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Autore: Daughter_Of_The_Moon    21/06/2016    1 recensioni
[Magisterium ]
Calron (Callum x Aaron); Tamara e Magister Rufus // potete intenderla come friendship o leggerla come una pre-slash.
Hurt/Comfort sulla base di On My Own degli Ashes Remain
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Dal testo:
Amicus diu quaeritur, vix invenitur, difficile servatur.
Callum si mosse nel sonno, agitandosi leggermente. Dietro le palpebre, i suoi occhi saettavano velocemente da una parte all'altra, e goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.
Chiuse la mano a pugno. Sbuffi neri cominciarono ad uscire da questa.
Call.
Si girò su un fianco, gli occhi serrati e la sopracciglia aggrottate.
Call.
No, no, no!
"Call!"
In the end I'm realinzing I was never meant to fight on my own.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Φιλία

philía




Amicus diu quaeritur, vix invenitur, difficile servatur.




Callum si mosse nel sonno, agitandosi leggermente. Dietro le palpebre, i suoi occhi saettavano velocemente da una parte all'altra, e goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.

Chiuse la mano a pugno. Sbuffi neri cominciarono ad uscire da questa.

Call.

Si girò su un fianco, gli occhi serrati e la sopracciglia aggrottate.

Call.

No, no, no!

<< Call! >> > Aprì gli occhi di scatto, mettendosi seduto sul materasso. Qualcosa si ruppe improvvisamente, ma Call era troppo impegnato a cercare di respirare per curarsene. Si portò la mano agli occhi, arrossati dal sonno, o almeno tentò, perché si accorse che era bloccata da un'altra. Alzò lo sguardo, incrociando quello preoccupato di Aaron. Il suo migliore amico lo aveva svegliato da quello che era stato il peggior incubo che avesse mai avuto. Non che non l'avesse mai fatto prima.


There's gotta be another way out

I've been stuck in a cage with my doubt



Scosto velocemente la mano da quella del compagno, con un moto di rabbia.

<< Che vuoi? >> sbottò. Odiava le persone che lo guardavano così, come se fosse un'animale braccato. Se ne pentì quando vide sul viso del Makar passare per un istante la delusione.

Aaron si mise dritto con calma, incrociando le braccia muscolose, in una posa stile Captain America.

<< Niente di che, stavo passando per andare a bere un bicchiere d'acqua quando ho sentito un rumore venire da qui. Mi sono preoccupato >> disse con voce piatta, e Call non seppe dire se stesse mentendo o no. Il sogno appena fatto continuava a tormentarlo, sovrapponendo l'immagine che vedeva di Aaron in quel momento con quella di lui morto, senza testa.

<< Scusa >> borbottò. Aveva esagerato, decisamente. Solo che...deglutì, la gola improvvisamente secca. L'altro sembrò capire.

<< Che ne dici se andiamo di là? Ho ancora sete, e non credo che stanotte riuscirò a dormire. >> Il moro annuì.

<< Si... >> disse, << per via dell'adrenalina e tutta quella roba lì. >>

<< Già >> finì l'altro, e Call gli era infinitamente grato. Stava al gioco e ciò era più di quanto avesse sperato.

Nell'oscurità della stanza, il Makar gli sorrise leggermente, poi gli tese la mano. Dopo un attimo di esitazione, Call la prese.


Bring me out

Come and find me in the dark now

Everyday by myself I'm breaking down



Fissò il liquido nella tazza. Avevano trovato delle caramelle, e Aaron-non avrebbe saputo dire come-era riuscito a trasformarle in cioccolata calda, nonostante a Call andassero bene anche i dolciumi-non aveva osato protestare. A dir la verità, non aveva detto quasi niente. Sapeva che l'amico voleva fare delle domande, e che si stesse trattenendo, ma lui non era pronto per raccontargli dell'incubo. In quel momento sembrava impossibile pensare ad un discorso privo di parole come “Costantine Madden”, “guanto di rame” e “sogno notturno”.

Bevve un sorso di cioccolata e sentì la gola riempirsi del liquido dolce. Il sollievo fu immediato. Le spalle si rilassarono e le labbra si distesero, un calore improvviso che lo scaldava da dentro. I miracoli dei dolci, pensò con una punta di ironia. Si lasciò andare in un sospiro. Sentiva lo sguardo curioso e ansioso del Makar su di se, così Call sorseggiò ancora un po' la bevanda, prima di posarla sul tavolo, nervoso.

<< Ho sognato che... >> un fastidioso nodo alla gola lo bloccò. Non ci riusciva. Si morse il labbro inferiore con forza, fino a sentire il sapore fastidioso del sangue. Non ci fece quasi caso, mentre immagini terribili gli apparvero davanti. Aaron morto. Aaron che gli voltava le spalle. Aaron che lo guardava all'assemblea con quella strana espressione.

<< Call, non importa, non voglio saperlo. >> La voce di Aaron fu come una doccia fredda. Si girò nella sua direzione e lo fissò. Era lì. Lui era Aaron, non quello dell'incubo.



Every little thing that I've know

is every thing I need to let go

You're so much bigger than the world I have made



Call scosse la testa, fermandolo giusto un secondo prima che continuasse a parlare.

<< Voglio dirtelo >> affermò, cercando il sostegno negli occhi del suo migliore amico. Del suo primo amico. E lo trovò. E in quel momento seppe con certezza che lo avrebbe sempre trovato, che ora aveva qualcuno con se. Si sentì gli occhi pizzicare; li batté velocemente. Sospirò tremulo.

<< Ho sognato che morivi. Che io...che io ti uccidevo. Eri morto, lì, vicino a me... >> Non poté continuare. Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò avvolto in un abbraccio, caldo e sicuro. Si irrigidì. Non ci era abituato, non aveva mai ricevuto tanti abbracci e non aveva mai amato il contatto fisico. Prima di Aaron, nessuno, a parte il padre, lo aveva toccato senza un particolare motivo, solo per attirare la sua attenzione e fare amicizia. Prima di Aaron era tutto diverso.

Respirò l'odore del Makar, lasciandosi andare e ricambiando l'abbraccio. Si sentì arrossire, e qualcosa nel suo stomaco si mosse, ma cacciò subito via la sensazione. Un calore, più caldo della cioccolata che aveva bevuto, sciolse quel grumo di paura che si portava avanti da tanto tempo, così tanto che se ne era quasi dimenticato. Si sentì libero. Rilasciò il respiro; non si era nemmeno reso conto di averlo trattenuto.


Bring me out

from the prison of my own pride

My God

I need a hope I can't deny



<< Callum... >> Il ragazzo rabbrividì. Nessuno lo chiamava mai con il nome completo. Diede una botta scherzosa sulla spalla dell'amico.

<< Da quanto mai mi chiami così, eh? La missione e la storia del Makar deve averti dato alla testa, se ti atteggi anche a diplomatico >> scherzò, ma la voce gli tremava. Seppellì il volto nel collo del suo migliore amico, sentendosi indifeso. Dannazione, sembrava una ragazzina!

Dopo quelle che sembravano ore si scansò dall'abbraccio, liberandosi dalla stretta del biondo, che lo guardava con uno strano sorriso.

<< Che c'è? >> chiese Call, stranito. Aaron scosse la testa.

<< Niente >> disse, << è solo che quando hai un incubo sei molto più dolce del solito. Risulti tenero. >>

<< Che cosa hai detto?! >>

Le grida e le risate, alla fine, svegliarono Tamara, che, dopo aver urlato un po' contro di loro, aveva partecipato al divertimento, facendo addirittura venire a controllare cosa stava succedendo Magister Rufus. Al mattino, si svegliarono così, in ritardo per la colazione; uno sull'altro, sdraiati mezzi sul divano, mezzi per terra.

Call ora ne era certo. Nemico della Morte o meno, avrebbe avuto accanto i suoi amici. E un Signore Malvagio non ha amici. Un Signore della morte è solo, e lui, sicuramente, non lo era. Non più. Ora aveva qualcuno su cui contare.



In the end I'm realinzing I was never meant to fight on my own.



Angolo di quella pazza della scrittrice:

Ho scritto questa “cosa” davvero tanto tempo fa, subito dopo l'uscita del secondo libro, e finalmente la pubblico qua. Spero non ci siano errori.

Amo la bromance-con-qualcosa-di-più tra Call e Aaron. E mi piace la coppia Celia/Jasper. Sono tipo l'unica, ma okay. Mi sono letta qualche fan fiction in inglese “ultimamente” e sto fangirlando come una pazza, mi faccio pena.

Passiamo alle note serie (come no).

Questa OS si svolge dopo la fine del secondo libro. Di qualche giorno, o la notte seguente all'ultima pagina, è uguale.

Il titolo è greco, e significa amicizia. Come spacciare una banalità per qualcosa di decente e poetico.

La citazione, invece, è un proverbio latino, e la traduzione è l'amico si cerca a lungo, si trova a fatica, si conserva difficilmente. E l'ho trovato su internet. Ops.

Il testo in corsetto centrale è di una canzone, On My Own, degli Ashes Remain.

Mi pare di aver detto tutto.

Vi saluto!

Grazie per aver letto *si inchina e si chiude il sipario*

Daughter_

   
 
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