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Autore: LaTuM    17/04/2009    10 recensioni
La battaglia è finita. Tuttavia ci sono delle cose che Harry deve fare prima di poter tornare alla Torre dei Grifondoro.
[Post 7° libro senza epilogo]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Narcissa Malfoy, Ron Weasley
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nemesis Disclaimer: tutto appartiene a JKRowling, io non ci guadagno nulla.

 

Nemesis

 

 

« Ne sei sicuro? » chiese Ron. C’era una debolissima eco di desiderio nella sua voce mentre guardava la Bacchetta di Sambuco.

« Io sono d’accordo con Harry » sussurrò Hermione.

« Quella bacchetta procura più guai di quel che vale » concluse Harry. Poi voltò le spalle ai dipinti. Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù. « E sinceramente » aggiunse, « ho passato abbastanza guai per una vita intera ».*

 

Ron ed Hermione annuirono e si limitarono a seguirlo lungo la scala a chiocciola che, intuite le loro intenzioni, iniziò a girare in senso opposto.

Per la prima volta Harry uscì dall’ufficio del Preside sereno.

Il secondo, quarto, quinto e sesto anno uscire da quell’ufficio aveva significato assumersi di volta in volta responsabilità sempre maggiori affiancate – eccetto al secondo anno – da un lutto. Prima Cedric, poi Sirius ed infine Silente.

Ora invece era libero. Erano morte troppe persone nel giro di pochi mesi: a cominciare da Edvige per finire con Voldemort. Non che la morte dell’ultimo fosse sinonimo di dispiacere però… Si sentiva in qualche modo totalmente prosciugato. Andare incontro alla morte, morire e poi tornare indietro per sconfiggere l’uomo (se poi di uomo ancora si poteva parlare) che aveva pianificato la sua morte ancor prima che venisse al mondo era… scioccante. Voldemort non c’era più. Non avrebbe più provato ad ucciderlo. Né lui, né i suoi amici. Avrebbe voluto dire ‘né la sua famiglia’, ma tutto ciò che restata di essa era andato distrutto in quella battaglia, con la morte di Lupin e, sì, anche di Piton. L’uomo che pur odiandolo l’aveva sempre protetto e inveito contro Silente quando l’anziano mago gli aveva svelato che sarebbe dovuto morire. Piton aveva provato a difenderlo. Quella rivelazione l’aveva sconvolto ancor più che l’aver sconfitto Voldemort.

Ron ed Hermione camminavano al suo fianco, mano nella mano, senza proferire parola. Harry sorrise vedendoli con la coda dell’occhio. Era certo che i litigi tra i due non si sarebbero mai placati, ma se non altro avrebbero trovato modi più piacevoli per risolverli, senza costringerlo a fare da intermediario tra i due o di correre il rischio di perdere la voce a furia di mancato utilizzo.** O per lo meno, lo sperava. Anche se era ancora nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, i due ragazzi potevano sentire i suoi passi rimbombare alle loro spalle. Vedendo che, eccetto loro tre, nessuno si stava aggirando per i corridoi e Harry si azzardò a scostare un lembo del mantello.

« Voi due andate pure dove volete… Vi meritate un po’ di tempo per voi. Io… Io credo di aver bisogno di rimanere solo per un momento » asserì grattandosi distrattamente il collo.

Hermione lo fissò leggermente preoccupata. Rimanere soli dopo tutto quello che era successo e che aveva vissuto non era la mossa giusta. Sapeva che Harry – pur avendo desiderato fino all’ultimo la distruzione di Voldemort e pur sapendo di non essere un assassino – si sarebbe sentito ugualmente in colpa: non per la scomparsa del Signore Oscuro, ma per il sacrificio di vite umane che la battaglia aveva comportato.

« Harry, noi… »

« Mi avete seguito dove nessuno avrebbe osato farlo. Dal Tranello del Diavolo fino a quest’ultima battaglia – mormorò Harry avvertendo un lieve pizzicore agli occhi, conscio che le lacrime erano in agguato – credo che…»

Hermione scosse la testa e sorrise.

« Gli amici servono a questo. Folli da rischiare la vita con te forse non ce ne sono molti, ma… E’stato un onore Harry » concluse la ragazza allontanandosi un momento da Ron per abbracciare il moro.

« Grazie » sussurrò Harry lasciandosi cadere il mantello alle spalle e ricambiando la stretta dell’amica.

Quando lei si allontanò Ron gli diede una pacca sulla spalla, ma poi fu lui stesso ad abbracciarlo. Harry lo sentì singhiozzare e trarre a sé Hermione, in modo da condividere insieme quel momento e sfogarsi in un pianto di dolore e al tempo stesso liberatorio. Ognuno era sopravvissuto grazie all’altro. Da soli nessuno dei tre ce l’avrebbe fatta, insieme avevano vinto.

« Ti lasciamo solo, però tieni a portata di mano il frammento di specchio » gli intimò Ron.

« Perché? » domandò Harry che portava ancora al collo la sacca in cui era contenuto il frammento.

« Aberforth mi ha dato l’altro. Se dovessi aver bisogno, chiamaci, ovunque tu sia. E se dovessi sparire troppo a lungo, ti raggiungeremo con il Deluminatore ».

Harry rise alle parole dell’amico ma annuì e, dopo essersi chinato a raccogliere il Mantello dell’Invisibilità si diresse verso un corridoio con le mani in tasca.

Le sentiva lì, nelle sue tasche. Tre bacchette e tutte e tre di esse al suo servizio. Eccetto la sua, le altre non le aveva né chieste né volute. Quella di Draco Malfoy gli era solo capitata tra le mani nel momento giusto.

Aveva diverse cose da fare, e la prima consisteva nell’accertassi che Kreacher fosse vivo. Quando lo chiamò l’elfo comparve all’istante. Un po’ ferito, ma vivo.

« Grazie Merlino… Sono davvero felice che tu sia vivo Kreacher. Grazie per averci raggiunto. Siete stati eccezionali, tutti voi » mormorò.

L’elfo parve sorpreso e compiaciuto.

« Kreacher voleva rendere onore alla memoria del suo padrone per il padrone ».

Entrambi non dissero più una parola, fin quando Krecher non domandò ad Harry se avesse bisogno di qualcosa.

« Non so se ho il diritto di chiederti altro. Forse dovrei liberarti…»

Kreacher scosse violentemente la testa.

« A Kreacher ora va bene lavorare per Harry Potter, signore ».

Harry sospirò sorridendogli di gratitudine.

« Nella Stamberga Strillante c’è il cadavere di Severus Piton. Puoi portarlo nella stanza dove stanno raccogliendo gli altri corpi? Se ti fanno domande digli che te l’ho domandato io e che è proprio grazie a lui che sono riuscito a sconfiggere Voldemort ».

« Kreacher andrà immediatamente, signore » disse l’elfo con un inchino.

« Riferisci anche alla McGrannit che desidero vivamente che venga commissionato un ritratto del professor Piton da esporre nell’ufficio del Preside accanto a quello del professor Silente ».

« Kreacher riferirà ogni parola del padrone ».

« Grazie » disse Harry prima che l’elfo si smaterializzasse davanti ai suoi occhi con un sonoro crack.

Il ragazzo sospirò e affondo il viso nelle mani e, scostandosi leggermente gli occhiali, si strofinò gli occhi leggermente umidi. In poche ore era cambiato tutto, troppo e in meglio, eppure – fosse stato solo per riportare in vita chi amava – sarebbe stato disposto a scontrarsi ancora con Voldemort. Poi, rendendosi conto di quanto stupido fosse quel pensiero, decise di uscire e fare quello che aveva promesso poco prima all’anziano mago del ritratto.

Percorse silenziosamente i corridoi non incontrando nessuno. L’euforia aveva avuto il sopravvento e tutti erano ancora riuniti nella Sala Grande a festeggiare o farsi forza per fronteggiare le perdite subite. Harry non voleva immaginare cosa sarebbe accaduto il giorno successivo, quando sarebbe stato costretto ad affrontare realmente quelle morti. Sino a quel momento era stato troppo occupato a farsi forza per sconfiggere Voldemort e non aveva avuto il tempo di compiangere gli amici come avrebbero meritato.

Si strinse nel mantello ed uscì nel parco, raggiungendo in breve tempo l’angolo in cui si ergeva il bianco sepolcro di Silente. Sfiorò la fredda superficie di marmo che non era stata raggiunta da alcuna maledizione o incantesimo e che si ergeva in tutta la sua maestosa austerità nel prato. Immaginò che fosse costato molto a Piton profanare quel sepolcro pur di soddisfare il capriccio di Voldemort. Lui si sentiva un verme solo perché avrebbe dovuto aprirla per rimettere la bacchetta dove avrebbe dovuto restare.

Cercò di non guardare nel momento in cui il pesante coperchio si mosse. Non si era reso conto che quel suo desiderio era stato interpretato autonomamente dalla Bacchetta di Sambuco ed esaudito. L’occhio però cadde ugualmente all’interno della tomba ed Harry si stupì nel vedere il volto dell’anziano mago rilassato e le labbra incurvate in un sorriso. Sembrava che stesse solo dormendo…

« Potranno dire tutto quello che vorranno. Io sarò per sempre l’uomo di Silente – mormorò Harry con una lieve nota di commozione nella voce – grazie per tutto professore ».

Scosse la testa rendendosi conto che la conversazione col ritratto era stata molto più soddisfacente, ma quello era il vero Silente: l’uomo che aveva aiutato, salvato ed istruito. Velocemente, mise la bacchetta tra le mani del Preside e, dopo averlo guardato un’ultima volta, diede ordine al suo agrifoglio di riportare tutto com’era prima. Impugnare nuovamente la sua bacchetta e sentire la sua sola forza magica che scaturiva da essa, non aveva eguali. La Bacchetta di Sambuco non era riuscita ad eguagliare la sua vera bacchetta. Per quanto – per un solo istante - fosse stato tentato di tenere per sé il più ambito dei Doni della Morte, aveva capito che non aveva importanza. Non gli sarebbe servita e non voleva attirare altri guai. Come aveva detto poco prima ad Hermione, di guai ne aveva già avuti abbastanza per una vita intera.

Si rimise il mantello e tornò al castello. Non seppe dire quanto tempo era stato davanti alla bianca tomba di Silente, ma probabilmente abbastanza, considerando che diverse persone avevano già iniziato a lasciare la Sala Grande. I rispettivi direttori delle Case (tra i quali c’era anche Hagrid) e la McGranitt stavano dando ai genitori dei ragazzi rimasti a scuola per combattere le indicazioni per poter accedere alle Sale Comuni dei figli. Tutti coloro che erano lì avevano bisogno di riposo e Hogwarts era l’unico posto nelle vicinanze che potesse ospitarli. La guerra non sembrava aver infierito troppo sull’antico castello e le protezioni innalzate dai professori prima dell’attacco l’avevano sicuramente protetto maggiormente.

Il suo sguardo venne catturato dalla porta accanto davanti alla Sala Grande che dava nella stanza in cui erano stati portati i corpi dei caduti. Sarebbe stato curioso di vedere dov’era il cadavere di Riddle, ma si rese immediatamente conto di quanto macabro e poco salutare fosse quel pensiero. A distrarlo fu l’udire la voce strascicata e timorosa di Draco che domandava a Lumacorno se c’era ancora posto per lui ad Hogwarts. Il tricheco baffuto era in procinto di rispondere, ma fu preceduto dalla professoressa McGranitt che gli fece presente che la sua istruzione non era ancora completata e che si sarebbe aspettata di vederlo nuovamente al castello il successivo primo settembre. Probabilmente aveva già informato chi di dovere che ognuno avrebbe ripetuto l’anno appena trascorso dato che gli insegnamenti dei Mangiamorte non potevano essere ritenuti validi.

Lumacorno annuì e, rivolgendosi ai tre Malfoy, comunicò loro la parola d’ordine per accedere alla Sala Comune di Serpeverde..

« Non sarete in molti - annunciò l’uomo controllando sul registro – la maggior parte dei genitori hanno portato a casa i loro figli e… »

« Altri sono morti, come Tiger » concluse Malfoy al suo posto, senza dimostrare più il minimo rammarico. Harry non poté dargli torto.

« Beh…» provò a dire Lumacorno ma, come aveva sospettato Harry, un pusillanime come lui non aveva nulla da dire.

I Malfoy si congedarono e si diressero verso i sotterranei camminando vicini quasi fossero ancora stretti in un unico abbraccio. Gli fecero quasi pena, non tanto Lucius, ma Draco e Narcissa che in fondo avevano dovuto seguire la strada del marito. Che però fossero dei veri Serpeverde lo avevano dimostrato nel momento in cui la situazione era diventata estremamente pericolosa. Narcissa aveva mentito a Voldemort per proteggere il figlio. Per farlo aveva dovuto salvare la vita ad Harry Potter. Se Narcissa non avesse mentito, Riddle non si sarebbe fatto scrupoli a darlo in pasto a Nagini. Harry ringraziò la vanità di Voldemort che, per celebrare la sua vittoria, aveva volutto esporre il suo presunto cadavere a pubblico giubilo, dandogli così la possibilità di scappare e tornare a combattere.

Nessuno di loro fiatava e, quando fu certo che fossero abbastanza vicino all’entrata della Sala Comune della casata verde argento, Harry si tolse il mantello e chiamò Malfoy.

Lucius, Nacissa e Draco si girarono spaventati all’udire la voce di Harry priva di qualsiasi sentimento o tono.

Il Grifondoro vide il volto di Lucius tendersi, ma Narcissa scosse la testa e questo sembrò rassegnare l’uomo. Probabilmente quel gesto era bastato a ricordare al marito quanto Harry aveva fatto solo poche ore fa in Sala Grande.

« Signora Malfoy » iniziò a dire Harry gentilmente « volevo ringraziarla per quanta ha fatto nella Foresta Proibita. In un modo singolare, ma le devo la vita » ammise stupendosi poi di vederla scuotere leggermente il capo.

« Non sei in debito con me, signor Potter. Mi avevi confermato che Draco era vivo e mi hai permesso di ritrovarlo. Per me il debito è saldato ».

« Ma non ho fatto nulla! » disse Harry, alzando il tono di voce. Le occhiate di rimprovero che ricevette dai tre Malfoy gli ricordarono che, effettivamente, quella sera aveva fatto qualcosa anche per loro.

« E’ stata una grande prova di coraggio, signora Malfoy » disse il ragazzo.

« La tua molto di più ».

Harry ridacchiò.

« Io sono solo un Grifondoro incosciente! » disse il ragazzo, fiero di poter mettere sotto il naso dei Malfoy l’orgoglio della sua Casa.

« Si, ma hai salvato la vita a tutti noi ».

Il ragazzo sorrise in direzione della donna, l’unica con la quale aveva interagito fino a quel momento.

« Avrei bisogno di parlare con vostro figlio. Niente vendette, niente duelli, potete stare tranquilli ».

« Chi ci assicura che tu non voglia fare del male a Draco? » gli domandò un sospettoso Lucius Malfoy.

« Sa com’è… Direi che per oggi di scontri ne ho avuti abbastanza e poi suo figlio non ha la bacchetta » spiegò semplicemente Harry estraendo dalla tasca il biancospino di Draco « voglio solo rendergli ciò che è suo ».

I due adulti lo guardarono in cerca di un’ulteriore rassicurazione e, ad un cenno di Narcissa, si allontanarono in direzione della Sala Comune sotterranea, informando il figlio che l’avrebbero atteso davanti all’ingresso.

« Ah, Signor Malfoy? » lo chiamò improvvisamente Harry, non resistendo alla tentazione di prendersi una piccola vendetta sul padre di Draco e far perdere a Riddle l’ultimo briciolo di credibilità « tanto perché le farà piacere saperlo… Voldemort era un mezzosangue. Suo padre era un Babbano » gli disse Harry con un ghigno molto Serpeverde dipinto sul viso che si accentuò nel vedere l’espressione esterrefatta di Malfoy senior.

Quando i due ebbero svoltato l’angolo, Harry si avvicinò al Serpeverde con l'accenno di un sorriso dipinto sul viso.

« Ti devo qualcosa » mormorò il Grifondoro ricevendo un’occhiata stupita ed irata da parte del biondo.

« Tu a me? Potter, ti sei rincitrullito e ti è sfuggito il fatto che mi hai salvato la vita ben due volte stanotte?! »

Harry scosse la testa, sorridendo davanti all’ingenuità di Draco. Lui non poteva sapere cosa fosse davvero la bacchetta di Silente, ma avrebbe potuto omettere qualche dettaglio dalla verità per spiegarglielo.

« Ti sbagli invece. È stato proprio grazie a te che sono riuscito a sconfiggere Voldemort ».

Draco rabbrividì nell’udir pronunciare il nome dell’Oscuro Signore da parte di Harry, ma questo non gli impedì di domandare – com’era prevedibile - al Grifondoro perché grazie a lui.

« La bacchetta che impugnava Voldemort era appartenuta a Silente. Era convinto che possedere la sua bacchetta l’avrebbe reso più forte. Però tu avevi battuto Silente e io avevo battuto te. Lei quindi riconosceva me come suo legittimo proprietario, non Ridde » spiegò Harry, sperando che Draco conoscesse meglio il processo di appartenenza delle bacchette di quanto aveva fatto lui prima che Ollivander glielo spiegasse. Non considerava saggio svelare a Malfoy che la Bacchetta di Sambuco non era solo un oggetto leggendario, ma uno dei Doni della Morte di cui il Serpeverde, senza neanche lontanamente sospettarlo, era entrato in possesso.

« Perché lo chiami Riddle? »

« Perché Tom Orvoloson Riddle era il suo nome. Tom Riddle era il nome di suo padre, un Babbano. Silente lo chiamava così perché non lo riconosceva come Voldemort… In duello lo irritava parecchio » spiegò semplicemente « Quindi, grazie Malfoy » disse Harry porgendo al Serpeverde la bacchetta che aveva sconfitto del Mago Oscuro il dolo.***

« Potter, perché non mi stai insultando, torturando o qualcosa di analogo? » domandò schietto il biondo.

« Perché non sono un fottuto Mangiamorte, e neanche tu! »

« Come fai a dirlo? » gli domandò sprezzante.

« Marchio o no, facevi schifo come seguace di quel pazzo. E, a proposito, ce l’hai il Marchio? » domandò Harry curioso.

« Non lo saprai mai Potter » fu la risposta del Serpeverde.

« E’ da vedere » replicò a tono Harry sorridendo furbescamente « Intanto comincia a riprendere la tua bacchetta. Io ho riavuto la mia » mormorò poi, mostrando orgoglioso il proprio agrifoglio.

« Ma ora appartiene a te, non funzionerà allo stesso modo »

« Io invece dico di sì. E’ stata lei a sceglierti sette anni fa; vedrai riconoscerà la mano del suo legittimo proprietario. Oltretutto te la cedo volontariamente. Credo che abbia capito che io e lei non siamo fatti per stare insieme ».

« E’ una bacchetta importante, visto che l’ha impugnata Harry Potter durante lo scontro finale » borbottò il Serpeverde.

« Già, e non mancherò di ricordarlo. In fin dei conti quando ti ho battuto mi sono appropriato di ben due bacchette » sogghignò Harry « prendila… Io te l’ho già sottratta per troppo tempo ».

Dal nulla, dopo che Draco ebbe nuovamente tra le mani il suo biancospino, inaspettatamente Harry udì un ‘grazie’ sibilato provenire dalle labbra del Serpeverde.

« Non potremmo mai andare d’accordo Malfoy, e non te lo chiedo neanche. Sappi però che l’anno prossimo - sì perché tutti noi torneremo qui a prendere quei maledetti M.A.G.O. - ti voglio come mio unico antagonista. Almeno tu non hai mai cercato di uccidermi veramente… O no? »

Draco sogghignò.

« Tranquillo, la tua Nemesi sarà qui ad aspettarti felice che d’ora in avanti ti preoccuperai solo di lei e non di un pazzo assassino che vuole ucciderti ».

« Bene » asserì con determinazione Harry quasi a voler sancire quel patto e cercando al tempo stesso di trattenere un sorriso.

« Bene » replicò Malfoy, probabilmente per la stessa identica ragione.

Il moro sospirò pesantemente, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse stanco.

« Ora credo che andrò a dormire. Ho combattuto, sono sfuggito all’Ardemonio, sono morto, ho sconfitto Voldemort… Direi che questa giornata può tranquillamente rientrare tra quelle più pesanti della mia vita ».

« Per così poco…» sogghignò Malfoy e, inaspettatamente, Harry rise.

« Notte Potter » aggiunse il Serpeverde quando Harry smise di ridere.

« Notte Malfoy » replicò il moro, voltandosi poi in direzione del suo dormitorio con un sorriso stampato sul volto e sollevato che quella giornata fosse finalmente finita. Svoltò l’angolo e indossò nuovamente il suo fidato mantello.

Chissà se ai M.A.G.O. sarebbe riuscito a prendere un’E in Difesa Contro le Arti Oscure…

 

 

* pag 688 HP7

** cit. HP6

*** verso del Valentino che Ginny dedica ad Harry [HP2]

 

Note dell’autrice:

Beh… Semplicemente volevo che Harry restituisse a Draco la sua bacchetta. Poi ho scritto molto più del dovuto, ma era un rischio che avevo calcolato. Mi ero immaginata troppo a lungo la scena della restituzione del mal tolto, che a quel punto ho dovuto necessariamente scriverlo… E’ stato come liberarsi da un peso ^^

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