Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Sanae77    22/06/2016    5 recensioni
Tutto segue le regole: Sanae e Tsubasa felicemente sposati.
Una vita tranquilla.
Una nuova avventura lavorativa.
Vecchi conti rimasti in sospeso.
Un tarlo che s'insinua nella testa...
Che cosa può accadere se un 'SE' resta in sospeso?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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… sette giorni dopo Casa Wakabayashi
 
 
“Ah, non posso credere ai miei occhi! - esclama Sanae qua al mio fianco - No, no, non posso crederci è meglio della palestra in cui vado in Spagna, stanne certo!” il suo sproloquio continua, mentre sta girellando tra gli attrezzi della mia personale palestra adibita nel sotterraneo della casa.
“Vuoi dirmi che il Capitano non ne ha una tutta sua?”
Si volta come se avessi bestemmiato.
“Stai scherzando vero? A che vuoi che serva a noi una palestra? Lui si allena sempre alla società, in casa non c’è mai.”
Solleva le spalle come a sottolinearne l’ovvietà.
“Puoi utilizzarla se vuoi, tanto io di solito vengo la mattina presto non dovremmo darci fastidio.”
“Genzo, ci sono talmente tanti macchinari che è impossibile darsi noia. Grazie, inizierò già da stasera, ma prima devo uscire per cercare un’aspirina ho un tremendo mal di testa.”
“Vieni, saliamo di sopra ho delle compresse che possono andar bene anche a te.”
 
Decisamente non era solo mal di testa.
Adesso è sul divano tutta tremante in preda alla febbre.
“Ho freddo” borbotta battendo i denti.
Mi siedo vicino, la prendo tra le braccia e la faccio aderire al mio torace.
Trema.
“Forse è meglio chiamare il dottore Sanae.”
“No, sto bene qua con te, grazie.”
Prendo a massaggiarle la schiena, con lei completamente accovacciata tra le mie braccia, è distesa sul divano con gambe tutte rannicchiate.
La testa adagiata sul mio petto.
Scosto una ciocca di capelli dal viso, ha gli occhi chiusi, finalmente non trema più.
Il respiro si fa più pesante e non posso fare a meno che… che continuare a toglierle questo ciuffo ribelle dal volto. La scusa è buona per sfiorarle il viso.
La pelle scotta sotto le dita, ma è terribilmente liscia, setosa e morbida.
Gli occhi chiusi rilassati, le lunghe ciglia adagiate sugli zigomi, la bocca leggermente dischiusa.
È così bella.
Mi riscuoto dal pensiero avuto.
Che cazzo stai pensando Genzo!?
Faccio per spostarmi, ma la sua mano si stringe a pugno, sul petto, imprigionando la maglia.
“Non lasciarmi.”
Sospiro, che situazione!
“No, Sanae, non ti lascio, non temere” la rassicuro.
Ancora il suo respiro pesante: dorme per fortuna.
Lascio che il sonno l’avvolga totalmente, dopo la prendo in braccio e la porto nella sua camera.
L’adagio sul letto mettendole un’altra coperta.
Le sfioro con le labbra la fronte sussurrando un: “Buonanotte Manager.”
“Notte S.G.G.K.!”
Mi allontano dal letto non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo corpo, forse dovrei dormirle vicino per sicurezza, ha la febbre alta, scuoto la testa deciso.
È fuori discussione.
 
Entro in camera mia e mi corico. Dal comodino afferro la sveglia e la imposto a distanza di due ore, andrò a controllarla per stare più tranquillo.
Finalmente riesco a dormire.



 
Ma!
Ma!
Dove sono?
Il muro della nostra vecchia scuola, sto tornando a casa dopo gli allenamenti, ma non è propriamente questo il mio obiettivo.
Di fronte a me una figura minuta che si muove svelta: è Anego.
“Anche oggi vi abbiamo stracciato.”
Vedo il corpo irrigidirsi, stringere i pugni con le braccia distese lungo i fianchi e quando si volta le sue guance si gonfiano a più non posso per poi esplodere: “Vedrai che con il nuovo arrivato il risultato cambierà!”
“Ma chi? Quel nanerottolo? Come ha detto di chiamarsi?”
“Tsubasa Ozora.”
“Ah già, ma ricorda, non è certo per un soggetto che vincerete la partita, il gioco si fa in undici e visto che gli altri dieci sono schiappe…” lascio cadere la frase sollevando le braccia.
“Impareranno, sei soltanto uno spocchioso egocentrico.”
“E tu un maschiaccio mancato” dico sovrastandola con la mia stazza, adesso che sono arrivato a due passi da lei.
“Sparisci” mi intima.
“Facciamo una scommessa, se riesco a parare ogni pallone che tireranno verso la mia porta: TU uscirai con me!” perché ammettiamolo alla fine il suo carattere ribelle mi piace da impazzire.
Lei non si fa impressionare soltanto perché il mio cognome è Wakabayashi.
“COSA?!” urla con una faccia così sbigottita che stento a riconoscerla.
“Hai capito bene, se parerò ogni loro tiro: TU hai un appuntamento con me signorina!”
“Ma se hai appena detto che sono un maschiaccio” sbuffa.
“Beh, un maschiaccio carino!” la butto lì e lei arrossisce di botto.
Esplodo in una risata perché imbarazzata così non l’avevo mai vista.
“Ti odio!”
“È già un sentimento” le grido dietro mentre sto andando via.
 
 
L’odioso suono della sveglia mi fa sobbalzare nel letto.
La spengo in fretta; sono sudato fradicio.
Passo una mano su tutto il volto prima di ricordare il sogno.
Merda!
Ma che diavolo va a ripescare la memoria.
Mi alzo di scatto e corro al bagno, apro l’acqua fredda e lavo la faccia.
Voglio togliere questo pensiero.
Osservandomi allo specchio scorgo minuscole gocce che scendono sul volto, poco dopo parlo rivolto al riflesso.
“Toglitela dalla testa: è la moglie del Capitano!”
Già, la moglie del Capitano, chissà se davvero quel giorno non avessi preso alcun goal se lei sarebbe uscita con me… chissà?
Ma poi Anego si è scatenata per Ozora, era palese che nutrisse una profonda simpatia per lui.
Dopo sono semplicemente partito per la Germania accantonando ogni idea per lei, dopotutto non è che avessimo avuto chissà che contatti, ma adesso…
“Adesso, basta!”
Lo dico al riflesso, ma intanto mi muovo verso la sua camera; voglio controllare se sta bene.
 
***
 
Ho come l’impressione che un carro armato mi sia passato sopra.
Sollevo le coperte e cerco di capire dove sono.
Ok, sono nella mia camera, ma chi mi c’ha portato?
Un pesante respiro proviene da destra, lentamente giro la testa e vedo Genzo sulla poltrona che dorme.
A dirla tutta la posizione non dev’essere delle più comode.
Sorrido, che carino, era così preoccupato che ha deciso di vegliarmi tutta la notte.
Assottiglio lo sguardo e avvampo.
Cavolo è in t-shirt e boxer.
Oddio, ma com’è possibile?
La maglietta è molto attillata, riesco a intravedere le forme dei suoi muscoli.
Lo sto proprio fissando nel momento in cui lui apre gli occhi.
Restiamo un attimo a guardarci imbarazzati, dopo lui afferra una coperta e la passa intorno ai fianchi.
“Scu-scusa, ero venuto a controllare come stavi e devo essermi addormentato.”
Nego velocemente.
“Non importa, anzi grazie Genzo, sei stato così premuroso.”
“Come va?”
“Meglio, non mi sembra di avere la febbre.”
Per tutta risposta si avvicina toccandomi la fronte con la mano.
“No, non scotti. Vado a prepararti la colazione: succo d’arancia e crostata va bene?”
Lo guardo un attimo sbigottita, sbatto più volte le ciglia prima di pronunciare:
“Grazie, ma non vai agli allenamenti?”
Sulla porta si blocca e volta.
“Ho avvertito che non andavo, ieri sera mi hai fatto preoccupare con la febbre così alta, non potevo lasciarti da sola.”
Detto questo mi lascia lì: come un’ebete!
Neppure Tsubasa ha mai fatto una cosa così per me.
Lui non salterebbe mai gli allenamenti.
Cavolo Tsubasa: devo chiamarlo!
Quindi afferro il cellulare e lo faccio.
 
 
Tsubasa che ovviamente non ha risposto, guardo l’ora, più che lecito, è agli allenamenti.
Oddio non è che ieri sera si sia sprecato per cercarmi.
Insomma potevo anche essere morta.
Soltanto due messaggi sul cellulare e stop, avrà pensato che stessi dormendo.
Arrivo alla cucina e Genzo si destreggia egregiamente tra i fornelli.
“Dov’è Margaret?”
“È il suo giorno libero.”
“Oh, ma che bravo, non lo avrei mai detto.”
“Anego, non mi conosci.”
Il suo cellulare inizia a vibrare, lo afferra e risponde.
“Ciao mamma… Sì, lunedì prossimo va bene allora ci vediamo a cena… Anch’io un bacio!”
Resto un attimo sbigottita dalla telefonata.
“Ma tu… vai d’accordo con i tuoi?” domando incuriosita.
“Sì, perché?”
“Girano leggende metropolitane che tu sia cresciuto da solo e praticamente senza genitori.”
Esplode in una fragorosa risata.
“Vero che sono sempre in giro, ma ho decisamente un ottimo rapporto con i miei, tanto che lunedì prossimo sono a cena da loro, vieni con me?”
“Genzo, ma dai, non sono mica la tua ragazza, dovresti portare Clare piuttosto.”
“Neppure morto; ai miei genitori farò conoscere soltanto la mia futura moglie.”
“E io che c’entro scusa?”
“Sono sicuro che saranno contenti di vederti, sanno che sei stata la prima Manager della nostra squadra e della nazionale, quindi avranno piacere ad averti con loro, inoltre mia madre sente molto la mancanza di casa, magari fare due chiacchiere con una connazionale aiuta.”
“Allora accetto molto volentieri S.G.G.K.”
“Piantala di chiamarmi così!” esclama passandomi l’aranciata.
“E tu smetti di chiamarmi Anego allora…”
“Ma neppure per idea, mi piace, mi ricorda una ragazzina battagliera.”
Si immobilizza come se… avesse parlato troppo.
“Già, poi sono cambiata.”
Mi siedo e in silenzio continuiamo a fare colazione.
Un ricordo riaffiora prepotente, quella volta che voleva uscire con me per scommessa.
Non ho mai capito se volesse davvero uscire con me, o fosse soltanto un modo per prendermi in giro. Dopotutto prima dell’arrivo di Tsubasa davvero erano una squadra di schiappe.
Poi quelle frasi urlate.
 
“Ma se hai appena detto che sono un maschiaccio”
“Beh, un maschiaccio carino!”
“Ti odio!”
“È già un sentimento.”
 
Scuoto la testa e di sottecchi l’osservo.
Le possenti spalle, la mascella squadrata.
Indossa ancora la maglietta attillata, ma sotto ha i pantaloni dell’Amburgo.
Afferra un altro cornetto e lo addenta con gusto.
Porto l’aranciata alla bocca mentre non riesco a togliere gli occhi dai suoi movimenti così lenti e calibrati, perfetti direi.
La sputo quasi in blocco: che schifo.
“Oddio, è amara.”
“Mh?”
“Mi piace con lo zucchero.”
“Tieni prendi la mia è già zuccherata, sai pensavo che… ah… voi donne siete sempre a dieta.”
Scoppio a ridere.
“Le altre donne, io non sono a dieta e non devo fare la modella.”
“Già.”
“Quindi oggi che facciamo?”
“Non vai a lavoro?” chiede perplesso.
“No, non mi sento ancora al cento per cento.”
“Allora ho un’idea: oggi relax, piscina calda, sauna e bagno turco, per buttare fuori tutti i germi. Dopo film. Che ne dici?”
“Vuoi uscire e andare in un centro benessere per caso?” indago.
“Mh! Mi sa che non ti ho fatto vedere il lato nord della palestra vero?”
“No, Genzo mi sa di no! Però un’altra volta, proprio non me la sento di immergermi nell’acqua, ma accetto volentieri il film.”
“Aggiudicato il film!”
 
***
 
La guardo di traverso e mi fa sorridere il suo modo di saltellare sul divano a ogni scena più terrificante.
Ha un interessante modo di mordicchiarsi il labbro inferiore quando è agitata e nervosa.
“Se tieni le mani di fronte agli occhi Sanae non vedrai niente” le suggerisco.
“Non ce la faccio proprio.”
“Ma se hai scelto TU questo film? Ti avevo detto che ‘The Ring’ era un horror molto pauroso no?”
“Sì, sì me lo avevi detto, però è così famoso che ero curiosa di vederlo”.
Improvvisamente me la ritrovo abbarbicata al petto che stringe con entrambi i pugni la maglia.
Smetto anche ti respirare, non voglio spezzare il momento, lei volta il viso verso la TV e sbircia le immagini.
Mi scappa da ridere e non posso fare a meno di farlo.
Si volta di nuovo e preme la faccia sul torace, e anche se ho la maglia sento le sue labbra calde seguite dal fiato che arriva dritto alla pelle attraverso la stoffa.
Sta respirando veloce, ha paura.
In un gesto di protezione l’abbraccio mentre con la mano le accarezzo la schiena.
“Ehi, perché non cambiamo film?”
“Penso che tu abbia ragione” borbotta da sotto le braccia e incollata al petto.
Forse è meglio se si toglie da lì, inizio ad avvertire uno strano calore.
La discosto e cambio canale.
Cerco di mantenere un tono calmo e divertente al tempo stesso.
“Non ti farò mai più vedere un film horror, stanne certa!”
“E io non te lo chiederò più, puoi scommetterci.”
 
Un giorno totalmente in casa noi due da soli a non fare nulla.
Totale relax. Quanti anni sono che non passavo una giornata così?
Rifletto, e per quanto voglia scavare nella memoria non riesco a ricordare un momento del genere.
E sono stato bene con Sanae.
È la prima volta che trascorro una giornata con una donna senza dover partecipare a qualche cena importante o sfilata di moda di chicchesia…
Senza vestiti eleganti, senza dover prestare attenzione a come parli.
Una giornata da persone normali, lei in pigiama, io in tuta.
La comodità tutto il giorno.
Abbiamo giocato a Monopoli e Risiko.
Guardato film, preparato varie pietanze per il pranzo e ora siamo di nuovo in cucina insieme per organizzare la cena.
E mi piace da matti questa giornata, con lei, all’insegna della semplicità.
“Senti che buona?”
Si volta e me la trovo di fronte con una carota pelata e tagliata a pezzetti.
Praticamente mi sta imboccando.
Addento la croccante verdura e assaporo il gusto fresco.
“Ottima” rispondo afferrando un pezzetto dal piatto che ha preparato e imboccandola a mia volta.
“Fanno bene le verdure crude” le dico.
“Proprio per questo adesso preparo anche i ravanelli e finocchi.”
Torna al pianale dandomi le spalle.
“Puoi prendermi quella ciottola là il alto per favore?” chiede indicando l’oggetto del suo desiderio.
Mi avvicino e sfioro il suo corpo con il mio.
Deglutisco a vuoto mentre sollevo il braccio e raggiungo la ciottola in vetro che mi ha ordinato di prendere.
 
Scorro leggermente sul suo corpo e… ed è estremamente eccitante questa situazione, abbasso lo sguardo lei è immobile la testa piegata verso il basso.
Il coltello con il quale stava tagliando le verdure si è fermato, è lì sulla superficie.
La mano appoggiata a questa stretta in un pugno, sta respirando velocemente.
I capelli dondolano ai lati lasciando intravedere la pelle del collo.
Deglutisco ancora mentre le porgo la ciottola che ho tra le dita tremanti.
Faccio scorrere il braccio vicino a lei sfiorandola.
La piccola zuppiera adesso è vicino alla sua mano ancora stretta.
“Eccola” sussurro da dietro.
“Gr-grazie.”
Mi allontano.
Fuggo da lì.
Devo smetterla di flirtare con lei: adesso!
Tutta questa normalità, come se da sempre avesse abitato questa casa.
Tutta questa complicità, come se da sempre fossimo una coppia.
Mi manderà al manicomio ne sono certo.
 
La cena finisce tra silenzi sempre più imbarazzanti.
Evidentemente anche lei è rimasta colpita dal nostro contatto di poco fa.
Accenna un timido sorriso mentre mi propone di guardare un film insieme.
Nego con la testa.
“Meglio di no, Sanae.”
Uno sguardo profondo passa tra di noi con la consapevolezza che qualcosa sta cambiando.
“Ti aiuto a riporre e vado a letto.”
“Va bene, grazie.”
 
Con gesti lenti metto in ordine la cucina, facendo ben attenzione a evitare il minimo contatto.
Domattina a mente lucida tutto questo passerà ne sono certo.
“Buonanotte” dico appena finito.
“Notte a te Genzo!”
 
Vado in camera e chiudo la porta, mi appoggio a questa emettendo un profondo sospiro, e dopo essermi passato una mano su tutto il volto esclamo: “Perché Tsubasa mi hai chiesto di vegliare su di lei?… Perché?”
Un pugno volante impatta sullo stipite provocando un gran rumore e anche un gran dolore alla mano.
Sono proprio un’idiota.
Vado in bagno e faccio una bella doccia fresca per schiarirmi e idee.
   
 
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