attenzione i calzini bianchi che indossava.

Sans rimase zitto.

Aveva già detto di non ricordare nulla di quello che aveva detto, ma probabilmente intuì a grandi linee l’argomento, perché assunse un’espressione molto più seria, e parecchio più a disagio.

Frisk decise di continuare.

-E… so come sistemare le cose. Andrò via, così non potrò sapere nulla di quello che fate e non sarò tentata di cambiare nulla- spiegò lei, e Sans spalancò gli occhi, scioccato.

-Cosa?- chiese, confuso. Quello che diceva non aveva il minimo senso.

-Comunque non ti ho chiamato per spiegarti quello che ho intenzione di fare, ma per chiederti un favore. Per fare quello che devo fare, ho bisogno… io vorrei…- non sapeva bene come chiederlo, leggermente imbarazzata.

Fece l’errore di incontrare lo sguardo di Sans, ed il suo cuore fece una capriola vedendolo così spaesato, che sembrava studiarla come per entrare nella sua testa e capire cosa intendesse fare.

Probabilmente non ci sarebbe mai arrivato, e Frisk non voleva che ci arrivasse.

Distolse nuovamente lo sguardo, arrossendo.

-Vorrei chiederti…- continuò, a bassa voce -…se puoi fingere di non odiarmi il tempo di un abbraccio. Un solo abbraccio di addio- chiuse gli occhi, convinta in un rifiuto, ma non accadde nulla.

Quando li riaprì Sans la guardava confuso e senza parole.

-Sans, per fare quello che devo fare ho bisogno di un po’ di determinazione, e l’unico modo in cui io… ogni volta che non ne avevo, tu… noi...- gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime. Diamine, non piangeva da una decina di reset, e Sans doveva saperlo, perché sobbalzò, e fece uno scatto verso di lei come mosso da un istinto che però soffocò subito, e si ritirò. Tutto durò meno di una manciata di istanti.

-Io non… non so se riesco a… insomma è…Il momento della mia vita in cui ero più devastata l’unica cosa che è riuscita a darmi determinazione era stato un tuo abbraccio, e… e pensavo...- Frisk si portò la mani al viso, crollando a terra incapace di trattenersi, e poco dopo sentì una forte presa attorno al suo corpo, che bloccò le lacrime.

Aprì gli occhi, e si ritrovò a pochi centimetri dal cranio di Sans, che la stava abbracciando, ad occhi chiusi come se se ne stesse già pentendo.

-Frisk, non fare sciocchezze- le disse a denti stretti, tradendo una sorta di preoccupazione, che causò a Frisk un nodo allo stomaco, forse a causa del senso di colpa, o forse perché dopo tanti anni, Sans era accanto a lei e sembrava ancora preoccuparsi per lei.

Lui l’aveva sempre protetta, e solo ora Frisk se ne accorgeva pienamente.

Pianse più forte, seppellendo il volto nella sua felpa e ricambiando l’abbraccio che aspettava da diciotto anni.

-Sans, mi dispiace, mi dispiace tanto- non sapeva bene a cosa si stesse riferendo, se a quello che aveva fatto o a quello che avrebbe fatto di lì a poche ore, probabilmente entrambe le cose.

Sans l’abbracciò più forte, in un bisogno quasi ossessivo, come se anche lui, come lei, si fosse trattenuto troppo a lungo prima di stringerla finalmente tra le braccia.

Frisk respirò a pieni polmoni l’odore di Sans, un misto di hot dog, ketchup e neve, che era sempre uguale, nonostante tutto.

Amava quell’odore.

Piano piano, in quella stretta che sembrò durare ore ma allo stesso tempo essere brevissima, si calmò, e smise di piangere.

Rimase però abbracciata allo scheletro, e, forse per la stanchezza della giornata, o forse per il senso di pace che gli trasmetteva in un momento terribile per lei, gli disse due semplici parole, che causarono una reazione a catena che lei non si sarebbe mai aspettata, che non avrebbe mai voluto accadesse ma che fu un canto del cigno perfetto per una vita che per sempre avrebbe dovuto lasciare.

-Ti amo- sussurrò, e Sans si irrigidì di scatto, allentando la presa come a lasciarla.

Lei si pentì subito di averlo detto. Non poteva riferirgli una cosa del genere in un momento simile, e soprattutto non poteva accorgersi di quanto fosse vera proprio adesso, quando tutto stava per finire.

Si separarono, pur rimanendo uno di fronte all’altro sul freddo pavimento.

Sans la guardava senza sapere bene cosa pensare, e Frisk abbassò lo sguardo.

-Scusami, non dovevo dirlo- commentò, con rimpianto.

Poi accadde una cosa che non si sarebbe mai aspettata, nemmeno in un milione di anni.

Sans si sporse verso di lei e le prese il viso, baciandola come se non si potesse trattenere, e Frisk spalancò gli occhi, incredula, per poi rispondere con altrettanta foga, cingendo il collo con le sue mani.

Ci furono momenti di assoluta confusione, il loro cervello si annebbiò completamente e prima che Frisk se ne potesse rendere conto si ritrovò sdraiata a terra, con Sans sopra di lei in una posizione equivoca e con la maglia quasi del tutto sollevata dalle sue scheletriche mani.

La felpa di Sans era stata levata e gettata in un angolo vicino al divano con foga… era stata Frisk?

Non le importava, voleva solo continuare, ma Sans sembrò accorgersi dell’errore che stavano commettendo, che lui aveva iniziato a commettere, e si staccò di scatto da lei, allontanandosi il più possibile fino ad appoggiarsi al muro, sempre seduto a terra.

Si guardava intorno come annebbiato, come se non stesse capendo fino in fondo i suoi sentimenti e quello che stava davvero succedendo, e avrebbe voluto tanto farlo.

Frisk era nella sua stessa situazione, ma aveva alcune consapevolezze in più, che le fecero tornare le lacrime.

Si alzò, cercando di non farle vedere a Sans, e si avviò in cucina, convinta che lui si sarebbe rimesso in piedi, avrebbe preso la felpa e sarebbe andato subito via, invece rimase nuovamente sorpresa, quando sentì una mano scheletrica posarsi sulla sua spalla.

Sobbalzò, e si girò di scatto, facendo cadere una sedia che prontamente venne afferrata da Sans, che la rimise a posto, fissando lei con uno sguardo indecifrabile.

-Cosa vuoi fare, Frisk?- le chiese.

Lei non rispose, e guardò il fiore dell’eco conservato nella teca.

-Non fare nulla di stupido- le ordinò lui in tono quasi supplichevole, mettendole entrambe le mani nelle spalle e portando il volto alla sua altezza per farle capire la sua serietà.

Frisk vide nei suoi occhi qualcosa che ormai credeva spento da tempo.

Era spaventato, spaventato per lei, e non di lei e di quello che poteva fare grazie ai reset.

-Sans, senza di me avrete una vita tranquilla. Te l’ho promesso, questo qui…- indicò la realtà intorno a sé -…era l’ultimo, e sarà per sempre l’ultimo. Sarai finalmente in pace- delle lacrime iniziarono ad uscire dai suoi occhi, ma Sans scosse la testa, incapace di accettare quello che pensava di aver capito.

Frisk sperava che non avesse afferrato fino in fondo il vero significato della sua partenza.

-Una vita senza di te non ha senso viverla, Frisk. Questo reset senza di te, non ha avuto senso viverlo- le disse, cogliendola del tutto di sorpresa, riscaldandole il petto e aumentando senza saperlo i sensi di colpa.

Poi le prese nuovamente il volto tra le mani e la baciò, con desiderio e passione.

Frisk sapeva che non era affatto corretto nei suoi confronti, ma non riuscì a tirarsi indietro da quel bacio, e da quello dopo, e da quello dopo ancora.

Si erano trattenuti troppo a lungo, in quella gara di indifferenza che non aveva portato a nulla se non a quello sfogo finale fin troppo disperato.

Si amavano, si odiavano, nessuno sapeva esattamente cosa provavano, ma una cosa era certa, erano legati, legati da qualcosa da cui non riuscivano a staccarsi, per quanto ci proveassero.

E tra i baci, gli abbracci e il desidero a lungo represso, questa volta nessuno dei due riusciva a fermarsi, nessuno dei due voleva fermarsi.

Sans la prese in braccio e la posò sul tavolo, in modo da averla in una posizione più comoda.

Quando Frisk urtò il fiore dell’eco rischiando di farlo cadere, sobbalzò, e fu un momento decisivo per lei.

La sua mente si schiarì abbastanza da fare una scelta.

Poteva allontanare Sans, rimanere sul binario che si era prefissata, oppure poteva rinunciare all’idea, magari distruggere il fiore, continuare, vivere appieno quello che quel gesto stava pian piano ricostruendo.

Ma non poteva fargli questo.

Fece una terza scelta, una scelta che non avrebbe dovuto fare, lo sapeva.

Dopo tanti anni era ancora egoista.

Si alzò dal tavolo, e spinse Sans lontano dalla cucina.

Se questa doveva essere la sua ultima notte con lui, anche se non era corretto, voleva, aveva bisogno, di passarla e di viverla appieno.

E così fecero.

Il mattino dopo Frisk venne svegliata dalla luce che proveniva dalla finestra lasciata aperta della sua camera da letto.

Era sdraiata sul materasso, con le coperte addosso e stretta nell’abbraccio di Sans, che dormiva profondamente e le solleticava il collo con il suo respiro regolare e profondo.

Frisk si girò a guardarlo, facendo attenzione a non svegliarlo, e lo osservò con un triste sorriso.

Lo aveva visto addormentato poche volte, la maggior parte delle quali erano pochi secondi prima che lei lo uccidesse, e si sorprese nel notare un’espressione di pace nel suo viso.

Gli diede un lieve bacio sulla mascella, e lui sembrò sorridere leggermente, pur rimanendo profondamente addormentato.

Poi si scansò dal suo abbraccio e si vestì in fretta, prima di avviarsi in cucina, per preparare quello che da giorni pensava di fare.

Prima di arrivare a destinazione, però, venne fermata da una felpa blu buttata alla rinfusa vicino al divano.

La prese titubante, e respirò profondamente il suo odore, chiudendo gli occhi per gustarsi il momento.

La indossò, decisa a sentire quel soffice tocco familiare fino alla fine, e la chiuse fino alla fine della cerniera.

Le stava enorme, ma era comunque perfetta.

-Ben svegliata. Tu e Spazzatura sorridente siete stati disgustosi!- commentò Flowey quando lei entrò in cucina.

-Tranquillo, non dovrai farci l’abitudine- commentò Frisk, con voce sottile, stringendosi la felpa addosso pensando a Sans.

Flowey sembrò impallidire.

-Non… non credevo che… pensi ancora di farlo?- chiese, sorpreso, e preoccupato.

Frisk annuì.

Prese un biglietto che aveva nascosto nella scatola dei cereali e lo mise davanti alla teca col fiore dell’eco. 

-Frisk, sei sicura?- chiese nuovamente Flowey, per niente convinto.

Frisk respirò nuovamente l’odore di Sans, ottenendo quel briciolo in più di determinazione che gli serviva per fare quello che doveva fare, e annuì, sorridendo tristemente.

 

A Sans sembrò di sentire un suono attutito provenire dalla cucina, ma era troppo addormentato per farci caso.

Si rigirò nel letto, emettendo suoni incomprensibili, poi la sua mente sembrò tornare lucida, e si alzò a sedere di scatto, provocandosi un brutto giramento di testa.

Diamine, ci era cascato con tutte le scarpe!

Beh, le scarpe erano state levate quasi subito, ma il senso della frase era un altro.

Si portò una mano sul viso, non riusciva a credere di essere crollato e di aver fatto… quello che aveva fatto.

Sul serio, da ubriaco le urlava contro, e da sobrio si metteva ad infrangere promesse fatte a sé stesso?! Sarebbe dovuto essere il contrario!

Ma che gli era saltato in mente? Ignorarla per diciotto anni e poi cedere così malamente.

Si rigettò sul letto, incapace di riflettere, e rivedendo nella sua mente immagini della notte appena trascorsa.

Imprecò sommessamente, non avrebbe mai dovuto farlo, eppure, dannazione, non se ne pentiva affatto. Se fosse tornato indietro era sicuro che l’avrebbe rifatto.

Probabilmente da un momento all’altro Frisk avrebbe resettato, o forse non lo avrebbe fatto più, come gli aveva promesso.

Sans interruppe il pensiero, spalancando gli occhi nel ricordare la conversazione avuta con la castana la sera prima.

Tutto quello che Frisk gli aveva detto lo disturbava. Non aveva capito cosa intendesse dire con il partire, l’andarsene e l’abbandonare tutti, ma sperava davvero non avesse fatto qualcosa di troppo drastico. Forse avrebbe dovuto indagare di più, farsi promettere un po’ di tempo per convincerla a non fare nulla di quanto aveva detto.

Sempre se avesse già fatto qualcosa, forse era stato un trucco per attirarlo, per farlo crollare tra le sue braccia come in tutti gli altri reset, e Sans ci era cascato come l’ultimo degli idioti.

Si alzò dal letto e si vestì, notando che la felpa non c’era, probabilmente rimasta in salotto.

Faceva un po’ freddo a rimanere solo in maglietta, così Sans decise di dirigersi lì per prendere la felpa, e poi magari scappare via, o indagare?

Non sapeva bene che fare, aveva appena infranto tutte le promesse che si era fatto a sé stesso dall’ultimo reset, e non aveva la più pallida di come avrebbe reagito di fronte a Frisk, se l’avesse vista.

D’altra parte, era preoccupato, e quindi era molto meglio investigare un po’, partendo dal salotto.

Oppure, più semplicemente, avrebbe potuto chiedere a Flowey, era impossibile che non sapesse qualcosa.

Certo, l’idea di parlare con quel fiore assassino era nauseante, ma in quel momento confrontarsi col fiore era meglio che farlo con Frisk, per via di ben chiare ragioni.

Si avviò sbadigliando verso il salotto, camminando attraverso i corridoi come se un tempo fossero stati come una casa (e forse era stato davvero così) e arrivò subito a destinazione, notando con confusione che la sua felpa non era lì.

Si guardò intorno per cercarla, prima a destra, verso il divano, poi a sinistra, verso la cucina. 

E non appena osservò la porta aperta che conduceva lì, il suo cuore sembrò fermarsi, così come il resto del suo corpo.

Ci fu un attimo di completo ghiaccio, come se stesse per esserci un nuovo reset, che però non venne.

-Frisk…- sussurrò con il poco fiato che aveva in gola, facendo qualche incerto passo verso la porta della cucina, dalla quale si vedeva chiaramente un braccio in felpa blu a terra e immobile.

“Andrò via” gli aveva detto lei.

Ma non credeva si riferisse a questo.

-No…- sussurrò così piano che non si sentì neanche lui, mentre accelerava il passo. La cucina sembrava distante chilometri, e Sans sembrò metterci ore ad arrivarci.

“Senza di me avrete una vita tranquilla” ricordò le parole di Frisk.

Le lacrime iniziarono a uscire prima ancora che raggiungesse la porta, e quando lo fece, distolse immediatamente lo sguardo dalla figura distesa a terra, chiudendo gli occhi con la massima forza, incapace di guardarla.

-Perché?- chiese con voce impastata, appoggiandosi allo stipite della porta per non cadere a terra.

“Questo qui è l’ultimo, e sarà per sempre l’ultimo” gli aveva promesso.

Ma a quale prezzo?

Sans scivolò lungo lo stipite con le mani alla bocca e gli occhi annebbiati dalle lacrime, senza credere a quello che vedeva.

Se quella a terra era davvero Frisk, perché il mondo non era resettato?

Ormai sarebbe stata ora!

“Sans, mi dispiace, mi dispiace tanto” si riferiva a quel gesto, in quel momento?

Sans si avvicinò carponi verso di lei, incapace di alzarsi, visto che tutto il suo corpo tremava convulsamente.

Non voleva crederci, non poteva crederci.

Raggiunse il corpo della trentenne e fece per smuoverla.

-Frisk!- la chiamò, con voce impastata ma abbastanza forte da farsi sentire da lei.

Sempre che lei potesse ancora sentirlo.

Il volto era così sereno, così in pace. Sembrava dormisse.

Sollevò il busto della ragazza verso di lui, per sentire se il suo cuore batteva ancora, se la sua anima era ancora viva al suo interno.

-Non lo è- gli disse una voce in tono secco e inespressivo.

Sans si girò di scatto a guardare Flowey, stringendo Frisk a sé, incapace di accettare la questione.

-Tu! Cosa le hai fatto?!- chiese Sans, incapace di accettare l’idea che fosse stata Frisk stessa a porre fine alla propria vita.

Perché era di questo che si trattava, ormai Sans l’aveva capito, e si diede dello stupido per non esserci arrivato prima, quando ancora poteva fare qualcosa.

-Io non le ho fatto nulla. Sei tu che le hai fatto venire questa idea. Ha pensato che l’unico modo per combattere la sua dipendenza e salvare tutti voi fosse seguire il cammino di Chara- indicò con viso il pezzo di torta sul tavolo, e Sans lo guardò incredulo.

-Non… non è vero! Tu menti!- lo accusò, stringendo Frisk così forte che se fosse stata viva sicuramente si sarebbe fatta male e lo avrebbe scansato, facendo una trista battuta sul fatto che non tutti erano ossi duri come lui.

Singhiozzò pensando a ciò, e Flowey continuò il suo discorso scoraggiante.

-Se non credi a me, credi a lei- ed indicando la lettera e il fiore dell’eco.

Sans si alzò titubante, lasciando per un momento andare il corpo di Frisk per prendere la lettera.

“Sans, spero davvero che sia tu a leggere questa lettera. Apri la teca che contiene il fiore dell’eco, ma ti prego, non far sentire a nessuno quello che sentirai. Non voglio che gli altri soffrano. Frisk”

Sans lanciò un’occhiata al corpo senza vita ancora a terra seppellito nella sua felpa, e con mani tremanti, alzò la teca del fiore dell’eco.

-Sans, avevi ragione su di me. Sono una maniaca del controllo, e non me ne sono neanche accorta fino ad ora. Il fatto è che ho questo potere che mi ha dato alla testa, e non ho un modo per fermarlo, per fermarmi… almeno non restando viva- Sans dovette trattenersi dal risponderle, perché altrimenti avrebbe cancellato il resto del messaggio, ma si prese la testa tra le mani, come a cancellare dalla memoria quello che stava sentendo -Forse è egoista da parte mia, lo so. Come sempre d’altronde. Spero comunque che sentirai questo messaggio, non so se verrai qui, sai. Non so neanche se avrò il fegato di mangiare… insomma, forse il fatto che non sono uno scheletro mi aiuterà con questo-

Aveva fatto una battuta?

Aveva davvero fatto una battuta sugli scheletri che non hanno fegato mentre lasciava un messaggio suicida?! 

Che pensava, che Sans avrebbe riso?! Che l’avrebbe perdonata?!

-Io ci ho provato, sai, a non resettare, ma hai ragione tu, è più forte di me, ed ora potrete vivere tutti una vita dieci volte migliore, e soprattutto completamente vostra. Spero che tu possa perdonarmi- Sans trattenne un singhiozzo tra le mani completamente bagnate dalle sue lacrime, mentre prendeva il fiore tra le mani e lo stringeva al petto, come se fosse al suo interno la Frisk che avrebbe voluto riavere indietro -Forse così non sarà, ma vorrei tanto non aver mai resettato. Chissà come si sarebbero evolute le cose. Forse ora saremmo insieme, felici, con un futuro… anche se probabilmente a quest’ora sarei già morta. Non ho fatto il conto di quanti anni dovrei avere, ma di certo sono più di trenta. Sans… il nostro non è stato un rapporto normale, lo so, ma volevo dirti, con assoluta sincerità… che ti amo, ti ho sempre amato, e in una vita futura, se esiste, ti amerò. Sei sempre stato la mia certezza, e questa linea temporale… mi ha fatto capire tante cose. La mia vita senza di te è terribile, e anche per questo con il mio gesto ho deciso di cambiare definitivamente tutto. La mia anima è tua, per sempre, anche se l’ho già venduta a Chara come prezzo per cercare di fare ammenda dei miei peccati. Comunque volevo dirti che quello che mi hai detto l’altra sera mi ha fatto capire...-

Sans non sentì altro, non aveva la forza di sentire altro. 

Gettò con forza il fiore a terra, distruggendolo completamente e facendo sobbalzare Flowey, poi seppellì il volto tra le mani.

-Divertente, Frisk, molto divertente- commentò, con una risata forzata.

-E’ una lezione che vuoi darmi? Beh, hai ragione, ok? I tuoi reset sono utili, ora però fanne un altro, l’ultimo!- la incoraggiò, puntando lo sguardo spezzato verso di lei, che però rimase immobile, completamente inerme sul freddo pavimento.

Aveva sempre vissuto con la consapevolezza e la paura che da un momento all’altro qualcuno vicino a lui sarebbe potuto morire, ma mai pensava che sarebbe stata Frisk, non così!

Lei avrebbe sempre resettato, questo era ovvio, si era arreso all’idea, anche se non l’accettava.

-Tu… tu… non puoi farmi questo!- esclamò, furente e completamente distrutto, avvicinandosi nuovamente a lei e scuotendola ancora, senza accettare la dura verità.

Ed ora lei si era uccisa, perché Sans le aveva urlato contro da ubriaco?! Non solo lo aveva abbandonato, ma gli aveva pure detto implicitamente che era colpa sua?!

-Davvero mi odi così tanto?!- urlò, alzandosi in piedi ed iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, sotto lo sguardo confuso di Flowey, che lo guardava senza capire i suoi sentimenti, così estranei a lui che non aveva un’anima. -Frisk! Non puoi… fare questo… dopo…- si interruppe, ripensando alla nottata passata insieme.

Ancora una volta Frisk aveva deciso per lui, modificandogli la vita in modo definitivo. Perché si ostinava a fare così? Perché continuava a ferirlo ogni volta? Cosa le aveva fatto Sans di male?

-Ti prego, ti prego, Frisk, resetta! Non mi da fastidio, lo accetto, lo prometto. Io… io voglio riaverti indietro… devo riaverti indietro. Io… non… posso…- e crollò ancora, stavolta sedendosi sul tavolo, e seppellendo la testa tra le braccia.

-Sans, non eri tu quello che diceva sempre che bisognava lasciare le cose come stavano, senza modificarle?- chiese Flowey, confuso.

Sans gli lanciò uno sguardo che avrebbe potuto ucciderlo, letteralmente.

-Stai scherzando?! Ti sembra naturale questo?! Ti sembra che Frisk, che il suici…- la voce gli si spezzò -Almeno gli incidenti capitano, si sa, ma questo…- Sans indicò la trentenne ai suoi piedi, senza riuscire ancora a metabolizzare bene quello che stava succedendo, senza riuscire nemmeno a nominare quello che lei aveva fatto.

-Non è colpa tua, sai?- disse il fiore, quasi controvoglia.

Avrebbe tanto voluto incolpare Spazzatura sorridente, ma non era giusto, e sapeva che Frisk non l’avrebbe voluto.

-Cosa le ho detto quella notte? Cosa potrebbe giustificare un tale…- ogni volta che posava lo sguardo su di lei doveva assolutamente spostarlo subito.

Non ce la faceva proprio a guardare, ogni occhiata sembrava lacerargli l’anima pezzo dopo pezzo.

-Non credo che tu lo voglia sapere- commentò Flowey, un po’ tra sé -Credo dovresti chiamare qualcuno- disse poi, a voce più alta.

Venne preso in una morsa telecinetica senza avere il tempo di fare un commento acido sul fatto che se l’avesse tenuta lì ancora un po’ avrebbe iniziato a puzzare, e fu davvero felice di non averlo detto.

-Dimmelo!- gli ordinò Sans, con l’occhio che brillava.

Flowey non lo guardò, quando gli rispose.

-Che aveva una dipendenza dal controllo, che è una drogata, che non sarebbe mai riuscita a cambiare…- Sans spalancò gli occhi -… che è una dittatrice che controlla la vostra vita come una burattinaia, che…- Flowey si interruppe.

-Che…- lo incoraggiò Sans, con la mano che iniziava a tremare.

-…che non avresti mai voluto che lei esistesse- cedette infine il fiore, e subito dopo cadde a terra, per fortuna senza che il vaso che lo conteneva si rompesse.

Sans crollò a terra, accanto a lei.

Non aveva parole per giustificarsi, neanche a sé stesso.

Quante volte lei gli aveva detto ti amo, e lui non aveva mai risposto.

Non lo ricordava, ma lo sapeva, così come sapeva tante cose che avrebbe preferito non conoscere.

Ed era questa la sua risposta finale?

Che preferiva che lei non fosse mai esistita?

Non aveva la forza neppure per piangere, non aveva la forza per fare nulla.

Con una frase aveva distrutto la propria vita e quella di una delle persone a lui più care.

-E’ tutta colpa mia…- disse, in un sussurro.

Flowey abbassò la testa.

Non avrebbe dovuto dirglielo, avrebbe dovuto mentire.

Iniziò quasi a sentire un’empatia nei confronti dello scheletro. In parte anche lui teneva a Frisk, ed ora che non c’era più, si sentiva un po’ più vuoto a sua volta.

-Mi dispiace tanto…- sussurrò Sans, rivolto al corpo senza vita della ragazza, ed abbracciandolo con forza.

-Frisk, ti prego, ti scongiuro, torna da me…- provò a supplicare, seppellendo il volto tra i suoi capelli, con ancora una flebile speranza che tutto si potesse sistemare, che lei sarebbe potuta tornare.

Era sussurrata come una preghiera.

-Ti amo, Frisk, ti amo molto più di quanto io possa mai amare qualsiasi altra persona in questo mondo. Ti supplico, torna da me, non lasciarmi solo…- chiese alla donna che, nonostante tutto, sarebbe sempre stata l’unica per lui.

Ma nessuno rispose.

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusatemi tanto.

Domani ci sarà l’epilogo con un angolo autore probabilmente più lungo del capitolo.

Ora, non ce la faccio.

Non voglio rovinare l’atmosfera.

Scusatemi ancora.

   
 
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