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Autore: Switch    24/06/2016    4 recensioni
Zootopia.
Luogo dove predatori e prede vivono in perfetta armonia.
O almeno, così era all'inizio.
Molto, molto tempo prima. Prima che i predatori venissero umiliati e degradati.
*
Nick Wilde ha imparato a sottostare alle leggi ingiuste di Zootopia, ma non vuol dire che non possa fare del suo meglio per migliorare la vita dei predatori, a modo suo.
Ma tutto attorno a lui si innalza un fitto complotto e si ritrova a dover indagare per riscattare il suo "buon" nome e forse anche quello dei predatori. Con l'aiuto di una rigida e diffidente poliziotta. O meglio sotto la sua supervisione.
Un poliziesco dai toni noir, che denuncia un mondo cupo e abietto, dove la giustizia non è uguale per tutti.
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Tematiche delicate
Capitoli:
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Zootopia.
Luogo dove predatori e prede vivono in perfetta armonia.
O almeno, così era all'inizio.
Molto, molto tempo prima. Prima che i predatori venissero umiliati e degradati.


Nicholas P. Wilde, Nick per gli amici, quello lo sapeva bene. Lo viveva ogni giorno sulla propria rossa pelliccia, e se all'inizio era stato disarmante e strano, e umiliante, col tempo aveva imparato a farselo scivolare addosso, tanto da non vederlo nemmeno più come una limitazione.
Anche se era davvero, davvero fastidioso.
Per il semplice fatto che, quello sgradevole collare, spuntava fuori dalla camicia rovinando la sua splendida immagine. Diamine, non potevano almeno farlo più piccolo e discreto? No! Era un quadrato di plasticozza nera attaccato ad una spessa cinghia dello stesso colore, che ledeva alla sua perfetta figura.

Infilò un dito nel cinturino nero e lo tirò un poco verso l'esterno, lontano dal suo collo, prendendo un respiro più profondo che poté, -ma erano anni che non poteva,- poi fece scivolare la scatolina appena verso la schiena, con uno sbuffo stizzito, guardandosi nello specchio prima di uscire. La fissa lucina verde era ancora visibile, ma almeno lui era fortunato: si intonava ai suoi occhi.
Cosa non doveva fare una volpe per vivere.
Cosa non doveva fare un predatore, per vivere.

Uscì di casa con un sospiro, infilandosi in fretta nella calca della città, con la testa già piena di pensieri.
Come ogni sera, quasi sul calare del sole, le strade brulicavano di gente che si affrettava a tornare a casa dopo l'estenuante giornata di lavoro, chi di fretta, chi con stancante lentezza, chi già con la mente sulla cena e chi invece perso in ragionamenti propri.
Lui, Nick, camminava con aria svagata, andando verso il suo lavoro, invece di esserne appena uscito. E lo faceva con un gran sorriso soddisfatto sul muso.
Lo sguardo cadde su uno degli enormi manifesti che tappezzavano le strade, con la faccia sorridente del sindaco Bellwether e il suo slogan preferito, bello grande, proprio sotto:
Zootopia, dove chiunque può essere ciò che vuole e tutti sono al sicuro.
Fece schioccare la lingua contro il palato, rollando gli occhi al cielo, parte del suo buon umore svanito. Accelerò il passo per allontanarsi prima possibile e lasciarselo alle spalle.

Superò una famiglia di Lemming che camminavano in fila indiana e svicolò tra le gambe di una giraffa avvocato in abito elegante e valigetta scura; rallentò solo dopo qualche metro, lasciando andare un sospiro sommesso, continuando a guardarsi attorno.
Riconobbe alcuni volti nella calca: un leone gli fece un gesto cortese con la testa, facendo muovere la folta criniera, un paio di tigri gli sorrisero apertamente e una donnola strinse solo appena gli occhietti nel riconoscerlo, per non essere vista.
Nick sollevò l'angolo della bocca con rinnovato entusiasmo e tirò dritto con più leggerezza addosso. Era bello essere apprezzati e sapere di star facendo qualcosa di buono.

Era così sereno e rilassato, che quello che successe lo colpì come una doccia gelata, riportandolo di colpo sulla terra: dieci metri più avanti, una macchina a folle velocità bruciò il rosso e si schiantò contro un'altra che, procedendo dall'altro verso, aveva svoltato a destra. Ci fu il rumore del tentativo di frenata, un gran boato e decine di urla.
Il traffico si congelò all'istante, la folla si fermò all'istante, e tutti trattennero il fiato per lo spavento, non sapendo cosa fare.
Dalla prima macchina emerse un'antilope, un po' stordita ma relativamente a posto, mentre, dopo interminabili minuti, dalla seconda uscì un lupo malconcio e palesemente terrorizzato. Sul muso c'era un vistoso taglio, ma non si poteva vedere se fosse ferito oltremodo.

Ma è impazzito? Non ha visto il rosso?” urlò verso l'antilope, tenendosi un fianco con la zampa.

Lo spavento aveva ceduto posto alla rabbia, in un attimo.
E altrettanto velocemente, la lucina verde del suo collare verté verso un rosso lampeggiante, pericolosamente: il povero lupo venne investito da una scarica elettrica che lo attraversò tutto, contraendo i suoi arti dal dolore, per qualche secondo. Poi sparì e quelli si rilassarono di contro, trascinandolo giù in ginocchio, ma ancora cosciente.
Nick si sentì moralmente vicino a quel tizio senza nemmeno conoscerlo. Sapeva il dolore che quell'aggeggio infernale creava, quanto male riuscisse a fare, e venne colto da pena per lui.

Nella strada c'era un gran silenzio e tutti gli occhi erano sul lupo. Occhi pieni di paura e occhi pieni di rimprovero. Ogni preda lo osservava con biasimo e disprezzo, allontanandosi da lì come se fosse una bestia, anche se in realtà era lui la vittima.
La polizia arrivò in quel momento sul posto e disperse la folla, avvicinandosi per gli accertamenti: negli occhi dei poliziotti, un rinoceronte, una zebra e un ippopotamo, c'era la stessa aria critica degli altri nel guardare il lupo ferito, rimessosi in piedi a fatica, che cercava di spiegare cosa fosse successo con la pelliccia tutta arruffata dalla corrente.

Nick non rimase a guardare ancora. Andò via, con la coda raso terra, e il morale ancora più sotto.
Perché la realtà era sempre lì, non importava quanto uno cercasse di non vederla: le lucine verdi dei collari erano sempre lì, sui colli di tutti i predatori, a ricordar loro quello che la società pensava di loro. Erano sbagliati, erano pericolosi.
L'avevano deciso le prede e loro dovevano sottostare. Non potevano nemmeno arrabbiarsi o alzare la voce, anche se erano nel giusto. Non potevano agitarsi e provare forti emozioni.
Altrimenti, la scarica elettrica cadeva su di loro come una punizione divina, riportandoli immediatamente al loro posto.
Era come essere costantemente imbrigliati e legati, schiavi nel proprio stesso corpo.
Nick aveva quel collare da quando aveva dodici anni, ma non riusciva a ricordare per niente come fosse non averlo; lo aveva cancellato, il senso di libertà, e sapeva che non lo avrebbe più provato davvero.

Con il cuore gonfio di amarezza, si incamminò sempre più verso le zone meno frequentate della città, la periferia industriale con le fabbriche ormai chiuse e una gran quiete.
Spuntavano già le prime stelle, nel cielo quasi nero.
Il capannone anonimo lo accolse come sempre con quel silenzio disarmante e totale; la sua figura si stagliava fatiscente e logora a ridosso di un fiumiciattolo; era un posto insignificante.
Ghignò leggermente, mentre si avvicinava ad un piccolo gabbiotto degli attrezzi lì vicino. Entrò a passo spedito e fischiettando, poi dopo qualche istante, scomparve.

Un tripudio di colori e miriadi di lucine esplosero d'improvviso davanti al suo muso, quando uscì dal tunnel segreto: la scritta più grande e luminosa formava la scritta: Wild Times, a caratteri cubitali.
Ehi, ragazzi, è arrivato Nick!” urlò una voce nel marasma, dando il via ad una sequela di saluti.
Ehi, Nick!”
Ciao, Nick! Come va?”
Vieni qua, Nick!”
Tutti lo salutavano euforici, sbracciandosi al suo passaggio, con un gran sorrisone da parte a parte, mentre lui, anche se lusingato dall'accoglienza, faceva la gimcana tra le attrazioni per raggiungere il suo ufficio.

Il Wild Times era il suo vanto, la sua raison d'etre, il boom della sua vita. Il suo paradiso.
Era la più grande attrazione mai inventata prima ed era totalmente segreta. Aveva faticato per costruirla, dopo anni di lavoretti non proprio puliti e umiliazioni, -e c'era anche il merito della mafia se aveva potuto farlo, ma quella era un'altra storia,- però alla fine aveva realizzato un'utopia vivente, un parco di divertimenti completamente per predatori, in cui potessero essere “liberi”, anche se per poco.
Non liberi al cento per cento, non poteva togliere loro i collari, ma all'interno di quel vasto capannone, quei diabolici congegni smettevano di funzionare, pur restando al loro posto: grazie ad un complicato sistema informatico creato dal suo amico Benjamin, amplificato da parete a parete, il Wild Times era come una bolla sicura in cui ogni predatore poteva sentirsi libero di urlare, arrabbiarsi, sovreccitarsi e divertirsi in totale libertà, senza il pericolo di ricevere una scossa o sentirsi giudicato o discriminato.

Le varie attrazioni costruite da lui, Nick, e dal suo dipendente quasi socio Finnick, permettevano le più libere espressioni dei predatori: come le montagne russe dell'urlo o la prova di forza del morso o la pista di corsa in loop che correva sopraelevata per tutta la struttura.
Le possibilità erano infinite e grazie al passaparola, era sempre pieno tutte le sere; e poteva contare sulla segretezza, grazie ad una sorta di fratellanza tra predatori.

Ehi, Finn” salutò entrando nell'ufficio, proprio dietro l'attrazione delle montagne russe dell'urlo.
Finnick, il piccolo Fennec seduto alla scrivania, rispose con un cenno del capo, continuando a contare i soldi dentro una cassetta di sicurezza.

Come va stasera?” gli domandò, attirando infine la sua attenzione.
Splendido. Gli incassi vanno alla grande” ribatté l'amico, che a dispetto della piccola statura aveva una voce profonda e rauca. Rimise il gruzzolo nella piccola cassaforte e la richiuse con premura, facendola poi sparire nel fondo segreto della scrivania. Infine si alzò e gli lasciò il posto.
Bene! Benissimo!” esultò Nick, strofinando le zampe tra loro. “Adesso ti mostro un nuovo progetto a cui sto lavorando!”

Si sedette nella rattoppata, ma comoda, poltroncina girevole e aprì un paio di cassetti, rovistando tra le cartacce; con un gran sorriso prese una cartellina logora e la sbatté sulla scrivania con frenesia: la aprì e svelò i fogli all'interno pieni di disegni e scritte fitti fitti, dal tratto molto approssimativo.
Stavo pensando, mi è venuto in mente l'altra sera nel guardare la tv, e oh mio dio l'adorerai, di aggiungere un'attrazione di immersione totale! No aspetta, fammi finire: un cinema 4D, proiezioni di paesaggi selvaggi e naturali e rampe per correre oppure avventure mozzafiato con movimenti in sincrono con le immagini e spruzzi d'acqua o folate di vento... insomma, un'esperienza totale e completa, che liberi adrenalina e eccitazione!”
Era lui quello emozionato, alla sola idea di mettere in pratica quel progetto. E per fortuna il collare non funzionava in quel momento o avrebbe preso una scossa elettrica non indifferente.

Bello, ma non abbiamo posto anche per questo” fu la laconica risposta dell'amico, che intanto aveva scalato una pila di libri lì accanto per poter vedere bene di cosa lui parlasse.
Ma sì! Facciamo slittare di qualche metro la Cat-apulta e spostiamo la vasca dei gomitoli dall'altra parte e-”
E non ci sarà più spazio nemmeno per muoversi” lo interruppe Finn, scheggiando il suo entusiasmo.
Ma se noi rimpic-”
No, Nick. L'unica soluzione è togliere qualche attrazione. Ormai ce ne sono talmente tante, possiamo togliere una delle più vecchie per fare posto a questa.”
Togl- no! Non ci rinuncerò. Non toglierò le montagne russe dell'urlo o il karaoke “Howl along” o altro! Potremmo...” si passò le zampe sul muso, immerso in veloci pensieri.
Potremmo spostarci in un nuovo capannone, più grande” esalò alla fine, compiaciuto della sua idea.

Finnick scoppiò a ridergli in faccia, apparentemente divertito.
Sì? Spostiamo un'attività clandestina, così, con facilità? E perché non mettiamo anche dei bei manifesti per farlo sapere a tutti?”
Potrei cercare di ottenere i permessi legali, questa volta. Ormai i soldi per le pratiche li ho e anche per i brevetti delle attrazioni. Potrei spuntarla questa volta!”
Finnick si chiese da dove venissero gli sprazzi di ingenua fiducia che ogni tanto colpivano Nick, che pure era uno dei più pratici e cinici predatori che conoscesse; c'era in lui, forse, ancora quella volpe con tanti progetti e sogni che voleva solo aiutare i suoi simili a stare meglio. Quella che esisteva prima di aver sbattuto il muso centinaia di volte nel tentativo di cercare finanziamenti per mettere in pratica quei sogni.

Nick” iniziò, scuotendo lentamente la testa, “non c'è legale che ti sosterebbe, sono tutti prede, se te lo fossi dimenticato; e penso tu abbia dimenticato anche la legge a proposito dei collari, perché sapresti che non c'è nessuna possibilità. Ci sei già passato.”

I predatori devono portare e tenere i collari 24 ore su 24, assicurandosi anche della loro piena funzionalità e avvisare le autorità in caso di malfunzionamento dello stesso.
Nessun predatore può togliere e/o manomettere il proprio collare o il collare di un altro predatore.
Il predatore sprovvisto del collare sarà fermato e arrestato e la pena commutata varierà da un periodo di reclusione di un anno ad una pena a vita a seconda delle aggravanti e delle circostanze, nonché un periodo di terapia riabilitativa contro l'aggressività” citò a memoria Nick, comprovandogli la sua piena sanità mentale. “Quindi dovresti sapere che non abbiamo toccato i collari in nessuno modo, né li togliamo mai.”

Finnick scese dalla pila di libri e si incamminò verso la porta, sporgendosi poi sulla punta delle zampette per arrivare alla maniglia; aprì e gli fece cenni di seguirlo, mentre il silenzio intanto si riempiva di urla e grida festose dal di fuori e di musichette accattivanti dei giochi.
Camminarono fianco a fianco, guardandosi attorno. C'erano ovunque facce allegre e divertite, un'intera famiglia di orsi polari che faceva la fila per le montagne russe, e poi ancora lupi, tigri, leoni, furetti, pantere, leopardi e ogni genere di predatore, impegnati a ridere e spassarsela in pace e armonia, senza mai uno scoppio di rabbia o di violenza in alcuna forma. Come poteva essere sbagliato, ciò che facevano?
Era così bello vedere il piccolo led dei collari spento, innocuo, totalmente dimenticato.

Anche senza aver manomesso materialmente i collari, qui dentro cessano di funzionare e non sarebbe ben visto dalle prede. Tu fai in modo che la loro aggressività si sfoghi, ma le prede lo vedrebbero come se tu stessi solo alimentando i loro istinti animali. Non finirebbe bene, Nick” esclamò Finnick, la rauca voce più addolcita.
La volpe sospirò, con una scrollata di spalle. L'amico aveva ragione e lui lo sapeva bene.
Solo perché quello era il suo paradiso, non significava che gli altri lo vedessero come tale.

Ok, allora penseremo a come aggiungere il cinema 4D con cal-”
Le luci si spensero tutte contemporaneamente e il capannone piombò nell'oscurità più nera, le musichette cessarono e un'innaturale silenzio li circondò. Sfarfallando debolmente, le lucine dei collari si riaccesero una ad una come percorse da una corrente continua, verdi e fisse, come stelle malate.

Nick, grazie alla vista notturna, si accorse delle facce preoccupate dei suoi clienti e del suo amico, tutti con gli occhi sbarrati nel buio alla ricerca di una spiegazione.
Tranquilli, sarà il generato-”
Polizia! L'edificio è circondato! Venite fuori con le zampe in alto e disarmati!” gracchiò potentemente una voce amplificata da un megafono.
Si udirono centinaia di fiati trattenuti all'unisono, nello stesso secondo. Le espressioni sorprese si erano trasformate in maschere di orrore e paura, e non c'era nessuno all'interno della struttura che non si stesse guardando intorno alla ricerca di una via d'uscita, sussurrando disperatamente in cerca di idee.
Nick era congelato sul posto. Non riusciva ancora a crederci.

Sono il capitano Bogo, ripeto: venite fuori con le zampe in alto e niente scherzi. Avete un minuto, dopodiché irromperemo nel locale!”

Nick! Dobbiamo muoverci!” lo scosse Finnick al sentire il secondo avviso, strattonandolo per la camicia.
La volpe scrollò la testa, uscendo dal suo stato di trance.

Prima gli altri!”
Con passo svelto e felpato, corse verso la piscina dei gomitoli e ci si poggiò contro, cercando di spingerla con tutte le sue forze. Esalò forte, tendendo i muscoli allo spasmo.

Aiutatemi! Presto!” chiese senza fiato, continuando a spingere.
I sussurri spaventati si spensero immediatamente, al sentire la sua disperata richiesta.
Una pantera, un orso e una tigre si mossero nel buio per raggiungerlo e si misero ai suoi lati, velocemente: imitarono i suoi gesti e spinsero tutti assieme la grande struttura che dopo pochi istanti iniziò a slittare, cigolando cupamente.

Nick si staccò e si inchinò non appena sentì il dislivello sotto le zampe inferiori e vide perfettamente la grande maniglia argentata, che nel buio sembrava solo grigia scura.
Tirò verso l'alto usando tutto il corpo e il coperchio della botola saltò via come un tappo di sughero da una bottiglia di spumante: una gran nuvola di polvere si sollevò e gli entrò nelle narici, facendolo tossire.

Finn! Scendi per primo e mostra loro la strada!” ordinò poi, appoggiando il coperchio a terra. “Voi altri, seguitelo: è un'uscita sicura, spunterete molto lontano da qui. Andate!”

Con rapidità, seguendo il Fennec, la folla si mise in fila indiana e sparì nel buco del terreno, silenziosamente: perfino i cuccioli erano tesi e muti, capendo che non era un gioco e che dovevano comportarsi bene. Nick supervisionava ancora dal capannone e si assicurava che tutti passassero e che quelli che non vedevano non inciampassero, distribuendo pacche rassicuranti sulle schiene di quelli nervosi.
Tempo scaduto” urlò la voce amplificata, da fuori. “Facciamo irruzione!”
Il panico serpeggiò nei predatori rimasti e Nick fece del suo meglio per velocizzare la fuga e poter fuggire anche lui, senza però che si generasse il caos.
Ancora un orso. Poi un leone. Dopo il lupo c'erano ancora quattro predatori, potevano farcela.

D'improvviso, un gran fragore scosse il portone del capannone e le vibrazioni si propagarono nello spazio vuoto, ancora più spaventose.
Non fermatevi! Via, via!” li esortò Nick, al vederli bloccarsi nel panico.
Un secondo boato riecheggiò subito dopo, potente come il primo. Il cigolio del legno fu più forte, quella volta, scricchiolando disperatamente.
Non avrebbe resistito ancora.
La testa del giaguaro sparì nel buco e non mancava che un furetto.
Nick si sentiva percorso da un'agitazione crescente e pregò che il collare non gli desse la scossa proprio in quel momento o sarebbe stato preso e tutto sarebbe stato perduto.
Ma non lo sarebbe stato comunque nel momento in cui la polizia fosse entrata lì?

Si chinò per prendere il coperchio della botola e scendere anche lui, richiudendosela dietro per depistare, quando il portone andò letteralmente in frantumi, schegge impazzite che volavano ovunque, mentre urla imperiose e luce entravano da fuori.
La polizia irruppe a ranghi serrati, con taser e pistole tranquillanti nelle zampe, e Nick capì che non ce l'avrebbe fatta: spinse il coperchio con tutta la silenziosità possibile e scivolò all'indietro, assottigliandosi contro la piscina dei gomitoli, trattenendo il fiato.
I suoi occhi scrutavano nel miscuglio tra ombre e luce, seguendo con la tachicardia il via vai frenetico dei poliziotti, che si sparpagliavano nel capannone a macchia d'olio, cercando tracce. Vedeva i loro musi sorpresi nel guardare le varie attrazioni, poi il disgusto nel capire cosa fossero, gli sguardi ancora più incattiviti nel cercare un colpevole.
D'altronde, tutto il corpo di polizia era composto da prede.

Arrendetevi immediatamente. Non c'è via di scampo!” gridò il capitano Bogo, la sua voce molto meno fastidiosa senza il gracchiare del megafono, ma comunque allarmante.
Nick li sentì avvicinarsi sempre più, ticchettii e fruscii, e si chiese se sarebbe mai riuscito a sgattaiolare fuori e a dileguarsi inosservato.
Si ricordò in tempo della lucina del collare e la coprì con una zampa, appena prima che una antilope passasse di fronte al suo nascondiglio con un taser ben teso di fronte a sé, scrutando tutto intorno. Nick chiuse un secondo le palpebre, nel timore che i suoi occhi potessero scintillare nell'oscurità.
Si rese conto che erano troppi e che non avrebbe potuto nascondersi ancora a lungo. E non c'era tempo per cercare una soluzione che forse nemmeno esisteva.

Prese tutta la disperazione che lo animava, e anche un grosso respiro, e non appena altri due poliziotti lo ebbero oltrepassato, scattò in avanti e si lanciò in una folle corsa a testa bassa verso la porta distrutta da cui entravano fasci di luce, scartando velocemente due o tre figure che gli sbarravano la strada.
Sospetto in fuga! Allerta!” urlò un ovino, le zampe che sussultavano mentre cercava di prendere la mira sulla rapida silhouette che sfrecciava nelle ombre e in mezzo alle loro gambe.
Tutto intorno, non c'erano che armi che puntavano contro Nick, che lo avrebbero fulminato o narcotizzato. Scartò a destra per evitare un ippopotamo. Deviò a sinistra per scansare un elefante.

Fu la grossa stazza del pachiderma a trarlo in inganno, a non fargli vedere la figura appena dietro: sbatté contro un corpo solido e massiccio con un tonfo e finì a gambe all'aria.
Non muoverti! Zampe in alto” ordinò il grosso bufalo che torreggiava su di lui, tenendo la pistola puntata dritta in mezzo alla sua fronte.
Sono il capitano Bogo. Identificati.”
Nick sollevò lentamente gli arti, senza staccare il contatto visivo con lui. Qualsiasi cenno poteva essere frainteso dal poliziotto.

Nicholas Piberius Wilde” sussurrò muovendo meno possibile le labbra, le orecchie basse e appiattite contro la testa. “Ci deve essere un malinteso, se mi fate spiegare, vedrete che è tutto un equiv-”

Signore! Abbiamo trovato qualcosa!” urlò a squarciagola una capra, uscendo con aria sconvolta dall'ufficio di Nick. Una giraffa la seguì, anch'essa turbata.
C'era un fondo di paura e terrore, quando guardarono la volpe.

Tu” disse Bogo, rivolto ad una gazzella lì vicino, “tienilo sotto tiro, non osare farlo scappare.”
Il grosso bufalo si assicurò che i suoi uomini lo avessero in custodia prima di rimettere la pistola nella fondina e incamminarsi verso il fondo del capannone, dietro la biglietteria delle montagne russe, con un sinistro ticchettio delle zampe inferiori.
Sparì oltre la porta, e per interi minuti non si sentì più nulla.

Nick non sentiva nulla se non il battito del suo cuore. Erano nel suo santuario, stavano frugando tra i suoi progetti, tra i suoi ricordi, e non avrebbero capito. Ma poteva spiegare loro che era sbagliato giudicare senza conoscere, che in realtà quel posto era un paradiso.
Lo avrebbero capito?
Il capitano riemerse dalla stanza, una linea tesa sopra gli occhi che esprimeva tutta la sua preoccupazione e serietà. Solo quando fu di fronte a lui, Nick si accorse di alcune gocce di sangue sulle sue dita.

Nicholas Wilde, ti dichiaro in arresto per l'omicidio di un caribù” esalò mortale Bogo, afferrando le manette dal suo fianco.
COSA?” strillò Nick, cercando di capire, reagendo inconsciamente all'arresto. Una scossa dolorosa lo attraversò all'improvviso, vincendo ogni reticenza.
Hai il diritto di rimanere in silenzio. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale.”
Un paio di zampe lo afferrarono e lo costrinsero a voltarsi, bloccando le sue dietro la schiena.

No! Io non- Io sono innocente” mormorò debolmente la volpe. Gli girava la testa. Le manette scattarono intorno ai suoi polsi, gelide e dure.
Hai diritto ad un avvocato. Se non puoi permettertelo, te ne verrà assegnato uno d'ufficio” continuò imperterrito il capitano, ignorando ogni sua protesta.

Lo trascinarono fuori, praticamente di peso. Nella notte fresca, ma stranamente soffocante.
Vide le macchine assiepate lì davanti, le luci dei fari che si mischiavano a quelle ad intermittenza delle sirene, confondendolo ancora di più.
E tutto intorno c'erano poliziotti. E tutti erano ovviamente prede.
Si sentiva schiacciato dai loro sguardi accusatori, arrabbiati e disgustati. E ancora non riusciva a capire, ad assimilare, ciò che davvero era accaduto.
Una zampa lo spinse nel sedile di dietro di una macchina, decisa, ma per nulla rabbiosa. La portiera sbatté secca al suo fianco.

Dritto in centrale, Trunkaby” sentì dire alla voce di Bogo rivolto verso il poliziotto alla guida, prima che le sirene esplodessero in un suono lamentoso, riecheggiando nella notte.

Nick fece appena in tempo a voltare il collo e guardare il suo capannone allontanarsi velocemente, violato e invaso da chi non poteva capire.
Il suo paradiso era perduto per sempre.




Note:
Salve!
Sono Switch, piacere, questa è la mia prima storia in questo fandom.

Ho visto Zootopia e me ne sono innamorata perciò, dopo averlo visto altre quattro volte, ho sentito il bisogno di scrivere una ff che fosse il continuo della storia, subito dopo che Nick è diventato poliziotto. Ma, facendo ricerche per i dettagli, ho scoperto che all'inizio la trama doveva essere molto diversa, con i collari elettrici per i predatori e una forte discriminazione verso essi. Era più cupa e più dark e l'ho adorata. Mi si è formata in testa come avrebbe potuto essere e non sono più riuscita a pensare ad altro.
Ho accantonato per il futuro il sequel che avevo in mente e, usando alcune idee della bozza iniziale, ho iniziato a scrivere questa storia: Zoostopia.
Tutto sarà diverso, ma i personaggi saranno gli stessi. Con i caratteri pensati originariamente per loro.

Il Wild Times esisteva nello script originale ed era una sorta di parco di divertimenti per predatori, così come l'ho descritto, ma aveva una differenza: Nick toglieva loro i collari quando entravano, permettendogli totale liberta. Nella mia storia, invece, ho deciso che i collari entrano solo in una sorta di stand by, perché volevo che fossero sempre un monito presente e che nessuno avesse più provato un senso di libertà totale da quando furono introdotti. Per sviluppi futuri.

Spero vi piaccia, grazie per aver letto.
Switch

  
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