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Autore: Malec Lovers_    19/06/2016    2 recensioni
Ian è un ragazzo piuttosto solitario. Odia il liceo, lo frequenta solo perché offre un addestramento militare e il suo sogno è di diventare un soldato. Ma un giorno la sua solita routine verrà sconvolta da Mickey Milkovich, capitano di rugby della sua scuola, e la sua fama di bullo lo precede.
Come andrà a finire? Riusciranno a cambiare l'uno il mondo dell'altro o addirittura a crearne uno nuovo tutto loro?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La notte passò in fretta e le prime luci del mattino fecero irruzione nella camera dei ragazzi.
Ian si mosse, stropicciandosi gli occhi, e si disfò delle coperte. Ancora mezzo assonnato si diresse verso il bagno; stava per afferrare la maniglia della porta, quando qualcuno la tirò prima di lui. Si trovò davanti dei lunghi capelli neri e una terza abbondante: nessun membro femminile della sua famiglia deteneva quelle caratteristiche. Alzò lo sguardo e incontrò quello di Mandy. Guardandola meglio notò che non aveva altro che una vecchia maglietta di Lip e che le gambe emergevano lisce sotto l’indumento troppo lungo.
«Da quanto tempo sei qui?» domandò Ian, sorpreso di vedere l’amica, soprattutto in quelle condizioni.
«Da quando tuo fratello mi ha portata nel suo letto» rispose allegramente la ragazza, lasciandogli un bacio sulla guancia per poi superarlo e tornare in camera. Ian la seguì, dimenticandosi completamente del bagno.
«Quindi tu e Lip…» iniziò col dire, sperando che l’amica afferrasse al volo ciò che stesse intendendo.
«Diciamo che ci frequentiamo» rispose lei, stringendosi nelle spalle.
«Pensi di piacergli?» le chiese, accorgendosi solo dopo di aver usato un tono presuntuoso. Fortunatamente l’amica non se ne rese conto.
«Credo di si. Non lo definirei amore, ma di certo non gli dispiaccio.» gli confessò, mentre iniziava a sfilarsi la maglietta, mostrando i seni chiari all’amico. Nonostante non fosse attratto dal corpo femminile, Ian doveva ammettere che era davvero bella. Senza che se ne accorgesse, le sue guance diventarono più rosse del normale. Mandy sembrò notarlo e gli sorrise, mentre rapidamente si rivestiva con i suoi abiti.
«Come fai a capire se piaci a un ragazzo?» la fermò Ian, appoggiandosi all’uscio della porta.
«Ha quello sguardo?» domandò, alzando il viso per guardare l’amico negli occhi, dato che era decisamente più alto di lei.
«Quale sguardo?» replicò Ian con fare confuso. La ragazza gli poggiò una mano sul braccio, come gesto di conforto. «Lo capirai quando lo vedrai».
Ian annuì rassegnato, anche perché non aveva capito che sguardo avrebbe dovuto vedere.
«Adesso muoviti, che facciamo tardi a scuola» lo incitò la ragazza.
 

La campanella era da poco suonata. La prima ora era trascorsa con estrema rapidità, ed ora Ian era circondato dalla moltitudine di ragazzi e ragazze che si ammassavano per riversarsi velocemente nei corridoi in cerca degli sguardi dei visi più gettonati.
Sentì tirarsi per il braccio e andò a sbattere violentemente con il petto contro la spalla di Mickey Milkovich. Si poteva dire tutto di lui, tranne che fosse un tipo delicato – cosa che forse, tutto sommato, nemmeno gli dispiaceva.
«Buongiorno anche a te Mickey» lo salutò ironicamente il rosso, non suscitando nell’altro la reazione sperata. Chiudere la bocca e ascoltare bene ciò che aveva da dire sembrava la cosa più giusta da fare.
Mentre camminavano nel corridoio, Mickey cominciò a blaterare qualcosa del viaggio a New York, nulla a cui Ian diede conto. La sua attenzione era focalizzata sul suo viso e nel modo in cui i suoi occhi si posavano su di lui. Lo guardò attentamente per tutto il tempo, forse troppo. Quando il ragazzo se ne accorse, infatti, non sembrò particolarmente contento. «Che cazzo hai da guardare?» domandò, come al solito senza peli sulla lingua.
«Nulla» rispose, Ian, allontanandosi un po’. Come faceva a capire di che sguardo parlasse Mandy se non riusciva a incrociare i suoi occhi?
«Quindi ci stai?» chiese Mickey, alla fine di quel lungo discorso. L’espressione sorpresa e confusa di Ian parlò da sé.
«Cristo santo, Gallagher, hai ascoltato almeno una cazzo di parola di quello che ho detto?» imprecò Mickey. «Te lo ripeto un’ultima volta, poi inizierò a prendere a calci quel tuo culo da fighetta» lo minacciò. «Faremo in modo che tu sia in camera con Todd Marcus: tu inizierai a succhiarglielo e lo riprenderai con il telefonino. Del resto mi occuperò io.» gli spiegò, stando attento a chi potesse essere nei paraggi e origliare la loro conversazione.
«Impossibile, Mickey, scusa» rispose Ian, non appena l’altro ebbe finito di parlare l’altro. Sapeva che a Mickey non piaceva molto quando gli negavano qualcosa, ma non se ne interessò troppo.
«Per due semplici motivi» riprese, esponendo le sue ragioni. «Non sono una puttana – e questo vuol dire che non succhierò nessun uccello solo perché tu devi prenderti una stupida vendetta. E secondo, io a New York non ci vengo. Quindi scordatelo.» concluse Ian, accelerando il passo per distanziarsi da Mickey. Non riuscì però ad allontanarsi abbastanza da impedire a Mickey di bloccarlo per il braccio ed avvicinarsi. «Non desidereresti fare del male a chi l’ha fatto a te?» ringhiò piano, avvicinando il suo viso a quello infuocato di Ian, che pensò subito a Frank. Il padre era la persona che più odiava al mondo, e avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di farlo soffrire. Ovviamente però non rese partecipe l’altro dei suoi pensieri.
«Non se questo significa usare altre persone» rispose piano, mantenendo, almeno all’esterno, la calma. «Veditela da solo questa volta» Riuscì a divincolarsi dalla presa e proseguire per il corridoio in cerca della sua aula.
 

A lavoro erano giorni strani. Kash non faceva altro che guardare di sottecchi Ian: sembrava scrutarlo in ogni suo spostamento, con in viso un’espressione di tristezza mista a rabbia. Sembrava che Ian gli avesse spezzato il cuore, ma al ragazzo poco importava. C’era stato un tempo in cui Ian aveva provato davvero qualcosa per il suo datore di lavoro; allora era ancora un ragazzino e sperava che il loro “amore” avrebbe rappresentato la svolta decisiva delle loro vite. Ma il tempo passava e il matrimonio con Linda sembrava consolidarsi sempre più. Era sempre stata solo questione di tempo, tutta quella faccenda doveva finire, in un modo o nell’altro. Fu quasi felice che fosse finita in quel modo, essere sorprese sul fatto risparmia tante inutili spiegazioni. Mickey aveva la sua età e in più era stato sincero dal primo momento, niente effusioni, niente legami: solo sesso.
Il negozio attirava da sempre un sacco di musulmani, ma quella fu la prima volta che vide entrare una donna interamente coperta da un burqa nero. Ian non smetteva di fissarla, non tanto per via del suo indumento caratteristico, quanto per il fatto che si guardasse costantemente intorno, come se fosse in cerca di qualcosa. Si fermò davanti il frigo delle bibite, e nel momento in cui Ian stava per offrirle il suo propenso aiuto, Kash le si avvicinò con scatto felino, iniziando a bisbigliarle qualcosa. La donna diede un’ultima occhiata in giro e poi seguì Kash nel magazzino. A meno che non si trattasse di una nuova dipendente, c’era un solo motivo per cui erano andati lì. A che gioco stava giocando Kash? Fu incuriosito dalla vicenda, ma non abbastanza da prendere provvedimenti, perciò rimase al suo posto con in mano una rivista; approfittando dell’assenza del padrone, afferrò uno snack e iniziò a mangiarlo.
Ian odiava quella parte della giornata. Il quartiere era stranamente silenzioso e il negozio ricordava i deserti della terra di Kash. Prima approfittavano di quelle ore buche per nascondersi e fare sesso dietro il reparto surgelati o nel magazzino. Il pensiero però non gli portò un senso di nostalgia, ma piuttosto un moto di disgusto, immaginando le mani di Kash sul suo corpo. Gli si prospettava davanti una giornata molto noiosa: afferrò un’altra rivista e iniziò a sfogliarla distrattamente. Fortunatamente il rumore della porta spostò la sua attenzione da quella lettura disinteressata al riconoscimento del cliente. Il nuovo arrivato non lo degnò di uno sguardo, come se Ian non fosse mai esistito, o lo conoscesse così bene da non doversi soffermare su di lui. Subito si diresse con decisione verso un punto specifico, nascondendosi così tra gli scaffali. Solo una volta riempite le mani di confezioni di patatine e birre, avvicinatosi alla casa, dedicò la propria attenzione al commesso.
«Ehi pel di carota» lo salutò il ragazzo, posando la merce sul bancone.
«Mickey» ricambiò il saluto in tono freddo e distaccato, quasi non curante del sorriso nato sul viso dell’altro, mentre batteva alla cassa i prezzi.
Mickey si guardò intorno. «Sei da solo?» chiese dopo aver finito la sua perlustrazione. L’altro scosse la testa.
«Il magazzino è occupato» gli rispose, cogliendo a pieno ciò a cui l’altro alludeva.
«Mi prendi per il culo? Vi siete trasformati nella nuova sala massaggi?» fece a sua volta Mickey, restando sulla difensiva, non capendo a pieno se si trattasse di uno scherzo o meno.
«Credo che Kash voglia farmela pagare facendomi vedere che scopa con qualcun altro» rispose il ragazzo, dando a tutta quella faccenda ben poca importanza.
Non riuscirono a finire in tempo la conversazione che la porta del magazzino si aprì e uscì la donna col burqa nero seguita da Kash, che camminando si sollevava la zip dei jeans. Mickey sembrò scioccato da quanto visto, spostò lo sguardo su Ian in cerca di una qualche spiegazione.
«Che ci fai ancora qui Mickey?» chiese autoritario Kash, il ragazzo di tutta risposta mostrò la merce sul bancone mettendo a dura prova la pazienza dell’altro.
«Paga e vattene. Non voglio mai più vedere il tuo culo qui» disse, prima di rivolgersi ad Ian. «E per quanto riguarda il tuo, mi aspetto di trovarlo entro e non oltre questa stanza. Il magazzino lo vedrai solo per disporre la merce sugli scaffali e fare il tuo lavoro. Niente snack, niente riviste e niente sesso. Negozio mio, regole mie, chiaro?» continuò, alzando di un’ottava il tono della voce. Per qualche secondo nessuno fiatò; alla fine Mickey lasciò i soldi sul banco e si avviò verso l’uscita.
«Ci vediamo dopo al solito posto» disse, per poi chiudersi la porta alle spalle, facendo l’occhiolino in direzione di Ian, che si lasciò fuggire un piccolo sorriso. Kash lanciò un’ultima occhiataccia al ragazzo e iniziò il suo solito inventario. Ian, intanto, ebbe a che fare con un paio di clienti, e, una volta finito il suo turno, uscì dalla porta senza degnare di uno sguardo il suo capo.
 

Tirava un vento fresco che gli scompigliava i capelli rossi, ormai cresciuti un po’ troppo. Si sollevò il cappuccio della felpa e, nascondendo le mani nelle tasche, proseguì con passo deciso per la sua strada che lo portò all’appuntamento con Mickey.
«Puntualissimo come sempre» disse qualcuno uscendo dall’oscurità del sotto binario.
Ian gli lanciò una lattina di birra. «Tieni, l’ho presa al negozio senza che Kash se ne accorgesse»
L’altro la aprì e rapidamente se la portò alle labbra.
«Vuoi scopare?» chiese improvvisamente il rosso, l’altro scosse le spalle.
«Non proprio» ammise Mickey «non ho intenzione di fare nulla se non bere questa birra»
«E perché mi hai chiamato allora?» domandò confuso, e soprattutto sorpreso. Mickey gli aveva fatto capire di volere solo sesso da lui. L’altro si appoggiò ad una colonna macchiata da muschio e graffiti.
«Nulla, mi annoiavo» confessò, tra un sorso di birra e un tiro di sigaretta.
«Allora? Cosa hai in mente? Chiacchierare?» fece Ian, nascondendo un mezzo sorriso, mentre lentamente si sistemava a terra affianco a lui, poggiando la schiena contro la colonna.
«Chiacchierare?» gli fece il verso Mickey, lasciandosi scappare un sorriso. «Perché no? Iniziamo prima o dopo esserci fatti le treccine?» continuò a prenderlo in giro. Ian rise e si passò una mano tra i capelli.
«Se vuoi, puoi iniziare con me, penso di avere i capelli adatti» riprese lo scherzo il rosso, mentre Mickey gli toccava la testa.
«Sembri ancora più un frocetto con questi capelli» disse, ponendo fine a quell’aria scherzosa che si era instaurata tra i due.
Ian rimase in silenzio e distolse lo sguardo da Mickey per rivolgerlo ai filetti verdi che crescevano speranzosi su quella terra arida e ormai morta. Sembrava tanto la triste situazione nella quale si trovava Ian: i suoi sentimenti, come quell’erba che fioriva in quel poco di terra sana e pulita, avevano scansato il marcio per potersi alimentare di quei piccoli sprazzi luminosi di Mickey, di tutti i suoi gesti lenti e inconsueti, quelli che nascondeva al mondo, il modo in cui girava gli occhi quando si annoiava o il modo in cui passa le dita sulle labbra in preda al nervosismo. Odiava quello che provava, doveva essere una storia di solo sesso, senza emozioni, né impegno. Ma non poteva negarlo, ormai ne era certo.
Amava Mickey Milkovich.
«Te la sei presa Gallagher?» domandò proprio lui, passandogli la sigaretta. Ian gli bloccò la mano e la strinse, prima di tirarla verso di sé, facendo così cadere dalle dita la sigaretta. Tutto il corpo di Mickey fu trascinato in avanti e i loro volti si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro. Gli occhi verdi di Ian erano fissi in quelli azzurrissimi di Mickey, le sue guance erano diventate leggermente più rosse e dal polso poteva sentire il battito accelerato. Con sua enorme sorpresa, Mickey si sporse leggermente e si avvicinò sempre più alle labbra dell’altro, che fece lo stesso, di pochi millimetri. Le loro bocche si sfiorarono. I respiri erano sincronizzati. Tutto apparve meno reale, un po’ mistico, e il momento che tanto stava aspettando sembrava finalmente arrivato. Ian stava per poggiare le labbra sulle sue, ma Mickey si era già ritratto, tornando al suo posto.
Tornò il silenzio.
«Non hai nemmeno le palle di baciarmi» disse Ian, furioso, dopo essersi alzato velocemente da terra. Mickey non rispose, guardandolo semplicemente andare via a grandi falcate.
 
Lip era steso sul letto del fratello, quando Ian spalancò la porta della loro camera. Con un braccio dietro la testa, portava ogni tanto una sigaretta alle labbra, lasciando cadere la cenere in uno scatolone che conteneva delle riviste, raffiguranti uomini muscolosi e decisamente poco vestiti.
«Che ci fai sul mio letto?» chiese all'improvviso Ian, avvicinandosi sempre più al fratello. Afferrò lo scatolone e lo spostò, dedicando al più grande un'occhiata non proprio gentile.
«Stavo pensando» iniziò a parlare Lip, non curandosi della reazione dell'altro. «New York è davvero una bellissima città, e per uno del South Side solo potercisi avvicinare è un’opportunità più unica che rara.»
Continuò il suo monologo mandando messaggi in codice al fratello, che proprio non capiva dove volesse arrivare.
«Non dai nessuna soddisfazione piccola testa di cazzo» disse allora Lip, alzandosi dal letto e avvicinandosi a Ian per poter passare una mano tra i capelli rossi. Prese una busta bianca dal cassetto e gliela porse. Lui la prese con in viso un espressione incredula, la aprì e passò le dita sulle banconote che c’erano al suo interno.
«Buon viaggio» concluse Lip sorridente.
«Ma come, come hai fatto a trovare tutti questi soldi?» domandò, ancora un po’ scosso.
«Non credo tu voglia saperlo davvero» rispose, quasi ridendo. Ian stava per abbracciarlo, ma Lip lo fermò.
«A una condizione» iniziò a dire, mentre l'altro ascoltava attentamente quello che aveva da dire.
«Dovrai smettere di andare appresso a queste cose» disse, con il volto serio, indicando le riviste gettate nello scatolone. Calò il silenzio: nessuno dei due aprì bocca per qualche secondo. I respiri di Ian si facevano sempre più lenti e corposi; strinse tra le dita la busta contenente i soldi, prima di sbatterla con violenza sul petto del fratello.
«Vai a farti fottere» ribatté allora, senza mezzi termini, mentre si apprestava ad andarsene dalla camera.
«Va bene, va bene, hai vinto!» esclamò Lip, con un pizzico di ironia nella voce. «Questi sono tuoi» disse, porgendogli nuovamente la busta. «Ti voglio bene lo stesso, fratellino» disse, scompigliandogli i capelli.
Ian rimase fermo, con lo sguardo assorto nel nulla, mentre con la mente viaggiava in posti lontani.
«Qualcosa non va?» chiese allora Lip, aspettandosi tutt’altra reazione. L’altro scrollò le spalle, si lasciò cadere sul letto e strinse tra le mani i soldi.
«Non so se andare sia la cosa migliore» ammise, rivolgendo lo sguardo al fratello.
«Andare a New York? Ovvio che è la cosa migliore, saresti uno stronzo a lasciarti sfuggire questa occasione» fece Lip, sedendosi al suo fianco. Sfilò dalla tasca un pacchetto di sigarette e gliene offrì una. «E poi sai quanti bei ragazzi puoi farti a New York? Non sono un esperto, ma le ragazze nei bagni non parlano d’altro.» sorrise, e iniziò ad aspirare dalla sua sigaretta.
«E tu cosa ne sai cosa dicono nei bagni?» chiese stranito Ian, ma bastò guardarlo in faccia per ottenere una risposta alquanto esauriente. «Il problema non sono tanto quelli di lì, ma quelli del South Side» introdusse.
«Quindi il problema parte dai bassi fondi. Qualcuno ti dà fastidio?» domandò, in modo protettivo. Ian inspirò ed espirò forte prima di iniziare il racconto. «C’è questo ragazzo con cui…» iniziò nervosamente, cercando le parole.
«Scopi» gli suggerì Lip.
«Esatto. E questo ragazzo vuole che io mi faccia il suo ex per vendetta» finì di spiegare.
«Ed è carino questo ex?»
«Molto.»
«E allora fattelo. Nel peggiore dei casi ti sei fatto una scopata, che non mi sembra tanto male come risultato. Oppure se proprio non vuoi, non fartelo. Ma non lasciarti scappare quest’occasione» gli consigliò. Non era proprio il tipo di consiglio che Ian si aspettava, ma dopotutto il fratello aveva ragione. Il viaggio era un’occasione da non perdere e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarglielo, né a Mickey né tantomeno a Todd.
Lip si alzò dal letto e fece per andarsene, ma la voce di Ian attirò la sua attenzione.
«Ehm... che ci faceva stamattina Mandy in mutande, nel nostro bagno?» domandò un po’ imbarazzato.
«E’ carina. E a letto è una bomba. È stata una bella serata.» rispose semplicemente lui, alzando le spalle, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Non ti abbiamo svegliato, vero?»
«Non è quello il problema. Non farle del male, è la mia migliore amica.»
Lip lo guardò e lo liquidò con un movimento del capo.
 Non appena Lip fu uscito dalla stanza, Ian riaprì la busta, guardando le banconote al suo interno. Non poteva credere che sarebbe potuto andare a New York: solo adesso si rendeva conto di quanto lo volesse davvero.
La ripose con cura nel cassetto, e si chiuse la porta alle spalle. Iniziò a camminare verso casa di Mandy, doveva assolutamente dirglielo.


Una volta arrivato, bussò più volte alla porta.
«Cazzo, arrivo!» urlò una voce dall'interno.
Ian rise, proprio mentre Mandy apriva la porta. «Ian! Che ci fai qui? Entra!»
Il ragazzo allora la seguì nel salone. «Farà freddo a New York? Non so cosa mettere in valigia »
Sul viso di Mandy si aprì un sorriso a trentadue denti. «Quindi verrai!» esclamò, battendo le mani, prima di abbracciarlo.  L’altro ricambiò l’abbraccio, con meno entusiasmo dell’amica.
«Tutto bene?» gli chiese, scrutandogli il volto. «E non negare, ti conosco»
«Niente. Sono contento» rispose Ian, fingendo un sorriso. Era davvero contento di andare a New York, chi non lo sarebbe stato? Si sarebbe finalmente allontanato dal South Side. Il problema era Todd. Si ripeteva le parole di Lip nella mente per convincersi che non era niente di che, ma c'era comunque qualcosa che lo turbava. In ogni caso, ci sarebbe andato comunque.
Proprio mentre lui e Mandy stavano per sedersi sul divano davanti alla TV, comparve Mickey, che usciva dalla cucina con in mano una birra. Fece finta di niente, ma lanciò uno sguardo ad Ian, prima di chiudersi nella sua stanza.
«Vado un secondo in bagno» disse Ian a Mandy, seguendo però in realtà l'altro ragazzo.
Entrò in camera di Mickey, chiudendo a chiave la porta.
«Che ci fai qui, Gallagher?»
«Sono qui per Mandy»
Mickey grugnì in risposta. «Se sei venuto nella mia camera, però, non credo sia per Mandy»
«Ero solo venuto a salutare» disse Ian, facendo finta di star uscendo. Sapeva benissimo cosa aveva voluto dire lo sguardo di Mickey, e cosa stava per succedere. Ma gli andava di stuzzicare un po' il ragazzo.
«Beh, ciao» rispose bruscamente Mickey, facendogli il dito medio. «Ora puoi andare»
«La cosa nei tuoi pantaloni non sembra essere d'accordo»
Mickey gli riservò uno sguardo truce, che fece ridere Ian.
«Che cazzo hai da ridere?» domandò allora con un espressione indignata.
«Niente, niente» rispose, con un flebile movimento della mano.
Si guardarono per un paio di secondi, senza che nessuno dicesse nulla. Nessuno voleva darla vinta all'altro.
«Allora?» fece ad un certo punto Mickey, rompendo il silenzio «Non ho tutta la giornata.»
«Nemmeno io. Mandy crede sia in bagno.» disse nascondendo un sorriso
Mickey ridacchiò.
«Sbrighiamoci» fece Ian, mentre entrambi cominciavano a sbottonarsi i pantaloni.
 
Ian uscì, cercando di mantenere un'espressione neutrale, come se fosse davvero semplicemente andato in bagno.
«Ci hai messo un po'» lo prese in giro Mandy, che intanto si era messa a giocare ad uno dei videogiochi dei fratelli.
«Non è vero» si difese Ian, guadagnandosi una risata della ragazza, che alzò le spalle in risposta.
Ian si sedette accanto a lei, prendendo l'altro joystick. Tutto procedette tranquillamente, finché Mickey non arrivò in salone, con la birra di prima in mano - non aveva potuto berla per ovvi motivi, cosa che fece sorridere Ian.
Si buttò sul divano, tra lui e Mandy, appoggiando i piedi sul tavolino lì davanti. Non degnò Ian di uno sguardo: riusciva davvero a far finta di niente. L'unica cosa che fece fu togliergli il joystick di mano per sfidare la sorella.


 



 
Note delle autrici
Lucrezia: *sparge zucchero*
Ci scusiamo davvero per questa lunghissima attesa! Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto, almeno quanto basta per perdonarci ahah Ringrazio come al solito tutti quelli che ci seguono - nonostante tutto - e ci farebbe piacere sentire un vostro parere.
Alla prossima! ♡
 
Ilenia: Sono una persona imperdonabile, ma con gli esami all’università davvero non ho proprio avuto tempo né ispirazione. >.<
Spero che vi sia piaciuto, e ci piacerebbe se lasciaste una recensione, un parere, una critica semmai.
Alla prossima! :3
   
 
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