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Autore: jo17    19/06/2016    2 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stare seduta ad un tavolo cercando di trovare argomentazioni per convincere quell’individuo a finanziare le loro opere era l’ultima cosa che Ruth avrebbe voluto fare quella sera. Fortunatamente Harry era in splendida forma e riusciva a tenere il tono della conversazione alto e brillante. Lei si limitava a sorridere e ad intervenire per sopperire alle carenze tecniche del suo amico in merito di arte ed esposizioni.

Purtroppo aveva ancora in mente quella conversazione  interrotta con Katrin, con quella frase che suonava come una minaccia e il modo in cui l’aveva guardata per quasi tutto il tempo mettendola a disagio. Si ripeteva che lei era stata chiara sin dal primo momento e non comprendeva perché era stata in grado di irritarla fino al punto di aver provato un senso di sollievo non appena si era ritrovata fuori dall’appartamento. Quella sgradevole sensazione però era ritornata subito dopo e l’aveva accompagnata per il resto della giornata.

Il suo telefono iniziò a vibrare annunciando un messaggio.

Ricordati di dare mancia doppia al tuo portiere, non si è lasciato corrompere. Vic.

Leggendo stupita quel messaggio si scusò con i suoi commensali dicendo che aveva una chiamata urgente da fare, annuncio che non la mise in salvo dallo sguardo fulminante di Harry.
Andò in un angolo appartato della sala e chiamò Victoria

  • Mi dici che stai combinando?
  • Volevo solo farti una sorpresa, ma il tuo cane da guardia non ha sentito ragioni. Per un verso mi rincuora.

Ruth rimase per un attimo senza parole.

  • Sei ancora a casa mia?
  • Si
  • Passamelo.

Dopo aver rassicurato l’uomo gli disse che poteva farla entrare.

  • Per quanto ne hai ancora?
  • Se sopravvivo alla sfuriata di Harry per aver abbandonato il tavolo direi almeno un’altra ora.
  • Ok… Non sei arrabbiata per questa invasione dei tuoi spazi?
  • No.

Una volta ritornata al tavolo e scusatasi nuovamente Ruth contò i minuti che mancavano alla fine di quella tortura.

  • Vic?

Ruth era entrata in casa, guardandosi in torno e non ricevendo risposta si diresse prima in camera da letto trovandola vuota e poi ritornando nella sala dove la trovò sdraiata e addormentata sul divano.
Sorrise.
Andò a sedersi sul bordo, dopo un primo momento che si prese per guardarla dormire serena si chinò su di lei per svegliarla con un leggero bacio.

  • Sei tornata finalmente.
  • Quando hai detto che volevi farmi una sorpresa immaginavo qualcosa di diverso.

Victoria si stiracchiò

  • Risparmiavo le forze. -  Si mise a sedere – Ma prima voglio farti vedere una cosa.
  • Ok… cosa?
  • Oggi con Katrin abbiamo fatto compere, principalmente per trovare un vestito adatto all’inaugurazione. Ne ho presi un paio e vorrei il tuo consiglio.

Abbandonò il divano per anare a tirare fuori da una grande busta due vestiti. Ruth li guardò, poi con un mezzo sorriso malizioso le disse.

  • Penso che dovresti indossarli.

Victoria sparì in camera da letto, mancò qualche minuto per poi riapparire indossando un tubino nero molto incollato e professionale, dalle maniche corte e una stola sempre nera intorno alle braccia, aveveva tirato su i capelli.

  • Questo mi da l’impressione di essere un’impiegata in libera uscita.
  • Si forse, ma ti sta molto bene. In effetti un po’ troppo professionale. Vediamo l’altro.

Sparì di nuovo e ritornò con un abito che a detta di Ruth era decisamente sulle sue corde, rispecchiando il suo modo di essere, la sua essenza.
Era un abito sempre scuro ma con dei rombi fatti a loro volta da piccoli quadratini, aveva una gonna larga molto morbida così come la parte superiore dell’abito che aveva una scollatura e un colletto che ricordavano una giacca ma che veniva stretto in vita da una cintura in stoffa, le maniche da strette andavano ad allargarsi verso i polsi. Ricordava un abito anni 70, un po’ gitano e le stava d’incanto. Specialmente lasciando la folta chioma disordinata e libera di scendere lungo le spalle e la schiena.

  • Decisamente questo. E’ più da te.
  • Lo penso anch’io.

Si voltò per ritornare in camera a cambiarsi.

  • Aspetta, dove vai?

Victoria si girò a guardarla aprendosi in un sorriso che faceva venire fuori le fossette sulle guance e quell’aria divertita che le illuminava il volto. Quelle poche volte che Ruth l’aveva vista sorridere in quel modo ne era sempre rimasta incantata. Si alzò per andarle in contro e baciarla come se fosse stata l’ultima volta, un bacio intenso, che lasciò senza fiato la sua compagna.

  • Wow… deve starmi proprio d’incanto questo vestito.
  • Senza staresti ancora meglio.

Allentò la cintura, abbassò la zip sulla schiena riuscendo a farlo scivolare sul pavimento lasciando la proprietaria con i soli slip come unico indumento. Victoria fece altrettanto con lei liberandola dall’abito elegante che indossava e spingendola sul divano.

  • Adoro sentire la tua pelle sulla mia.

Fu quello che riuscì a dire Ruth prima di lasciar scappare un gemito provocato dalle dita impertineti di Victoria. Ogni volta che facevano l’amore scoprivano una nuova intesa. Sapevano esattamente che corde toccare l’una dell’altra e si perdevano nel suono delle loro voci, dei loro sospiri, del suono dei baci che percorrevano vie nuove ed inesplorate.
Nel momento che seguì la passione si ritrovarono sedute una di fronte all’altra, in un intreccio di gambe che riduceva al nulla lo spazio fra i loro corpi e a guardarsi a pochissima distanza. Ruth le accarezzava un orecchio lasciando scorrere di tanto in tanto una ciocca di capelli fra le dita e annulando quella misera distanza per stamparle piccoli baci sul collo.

  • Potrei morire felice in questo momento.
  • Vic… io invece mi auguro di averne tanti altri di momenti come questo.

Victoria le prese il viso fra le mani.

  • Stamattina, o ieri mattina, ho perso la cognizione del tempo – sorrise – sei andata via in un modo che non mi è piaciuto affatto. Mi è toccato corrompere, minacciare e non so cos’altro ho detto a quel pover uomo che lavora in questo palazzo, pur di convincerlo a farmi entrare e  vederti, per cercare di capire.
  • Non c’è niente da capire. A parte te, che hai talmente paura di non vedermi più da spingerti a fare follie ma allo stesso tempo vai nel panico solo perché ti dico che ti amo.

Victoria l’abbracciò, appoggiando il mento sulla sua spalla e stringendola ancora di più.

  • Non è panico il mio.  Ed è da quando ti conosco che ho paura di non rivederti più.  Anche se tra te e me non ci fosse questo, sentirei comunque la tua mancanza.
  • Bene, almeno adesso so che per te non è soltanto sesso.

 Victoria sospirò

  • Tu mi piaci, mi piace parlare con te, confrontarmi con te. Abbiamo molte cose che ci uniscono.
  • E tu come chiameresti tutto questo?

Ruth cercò il suo sguardo ma Victoria si liberò da quell’intreccio per rimettersi in piedi e per sfuggire da quegli occhi indagatori che le chiedevano risposte che lei non aveva. O non voleva dare.

  • Dio Ruth, perché devi dare una definizione ad ogni cosa.

Anche l’altra donna si rimise in piedi e la seguì in camera da letto.

  • Mi piace semplicemente chiamare le cose con il proprio nome.
  • Tu sei felice?
  • Cosa c’entra questo?
  • Io lo sono, e mi basta. Come mi è sufficiente sapere che sei tu a rendermi tale.

Vide Ruth restare senza parole, così aggiunse.

  • Ascolta, che ne dici di andare a dormire?

Così Ruth comprese che il discorso era stato appena chiuso, ma quello che le disse dopo, nella penombra della stanza, la sorprese

  • Quando tutto questo sarà concluso voglio che partiamo, voglio andare in un posto sconosciuto ad entrambe per scoprirlo insieme.

Si mise sul fianco per guardala in viso.

  • Voglio conoscerti lontano da qui. Voglio rivedere la ragazzina dall’espressione stupita ed emozionata davanti a qualcosa di nuovo e che sa trasmetterla alle persone che ha intorno.
  • Rivedere?Che intendi dire?
  • Nemmeno tu, per quanto pensi il contrario, sei mai passata inosservata. Ricordo quella ragazza timida che restava seduta in fondo all’aula durante le lezioni d’arte. Quella ragazza a cui avrei voluto chiedere di farmi da modella per quanto la trovassi bella, con quella sua espressione innocente ma allo stesso tempo così irriverente.

Ruth si girò per accendere la lampada che aveva vicino al letto per poterla guardare bene in viso, ma fu Victoria a notare la sua espressione interdetta e un po’ arrabbiata.

  • Da quando ti sono riaffiorati questi ricordi?
  • Da quando ho visto quelle foto in sala e mi hai detto che all’epoca ti mantenevi facendo la modella. L’ho trovato ironico, e pensare che avevo paura di metterti a disagio.
  • E’ per questo che non me lo hai chiesto?

Victoria si sollevò mettendosi di fronte a lei.

  • E tu è per questo che ti stai arrabbiando? Se vuoi posso chiedertelo adesso.

Si sdraiò sopra di lei dandole un bacio che terminò mordendole il labbro inferiore. Poi la guardò accarezzandole il viso.

  • La verità è che più il tempo passa e più mi rendo conto che ci conosciamo da anni.
  • No, non è così. Avevo un’idea di te, ma questo non vuol dire che ti conoscessi. E nemmeno tu se non hai trovato il coraggio di chiedermi una cosa così semplice come posare per te.

Calò il silenzio come gli occhi della pittrice che non era riuscita a sostenere lo sguardo indagatore della sua compagna.

  • Dimmi che partirai con me.

Solo allora ritornò a guardarla, come a dare forza alla sua richiesta.

  • Solo se mi dirai la verità.
  • Su cosa?
  • Dimmi perché non mi hai chiesto di posare per te. Non era perché io fossi timida.

Victoria sospirò.

  • In parte è per quello, eri sempre così sfuggente. E in parte perché Dana trovava eccessivo l’interesse che avevo per te. E non sono mai riuscita a negarle niente, per cui quando mi disse di evitare ho fatto come mi chiedeva. E da allora non ho più pensato a te. Fino ad oggi s’intende. Era questo che volevi sentire?
  • Si.

La pittrice si allungò per spegnere la luca e poi si distese nuovamente accanto alla sua compagna, poggiando il viso sul suo stesso cuscino e sfiorandole la guancia con il naso. La voce di Ruth infranse il silenzio

  • Mi piacerebbe andare in Lousiana…o pensavi a qualcosa oltre oceano.

Victoria sorrise.

  • E’ perfetto.

*******

Victoria guardava fuori dalla finestra del suo appartamento, teneva lo sguardo fisso nel vuoto, persa nei suoi pensieri, anche se sarebbe stato più corretto dire che cercava di non pensare a nulla, si stava concentrando sul suo respiro tentando di mantenerlo regolare. La paura che non sarebbe riuscita ad affrontare l’evento della sera che l’avrebbe vista protagonista la paralizzava letteralmente. Non faceva nemmeno caso alla presenza di Katrin, al suo andirivieni da una stanza all’altra alla ricerca di qualcosa che poteva servire o a svuotare le enormi buste piene di accessori che avrebbero potuto abbinare agli abiti per la sera. Appariva forse più nervosa della stessa artista.
Il suono del telefono la riscosse da quel torpore.

  • Pronta per stasera?
  • Ruth…

Le bastò sentire il tono di voce che aveva utilizzato nel pronunciare il suo nome per capire che c’era qualcosa che non andava.

  • Ehi tutto bene?
  • Si, certo, dove sei? Speravo di vederti prima di stasera.
  • Purtroppo non posso accontentarti, ho mille cose da fare, senza contare che per te farò una cosa che non faccio da anni, mi assicurerò di persona che tutto sia come dovrebbe, quindi sarò alla sala almeno un ora prima.

Victoria sentendo Katrin muoversi alle sue spalle si allontanò cercando un punto più appartato.

  • Avrei più bisogno di averti qui.

Ruth sospirò.

  • Vic, è normale che tu sia agitata in questo momento, ma ti prometto che andrà tutto bene. Come ti prometto che stasera sarò al tuo fianco, non sei sola ad affrontare tutto questo. E poi credimi sarà una festa non la tue esecuzione!

La pittrice sorrise ma non disse nulla.

  • Katrin è lì con te?
  • Si.
  • Ottimo, cercate solo di essere puntuali, adesso ti devo salutare.
  • Ruth, aspetta, io ti… - Trattenne il respiro per poi lasciarlo andare lentamente – ringrazio.
  • Mi ringrazi? – Rise – lo so che prima o poi riuscirai a dirmelo. A stasera.

Erano le sei in punto quando artista e mecenate varcarono la soglia della sala mostra, Victoria si guardò intorno, i suoi quari messi in fila in un percorso immaginario e illuminati sapientemente per esaltarne i colori e i contrasti, le fecero accellerare il battito del cuore, era come se li vedesse per la prima volta. O semplicemente perché in quel momento sentiva la sua anima esposta agli occhi di tutti.
Si mosse insieme alla sua amica attraverso i vari ambienti, in una sala in disparte era stato sistemato un buffet e due camerieri erano in attesa ai lati del lungo tavolo. Poi vide finalmente quello che cercava, Ruth era ai piedi della scala che portava al piano superiore intenta a parlare con un uomo, da quello che gli diceva intuì che doveva essere il recepsionist. Quando le sentì arrivare Ruth le accolse con un largo e sincero sorriso.
Aveva già visto Victoria con quel vestito, ma rimase ugualmente senza fiato, dal trucco ai capeli lasciati liberi sulle spalle, tutto l’insieme era perfetto e la faceva apparire al meglio. Anche Victoria e Katrin rimasero a fissarla entrambe con lo stesso sentimento, Ruth era bella e impeccabile come sempre, in quell’abito nero dal taglio singolare che le lasciava una spalla scoperta e che faceva ricordare una dea greca con i capelli raccolti in una crocchia, era professionale e da lasciare stupiti allo stesso tempo.

  • Addirittura in anticipo, non potevo sperare di meglio.

Si avvicinò a Victoria sfiorandole un braccio.

  • Allora sei pronta?
  • Direi di si.

Le appoggiò entrambe le mani sulle braccia e la attrasse a se per guardarla bene in viso.

  • Perfetto! Perchè abbiamo fatto un buon lavoro, anzi io ho fatto un ottimo lavoro!

Riuscì a strapparle un leggero sorriso. Disse con un tono ironico.

  • Non avevo dubbi, ho fatto bene a fidarmi di te.

Katrin se ne restava in disparte a guardare la curatrice che rassicurava la sua amica, poi la vide sussurrarle qualcosa all’orecchio che fece apparire un enorme sorriso sulle labbra di Victoria. E il modo in cui si guardarono le fece salire un nodo in gola.
Ruth si accorse dello sguardo cupo di Katrin che in quel momento le fissava, ma non le diede peso.
Iniziarono ad arrivare i primi invitati e la serata ebbe inizio.
Ruth era riuscita riunire una vasta schiera di critici e di esponenti delle riviste d’arte più in vista di New York, restando al fiianco di Victoria,  li teneva d’occhio mentre si guardavano intorno in attesa che si decidessero ad incontrare l’autrice di quelle opere che senza dubbio stavano suscitanto forti emozioni, specilamente la grande tela messa in una sala dal passiggio obbligato e all’interno del quale era l’unica opera esposta, stava incanalando la maggior parte dei visitatori diventando il punto focale dell’esposizione. 
Dopo un po’ iniziarono a chiedere di conoscere l’artista che aveva prodotto quelle opere dal forte impatto emotivo e Ruth presentò a tutti Victoria Reyes, alcuni la conoscevano già, altri ne facevano la loro prima conoscenza. Iniziarono a farle domande sul percorso artistico confrontando i lavori precedenti e le scelte espressive maturate nella creazione delle nuove opere.

  • E’ visibile un radicale cambiamento dei soggetti. E’ come se fosse stata disillusa dalla vita.
  • Si beh, in parte è così, ma in fondo è solo un cambiamento . Quando si è estremamente giovani si ha una visione della vita brillante e positiva, ma col tempo ci si rende conto di quanto invece possa essere cruda e difficile.

Intervenne un altro giornalista.

  • Che tipo di cambiamento può essere avvenuto per generare tali opere.
  • Lei di sicuro non è la stessa persona di dieci anni fa e non credo che fra altri dieci anni sarà lo stesso uomo. Questo è quello che è accaduto alla mia arte. E’ in continua evoluzione, magari fra ventanni mi ritroverò a dipingere paesaggi montani.

Quest’ultima frase, com’era nella sua intenzione, suscitò ilarità fra gli astanti.
Ruth la guardava ammirata, felice di vedere come la sua compagna fosse riuscita a prendere in mano la situazione e a dominarla. Aveva uno sguardo fiero ed era sicura di sè mentre rispondeva con  inteligenza e sagacia alle innumerevoli domande che le venivano poste.
Katrin se ne restava ad una certa distanza ad osservare la curatrice, intenta a sorvegliare e pronta a proteggere la sua amica da qualsiasi cosa avrebbe potuto metterla a disagio o in difficoltà. Le vedeva spesso lanciarsi sguardi di complicità o si rese conto ci come la sua amica cercasse la mano della donna, come a trarne forza e sostegno.
Erano ormai trascorse un paio d’ ore quando Ruth decise di ringraziare gli intervenuti, salì qualche gradino della scala e attirò l’attenzione degli astanti.

  • Perdonatemi, ma volevo ringraziarvi per essere venuti a dare il ben tornato a quest’artista di grande valore, che secondo il mio parere farà molto parlare di se in futuro. Quindi vi ringrazio nuovamente per aver accettato il mio invito.

Un uomo, un giornalista noto a Ruth, in modo scherzoso intervenne.

  • Come non avremmo potuto accettare, qualcuno è mai stato in grado di dirti di no?

La donna sorrise.

  • Più di quanto immagini Frank, ma ti ringrazio ugualmente. Vi rubo ancora qualche istante perchè tengo in modo particolare a ringraziare la persona che ha reso tutto questo possibile, Katrin Cox, se non fosse stato per la sua tenacia e convinzione, e soprattutto il profondo affetto che la lega alla nostra artista, oggi non saremmo qui.

E la indicò, lasciando la rossa sorpresa e per un attimo imbarazzata dal breve applauso che seguì il ringraziamento. Ruth scese facendo capire così che il suo breve discorso era terminato, alcuni giornalisti si recarono da Katrin per farle qualche domanda, la curatrice le lanciò un ultimo sguardo per poi raggiungere Victoria a qualche passo da lei.
Ormai la serata era quasi conclusa, l’alrtista la prese per mano e insieme si diressero ai piedi della grande tela.

  • Te la stai cavando benissimo e da te non mi sarei aspettata niente di diverso.
  • Solo grazie a te.

Si guardarono, poi Ruth le sorrise dicendole:

  • Ti bacerei se non avessi paura di rovinarci il trucco.
  • Per quanto mi riguarda posso correre il rischio.
  • Non tentarmi…
  • Victoria.

Al suono di quella voce Ruth vide il volto dell’artista trasformarsi, si girarono entrambe verso quella donna che Victoria aveva riconosciuto senza guardarla e Ruth non appena la mise a fuoco.

  • Dana…

Era un po’ diversa da quella foto che per mesi l’aveva ossessionata, aveva una corporatura minuta, era un po’ più bassa di lei o di Victoria, aveva dei lunghi capelli ramati e degli occhi di un azzurro limpido.

  • Cosa ci fai qui?

La nuova arrivata la guardò un po’ stupita.

  • Quando Katrin mi ha fatto avere il tuo invito ho dato per scontato che tu lo sapessi, ma dalla tua espressione direi che mi sbagliavo.

Poi si accorse che le due donne si tenevano per mano, anche la pittrice si rese conto di cosa aveva attirato la sua attenzione, così quando Ruth sentì scivolare via la mano di Victoria dalla sua sentì una vertigine.

  • Quella, è tua madre. E’ un quadro stupendo.

Quella frase per Ruth, l’aver riconosciuto subito il soggetto sottolineando l’intimità della conoscenza che aveva di Victoria le fece ancora più male.

  • Sai, quando ho saputo che eri ritornata ad esporre, credimi ne sono stata felice, ho pensato che fossi di nuovo… che tu… si insomma, ti trovo bene.

Victoria se ne restava immobile ad ascoltarla, non riuscendo a trovare niente da dire.

  • Comunque non era mia intenzione rovinarti la serata. Forse è il caso che…
  • Non lo hai fatto, è solo che non mi sarei mai aspettata di vederti.
  • Credimi, non me lo sarei perso per nulla al mondo.

Il modo in cui la guardò e il sorriso che le era affiorato sulle labbra spinsero  Victoria a fare qualche passo verso di lei, si fermò un attimo guardando di sfuggita Ruth, impietrita da quella situazione, riuscendo soltanto a dirle.

  • Perdonami.

Vide le due donne allontanarsi insieme, con Victoria che la spingeva leggermente per un braccio, le vide appartarsi in un angolo, alla ricerca di un minimo di privacy. Dopo qualche istante iniziarono a parlare e Ruth avrebbe dato qualsiasi cosa per capire cosa si stavano dicendo, ma dai gesti che vedeva non vi era nessun rancore ma solo stupore di essersi ritrovate, quando vide Dana sorridente e con gli occhi lucidi di una strana felicità, prendere entrambe le mani di Victoria e portarle alle labbra sentì una voragine aprirsi sotto i suoi piedi, soprattutto quando vide che la donna che amava non la respingeva. Fece qualche passo indietro andando a sbattere contro quella che riconobbe essere Katrin.

  • Cos’hai fatto?!
  • Credimi, ti ho fatto un favore.

Al suono di quella risposta scosse lentamente la testa in un gesto di negazione. Rimase a guardarla ancora un attimo prima di allontanarsi alla ricerca dell’uscita. Per sua sfortuna fu fermata un paio di volte da alcune persone che le facevano i complimenti per la riuscita dell’esposizione, ma per lei in quel momento esisteva solo quell’angolo buio dove si trovava la persona che le stava spezzando il cuore.

  • Ruth

Quando la donna si voltò vide Victoria e a una certa distanza da loro Dana, come se fosse in attesa. Tornò a guardarla.

  • Voctoria. Che diavolo stai facendo.
  • Abbiamo solo bisogno di parlare.
  • No. Ti chiedo di non farlo, di non andare via con lei.
  • Ruth, ho bisogno di..
  • No, vorrei che stavolta fossi io quella a cui non riesci a negare nulla.

Il modo in cui la guardò la pittrice la mise a disagio.

  • Non questa volta.

Ruth scosse la testa.
Furono interrorre da alcune persone che prima di anadr via volevano ancora qualche informazione. Victoria fu allontanata da uno di essi e portata a discutere davanti un suo dipinto.
Ruth invece riuscì a guadagnare l’uscita e finalmente si ritrovò sul marciapiede, con l’aria ormai gelida che le tagliava il viso, riprese fiato cercando di allentare la fitta che aveva sul petto, poi riuscì a fermare un taxi e a fuggire lontano da lì.
Quella sera,  era rimasta a girovagare per la città per un tempo indefinito, figurandosi Victoria con quella donna, dove fossero in quel momento, cosa si stessero dicendo e l’immagine che le dilaniava la mente era di quella donna che faceva l’amore con Victoria. Alla fine andò a rifugiarsi dall’unica persona e nell’unico luogo che l’avrebbe messa al sicuro.
Quando Harry aprì la porta ritrovandosela davanti a quell’ora e con un’espressione distrutta ne fu sorpreso.

  • Avevi ragione, su tutto.
  • Ruth, ma che ti è successo? La mostra di Victoria?

Ruth sorrise amaramente.

  • Un vero successo.
  • Ma lei dov’è?
  • Presumo con l’amore della sua vita.

L’uomo la guardò stupito, la circondò con un braccio e la fece entrare.


************


Il vento caldo le accarezzava il volto, facendo muovere le ciocche di capelli scappati dalla coda che li costringeva a stare lontani dal collo. Il rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo della barca, il cielo turchese e limpido portavano in luoghi lontai ed estranei la sua mente, posti ancora più lontani di quello in cui si ritrovava in quel momento.

  • A cosa stai pensando?

La voce di Beth la riportò alla realtà. L’amica l’aveva raggiunta da appena una settimana, mentre per Ruth, dopo quella sera in cui  aveva deciso di partire il giorno seguente, era trascorso quasi un mese. Un lungo periodo in cui aveva chiuso tutto il suo mondo in una scatola e che si ostinava a non voler riaprire.
Sapeva che stava scappando dagli sbagli che aveva commesso, si era innamorata ossesivamente di una donna che si era illusa di conoscere, eppure che ci fosse qualcosa di sbagliato in quella storia le era stato chiaro sin dall’inizio.
Ma gli attimi vissuti intensamente insieme, le parole sussurrate piano nel cuore della notte, spesso le riempivano il cuore e la mente, buttandola in uno stato di sgomento, soprattutto quando si rendeva conto di quanto avrebbe voluto che in quell’istante lei fosse lì.
Si girò verso l’amica che stava seduta a poca distanza da lei, le sorrise.

  • A niente. Mi godevo semplicemente il sole.

Beth l’aveva trovata cambiata, non fisicamente, forse ancora più magra se lo fosse stato possibile, ma quella che la turbava era questa nuova aura che l’avvolgeva, abbandonata in un torpore che nascondeva il mare in tumulto che aveva preso il posto della sua anima, e tutto questo la preoccupava e la teneva in allerta, pronta a spronarla ogni volta che la vedeva persa in chissà quale pensiero che le rattristava il viso e che la portava a mille miglia di distanza. A Beth ricordava una persona in convalescenza, e come tale sperva fortemente che alla fine sarebbe riuscita a guarire.
Prima dell’arrivo della sua amica Ruth spesso trascorreva giorni interi senza dire una parola, e adesso si accorgeva che le costava un’enorme fatica riuscire a perdere quest’abitudine, si rendeva conto da come la guardava la sua amica di quanto fosse in pensiero per lei, per quanto cercasse di nascondersi dietro la sua consueta allegria che cercava disperatamente di trasmettere anche in lei.
Dopo un attimo in cui era tornata a chiudere gli occhi e a rivolgere il viso verso il sole, Ruth diede voce ai suoi pensieri, sapeva che ormai rappresentavano un enorme macigno fra loro due.

  • Mi dispiace, sono una pessima compagna di viaggio.
  • Non temere, viene compensato dal fatto che siamo circondate da questo splendido mare,  Puerto Rico non sarebbe stata la mia prima scelta per una vacanza, ma mi sbagliavo. Poi se devo essere sincera spero che migliorerai con il passare dei gironi.

Cadde nuovamente il silenzio.

  • Posso aiutarti se solo me lo permettessi.
  • Beth..
  • Staresti meglio se riuscissi a dare voce a quello che stai provando, se ti liberassi da questo peso che hai nel cuore. O se soltanto tu mi facessi delle domande.
  • E cosa dovrei chiederti?
  • Non mi hai chiesto niente di New York, di come se la cava Harry senza di te. Di come procedono i progetti a cui stavi lavorando.
  • Non ho bisogno di chiederti come va il lavoro. Sono più informata di quanto credi. Per il resto, penso di non aver bisogno di sapere nient’altro. E non c’è nemmeno la necessità di parlare di quello che mi spinge a restare lontana da New York.
  • E quanto pensi che dovrà durare questo esilio?

Non ricevette nessuna risposta.

  • Ruth… Speravo sinceramente che tu tornassi con me.

La donna si alzò.

  • Tornerò quando ne avrò voglia.

Si alzò per allontanarsi andando nella parte opposta della barca a vela sulla quale si trovavano.
Da come aveva reagito la sua amica al solo accennare vagamente a Victoria aveva capito che non sarebbe stato il caso di dirle che prima di partire l’aveva incontrata, o per meglio dire la donna l’aveva costretta ad uno scontro, voleva sapere dov’era Ruth, che aveva bisogno di parlarle. Non le avrebbe detto lo stato in cui si trovava la pittrice, sembrava pronta a crollare da un momento all’altro, ma era sostenuta dalla furia con cui pretendeva delle risposte, e questa rabbia aveva aiutato Beth a dirle quello che pensava, che le sarebbe dovuta stare lontana.

  • E’ da quando ti conosce che sapeva che l’avresti fatta soffrire! E tu non hai deluso le sue aspettative!

Furono le ultime parole che le aveva detto prima di voltarle le spalle lasciandola impietrita e senza la forza di controbattere.
La sera, al rientro da quella gita in barca si ritrovarono a bere un drink al bar dell’albergo. Si erano scambiate poche parole, con la differenza che stavolta Ruth non provava nessun dispiacere a trincerarsi dietro a quel mutismo.
Sentì Beth sospirare. Le lanciò uno sguardo

  • Pensavo di rientrare prima della demolizione della mia installazione. Non ho intenzione di scappare per sempre.

L’amica le strinse una mano abbandonata sul bancone.

  • Tu non hai nessun motivo di scappare. Non da casa tua, non dai tuoi amici e dalle persone che ti amano. Ma posso capire perché ne senti il bisogno.
  • Per favore, te lo chiedo per favore. Non nominarla. Non sono ancora pronta a parlare di quanto io sia stata stupida. Di come anche adesso mi sento un’idiota per soffrire così tanto. Non sopporto l’idea di averle dato questo enorme potere su di me.
  • No Ruth, non sei affato una stupida. Ti sei innamorata per la prima volta nella tua vita, credimi,sei la mia amica più cara e ti conosco, ti sei lasciata andare come non avevi mai fatto prima, ti sei esposta completamente e quindi è normale che tu adesso ti senta tradita e delusa. Ma passerà, devi solo trovare la forza e accettare il fatto che sia andata così, e non per colpa tua.

Le settimane successive trascorsero con più tranquillità, la tensione che all’inizio si era creata fra le due donne si era affievolita sino a scomparire nel nulla. Così quando Ruth si ritrovò ad accompagnarla all’aeroporto l’abbracciò sussurrandole un grazie e dopo assicurandole che la settimana successiva si sarebbero riviste a New York, dicembre sarebbe appena iniziato e Beth la minacciò dicendole che non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai loro rituali pre-festività.
Quando la vide oltrepassare il gate, pensò che fra qualche giorno anche lei lo avrebbe fatto, e fu colta da una profonda tristezza.



Scusate il ritardo nell'aggiungere un nuovo capitolo. Fino ad ora questo racconto era praticamente scritto, e avevo anche un'idea ben precisa su come dovesse finire, ma è successo qualcosa che seppur mi abbia fatto cambiare idea, non mi ha convinta del tutto ad abbandonare il filone originale. Tutto questo per dirvi che il finale, per quanto non sia imminete (abbiate pazienza ancora 2 o 3 capitoli :) ) è al momento solo abbozzato. Quindi potrei non essere più così tanto puntuale nell'aggiungerne di nuovo. Ok, comunicazione di servizio fatta... farmi sapere cosa ne pensate sarebbe per me un gran bel regalo.
  
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