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Autore: Esarcan    17/06/2016    0 recensioni
In una città popolata da abitanti mossi solo dall’egoismo, in cui la nobiltà mantiene il potere assicurandosi il monopolio sulla magia, Will, uno stalliere orfano, viene catapultato in una vita a lui nuova in cui scoprirà il segreto delle sue origini e troverà la strada per il suo futuro.
Durante questa ricerca il suo destino s’intreccerà con quello di un misterioso veterano mentalmente instabile, il cui unico desiderio è la fuga dal suo traumatico passato, per perdersi completamente nelle assurdità della sua mente contorta. Ad esempio scrivere un dettagliato libro sulle fogne.
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Ombre Ritrovate
 

Era ormai scesa la notte quando Will riuscì finalmente a portare ordine nella sua mente e poté riflettere lucidamente sull’accaduto. Immediatamente ricordò ciò di cui era stato accusato dalla torturatrice: perché era stato accusato di aver incontrato un mago? E cos’era successo nel vicolo? “Perché mi hai salvato?” Chiese fallendo nel nascondere la crescente disperazione, per quanto fosse grato alla sua salvatrice, ancora non gli erano chiare le sue motivazioni. La donna si girò di scatto, senza però rallentare il passo. “Dubito fortemente che tu sia nella posizione di fare domande. Ora trattieni la tua lingua fino a quando non giungeremo a destinazione: parlare diminuisce l’efficacia dell’occultamento.”

Occultamento, quindi era così che veniva chiamato l’incantesimo del mantello. Se fosse riuscito a fuggire da quella donna gli sarebbe tornato utile, anche come merce di scambio. Ma voleva davvero fuggire da lei? Per ora sembrava che volesse salvarlo, ma in una città dove l’altruismo era quasi completamente inesistente per un orfano come Will era difficile potersi fidare ciecamente di una persona. In ogni caso dubitava di poterle sfuggire: non aveva modo di contrapporsi alla sua magia. Decise di lasciar evolvere la situazione senza lamentele.

Dopo un’altra ora di cammino Will cominciò a sentire i primi morsi della fame: era almeno un giorno che non mangiava nulla, a meno che non l’avessero nutrito nel sonno in qualche modo, ma ne dubitava. Per qualche ragione le strade erano quasi completamente deserte, se non per lo sporadico soldato facilmente sviato dall’occultamento. Aveva forse a che fare con il mago fuorilegge a cui aveva accennato la torturatrice? Con un respiro profondo tentò di evitare di porsi altre domande a cui non aveva risposta, gli sarebbero state solo d’intralcio nel mantenere la calma. Decise di distrarsi osservando il paesaggio. Non era mai stato in uno dei quartieri nobile della cerchia interna e gli immensi edifici di marmo, pietra e legno dorato erano quanto di più maestoso su cui avesse mai posato lo sguardo. Ogni palazzo sembrava avere una sua componente unica: lì un motivo a spirale composto da lucenti gemme rossa, là grottesche statue di una strana pietra blu dalle venature argentee, la facciata di un palazzo era completamente ricoperta da una cascata d’acqua che sgorgava da un’urna composta da fasce bianche e oro alternate, altre meraviglie si susseguivano ovunque Will volgesse lo sguardo. Però per quanto uniche sembrava regnasse un’armonia nell’architettura dei palazzi, quasi fossero stati costruiti per coesistere gli uni con gli altri, piuttosto che rivaleggiare in bellezza. Lo sguardo di Will si era perso nel contemplare gli arzigogoli metallici di un cancello, quando la sua salvatrice si fermò ad un portone di marmo grigio di un’edificio, che non sembra godere di alcuna particolarità se non per la completa assenza di finestre. “Siamo arrivati finalmente! Prendere solo strade secondarie ci ha fatto perdere tempo, ma era necessario.” Annunciò sollevata mentre tirava fuori un piccolo libretto, rilegato in pelle grigia, con strani disegni sulla copertina. Sembrò aprirlo ad una pagina a caso, poi bussò tre volte e lesse quasi in un sussurro, avvicinandosi alla porta: “Cinque Stelle di Montagna.” Stelle di montagna? Si chiese Will, era stato salvato da una venditrice di fiori porta a porta? Con sua sorpresa, e un sonoro raschiare di pietra su pietra, il portone cominciò ad aprirsi. Subito, la donna ci s’infilò, seguita a ruota da Will. Non appena furono dentro si richiuse di scatto, questa volta in completo silenzio. 

L’ambiente in cui ora si trovavano era un semplice ingresso quadrato dalle pareti giallo crema. La parete direttamente contrapposta al portone era caratterizzata da una porta massiccia. Realizzata nel legno più scuro che Will avesse mai visto, era contornata da una maestosa cornice di marmo candido finemente decorato con motivi circolari, fino a sembrare un pizzo. Erano poi presenti due rampe di scale ad entrambi i lati della stanza, che conducevano ai piani più alti. Gli unici pezzi di mobilio nell’ingresso erano un braciere nel centro della stanza e due sedie ai lati del portone. Quella alla loro destra era occupata da un uomo, che doveva essere solo cinque o sei anni più vecchio dello stesso Will. L’uomo scosse la testa e, lanciando occhiata di rimprovero da sotto un cappuccio, identico a quello che indossava Will, disse: “Il Sinodo è scontento Silya, e ne ha tutte le ragioni. Sai bene che non ci è concesso andare in giro a salvare bambini dall’esercito! L’Oratore vuole vederti immediatamente.” Sventolando una mano quasi a congedarlo Silya rispose noncurante: “Certo Conn, come vuoi.” Poi sbuffò spazientita. Conn si sedette farfugliando indispettito e fissando Will come se fosse un bambino bisognoso di una strigliata. Ancora senza degnare di uno sguardo Will, Silya prese la scala a destra, probabilmente aspettandosi di essere seguita senza spiegazioni. Dopo un paio di rampe di scale arrivarono in un ampio corridoio, dove un pavimento in marmo bianco con venature di molteplici colori rifletteva la luce proiettava da bulbi luminosi che levitavano all’interno di piccole nicchie di una parete bianca, ricche di stucco dorato quanto una catapecchia di ragnatele. Will rimase a bocca aperta: non aveva mai visto un ambiente tanto sfarzoso. Quando alzò lo sguardo il suo stupore s’intensificò ulteriormente: l’intero soffitto era affrescato con tale maestria che faticava a distinguere la scena dalla realtà. Cavalli selvaggi che correvano in un’ampia prateria verso una cascata che si gettava in un lago cristallino contornato da vegetazione lussureggiante. Quando riportò la sua attenzione al corridoio si accorse che la parete sinistra scompariva ad intervalli regolari, lasciando grossi buchi che affacciavano su d’un ampio giardino. Incuriosito fece per avvicinarsi, ma prima che potesse indagare più a fondo una voce lo richiamò alla realtà. “Stia tranquillo, signorino, il muro è semplicemente trasparente dall’interno. Tutte le qualità di una finestra, ma senza rinunciare alla propria riservatezza.” Immediatamente Will si girò ad identificarne la fonte: un uomo allampanato sulla sessantina troneggiava con la sua considerevole altezza al centro del corridoio, le ampie vesti nere ne rendevano la figura ancora più slanciata, facendolo apparire impacciato, seppure fosse arrivato senza alcun rumore che Will potesse percepire. Silya si voltò e indicando lo sconosciuto disse: “Ti presento Leontiy Thulani, il tuo tutore e valletto personale.” L’uomo si esibì in un perfetto inchino. Will si presentò a sua volta dicendo il suo nome con tutta la sicurezza che riuscì a racimolare, non molta. “Ti mostrerà la tua camera e t’illustrerà il comportamento che dovrai adottare all’interno della Casa.” Spiegò Silya, appena prima di avviarsi nella direzione opposta “Ora vi lascio, ho un Oratore da calmare.” Mentre se ne andava, lasciando un sopraffatto Will nelle mani del pallido servitore, non poté fare a meno di lamentarsi per la complicatezza della vita. “Buona fortuna, Ombra Silya.” le augurò Leontiy, sul cui volto impassibile si leggeva solo deferenza. “Ombra?” domandò Willet. 

“È il titolo di cui si può fregiare solo chi fa parte delle Ombre Arcane, signorino.” Gli spiegò Leontyi come se fosse lapalissiano, ma sempre con deferenza impeccabile. Signorino? Cosa aveva detto Silya quando gli aveva presentato Leontyi? Tutore e valletto... doveva essere uno scherzo, si rese conto. Perché un umile stalliere avrebbe dovuto avere un servitore? Lui era uno stalliere, per l’Impero! Cosa diamine stava accadendo? Era forse morto nel vicolo, ucciso dai due ladri? Non aveva idea di cosa accadesse dopo la morte, ma per il momento non stava andando malissimo. Prima che la sua confusione trapelasse troppo si costrinse a simulare calma, ancora una volta. Non voleva mostrare troppe debolezze mentre ancora non aveva compreso la situazione. Rivolse il suo sguardo a Leontyi.

“Ora, prima di guidarla ai suoi alloggi, le ho preparato un bagno. Non tutti i membri dell’Ombra amano gli... aromi pungenti. Se è così gentile da seguirmi, signorino, da questa parte.” Così dicendo Will venne guidato attraverso un dedalo di corridoi, ognuno più raffinato ed opulento dell’altro: ogni stucco dorato e affresco erano un annuncio di ricchezza più grande di quanto Will avrebbe potuto sperare di racimolare durante la sua intera vita. Varie alcove contenenti statue, porcellane antiche e oggetti di cui Will poteva solo indovinare origine ed utilizzo, si alternavano a dipinti, arazzi ed affreschi, che Will avrebbe fissato affascinato se non avesse dovuto tenere il passo rapido del valletto. 

Finalmente giunsero in quelli che dovevano essere i bagni. Una coltre di vapore riempiva l’ampia stanza, che ospitava quattro vasche esagonali colme d’acqua, dispose agli angoli di una più ampia vasca quadrata. Piccole colonne di marmo rosso venato di bianco salivano qua e là dal pavimento, attorcigliandosi come serpenti. Alle loro basi erano poste delle panche di legno su cui vari saponi, spazzole e olii da bagno erano in attesa. Inutile dire che Will non aveva mai posseduto nulla di tutto ciò: persino il sapone era un lusso troppo grande per le tasche di uno stalliere. Nell’aria aleggiava una leggera fragranza floreale, molto più raffinata di quella indossata dalle prostitute che inondavano i bassifondi durante la notte i cerca di clienti. Will suppose che provenisse dai vari fiori che galleggiavano nelle vasche. “Ora la lascio solo, signorino. Mi troverà appena fuori dalla porta quando avrà finito.” Mentre usciva aggiunse “Su una delle panche dovrebbe trovare dei nuovi vestiti. La prego di indossarli: si addicono di più alla Casa.” Detto questo chiuse sonoramente la porta, Will era certo che non gli avrebbe permesso di uscire se non fosse stato più lucido del mosaico che piastrellava i bagni. Fortunatamente Dani, che durante una sua tresca amorosa con la ricca figlia di un mercante era venuto a conoscere certi lussi, gli aveva raccontato come usare alcuni degli oggetti che Will trovò vicino alle vasche. Non appena ebbe scelto il sapone dalla fragranza più delicata, non voleva profumare quanto una delle donne di piacere che affollavano i quartieri poveri, e una spazzola si immerse in una delle vasche piccole. In quel momento si accorse di quanto fosse stanco per la lunga camminata attraverso la città, ma più di ogni altra cosa, divenne conscio della tremenda fame che lo attanagliava. Quindi, insaponandosi e scrostando tutta la polvere e la sporcizia di almeno due anni, non ricordava l’ultima volta in cui aveva avuto la possibilità di un bagno completo, tentò di completare l’opera nel minor tempo possibile. Trovò facilmente un asciugamano con cui avvolgersi, e rapidamente si asciugò. Quando vide gli abiti bianchi piegati con cura su una panca lontano dalle vasche, si bloccò un istante. Sembrava che un servitore non fosse l’unico lusso a cui avrebbe dovuto abituarsi: per quanto il taglio fosse semplice, il tessuto e le cuciture erano decisamente di qualità troppo alta per essere i suoi abiti. Ma lui cos’era per questa organizzazione? Un altra domanda si andò ad aggiungere al cumulo già gargantuesco. Era sicuro di non aver mai sentito nominare le Ombre Arcane, sicuramente non erano una comune banda di strada, ma nemmeno una fazione nobile che Will sapesse. Normalmente le voci di nuove fazioni, nuovi gruppi opposti all’Imperatore o di nuove bande di ladri si facevano strada in fretta nei bassifondi, in particolare nelle stalle: i nuovi gruppi avevano sempre bisogno di cavalli e Mastro Fillin era abile nelle contrattazioni di quel genere. Rimandò questi ragionamenti a dopo aver messo qualcosa sotto i denti.

 Non appena uscì dalla porta il suo stomaco lo tradì, prorompendo in un rumoroso borbottio. Prontamente Leontiy lo rassicurò “Non si preoccupi, ho già provveduto a farle trovare qualcosa da mangiare nella sua stanza. Purtroppo non è molto raffinato, ma per i primi mesi dovremo adeguarci: fino a che il Sinodo non deciderà altrimenti potrà accedere solo a poche stanze della casa. Fortunatamente molte Ombre consumano i loro pasti ad orari inusuali, quindi la cuoca non è stata particolarmente scocciata. Mai consumare cibo preparato da una cuoca scocciata, signorino, accetti il mio consiglio.” Will non poté fare a meno di lanciargli un’occhiata divertita, ma Leontiy mantenne la sua espressione deferente, contornata da capelli grigi che ne contribuivano all’imperturbabilità. Will non perse neanche tempo a chiedere perché era stato confinato.

La stanza di Will, con sua sorpresa, non rispecchiava la sfarzosità del resto della Casa. Anzi a confronto poteva essere definito spartano: contro un muro della stanza rettangolare c’era un semplice letto di legno, il cui materasso sarebbe stato una novità per Will, abituato a dormire in un cumulo di paglia. L’unico altro mobilio era composto da una sedia e una scrivania sul lato opposto, oltre ad un piccolo armadio. Sulla scrivania lo attendeva, come promesso, un vassoio di legno laccato su cui era poggiata la sua cena: ben quattro fette di quello che, a prima vista, era un arrosto avvolto in foglie, sconosciute a Will, e ricoperto da una densa salsa dorata con un contorno di verdure che ancora luccicavano del burro in cui erano state cotte. Il tutto era accompagnato da una semplice brocca d’acqua nella quale, però, galleggiavano piccoli semi e petali. Il profumo di quello che per Will rappresentava un banchetto impregnava la stanza. Si lanciò immediatamente sul cibo: per qualche ragione era attanagliato da una fame incontrollabile, anche se questo non era il suo primo giorno a digiuno. Non appena si mise a mangiare Leontiy lo fissò con un’espressione nuova sul volto, sbalordimento, rassegnazione e un leggero disgusto attraversarono talmente rapidamente la sua faccia che Will pensò di esserselo immaginato. “Immagino che dovrò aggiungere anche lezioni di galateo basilare al suo programma di studi, signorino.” disse con il contegno che aveva mostrato fino a qualche momento prima. 

“Scusa Leontiy, dove sono cresciuto non si sono mai occupati di darmi un’istruzione adeguata, spesso non si sono nemmeno occupati di nutrirmi.” Lo rimbeccò Will, risentito, mentre afferrava una seconda fetta d’arrosto, ignorando le posate vicino al piatto. 

“Come dice lei, signorino. Ora la lascio, domattina cominceranno le lezioni, quindi le consiglio di dormire.” Prima ancora che Will potesse fermarlo per porgli tutte le domande che gli affollavano la mente, Leontiy si era già chiuso la porta alle spalle. Dormire? Come poteva? Non sapeva dove si trovava e la città era immensa, se anche fosse riuscito a fuggire, ammesso ma non concesso, gli ci sarebbero voluti giorni a piedi per tornare a casa. Ma non poteva tornarci, chiunque l’avesse rapito sapeva sicuramente dove abitava, e queste cosiddette Ombre non sembravano disposte a lasciarlo andare facilmente. Lo avrebbero sicuramente catturato di nuovo e stavolta la donna grigia non lo avrebbe salvato. Paura e ansia attanagliavano Will. “Calmati, idiota.” si disse. La paura lo avrebbe solo ucciso e l’ansia non gli permetteva di pensare con lucidità. Leontiy aveva ragione, aveva bisogno di dormire. Finì l’arrosto e le verdure, non lasciò neanche una traccia di salsa sul piatto. Dopo si mise una camicia da notte che aveva trovato sotto il cuscino e si coricò sul letto, era decisamente il materasso più morbido che avesse mai provato.

   
 
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