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Autore: notaro slash    22/06/2016    1 recensioni
La storia di una band londinese risorta dalle sue stesse ceneri come se fosse una fenicie e quella di alcune ragazze che li accompagneranno lungo l’ascesa al successo.
Sesso, droga e rock n’ roll, come andrà a finire? Ce la faranno o soccomberanno nell’anonimato?
Stay Metal!
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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My Love

 



Brian P.O.V.

Il concerto è stato un qualcosa di veramente magico, lo porterò sempre con me nel mio cuore. Mi son divertito facendo quello che più amo: suonare; ho corso dietro ogni nota, mi son fatto trascinare da loro, mi hanno sorretto e mi hanno caricato con un’energia unica, un’energia con la quale in quel momento mi sentivo il re del mondo, ma mi hanno anche emozionato, a momenti mi hanno anche fatto quasi piangere, piangere di gioia.
I ragazzi, lì con me sul palco, erano fantastici e hanno fatto un lavoro incredibile, il pubblico poi era sinceramente unico, li ringrazio di cuore per aver partecipato ed aver fatto parte del nostro primo vero concerto dopo la nostra rinascita.
Dopo il concerto tutti quanti ci siam divertiti trasportati dall’ebrezza dell’alcool e le note delle canzoni rock che risuonavano per il locale dalle casse dove fino a poco prima si sentiva la potente voce di James.
Non sono i pochi i ricordi che continuano a girarmi nella testa nonostante abbia un post sbornia non indifferente. Frank, ad esempio, come suo solito si rese altamente ridicolo difronte a molta gente, con i suoi balli, discorsi senza un senso logico e altro che è meglio non riportare a galla che mi imbarazzo io per lui. Alcuni particolari di quella serata è meglio che rimangano in quelle mura del pub e non vengano divulgati, se non altro per l’incolumità di alcuni di noi.
Nonostante ciò sicuramente una parte importante, se non la più importante, è stata quella quando arrivai a casa insieme ad Irene. La ragazza, giusto il tempo di chiudere il portone di casa, che mi diede il suo personale regalo per esser stato “Il miglior chitarrista, bravo, cazzuto e sexy”… e che regalo! Sicuramente un ricordo non di secondo piano rispetto ad altri!
Ora saranno tipo le nove di mattina, non lo so l’orologio è stato buttato chissà in quale angolo della casa mentre ero in compagnia della mia dolce metà. Mi son svegliato di gran lena, e dopo un bel caffè, ho cominciato a comporre. Le idee non sono poche e voglio far sentire qualcosa agli altri quando andrò tra poco in sala prove. Mi do una sistemata, giusto l’indispensabile per essere presentabile, e, dopo aver accompagnato Irene all’università, mi dirigo in macchina alla sala portandomi dietro una Gibson Les Paul.
Mi ritrovo all’entrata dell’edificio e, non notando nessuna auto degli altri ragazzi, constato che sono il primo ad essere arrivato. Entro e invece mi ritrovo la sorpresa: Simon buttato sul divanetto, un braccio messo fuori a penzoloni, sei bottiglie di birra vuote appoggiate sul tavolino ed un’altra una di vodka vuota a tre quarti ai piedi del mobile.
Lascio la chitarra affianco al tavolo del mixer e mi accomodo alla poltrona accanto al divanetto. Do un’occhiata più attenta al bassista e agli oggetti presenti nella stanza, noto pagine di un quaderno strappate e buttate nel cestino, un paio di plettri appoggiati su un blocchetto per appunti e uno dei suoi bassi steso a terra vicino alla penisola. Insomma un disordine incredibile.
Rimango là seduto per un po’ non sapendo se doverlo svegliare o lasciare dormire. Perché ieri sera non è tornato a casa invece che venire qua?
La poltrona comincia a diventare scomoda, come se tutto d’un tratto qualcuno mi avesse tolto il cuscino da sotto per sostituirlo con uno pieno di chiodi, mi alzo stiracchiandomi e, dopo aver preso una bottiglia di acqua fresca dal frigo, mi rintano nell’altra stanza dove comincio a suonare.
 
<< Vuoi farmi un favore? Vattene a fanculo, c’è gente che cerca di dormire >> Mi ferma il bassista durante la composizione di un brano thrash metal. Ha due occhiaie che in confronto il trucco di Alice Cooper è niente.
<< Ma buongiorno a te amico mio, che bella cera che hai >> Lo saluto ironizzando sulla sua condizione.
<< Fottiti stronzo >> Mi manda a fanculo senza troppi problemi per poi sbattere la porta e tornare a stendersi sul divano.
Lascio la chitarra al suo posto e vado a spostare la poltrona in modo da sedermi frontale a lui. Il ragazzo fa finta di niente coprendosi gli occhi con una mano, evitando così di dovermi guardare.
<< Mi vuoi spiegare che cosa è successo ieri? Che hai fatto? >> Gli domando con tono pacato sperando di non farlo innervosire.
<< Simon, mi vuoi raccontare cosa avete fatto ieri? >> Ridomando ancora una volta visto che non ricevo da lui alcuna risposta alla mia precedente domanda.
Ancora silenzio.
<< Stronzo rispondimi! >> Lo punzecchio un po’ buttandogli sopra delle palle di carta che erano state abbandonate per terra.
<< Oh che cagacazzi che sei Brian! >> Mi manda una volta di più a quel paese girandosi dall’altro lato ed abbracciando un cuscino.
<< Lo sai che sono testardo, o mi rispondi, e ti dai subito dopo una sistemata, oppure appena ti addormenti ti disegno un pene gigante in faccia. A te la scelta >> Lo minaccio mettendomi comodo al mio posto. Quasi quasi vorrei che si addormentasse, giusto per rompergli di più dopo.
<< E va bene! –Si decide a rispondermi dopo dei minuti trascorsi in silenzio in cui credevo che si stesse per addormentare –E’ tutta colpa di James, prenditela con quella testa di cazzo >> Sentenzia dando la colpa al cantante al momento assente.
<< Senti, facciamo così: vai in bagno a darti una sistemata e poi andiamo al bar a prenderci un caffè che tanto non fa male a nessuno dei due >> Gli dico quasi ordinandoglielo.
Per mia fortuna non mi contraddice e, dopo essersi perso per un momento in chissà quale pensiero guardando il vuoto davanti a sé, va in bagno.
Dieci minuti dopo ci stiamo inoltrando per Londra recandoci a un bar per fare colazione come si deve. Arriviamo ad uno niente male dove, dopo aver ordinato i due caffè, ci sediamo fuori sotto una copertura appartenente al locale.
<< Beh ragazzo, dimmi che è successo ieri >> Mi rivolgo al mio amico mentre aspettiamo che ci vengano portati i caffè.
<< Allora, per prima cosa te sei uno grande stronzo. Per seconda cosa ti ho già detto di prendertela con quella merda di James >> Continua a rimanere sul vago nonostante mi stia cominciando a spazientirmi.
<< Ok ma vuoi dirmi, porca di quella troia, che è successo ieri? Cazzo! >> Provo a far sganciare qualche info in più oltre la solita roba ritrita ormai più di una volta.
<< Uff… niente, ieri ti ricordi quando mi alzai dal nostro tavolo e andai da James? Bene –Prosegue dopo un mio cenno di assenso –era in compagnia di due ragazze. Io ho cominciato a parlare con una di loro, Alexandra, e lei mi ha lasciato anche il suo numero sulla mano >> Mi risponde alzando la mano destra e mostrandomi un pastrocchio nero sul suo palmo.
<< Che cosa romantica ahahah… Sulla mano! Proprio come due innamorati, d’altri tempi insomma. –Lo insulto un po’, divertito dalla situazione –Beh qual è il problema ora? >> Chiedo non capendo dove si stia ponendo tutto questo dilemma.
<< Non so come comportarmi con lei. Cioè, la chiamo o no? Che faccio ? >> Chiede il bassista, forse più se a stesso che a me.
<< Cazzo, ti ha dato il numero! Secondo te una da il numero alla prima persona che le capita per strada o ad uno che veramente le interessa? Dai su un po’ di cervello Simon >> Gli spiego mentre lui si passa tra le mani il telefono indeciso sul da farsi.
<< Perché non vi incontrate? Anzi sai una cosa? Un’uscita a quattro e vaffanculo, ha Irene con cui parlare e siamo tutti felici e contenti. Oh grazie… –Ringrazio il ragazzo che ci porta finalmente i nostri caffè bollenti –Senti me, è una di quelle genialate alla Hunt >> Metto lo zucchero nella tazza aspettando una sua risposta alla mia proposta.
<< Mh… si può fare. Quando possiamo farla? –Mi chiede poco prima di prendere un sorso dalla sua tazzina –Spero che le vada bene >> Commenta guardando la siepe a cui do le spalle e che si trova dall’altra parte della strada.
<< Oh ma non ti preoccupare, convinco io Irene. Te parla con lei e facci sapere giorno ed orario, ok? Daje cazzo >> Lo incito finendo il caffè per poi appoggiare la tazzina sul tavolino davanti a me.
<< Molto bene. E comunque c’è un’altra cosa riguardo sempre a ieri sera. –Comincia a spiegare lasciando la tazzina vuota difronte alla mia –Io e James abbiamo fatto una scommessa >> Finisce facendomi ridere come un matto subito dopo.
<< James non vince mai una scommessa, è sempre stato un perdente >> Constato tra una risata e l’altra.
<< Si lo so e per questo sono sicuro di vincere io. Lui, entro due mesi, si deve fidanzare e portare a letto Martha, la ragazza che si trovava insieme ad Alex, e poi entro un mese scaricarla in malo modo. Abbiamo scommesso che chi perde deve fare il concerto dopo indossando solamente un costume da coniglio. Non vedo l’ora di vederlo aggirarsi per il palco con quel coso sopra >> Mi espone il fatto ridendo sotto i baffi calcando la mano per bene durante l’ultima frase.
Paghiamo quanto preso e ci dirigiamo con calma verso la sala dove speriamo di trovare gli altri.
<< Secondo me, se si mette d’impegno, potrebbe pure farcela, sai? >> Gli faccio notare mentre attraversiamo la strada sulle strisce pedonali.
<< Mh si ed è quello che mi preoccupa. Quando vuole qualcosa cerca in tutti i modi di ottenerla. Sono tre mesi di scommessa, sono duri da vincere ma non impossibili >> Conclude il discorso il bassista entrando nell’edificio.
 
Matt P.O.V.
 
Quel che mi ritrovo a dover affrontare appena arrivato è una scena divenuta abbastanza comune nel nostro piccolo di vita da band. Brian e James cercano disperatamente di avere uno ragione sull’altro infilando di tanto in tanto Frank e Simon nel discorso sperando in un aiuto da parte loro.
<< Ok ora basta, cosa non va adesso? >> Divido i due bambini appena li vedo bisticciare.
<< Cazzo, ci va quel solo dopo il ponte, invece lui “no meglio metterci il ritornello” >> Spiega a modo suo Brian imitando il cantante per poi sbuffare ed appoggiare un braccio sul proprio amplificatore.
<< Ma lo sai, non puoi infilare soli ovunque ti gira. A sto punto facciamo una strumentale! >> Replica James rivolgendo uno sguardo di fuoco al chitarrista.
<< Beh non sarebbe una cattiva idea >> Lo colpisce sul suo punto debole; il biondo non sopporta le strumentali. Beh… uno dei motivi più rilevanti è perché lui non può fare mai niente in quei casi.
<< Ok non cominciate, fatemi sentire il pezzo e decidiamo tutti insieme >> Ordino a tutti i presenti nel frattempo che monto la mia attrezzatura nella mia postazione.
Sento il brano ed è un qualcosa di molto carico, caratterizzato da un accordatura prettamente droppata e un atmosfera molto tetra sia nella strofa che nella ritornello, ha però quel non so ché di regale, come se sapesse lei stessa che è una canzone importante. Ma come può è solo un canzone!
Mi viene in mente una frase che Brian è solito dire “le canzoni prendono vita nel momento in cui le suoniamo e rappresentano la nostra anima proprio in quel momento in cui le eseguiamo”, è proprio vero qua tutti sanno che è un pezzo importante quello che si sta mettendo fuori.
<< Nome? >> Chiedo curioso passandomi la mano sul pizzetto con fare curioso.
<< Beh il nome che le avevo dato io è Death Moment*, ma boh… non lo so, non sappiamo >> Esaurisce la mia voglia di sapere il riccio con una sua solita scrollata di spalle.
<< Ok, comunque ci sta bene il ritornello dopo il ponte, magari dopo quello ci infili il solo. Oppure fai il solo dopo il secondo giro di strofa e ponte. In ogni caso ci si può lavorare sicuramente su >> Giudico dando una mezza vittoria al cantante che sorride soddisfatto per ciò.
Continuiamo le prove intavolando vari pezzi, oltre alla traccia di prima tipicamente groove metal ma con sonorità che ricordano sia il thrash metal che il death metal, escono brani adatti anche ad un pubblico più ampio come ad esempio Remember of you* che è una ballad hard rock. Passiamo più di due ore a comporre e fare arrangiamenti di nostre vecchie canzoni, James e Simon continuano a punzecchiarsi a vicenda con battutine e riferimenti a fatti ai quali, purtroppo, ne sono completamente all’oscuro, l’unico che sembra capire i loro atteggiamenti è il mio collega dall’altro lato della stanza che ogni qual volta che i due litiganti si esprimono soffoca una risata abbassando il capo verso la propria chitarra per non farsi notare.
In ogni caso, ci divertiamo suonando e le considerazione sull’esibizione del giorno precedente non mancano, tutti noi ne siamo rimasti entusiasti ma sappiamo che è solo il primo passo di una lunga corsa da dover compiere per arrivare a portar a termine i nostri obiettivi prefissati ormai da tempo.
E’ quasi orario di pranzo e, con un ultimo saluto, ci congediamo andando ognuno per i propri sentieri.
Mentre mi incammino verso la mia auto mi vengono in mente alcuni particolari a cui fino ad ora non avevo dato peso, Brian e Simon, dopo il litigio per il bidone che ci ha buttato il bassista la sera prima del live, vanno d’amore e d’accordo mentre James lo noto molto più determinato, spavaldo e sicuro di sé rispetto al solito. Sicuramente ci sono di mezzo le battutine buttate lì durante le prove da i due ragazzi, ma continuo a non capirne il motivo.
 
“Poi verranno da me a cercare aiuto e conforto. Però prima ovviamente non mi rendono partecipe di niente, che teste  di cazzo”
 
Scuoto la testa e pensando a quanto son scemi i miei compagni di band, metto in moto la macchina e mi allontano dalla sala.
 
Simon P.O.V.
 
<< Vieni con me a prendere Irene dall’università? >> Mi propone Brian mentre ci dirigiamo insieme verso la sua auto.
<< Va bene >> Accetto senza pensarci più di tanto.               
Arriviamo prima dell’orario di fine delle lezioni e così parcheggiamo e rimaniamo là ad aspettare la ragazza. Il sole ci sta man mano cuocendo come se fossimo del beacon sulla pentola, fa un caldo atroce.
<< Che cosa fa esattamente Alexandra? >> Mi domanda Brian cercando una bottiglia dell’acqua sotto il proprio sedile.
<< Oh… Se non sbaglio ha detto che studia ma sai, in mezzo al casino di ieri e poi il tempo ristretto che ci ha concesso vossignoria Brown prima di far spazientire Martha, non ci ha dato modo di parlare moltissimo >> Lo informo con un tono ironico.
Il caldo continua a battere e il discorso dopo un po’ viene lasciato cadere nel vuoto perché stiamo morendo per disidratazione. Scendiamo dalla macchina e ci buttiamo sotto l’ombra di un albero poco distante dall’edificio a cui diamo sempre un’occhiata.
<< Ricorda, la prossima volta metti un paio di bottiglie d’acqua in più in quella fottuta macchina. Se tarda un altro po’ finiamo tutta la scorta >> Proferisco finendo la seconda bottiglietta da mezzolitro.
Ad un certo punto comincio a sorridere come un ebete convinto che il sole mi stia giocando un brutto scherzo con qualcosa del tipo un miraggio siccome vedo in lontananza Alex e Martha camminare reggendo dei libri tra le braccia.
<< Ehi man, guarda là. ­–Indico le due ragazze che percorrono il vialetto che passa affianco al nostro albero –Quella piccolina mi assomiglia tanto ad Alexandra. Non lo trovi pure tu che le assomiglia? >> Scherzo facendo una risata fin troppo acuta per i miei standard.
<< E che cazzo ne so, non l’ho mica vista io >> Risponde dando una rapida occhiata alle ragazze per poi ricominciare a bere come se fosse un cammello assetato.
Mi passo una mano sul viso e controllo meglio le due figure che man mano si stanno avvicinando verso noi. Aspetta… non è che glia assomiglia, è proprio lei!
Tiro una gomitata fin troppo forte al riccio strappandogli di mano la bottiglia e prendendone un lungo sorso.
<< AHIA STRONZO! –Mi grida contro il chitarrista massaggiandosi le costole –Che cazzo ti è preso?! >> Mi chiede provando a riprendersi la bottiglia ma inutilmente siccome l’allontano da lui continuando a berci io.
<< E’ lei! E’ Alex! Cazzo che faccio, la saluto? Le parlo? Le chiedo di uscire? Aaah aiutami Brian >> Lo supplico rigettandogli la bottiglia tra le sue braccia dopo averla finita tutta io.
<< Certo che sei una merda, l’hai finita tutta! E comunque vai e parlarci, tira fuori le palle >> Mi insulta incitandomi ad andare da lei mentre guarda dentro la bottiglia per controllare se è rimasto del residuo da buttare giù.
La guardo sorridere, chiacchierare allegramente con Martha e mi faccio forza per non fare la figura del rammollito, mi alzo e vado da lei cercando di essere il più naturale possibile anche se sono sempre il tipo che fa le cavolate una dietro l’altra.
<< Ciao Alexandra! >> La saluto facendola voltare verso la mia direzione. Santo Dio, quanto è bella.
<< Ciao Simon che bello vederti >> Mi corre incontro con un sorriso a trentadue denti.
<< Mh ciao… >> Borbotta Martha scrutandomi per bene da capo ai piedi.
<< Che studiate ragazze? Volete una mano coi libri? >> Faccio il gentile, anche se mi sa mi prenderanno per un leccaculo, mollando Brian sotto l’albero ancora intendo a cercare dell’acqua.
<< Oh io studio architettura e lei ingegneria informatica. Te studi qualcosa? >> Mi chiede continuando a camminare e divertendosi delle facce buffe che faccio.
<< Ehm tasto dolente ahahah … Diciamo che sono un po’ sfaticato e dopo le superiori ho mollato e faccio il barista in un locale non molto distante da qui >> Rispondo cercando di non fare la figura del ciuccio.
<< Ahahah dai magari vengo una sera al locale dove lavori >> Commenta guardandomi con quei bellissimi occhi.
<< Eh a proposito, che ne dici di uscire una  volta insieme? Ti faccio conoscere magari qualcuno della band. Ti ricordi il chitarrista riccioluto? E’ fidanzato, che poi la sua ragazza dovrebbe uscire tra poco dall’ultima lezione, magari possiamo uscire tutti insieme…  >> Sgancio la bomba pregando che accetti…
 
“Per favore non mi dire di no”
 
<< Si! Sarebbe bello! Quando, stasera? Domani? Oh aspe… si devi essere te quello che chiede ahahah >> Risponde con una risata genuina, entusiasta della mia proposta. Ah che bello!
<< A me va bene stasera anche, tanto non ho il turno oggi. Mi son preso un giorno di permesso >> Spiego con un sorriso grande quanto una casa.
<< Si! >> Accetta dandomi l’ok per uscire insieme.
<< Benissimo allora passo da casa tua per le otto? Ti chiamo così mi dici dove abiti >> Le propongo arrivando nei pressi della loro macchina.
<< Perfetto ti aspetto per le otto >> Mi fa l’occhiolino per poi ridere come una matta.
<< Sorry man, ma noi saremmo arrivate alla macchina. Ci si vede eh >> Si intromette Martha prendendomi i libri dalle mani e mettendoli sui sedili posteriori.
Le saluto e nel momento in cui svoltano l’angolo corro verso Brian; anzi no, che correre, sto saltellando come un bambino che ha appena ricevuto il regalo di natale in super anticipo!
<< BRIAN! HA DETTO SI! CAZZO, HA DETTO SI STASERA USCIAMO TUTTI INSIEME! >> Gli urlo appena arrivato non vedendo che era “impegnato” con Irene.
<< Chi ha detto si? E perché ha detto “tutti insieme”? >> Cerca dei chiarimenti la biondina staccandosi per un attimo dalle labbra del suo ragazzo e guardandolo con un espressione interrogativa.
<< Ah niente… Una ragazza le ha appena detto di si per uscirci e gli ho promesso che avremmo fatto un’uscita a quattro >> Spiega non dandoci la dovuta importanza come quella che sto dando io.
Andiamo alla macchina con io davanti che continuo a saltellare non credendoci ancora a questa bellissima notizia.
<< Allora mettiamo in chiaro un paio di cose, –Si rivolge a me il riccio mettendosi al posto del guidatore –ci sono giusto alcune regole che devi ASSOLUTAMENTE rispettare >> Mi comincia a bacchettare con Irene al suo fianco che se la ride sapendo già, immagino, cosa voglia dirmi.
<< Uno, non fare e non dire cazzate. Abbi pietà della tua e della nostra dignità;
Due, sii puntuale e non dire cose sconvenienti. In ciò è compreso anche qualcosa sulla statura che so che accennerai –Mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore quasi per minacciarmi –Ok?
Tre, vestiti in modo decente. Non dico tipo da matrimonio ma prova a rovistare nel tuo armadio, qualche cazzata la trovi.
Quattro ed ultimo, ma non per importanza, non te la fare davanti a noi. Questa è una specificazione del primo punto che era d’obbligo fare >> Finisce di istruirmi spegnendo la modalità “istruttore del primo appuntamento”.
<< Ma a lei sono piaciute le mie facce buffe >> Piagnucolo mettendo il broncio.
<< Niente. Cazzate. >> Ripete scandendo per bene le parole.
<< Ma… >> Provo a ribattere.
<< Che ho detto? Finiscila eh >> Mi contraddice il ragazzo.
<< Dai lascialo stare, se la deve vedere da solo >> Mi da man forte Irene facendo calmare il fidanzato.
<< Oh grazie Irene, se non ci fossi te! >> La ringrazio dandole il cinque con il chitarrista che sbuffa sonoramente incapace di controbattere a lei.
Mi lasciano sotto il portone di casa dandoci l’appuntamento a stasera. Non vedo l’ora, non sto più nella pelle.
Sono carico come una molla e giusto il tempo di mangiare qualcosa al volo che mi chiudo in camera da letto, con gli Slipknot come sottofondo, a cercare gli indumenti adatti al mio caso.
 
Martha P.O.V.
 
<< Altro svitato, ci mancava lui >> Borbotto un po’ stufata con quel cantante da quattro soldi che mi passa ancora una volta nella mente.
Cosa ho contro di lui? Non lo sopporto! Quei suoi modi di fare, quella sua voce suadente. Ci sono cascata già una volta nel tranello di un musicista da strapazzo, non commetterò lo stesso errore.
Guardo Alexandra seduta affianco a me, i suoi occhi persi nel vuoto di chissà quale pensiero. Sono preoccupata per lei e quel bassista coi capelli rossicci, tanta gente proprio lui doveva capitare?
Driing Driing
Mi risuona il telefono con la vibrazione che sembra di avere un trattore in miniatura appoggiato sul cruscotto. E chi doveva mai interrompere il filo dei miei pensieri? Quella zucca vuota di Elliot, è il tempismo fatta persona.
<< Ehi rompi scatole >> Punzecchio il mio amico subito dopo aver preso il telefono ed aver risposto.
<< Buongiorno. Finito di fare la secchiona con i computer? >> Mi prende velatamente in giro accompagnato subito da una risata che mi perfora l’orecchio per il volume esorbitante a cui sta impostata la chiamata.
<<  Rimarrò un giorno di questi senza un timpano… Stasera maratona film horror? >> Cerco compagnia per la serata siccome quella ingrata se ne va in giro con la nuova fiamma.
<< E me lo chiedi pure? Lo sai che li adoro eheh. Prepara i Pop-Corn che al solito orario ti farò urlare di paura… e chissà anche per qualcos’altro >> Aggiunge con tono malizioso.
<< Rimani al tuo posto zucca vuota. Comunque perfetto, ti richiamo più tardi? Sto tornando a casa e con il telefono mi deconcentro mentre guido >> Gli ricordo mettendomi poi a ridere portando a galla i fatti accaduti non molto tempo prima, quando stavo per andare a finire contro delle bancarelle sempre per colpa sua che mi parlava incessantemente dall’altra parte del telefono. Frutti e verdure che finivano contro la macchina, persone indignate che gridavano contro di me che tentavo di far meno disastri possibili.
Lo saluto e torno a guidare ripensando a tutti i momenti passati insieme a Leo, ne abbiamo combinate così tante sempre uno affianco all’altra che inevitabilmente mi spunta un debole sorriso sulle labbra.
 
Irene P.O.V.
 
Mangiamo con tutta tranquillità per poi, dopo aver chiacchierato seduti sul divano difronte alla televisione, lui si ritira nella nostra stanza da letto per dormire, ed io in bagno a farmi una doccia. Mi tolgo gli indumenti e faccio trascinare via ogni pensiero dal getto di acqua calda della doccia che mi bagna tutto il corpo. Chiudo gli occhi e i pensieri corrono a briglie slegate e in men che non si dica ricomincio a ripercorrere quanto successo a Simon nelle sue ultime infelici storie, “Basta! Non ne posso più, preferisco stare solo che ritrovarmi accanto gente così! Vaffanculo a tutti!” Gridava per poi correre via lasciando tutti di sasso. Promise a stesso di non essere più tentato da alcuna donna ma a quanto pare non era riuscito a mantenere la parola data quasi due anni fa.
 
“Ne riuscirà ancora una volta con la testa a pezzi o reggerà il peso di tutto ciò? Spero che non impazzisca come già successo”
 
Finisco di farmi il balsamo ed esco avvolgendomi nel mio accappatoio bianco. Ricordo ancora quei suoi occhi iniettati di sangue che teneva prepotentemente la sua ex, la sua espressione era carica di rabbia e sembrava quasi impossibile che quel ragazzo così solare potesse trasformarsi in una bestia così feroce.
Avvolgo i capelli in un lungo turbante e con passo felpato mi reco nella camera da letto dove il mio ragazzo dormiva con un’espressione angelica, chissà cosa stesse sognando in quel momento.
Mi siedo sul bordo del letto dando le spalle a Brian, mi tolgo l’accappatoio e comincio a vestirmi. Un dito mi passa lentamente lungo la mia schiena facendomi venire i brividi, mi volto trovandomi il riccio che marchia la mia pelle con il suo sguardo da chi la sa lunga, lo fisso mordendomi leggermente il labbro inferiore. Come se fossimo due calamite, irrimediabilmente ci attraiamo dando sfogo al nostro amore reciproco. Le sue labbra percorrono il mio corpo mandandomi in tilt il cervello.
<< Brian, per favore. Fammi vestire dai >> Provo ad allontanarlo con l’ultimo briciolo di lucidità che mi è rimasto in corpo ma il ragazzo riesce a far abbassare anche questa mia ultima barriera prendendomi a sé e facendomi scordare qualunque cosa stessi per fare fino a una manciata di secondi prima.
Si fanno le sei e mezzo e a malincuore sono costretta a lasciare le braccia del mio uomo per prepararmi alla serata. Asciugo i capelli per bene con il diffusore e un po’ di schiuma per modulare al punto giusto i miei boccoli. Per quest’occasione ho scelto di indossare una camicia nera con il colletto borchiato ed una gonna in velluto rosso borgogna, completo il tutto con un po’ di trucco e calzando delle jeffrey campbell nere. Le adoro ma a volte mi chiedo come  faccia ad averle sopra per così tanto tempo, sembra quasi di stare su dei trampoli.
Esco dal bagno e trovo Brian che si specchia aggiustandosi il suo gilet nero sopra ad una camicia bianca con le maniche tirate fin sopra i gomiti, dei jeans celesti strappati alle ginocchia e delle converse nere completano il suo look con dei Ray-Ban che gli pendono dalla collana dove son presenti una serie di plettri intervallati da delle lettere che compongono il mio ed il suo nome.
<< Oh fuck! >> Esclama voltandosi verso di me sentendo il rumore dei tacchi delle mie scarpe. Mi avvicino e gli metto le braccia intorno al collo divertita dall’espressione buffa che ha assunto guardandomi dal capo ai piedi.
<< Te sei figlia di Afrodite, non c’è nessun’altra spiegazione a quello che ho davanti >> Commenta prendendomi per mano e facendomi girare su me stessa per farmi ammirare meglio.
<< Senti chi parla, intelligente ed astuto come Atena ma bravo con la musica come Apollo >> Lo bacio perdendo per un attimo di vista quello che dovevamo fare, passare da casa di Simon e Alex.
Scendiamo in macchina mentre il sole ormai tramonta, i lampioni sono accesi lungo le strade e i raggi di sole colorano di arancione il cielo. Con Brian alla guida e le stelle che cominciano a rivelarsi lungo la distesa che sovrasta i nostri capi, passiamo prima da Simon e poi da Alexandra che sala in macchina del bassista e poi tutti e quattro andiamo verso il locale dove ceneremo accompagnati da della buona musica.
Il quartiere Punk di Londra, le luci a neon e i lampioni illuminano come se fosse a giorno le bancarelle e i negozi che si affacciano sulle strade lastricate in pietra con la gente che cammina ridendo e scherzando. Panchine, statue di cavalli, tavoli con sopra merci di ogni tipo, riducono all’osso lo spazio di passaggio per la folla che non attende che chi sta avanti passi con calma. Per Simon è come una grande festa, si ferma ovunque a guardare, con una scintilla negli occhi, ogni oggetto, utensile e qualunque altra cosa che sia particolare e che, per un suo ragionamento incomprensibile, in futuro gli potrebbe servire per un motivo a noi sconosciuto. Alexandra, vestita con un elegante vestito lungo nero ed anfibi militari, non è da meno al suo accompagnatore e ogni qual volta che ci imbattiamo in vestiti, scarpe o cappelli, la perdo di vista non trovandola più nel mezzo della gente che continua a camminare fregandosene del mio stato d’ansia nel cercarla come se fosse una bambina piccola. E’ uno di quei momenti in cui vorrei gridare “Statevi fermi tutti!” e quasi per magia tutti mi obbedissero, sarebbe comodo per cercarla a tutte le occasione che non la trovo. Insomma, comunque, quei due sembrano esser fatti per stare insieme.
Con un gran sospiro di sollievo, mio e di Brian, arriviamo tutti e quattro al Proud Camden. Sembra un miracolo ma siamo arrivati senza perdere componenti lungo il tragitto.
Entriamo nel locale e ci accomodiamo al secondo tavolo che percorre la stanza sulla destra. I muri e il soffitto sono ricoperti di stoffa rossa che, insieme a della musica che fuoriesce dalle casse appese alle travi ed ai candelabri elettrici fissati tra un tavolo e l’altro, creano un ambiente particolare in cui le spogliarelliste e le cameriere si muovono con facilità ed attirando parecchi sguardi degli uomini presenti alla serata. Con mio stupore Brian sembra ancora non aver buttato l’occhio su nessuna, la stessa cosa non posso dire di Simon che da appena entrato nel locale, ha analizzato a fondo più di una ragazza senza che Alex se ne accorga.
Dopo aver ordinato cominciamo a chiacchierare nel frattempo che ci portino i piatti, più di una volta sono costretta a tirare un calcio a Simon per attirare la sua attenzione da un qualche sedere delle spogliarelliste. Alex è una brava ragazza, simpatica ed intelligente, ma Simon è un tipo che non si fa pregare per farsi distrarre da una bella ragazza nelle vicinanze. La serata trascorre tranquilla parlando di musica, sport e del più e del meno. Sorprendentemente io e Alex la pensiamo uguale in diversi casi.
Finiamo di mangiare e ci guadagniamo, a suon di spinte a gente che non vuole saperne di spostarsi, un posto tra le prime file difronte a una band Punk rock che si sta esibendo nella stanza posta dall’altro lato rispetto a quello dove abbiamo cenato. Il Proud Camden(*) è immenso, attraversando la stanza dove le band si possono esibire si trova un lungo corridoio dove si affacciano una serie di stanze più piccole in cui spogliarelliste danno spettacolo al pubblico, continuando si esce all’aperto con un angolo bar e una serie di tavoli e panchine. E’ un bellissimo posto.
A fine concerto usciamo dal questo quartiere di pazzi e, sotto la pallida luce della luna ci incamminiamo verso Castlehaven Open Space(*), un parco dove ci possiamo sedere e chiacchierare con tranquillità. Attraversiamo la Chalk Farm Rd(*) e la Hawley St(*), rimpiango quasi quei pazzi che affollavano le strade punk perché ci infiliamo in un parco che di notte si trasforma in un ritrovo di alcolici e drogati. Non l’avessimo mai fatto, mi rifugio tra le braccia di Brian cercando un posto sicuro da questa gente più di una volta ci lanciano occhiate poco benevole. Il posto continua a non piacermi minimamente così, dopo aver stressato il mio povero chitarrista fino allo sfinimento, riesco a convincerlo ad andarcene a casa. Salutiamo i due piccioncini e ci dirigiamo all’uscita ma…
<< AAAAAH! >> Mi si gelano le ossa a sentire l’urlo che ha emesso Alexandra.
Che è successo? Dobbiamo tornare indietro!
Mi volto verso i nostri amici e mi trovo a dover guardare una situazione che mi sembra uscita da un incubo. Non voglio crederci… Perché?
 
 
 
 
 
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*Entrambi i brani esistono e sono delle mie composizioni, una descrizione generale di quel che sono realmente è già presente in questo capitolo. In futuro ci saranno altre canzoni.
(*)Sono tutti locali e strade, così come in precedenza il 12bar club, che esistono nella realtà.

 
Note d’Autore:
 
Eccomi qua con un nuovo capitolo! Finalmente sul finale un po’ di movimento ma che è successo? Chi vivrà vedrà! Ahahah comunque spero che vi piaccia, lasciate una bella recensione (anche due parole o se vi va un mp), basta che mi fate sapere una vostra opinione ;).
Detto ciò specifico che canzoni come quelle nominate e descritte (quelle con il *) sono mie canzoni, spero in futuro di avere l’occasione di farvele sentire ma per ora, purtroppo, vi dovrete accontentare delle descrizioni :3.
Bene, ciao e a presto!
 
-Slash




















 La stanza dove i ragazzi hanno cenato.




















La band che si esibisce.

















 
  
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