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Autore: arsea    20/06/2016    4 recensioni
Post Apocalypse e possibili spoiler!
Charles ed Erik non sono così lontani come è stato in passato, ma l'ennesimo tradimento è troppo vicino per poter essere cancellato. Charles non può permettersi più di perdonare, anche se è certo che il ci sarà presto un'altra occasione per farlo. Non può permettersi di credere alle parole di Erik. Non può più permettersi di credere in Erik e basta.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Percorse il corridoio bluastro che si snodava sotto alla villa in silenzio, il suono gommato delle sue ruote che si confondeva con le suole di cuoio dei due uomini che lo accompagnavano, mentre invece lo scalpiccio lievissimo dei piedi di Jean si sentiva a malapena.
Era ancora troppo instabile per Cerebro, probabilmente era così potente che lo sarebbe stata per sempre, ma non le aveva ancora mostrato di cosa era capace la telepatia sfruttata al suo massimo e quella poteva essere un’ottima occasione.
Scott probabilmente l’avrebbe accompagnata anche adesso se lei non gli avesse ricordato con rimprovero che aveva da finire una tesina, perciò era venuta da sola, jeans e camicia legata in vita coi lunghi capelli rossi stretti in una treccia composita.
Giunsero di fronte alla grande porta d’acciaio segnata dalla x e attese con il cuore che batteva nervoso che lo scanner lo riconoscesse.
Non era più tornato lì sotto da quel giorno.
Hank aveva fatto affiggere una targa dove era morto Havok, ma Charles la trovava sgradevole e irritante, nonché senz’altro superflua, anche se non aveva espresso il suo parere a riguardo, limitandosi ad ignorarla.
Percorrere il breve spazio sospeso nel vuoto che lo separava dal casco richiese più sforzo di quel che sarebbe riuscito ad ammettere, e si sorprese di provare paura, paura di non conoscere affatto quel che sapeva essere cambiato di sé e del suo potere, paura di veder ingigantite come sempre le sue malandate percezioni come solo Cerebro sapeva fare, rivelando così a tutti il suo malessere.
Non si tirò indietro comunque, nessuno si accorse del tumulto che provava, si limitò ad attendere che Hank accendesse il macchinario come sempre, si sforzò di svuotare la mente per non provare la sensazione spiacevole di venir annullato dalle richieste altrui, ma prima che potesse rendersi conto di quale sciocchezza fosse stata collegarsi, un’accecante luce dorata lo attraversò con la potenza di un fulmine.
C’erano le menti del mondo, miliardi di voci si accavallavano l’una sull’altra senza alcun apparente senso, c’erano le urla e i pianti, le emozioni contrastanti e indifferenti che si abbatterono su di lui con violenza per l’essere state scorte così intimamente da quell’intrusione indesiderata, ma questo non era niente di nuovo dopotutto, lo aveva già sperimentato, quel che gli era del tutto estraneo era il potere.
Mentre si sforzava trattenendo un gemito di escludere gli umani e concentrarsi solo sui mutanti, ebbe tra le mani le capacità di ciascuno di loro, i loro doni si inchinarono al suo volere come fosse quello dei proprietari, e se nelle miriadi di volte che aveva usato Cerebro nessuno se n’era mai accorto, adesso in molti sollevarono il capo al cielo, come se una voce divina li contattasse, e Charles dovette usare tutto se stesso per imporsi di non governare quelle menti accoglienti.
Erano gli esclusi, gli emarginati, coloro che avevano ascoltato il messaggio di En Sabah Nur e avevano sperato nel mondo che lui aveva profetizzato.
Erano coloro che volevano che li usasse per distruggere coloro che li vessavano e odiavano << Oh mio Dio >> ansimò, aggrappandosi ai braccioli della sedia per cercare di riportarsi al presente, al Professore che era, alla scuola, ad Erik che, di fianco a lui, gli avrebbe rinfacciato quanto avesse ragione.
Lo supplicavano di usarli.
Aveva odiato quel mostro per averlo costretto a farlo.
Finora Cerebro non era mai stato usato con quello scopo, non aveva nemmeno creduto che potesse, ma il suo dono, la sua maledizione, si era ingigantito dopo essere stato toccato da quell’essere e se prima era stato solo un semplice osservatore adesso si era trasformato in un vero e proprio marionettista.
Nessuno doveva saperlo.
Lui avrebbe continuato ad ignorarlo, giurò a se stesso che non avrebbe mai usato un simile potere, non avrebbe mai spezzato così violentemente le menti altrui. Mai più.
Rinsaldò la propria convinzione, strinse le labbra fino a farle impallidire mentre si comandava quanto andasse fatto, pensò alla povera Jean che stava spaventando.
Chiuse gli occhi e allontanò chiunque non stesse pensando a lui o a dove si trovava.
Erano ancora molti, le luci rosse intorno a loro diminuirono ma erano ancora migliaia, molti fra coloro che volevano il suo assurdo governo.
Furono i primi ad essere allontanati, poi coloro che lo conoscevano solo per En Sabah Nur, coloro che avevano bisogno del suo aiuto, un piccolo gemito per questi, infine rimasero solo coloro che lo consideravano un nemico, da uccidere o eliminare.
Nessuno di loro aveva un potere capace di fare quel che aveva fatto la notte scorsa.
Ma forse era semplicemente paranoico, forse non era lui l’obiettivo, quindi ripercorse ogni passaggio per ciascuno dei suoi ragazzi, di coloro che conosceva, ma ancora una volta non ci fu alcun risultato << Non riesci a trovarlo? >> chiese Erik, partecipe del tormento che gli imperlava la fronte e prosciugava il sangue dalle labbra seppur senza sapere quale fosse.
Spiegò la situazione imponendosi di parlare senza far tremare la sua voce, senza tradire la propria stanchezza adesso, ma il fatto che avesse bisogno di più forza per non usare il proprio potere era significativo << E se non volesse affatto ucciderti? >> fece allora Hank con un sussurro, sufficiente però ad attirare così l’attenzione degli altri << E cosa vorrebbe da me un nemico? >> la risposta giunse subito dopo, istintiva come la domanda che l’aveva preceduta, facendolo rabbuiare << Naturalmente >> sibilò a denti stretti.
Cercò di nuovo, chi volesse usarlo questa volta, e poteva far gelare il sangue il numero di luci rosse che rimasero accese.
Avrebbe potuto ucciderli tutti.
Non lo aveva pensato per coloro che avevano voluto il suo male, non temeva né l’odio né la volontà di distruzione, ma la mancanza di controllo che già una volta aveva sperimentato... sì, per quella avrebbe ucciso a sangue freddo.
Fu terribile rendersene conto, proiettò ondate di odio che si espansero da lui come mani fisiche, facendo indietreggiare Hank e Jean e chinare Erik al suo fianco per prendergli una mano << Charles? >> lo chiamò e seppur fosse una debolezza lasciò che le proprie dita si intrecciassero alle sue, e le stringessero, ricordandogli così chi e cosa era.
Aveva bisogno della propria nemesi per ricordarselo.
Le luci si spensero man mano che lui giudicava la loro forza, la loro capacità, e quando lo trovò, un normalissimo uomo seduto nel suo studio di Yale, un docente di Storia, in giacca di tweed marrone e barba curata, la perfetta facciata da insegnante amabile e competente, Charles ebbe l’impressione che i limpidi occhi verdi si posassero con precisione sui suoi << Salve, Professore >> scandì con un sorriso, poco prima che il telepate si ritraesse come una chiocciola cui hanno toccato le antenne, quasi scottato da quella personalità così travolgente.
Si strappò il casco di dosso anche sapendo in che stato questo l’avrebbe lasciato, ma il cuore che batteva all’impazzata era causato dalla pura paura, non dal dolore nella sua testa.
La sua testa nemmeno c’era in quel momento, era il terrore a governare, la consapevolezza viscerale che tutto ciò che desiderava era stare il più lontano possibile da quell’essere.
Sentì la voce di Hank che lo chiamava, quella di Jean, ma gli arrivavano come da lontano, c’era troppo orrore in lui perché li ascoltasse davvero.
Erik guardò gli occhi azzurri diventare quasi di un colore elettrico, acquoso, la pupilla vi galleggiava come se non vi fosse più niente che valesse la pena esser visto o compreso << Charles >> lo chiamò ancora, non voleva lasciarsi prendere dal panico che gli serrava lo stomaco, e di nuovo quando non vi fu alcuna reazione, lo chiamò con supplica, più di quella che avrebbe mai ammesso a voce alta.
Gli prese il volto tra le mani, chiedendosi se respirasse ancora vista la statua che era diventato << Va tutto bene >> sussurrò << Sei al sicuro. Lo giuro, Charles. Alles ist gut >> si posò le dita inerti sulla tempia mentre Hank spariva a prendere qualche medicinale che non conosceva e Jean scoppiava in lacrime.
Non sapeva se percepisse ancora quel che lo circondava, ma si sforzò di pensare a qualcosa di buono, a qualcosa di sano e rassicurante, e fu terrificante scoprire in se stesso che le uniche immagini che possedeva a riguardo contenevano il calore di Charles in esse.
C’era Charles in mezzo all’oceano, che stringeva un estraneo e gli ripeteva che non era solo.
C’era Charles in una notte davanti alla CIA, che gli offriva amicizia e fiducia.
C’era Charles, sempre, che piangeva quando lui non se lo permetteva e lo supplicava di rinunciare al male.
Solo quando sentì il profondo respiro che provenne dal telepate si rese conto di aver trattenuto il proprio, le membra di lui persero la propria rigidità e cadde in avanti, costringendolo a trattenerlo perché non cadesse dalla sedia << Va tutto bene >> ripeté ancora, dovette sforzarsi per non stringerlo a sé << Il Collezionista >> sussurrò il professore, vicinissimo al suo orecchio, e solo per questo probabilmente riuscì a sentirlo << Il suo nome. Il Collezionista >> dopodiché perse conoscenza del tutto.
Hank tornò mentre Erik lo prendeva tra le braccia, ma qualcosa in quello sguardo di tempesta gli impedì di avvicinarsi o fermarlo quando gli passò davanti.
Si mosse verso la stanza di Charles senza dar cenno di vedere nessuno intorno a sé, le sue biglie di metallo che roteavano lentamente intorno a loro erano l’unico segno che lui fosse consapevole del mondo che li circondava, finché non lo adagiò sul suo letto e le lasciò a lui.
Non sapeva ancora chi fosse questo Collezionista, ma che fosse un morto che ancora camminava era già deciso.

 
NA: Scusate tantissimo se il capitolo è breve, ma volevo che fosse un pochino "separato" dal resto. Cercherò di rimediare uppando subito il seguito! XD
   
 
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