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Autore: yelle    26/03/2005    2 recensioni
Guardando quei tavoli laconicamente vuoti e quelle sedie piene di polvere, riuscii solo a pensare ai bei tempi della scuola, quando ancora non avevo perduto la voglia di ridere e scherzare, di volare e di giocare a Quidditch, lo sport più bello del mondo. Quando ancora avevo voglia di vivere.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Oh my love
and the rain is falling and I believe
my time has come
it remains me of the rain
I might leave
leave behind
wait in the fire...
And I feel them drown my name
so easy to know and forget this kiss
I'm not afraid to go but it goes so slow"


Grace, Jeff Buckley

*******************************

Scese la notte in quelle vie che da tempo non vedevano più neanche le vaghe speranze degli ubriachi che le percorrevano, svuotati di ogni ego.
Camminavo senza avere la vaga idea di che direzione avessi preso, conscio del solo fatto di essere solo, tremendamente solo. L'unica cosa che mi accompagnasse in quel viaggio solitario era il tempo che, implacabile con chiunque, marciava come un esercito sicuro della vittoria. La pioggia, leggera ma gelida come l'inverno che la mia anima aveva appena affrontato, scivolava sui miei capelli, rossi del sangue che avevo versato, in rivoletti che accecavano quel poco che ormai rimaneva di me.
Non si può tornare indietro, continuavo a ripetermi. Ma io già lo sapevo, l'esperienza che avevo sulle spalle me lo aveva inculcato bene in testa. Non potevo tornare a casa per rifugiarmi da quel temporale che imperversava crudele, perchè non avevo mai avuto una casa in cui tornare, in cui sentirmi amato nonostante ciò che ero diventato. Non avevo più casa da quando avevo scelto quella vita che, piano piano, mi stava portanto all'autodistruzione. E ne ero conscio... e responsabile.
Risi amaramente vedendo l'insegna del pub "La Testa di Porco"... quasi senza accorgermene mi fermai con indecisione. Infine, decisi di entrare.
Feci un passo avanti, ma subito mi bloccai. Una zaffata di familiarità mi colpì in pieno e subito i miei occhi si oscurarono, il mio incedere si fece carico di rancore e pieno di ricordi che avrei preferito tenere sopiti tra le pieghe della divisa della scuola di Hogwarts, che con tanta cura avevo conservato in fondo al baule, lontano dal mio sguardo. Perchè, come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. E il mio cuore aveva già abbastanza cicatrici, grazie.
Eppure, guardando quei tavoli laconicamente vuoti e quelle sedie piene di polvere, riuscii solo a pensare ai bei tempi della scuola, quando ancora non avevo perduto la voglia di ridere e scherzare, di volare e di giocare a Quidditch, lo sport più bello del mondo. Quando ancora avevo voglia di vivere. Quando ancora Harry era vivo, e forse già consapevole di quello che lo aspettava.
Sedendomi, con la mia sola ombra a farmi compagnia, mi accorsi che camminare da solo nella vita non mi aveva portato assolutamente a niente. Quello che avevo fra le dita era un misero mucchietto di polvere con cui non ci avrei neanche sporcato il pavimento di quella betolla. La fragile via che credevo avrei percorso si era disciolta come neve al sole, insieme a tutti i miei sogni, quando in effetti scoprii che la vita è ben diversa, e ben più dura. E ad aprirmi gli occhi fu proprio Harry. Sacrificatosi per assicurarsi la fine di quel bastardo di Voldemort, aveva lasciato me, il suo migliore amico, solo con i suoi merdosi pensieri. Ovvio, c'era anche Hermione... ma chissà dov'era finita... distrutta più di me per qualcosa che non avrebbe potuto avere, concretamente e caparbiamente tornò anni fa a studiare per poi finire in chissà quale buco dimenticato da Dio. Sola. Esattamente come me. Dio, com'era ingiusta la vita, pensai mentre portavo alla bocca quella misera bottiglia di Burrobirra, pensando che in realtà fra le mani avrei voluto avere ben altro! Aprii gli occhi mentre finivo di bere, e per poco non morii di crepacuore. Sputai tutta in una volta la bibita, e precipitosamente mi pulii la bocca con la manica, come ormai usavo fare. E poi lo guardai. Dritto negli occhi. Ma poi, li aveva davvero degli occhi da guardare? I fantasmi hanno gli occhi? Nick-quasi-senza-testa li aveva? Non l'ho mai notato... Certo, ora i suoi non erano l'orgoglio di sua madre... non erano di quel verde smeraldo che lo legava a Lily, erano acquosamente e tristemente grigi. Eppure era lui. Era Harry Potter. Ne ero certo. Nella vita sinora ero sicuro di sole due cose: la sfiga che mi aveva perseguitato sino a quel momento e il fatto che dall'altra parte del tavolo ci fosse proprio lui.
- Ehi... - sussurrò con una voce spaventosamente non sua. Pareva venire dall'aldilà.
Feci allora una cosa che, fossi stato completamente lucido, non avrei mai fatto: preso da una leggera nota di panico, mi alzai rumorosamente dalla sedia e arretrai, come un topolino in gabbia arretra alla vista del predatore, conscio della propria fine imminente.
- Ehi, Ron... - quell'ombra mi chiamò per nome... come poteva sapere il mio nome? Bella domanda! Accecato dalla frustrazione per quella figura da idiota appena fatta, lo aggredii, e scoprii che al tatto era di carne ed ossa come ogni comune mortale che cammini su questa terra.
Non conoscevo la malinconia. O così credevo. In quel momento l'avevo sotto le dita. Mi staccai dal ragazzo che, mi accorsi, aveva lo stesso aspetto di una decina di anni fa, quando morì vittima della Profezia.
- Ron, porco cazzo, non mi riconosci? - mi gridò dietro quello.
- Ehi, pezzo di merda, non sono io quello che è spuntato all'improvviso facendomi quasi morire soffocato! - gli risposi di rimando, irato.
- Ma sei tu quello che mi ha annaffiato di schifosa Burrobirra - e così dicendo il fantasma di Harry, o quello che era, si guardò la camicia, che ancora aveva il simbolo di Grifondoro, e cercò di riparare al danno con le mani. Continuai a guardarlo a lungo, ma quello non fece una piega. Continuava a pulirsi, e a non guardarmi. Sembrava quasi il personaggio di un quadro. Mi sentii di nuovo a disagio, come lo ero già stato ai tempi della scuola. Me ne vergognai e mi diedi del coglione. Non avrei voluto rimanere solo pur di non sentirmi messo da parte. Non questa volta. Eppure c'era qualcosa che non andava. I contorni di quel lurido posto sembravano sbiadire. Cercai qualcosa cui afferrarmi, ma scoprii che sotto al mio sguardo tutto si riduceva ad una misera patina bianca di disperazione. Poi Harry alzò lo sguardo, e lo vidi tristemente rassegnato... e allora capii che a svanire non era il mondo, ma lui. Quel ragazzo, quell'ombra, quel fantasma... era lui la causa di quel nodo allo stomaco che mi stava trascinando nel vuoto, contro ogni mia volontà. E ancora preso dal panico, corsi fuori da quel dannato locale in cui il mio incubo si era appena realizzato. Mi ritrovai così nella buia strada che proprio poco prima mi ero lamentato di percorrere. decisamente preferivo stare qui fuori preda della pioggia, che lì dentro preda dei miei incubi...
Quella che mi accolse era una notte maledettamente fredda. Nessuno camminava per le strade, ed ero completamente solo. Andava tutto storto, come sempre. Persino i cani rognosi mi guardavano con compassione! Era tutto confuso e sbagliato nel mio dannatissimo cervello... e in più ero solo... e a nessuno, di buona norma, piace stare solo...


Quando cominciai a svanire non me ne accorsi nemmeno. Vidi solo uno strano giardino luminoso farsi sempre più distinto mentre invece la buia via dove avevo lasciato me stesso scompariva insieme ai miei sogni spezzati. Riuscivo a sentire solo i battiti del mio cuore che mi dicevano la verità: non era il mondo intorno a me a scomparire, ma ero io. Perso nei miei rimpianti, occupato a piangermi addosso e autocommiserarmi, non mi ero accorto di essere ormai morto. Da anni. Insieme a Harry.

Morii insieme a lui per mano di Voldemort.

Ho vissuto sinora come un fantasma.

Morirò di nuovo come un fantasma.

Morirò da solo in quel giardino dai sogni infranti.

   
 
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