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Autore: AuraNera_    24/06/2016    3 recensioni
Trento, liceo artistico ai confini della città, caotico, disorganizzato e ricolmo di aspiranti artisti su campi diversi tra loro.
Quattro ragazze di quarta superiore, Sabrina e Sara di Arti Figurative e Sara e Silvia di Multimedia, vengono selezionate per una misteriosa iniziativa che prevedrà dei ritratti e delle fotografie con effetti particolari aggiunti.
Loro: le artiste.
Un gruppo musicale sud-coreano: i modelli.
Piccolo particolare: le quattro sono EXO-L.
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Storia partorita dalla sanità mentale molto poco sana della sottoscritta e delle mie colleghe, di conseguenza dedicata a loro.
Utilizzo talvolta di parole non esattamente fini, ma direi che siamo grandi e vaccinate abbastanza (?)
Il 93% di questa storia è frutto di situazioni analoghe nate tra i banchi del liceo.
Speranze per la storia? Strappare un sorriso a chiunque la leggerà!
Genere: Demenziale, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19 – Ciack, Si Gira!

 

Silvia P.O.V.

 

Da quando ci avevano separato in classi diverse, i nostri pranzi tutte assieme erano diventati occasionali. Ma, quando succedeva, la nostra colonna sonora che ci accompagnava sempre era lì, immancabile.

“Patateeeeeeeeeeeeee!”

Eccola. La signora al banco che avvisava la gentile clientela che le patatine fritte erano pronte e chi non le aveva ricevute prima poteva finalmente metterci le mani sopra.

“Patateeeeeeeeeeeeee!”

“Oggi ci hanno chiamato in via del tutto ufficiale per parlarci dell’iniziativa... chissà che vogliono dirci” borbottò Ayumi ad un certo punto, masticando la crosta della sua pizza.

“Boh... spero niente di brutto” fece eco Sabrina.

“Patateeeeeeeeeeeeee!”

“Se ci rifanno fare le cose daccapo gli ammazzo” decretai il pulendomi le mani unte di olio di pizza nel tovagliolo.

“Cotolettineeeeeeeee!”

“Uuuh! Sono mie!” cinguettò Seir, alzandosi e saltellando per prendere le sue sospirate cotolettine di pollo, lasciando noi altre tre al nostro tavolo, sprofondate in un silenzio ruminante. “Che ftavamo dicfendfo?” chiese tornando, con un pezzo di pollo in bocca.

“Patateeeeeeeeeeeeee!”

Scoppiammo inevitabilmente a ridere.

 

-

 

“Ciao raga-“

“Ok, belli, adesso ditemi che sta succedendo” decretai io interrompendo il saluto che il leader ci stava rivolgendo.

“Ci hai chiamato belli” ammiccò Jongin strizzandomi l’occhio. Shisus, lo ammazzo, sento la tua approvazione.

“Ok, la rifaccio. Ok, buzzurri, adesso ditemi cosa. Stradiamine. Succede” ringhiai io. Chen sottolineò il ‘ciack due’ mettendosi a ridere senza ritegno.

“Niente, hanno semplicemente autorizzato il programma” rispose finalmente Suho in tono lieve, sorridendoci.

Silenzio.

“E VOI CE LO DITE COSI’?” sbraitò Sabrina dopo l’aria da wtfhadettoquesto generale. “Oh, sì, certo, per voi è tutto normale, no? Ah sì, programma, che vuoi che sia, io con i programmi mi ci scompiscio!” continuò poi a strepitare la unnie, tanto da assomigliare ad un picchio al quale hanno rubato le uova.

Nel frattempo, i ragazzi ci guardavano con una faccia che esprimeva qual è il problema scusate da qualunque angolazione. Tipo gli striscioni di buon compleanno che si vedono da due chilometri di distanza. Insomma, la loro perplessità era palpabile.

L’SM ha fatto loro il lavaggio del cervello, non si ricordano più che cosa vuol dire essere una persona normale, a quanto pare. Non trovo nessun’altra logica spiegazione.

“Aspettate, volete dire che andiamo in televisione?” chiese Sara, inclinando la testa di lato.

“Esatto” le rispose Yixing, sorridendo genuinamente. La sua biased però passò tutte le gradazioni del rosso prima di biascicare qualcosa che i presenti non afferrarono.

Questo è il problema” tradussi io le sue parole. “Avete mai pensato al fatto che noi non siamo idol?” chiesi poi ai ragazzi. Loro mi fissarono confusi e io resistetti all’impulso di mandare a cagare tutto il mondo e trasferirmi sulla luna, in qualche modo.

“Beh... no?” mi rispose infatti Jongin, un po’ esitante, forse percepiva le ondate omicide che emanava la mia persona.

“Me ne sono accorta” ringhiai io sbattendomi una mano in faccia. “Lasciate che ve lo spieghi in pochi semplici passi. Già è stato difficile avervi davanti al naso per questi quasi due mesi senza avere una sincope, figuratevi registrare un programma con voi con la consapevolezza che il suddetto programma andrà effettivamente in onda! Per chiarirci, non solo per noi stare davanti ad una telecamera è motivo di grande imbarazzo, insomma, di solito io e Seir stiamo dietro la telecamera e le altre due raramente partecipano come attrici ad un nostro video. Un nostro video, capite? E si imbarazzano per quelli! Inoltre, voglio ricordarvi delle vostre fan sasaeng ammattite che ci rintraccerebbero e verrebbero a squartarci. E, sinceramente, no grazie”.

Dopo il mio monologo i ragazzi si guardarono tra loro per qualche istante. Beh, a parte Lay, che si era distratto borbottando un ‘i vostri sono video di tutto rispetto’ più al pavimento che a noi. Va beh, apprezzo il pensiero.

“Sono le fan il problema?” chiese infine Suho. ‘Ma è impazzito del tutto o quando parla nessuno mi ascolta?’ pensai esasperata.

“Di tutto quello che ho detto hai afferrato solo questo?” chiesi invece ironica. Sì, ero mezza in crisi e stavo andando in escandescenza. E Jongdae doveva averlo notato, perché si mise a ridere, esattamente come faceva tutte le volte in cui andavo in escandescenza.

Era un suo vizio, probabilmente lo faceva anche con il leader. Che non so per quale assurdo motivo si trattenesse nel lanciare un scarpa, a lui come agli altri. Ogni tanto avrebbe dovuto lanciarla anche a se stesso.

Come in quell’istante.

“No, ho capito... però i produttori hanno deciso e.. beh, i ritratti non li abbiamo mica fatti noi” raddrizzò il tiro il leader, facendomi annuire.

“E grazie al cielo” borbottammo tutti in risposta. Ma proprio tutti. Ci guardammo un secondo un po’ sbalorditi. Poi Sabrina si schiarì la voce.

“Cosa dovremmo fare, allora?” chiese in un mix di curiosità e rassegnazione.

“Beh... innanzitutto dovrete parlare un po’ di voi, presentarvi, dire in cosa consiste il vostro lavoro, cose così. Sapete per... farvi conoscere al pubblico” iniziò ad elencare Chanyeol.

Silenzio. E poi...

“NO”

“Ve lo scordate proprio, questo assieme all’aegyo”

“Io passo”

“Unnie posso dire che sono un unicorno?”

“...”

“...No, Ayu. Non credo sia una buona idea”

“OK, allora sono un tacchino”

“TonnaH, ti prego”

“Un tacchino, non un santo”.

“...Qualcuno le tiri una botta in testa, vi prego”. E fu così che alla mia povera vicina di casa arrivarono degli scappellotti dietro la nuca da parte della beagle line più Sehun. E quella stessa vicina di casa divenne una palla mugolando.

“Ma cosa vi ho fatto di male? Perché mi picchiate?” pigolo, scappando dietro ad un materasso. Inutile dire che non perdonò nessuno di noi e ci tenne il muso per una decina di minuti.

“...posso continuare a spiegarvi la situazione o non vi interessa più?” ci chiese ad un certo punto Suho, che ci stava guardando con un’aria da cane bastonato. Poveretto.

“No, prego, abbiamo tutta la tua attenzione... no, volevo dire... HAI CAPITO!” provò a rispondere Sabrina, con il risultato opposto, dato che Seir si mise a ridere talmente forte da non farmi quasi sentire i miei pensieri. Sara le scoccò un’occhiataccia, ancora offesa per prima, mentre io patpattai una spalla al leader che scuoteva il capo sconsolato.

Stare a contatto con quelle creature ci stava facendo tanto male, indubbiamente.

“Vai, lidaH, al massimo glielo spieghiamo noi che dobbiamo fare” sbuffò Sara, girandosi verso il suo bias, che le diede retta, probabilmente troppo sconvolto per provare a ribattere.

“Dicevo... poi gli operatori monteranno i video che sono stati fatti mentre voi lavoravate ai ritratti e cose così... e in più vorrebbero che ci faceste provare le cose ‘che avete fatto voi nei biennio’... mi hanno detto di dirvi così e che voi sapete già quello che intend-“. Ancora una volta non lasciammo finire Junmyeon... cioè, non lo lasciai finire.

“SI’ SO PERFETTAMENTE QUELLO CHE VOGLIONO DIRE, MA NON LO FARO’” sbottai io. All’occhiata confusa del ragazzo io puntai secca un dito in direzione del resto del gruppo, che sembrava una balbettante bambocciosa banda di babbuini. Grazie professoressa McGranitt per queste perle di saggezza. “Te li immagini quelli a fare oreficeria?” ringhiai io.

Prima di ogni sua ipotetica risposta, intervenne la sua biased. “Possiamo sempre annegarli nella vasca del decapaggio” disse in tono neutro. Sia io che il leader ci girammo al rallentatore, io con un sopracciglio inarcato e lui con gli occhi spiritati. Poveretto, Ayumi lo scandalizzava alle volte.

“Così gli blocchi la crescita” le dissi, la voce che vibrava appena per una risata repressa. “E comunque, non credi di esagerare?” continuai dopo essermi schiarita la voce.

“No. Nessuno deve colpirmi la nuca” sibilò lei, co gli occhi che mandavano lampi. Poi si voltò come se nulla fosse successo e uscì marciando dalla palestra. “Vado a richiedere l’aiuto dei professori. E... ad accendere un cero in chiesa. Abbiamo un urgente bisogno di un aiutino da qualcuno di più potente di noi, là in alto”.

 

-

 

I miei incubi si avverarono. Me ne resi veramente conto solo quando mesi piede nell’aula di oreficeria con i capelli già legati e il camice bianco di cotone addosso, gentilmente prestato dagli insegnanti di diverse materie. Eravamo in dodici a non averlo, dopotutto. Sara e Sabrina non facevano testo, lo usavano anche per dipingere quindi ne erano fornite.

Eravamo corse in giro in quattro come delle cretine tra laboratori di smalti, discipline plastiche scultoree, pittura e design del legno a rattaccare qualcosa che ci impedisse di trasformarci in persone flambé.

Croccanti fuori e teneri dentro!

...perdonatemi. Stavo dicendo... ah sì. Ovviamente i ragazzi ci sono corsi dietro, alcuni di loro. Nocciolo dell’albicocca: oltre a confondere i professori parlando in coreano mentre noi quattro povere discepole di Shisus stavamo provando a formulare delle frasi di senso compiuto, furono capaci di perdere Zitao nella struttura. Struttura che, piccolo appunto, giravano in lungo e in largo da due mesi.

Mistero della fede.

Riuscimmo a tornare nel laboratorio sani e salvi e al completo. È stato difficile, ma ce l’abbiamo fatta. Amaro Montenegro, sapore vero. Non sapevo nemmeno il perché io stessi pensando tutte quelle assurdità. Stare a stretto contatto con quei dieci mi stava facendo alquanto male.

Spiegammo ai ragazzi molto in fretta in cosa consisteva il laboratorio e cosa dovevano fare, soprattutto ciò che dovevano evitare di fare. Tipo dare fuoco al laboratorio, a noi, a loro stessi, ad un cameraman o all’insegnate che aveva avuto il coraggio di sostenerci nell’impresa. Perché di coraggio si trattava.

La prof passò ad accenderci le fiamme, verdi, per la saldatura. Gli avremmo fatto fare un minuscolo ciondolo con un filo di una qualche lega del nonsoche che come colore assomigliava all’ottone. Forse era anche ottone, ma non ci era dato saperlo o comunque lo avevamo dimenticato.

Mentre noi mettevamo tutto il materiale necessario sui banchi da orafo, i ragazzi facevano i disegni per il progetto del loro manufatto. O perlomeno ci provavano.

"Ragazzi, per la centesima volta: fate qualcosa di semplice, abbiamo poco tempo, evitate i cerchi piccoli e i troppi dettagli, no, non puoi fare cos- ANDIAMO, MA IO PARLO GRECO?" sbottò Sabrina dopo che ripeteva per l'ennesima volta le stesse cose.

"Beh, faccelo tu il disegno!" replicò a tono Sehun. Lei lo guardò con un'occhiata di fuoco per poi iniziare a respirare nello stesso modo in cui te lo insegnano in sala parto, per reprimere l'omicidio nei suoi confronti, probabilmente. Poi, all'improvviso, un  ghigno le si delineò in volto.

"Ok. Facciamo il vostro logo. Quello facile, ad esagono. No, non il labirinto di Overdose, altrimenti stiamo qua fino a domani minimo. Alle postazioni!" comandò lei, per poi afferrare un foglio a caso tra quelli forniti, un compasso, un righello e una matita. In un minuto scarso disegnò il logo dei ragazzi e scappò fuori dall'aula, a fare le fotocopie, probabilmente.

Nel frattempo, io e le due omonime stavamo spiegando ai ragazzi come si usavano i vari arnesi del mestiere.

"Non dovete toccare e torcere il filo con le mani, anche perché a volte esso è incandescente ma anche quando è freddo, quindi usate le pizze. Ci sono vari tipi di pinze, adattatevi alle vostre esigenze, in caso vi diciamo noi quali. Quello lì... sì, esatto, col manico nero, è un tronchesino- Chanyeol sta attento che quello taglia. Serve per tranciare il filo, direi di sì che sono sicura sul fatto che tagli. Allora... dopo averlo tagliato sistemate il filo con la carta vetrata. Poi accostate i pezzi che dovete saldare nella posizione che volete e le fermate con le due pietre. Se non stanno i fili, li fate stare, usate il martello, e batteteli su quel coso di metallo fino a che non si raddrizza. Ok, per saldare mettete un po' di roba bianca acquosa sul punto da saldare e dintorni col pennello, poi mettete un frammento della lega - sì, esatto, quella strisciolina di metallo scuro che vi abbiamo tagliuzzato - tra un filo e l'altro, scaldate il filo equamente e poi fate sciogliere la lega. Assicuratevi che si sia saldato, e soprattutto di aver saldato su quella tavoletta, non bruciate il banco da orafo o la prof brucia voi" diceva Seir.

"Se il filo si è bruciato prendetelo con questa pinzetta, facendo attenzione a non toccarlo perché brucia e tanto, lo portate di là, dietro quell'angolo. Lì c'è una vaschetta che contiene dell'acido, acido leggero, non fate quella faccia. mettete dentro il lavoro, aspettate cinque minuti e recuperatelo. Sciacquatelo nel lavandino, perché anche se il liquido di decapaggio non è tanto aggressivo è pur sempre un acido" continuò Ayu, indicando il luogo.

"Com'è che lo hai chiamato?" chiese Chen sollevando un sopracciglio. La ragazza scrollò le spalle.

"Non so come si dica in inglese. In italiano lo chiamiamo decapaggio" spiegò.

"AL DECAPAGGIOOO!" urlò Sabrina rientrando a grandi balzi nell'aula e distribuendo il disegno fotocopiato ai ragazzi.

"A-LLL... DE..KA..PPAGIOH!" urlò anche Chanyeol. E Seir prese una craniata contro il banco da orafo da quanto rideva.

 

-

 

In qualche modo sopravvivemmo a tutto quello scempio. Baekhyun e Minseok si bruciarono le dita per sbaglio, ok, ma per il resto niente di così catastrofico, gli avevamo messo un cerottino e basta, solo per dimostrare che non eravamo esseri senza cuore.

Il passo successivo consisteva nel fargli provare pittura e multimedia. Sì, assieme, perché il tempo stringeva.

Niente di così complesso, io e Seir gli facevamo provare la macchina fotografica spiegando un  po' di roba e Photoshop e le altre due gli facevano fare delle prove con acquerello e acrilico.

"Se gli facciamo fare mosaico o olio diventa notte" aveva decretato Sara, mentre Sabrina era scomparsa di nuovo, corsa probabilmente a recuperare qualche pennello che non fosse della stessa consistenza delle scope di paglia, tipo quelle della befana. "Dobbiamo dipingere, non raschiare il foglio" aveva spiegato ai ragazzi la minore delle due.

L'unico avvertimento da parte mia era stato: "Rompete qualcosa della macchia fotografica e vi affogo nel water".

Sono ancora tutti vivi, quindi deduco che troppo male la situazione non sia andata. Il peggio è stato il programma su computer, per loro intendo, perché io e Sara stavamo ridendo talmente forte che è dovuta intervenire Sara l'altra a spiegare a Lay cosa stava sbagliando nell'usare il lazo magnetico. Poi era dovuta scappare di nuovo perché Sehun aveva buttato l'acquerello per terra per sbaglio e Sabrina lo stava per uccidere. Ayu l'aveva mandata a prendere della carta assorbente e aveva spiegato al maknae che aveva fatto di male con voce atona.

Il che stava a significare che tra un attimo uccideva qualcuno. Non regge molto bene l'ansia la mia collega maknae.

Avevamo ancora i camici addosso. Sì, anche io e Sara, nonostante lavorassimo al computer a tempo pieno. Sabrina aveva paura che i ragazzi scoprissero il dripping e iniziassero a farlo. Con l'acrilico. Che è indelebile.

Mai visione del futuro fu più azzeccata.

"Io li uccido" esalò con occhi spiritati Sabrina avvicinandosi a noi, che in quel momento stavamo spiegando gli strumenti di Photoshop al leader, che fece scorrere lo sguardo da me, a Sara, a Sabrina fino all'altra Sara che aveva sbattuto la testa sul banco mentre Chen, armato di acquerello, le patpattava una spalla e Kyungsoo strappava di mano a Jongin il pennello con l'acrilico.

"Che è successo?" chiese Suho al pinguino.

"Kai si è messo a fare il pazzo con l'acrilico e ha mandato delle gocce di colore diluito in giro, beccando Ayumi nell'occhio" rispose scuotendo la testa.

"Ah, ecco perché pigola" fu la risposta di Seir, prima che si rigirasse, prendesse sottobraccio Tao per istruirlo sulla macchina fotografica.

 

-

 

Quando tutti e dieci ebbero fatto il giro di tutte e quattro le postazioni, noi li mandammo allegramente fuori dalle palle per pulire il casino che avevano fatto.

Pentendocene quando, una volta uscite, non li trovammo davanti al bar della scuola dove avevamo categoricamente detto loro di aspettarci.

Sì, dovevamo aspettarcelo da un lato. Ma questo non mi impedì di urlare ai quattro venti il mio sconforto, in uno splendido coretto con Sabrina. Seir si sedette per terra scuotendo la testa e Ayumi non trovò niente di meglio da fare che andare alle macchinette a prendersi del cioccolato.

E non tornò più.

“Ma è così difficile? Cioè, oddio, probabilmente Ayu è andata ad impiccarsi, ma che diamine, dalla palestra al bar sono cinque fottuti metri! Appena esci da lì lo vedi, e ci siamo assicurate che uscissero dalla parte giusta tutti, anche se abbiamo dovuto recuperare Lay!” stava ringhiando Seir, ancora per terra.

“Nuoooh, dobbiamo salvare nostra figlia!” urlò Sabrina, mettendosi a correre. E anche lei  non tornò più.

“Ma che è, un fil dell’orrore?” sbuffai io, prendendo la mia collega multimediale per la mano, issandola in piedi ed iniziando a trascinarla per i corridoi.

“Silviaaa~!”

“Ma che?” chiesi io sentendo la voce di Sara, iniziando a guardarmi in giro una volta arrivata in vista delle macchinette.

“Silviaaaaaaaaaaaaaa~!”

“È sopra” borbottai iniziando a salire le scale, guidata dalla voce di Sabrina, questa volta.

“SHILBIAAAAAAAAAA~” e questo era Chen, che ancora non aveva imparato a pronunciare bene il mio nome per colpa del suo fortissimo accento coreano. Ma, parliamone, era Chen, non potevo ucciderlo tutte le volte.

“MogliaaaaaaaaaaH~! Chiamò di nuovo Sabrina quando avevamo raggiunto solo la prima rampa di scale.

“Che c’è?” chiese questa, sollevando un sopracciglio.

“...ciao”. E si mise a ridere.

“...ok. Chi ha dato da bere a Sabrina? Lei l’alcool non lo regge manco un pochino. Avanti, chi è stato?” chiese l’altra più grande.

“Nessuno” rispose Lay. E il fatto che avesse risposto Yixing, un po’ mi puzzava.

“Niente, Silvia. Ero venuta a prendere cioccolato alle macchinette e loro mi hanno rapita. Senza il mio cioccolato. Lei è arrivata a cercarmi e i ragazzi hanno simulato un arresto, rapendola con me. E lei ha attaccato a ridere ed urlare cose come ‘sono innocenteeee’ oppure ‘let me free~ let me breathe~’ tipo Error. Poi siete arrivati voi e... ma non vi sembra una scena delle follie dell’imperatore? Mi sento molto Kronk in questo momento. Volete broccoli?” disse l’altra ragazza, sorridendoci.

“...TonnaH, andiamo a prendere la cioccolata. Quando avete finito di fare i deficienti raggiungeteci al piano di sopra, nell’aula di modellistica-“

“Non serve” disse il leader, interrompendomi mentre avevo già una gamba sollevata per scendere le scale. E in quella posizione rimasi mentre mi mantenevo in equilibrio appoggiandomi a Sara e tenevo lo sguardo perplesso ancorato a quello di Suho, la testa girata in una posizione scomodissima. “Ho parlato con i manager, che ci hanno detto che la raccolta materiale per il programma è terminato. Mancano le vostre mini-interviste e... basta. Dopo dovranno solo montare lo show e mandarlo in onda” spiegò lui.

“Ah” replicai io, appoggiando il piede sul gradino più in basso e mollando la spalla di Sara, che la ragazza provvedette a massaggiarsi. “E quindi voi, invece che aspettare Suho al bar come vi era stato detto per poi riferirci la cosa siete andati in giro a cretineggiare?” chiesi io con uno sguardo che avrebbe fatto invidia alla progenie del diavolo, probabilmente. Credo ai pronipoti di terzo grado.

“Esatto” confermò con tutta tranquillità Chanyeol, sorridendo. Io sospirai, prendendo a braccetto la mia vicina di casa.

“Credo che serva un po’ di cioccolata anche a me”.

 

-

 

Sabrina P.O.V.

 

Alla fine era tardi per registrare quel giorno.

Quindi eravamo andate lì anche il giorno dopo, sempre nello tesso liceo, sempre nella stessa palestra.

Palestra che era diventata un... un... boh, non saprei nemmeno io come definirlo. Cavalletti, luci, sfondi, cose che non esistono né in cielo né i terra.

“Ciao ragazze!” ci salutò Minseok, venendoci incontro quasi saltellando.

“Che cosa cavolo è successo qui?” riuscì solo a dire io, gli occhi spalancati a mostrare tutta la loro sfericità. Tra poco avrebbero abbandonato le orbite e allora potevamo fare la corsa con le biglie.

“Ehm... abbiamo... allestito la zona, presumo” ci rispose lui, grattandosi la testa un po’ spaesato dalla nostra reazione. Insomma, avevamo gli occhi spalancati e la bocca altrettanto, con tanto di rivolo di bava.

Uno spettacolo, insomma.

“Dai, venite, credo che sia tutto pronto per cominciare” ci disse il ragazzo iniziando ad incamminarsi. Noi restammo impiantate al nostro posto, pietrificate e lui si voltò ancora più perplesso. “Ehm... ragazze?”

“Xiumin, uccidici” riuscii ad articolare io. Lui sollevò un sopracciglio e poi si mise a ridere.

“Non è così male, ve lo posso assicurare” provò a rassicurarci lui.

“Facile, fai questo lavoro da tre anni” rimbeccò Silvia alzando gli occhi al cielo e facendo un passo incerto in avanti. Poi si fermò, tornò sui suoi passi e afferrò l’altra maknae per un braccio, distraendola dalle sue pippe mentali; a giudicare dalla faccia che Ayu aveva, doveva essersene fatte non poche.

Io e Sara restammo ferme per qualche altro istante, poi lei balzò in avanti lasciandomi lì come un avocado caduto dall’albero.

“Sabrina, se non ti muovi chiamiamo Sehun” mi urlò, grazie al cielo in italiano, Silvia, facendo ridere di gusto Seir. Ayu era ancora persa nel suo mondo e probabilmente non si era neanche accorta di Chen che le aveva messo un braccio attorno alle spalle e le stava chiedendo qualcosa. Qualcosa che non sentii, perché Sehun aveva urlato un ‘che cosa ho fatto adesso?’ mentre si avvicinava a noi.

“Abbiamo intenzione di iniziare?” chi chiese Suho, richiamandoci all’attenzione.

“Iniziare con cosa?” chiese Sara, ripiombando giù dalle nuvole. Per fortuna il leader non capì la rincoglionitaggine della ragazza ed interpretò la sua domanda come ‘con quale delle robe che dobbiamo fare cominciamo’, e le sorrise.

“Abbiamo concordato sul fatto che voi magari non vi sentiate esattamente a vostro agio-“

“Ma guarda un po’” commentò sarcasticamente Silvia, spostandosi i capelli dietro alle spalle e incrociando le braccia al petto. Il leader proseguì, ignorando il commento.

“-quindi abbiamo pensato che fosse meglio iniziare a fare le foto di gruppo con noi per il programma” concluse.

“Davvero gentile da parte vostra” borbottò di nuovo la maknae e io le tirai una manata sulla spalla. “Che c’è? È paranormale questa situazione!” si giustificò lei scrollando le spalle. Suho sospirò.

“Non prendetevela con me” disse solamente.

“Aspetta. Dobbiamo fare delle foto” dissi io.

“Sì” confermò Minseok, tornato da noi dopo una breve gita nei dintorni assieme a qualche altro EXO a caso.

“Con voi”
“Esatto”

“...ah”. Mi voltai verso Ayu, che stava osservando il botta e risposta come se guardasse una partita di ping-pong. “Uccidimi” le ordinai in italiano. Lei inarcò un sopracciglio, poi sollevò la mano e finse di spararmi mormorando un flebile bang. Io mi lasciai cadere per terra.

“Mi ha detto lei di ucciderla” spiegò la mia collega, e Chen attaccò a ridere. Non so se ridessero anche gli altri, riuscivo solo a sentire Chen, la stessa persona che canta ad un metro e mezzo dal microfono perché altrimenti lo si sentirebbe troppo. Capitemi.

Cinque minuti dopo avevamo delle signorine che ci stavano sistemando i capelli fuori posto e ci incipriavano il naso. Nel vero senso della parola, non ci stavano accompagnando al gabinetto. Sara, quella piccola, continuava a girarsi e a starnutire per poi scusarsi con la ragazza. Comunque noi quattro eravamo immerse in un silenzio imbarazzante, fatta ovviamente eccezione per gli acuti eccììììù della seconda maknae. Lei e la polvere non vanno d’accordo.

“Ragazze, non state andando al patibolo” ci disse Baekhyun, che naturalmente non aveva niente mi meglio da fare che stare a guardarci e a prenderci in giro.

“Taci” gli rispose la dolcissima eonni, mangiandosi in po’ di fondotinta e assumendo una smorfia disgustata di conseguenza. Bacon continuò imperterrito a ridere, guadagnandosi uno scappellotto da parte mia non appena le hairstyle mi mollarono.

Mi spettini!” urlò lui con voce acutissima, scappando.

“Non è un vero problema nel tuo caso, fattelo dire” ribattei io. Cavolo, a questi esseri puoi mettere in testa un sorcio morti e sono dei fotomodelli uguali. Cavolo.

“Ragazze, siete pronte?” ci chiese gentilmente Yixing.

“No, ma fa lo stesso” rispose Layla rivolgendo al suo ultimate un sorriso sconsolato. Lui si imitò a guardarla confuso. Ultimamente ci guardavano spesso confusi. Ah, i feels.

“Sai qual è il mio più grande problema, unnie?” mi disse la ragazzina, scostandosi dal nostro unicornosissimo bias. Io le feci un cenno per farla andare avanti con la frase, non sapevo dove volesse andare a parare. “Che sono fotogenica come la luna. Ossia: vedi sempre una cosa fighissima ma quando provi a fotografarla viene fuori una merda. Ovviamente la differenza tra me è la luna è la cosa fighissima” e si mise a ridere. Io le andai dietro e buttandole un braccio sulle spalle.

“Faremo i derp assieme” le risposi ridendo. Ci fissammo negli occhi per un paio di secondi e poi...

“DEEEEEEEEEEEEEERP!”

Non esagero quando dico che tutta la palestra si girò a guardare che caspio c’eravamo fumate così all’improvviso.

 

-

 

Ayumi fissava la telecamera che la doveva riprendere con aria scandalizzata, manco fosse un maniaco.

“Ayu, devi presentarti, non dichiarare guerra all’SM e alle sasaeng in una volta sola, lasciando il tuo indirizzo di casa in post-produzione” le disse per la, penso, diciottesima volta Seir. L’altra annuì ma non abbandonò lo sguardo da cerbiatto che sta per essere investito da un camion.

“Siamo pronti?” ci chiese il cameraman, grazie al cielo dotato di capacità di esprimersi in inglese, altrimenti l’avrei vista dura. Voglio dire, più dura di quanto già non fosse.

“Non proprio” borbottò Sara, però mandò un cenno affermativo al signore, che accese la telecamera.

“Ok, vai” le disse Chanyeol, istruendola da dietro l’inquadratura. Lei lo guardò confusa.

“...ok, esattamente che devo dire?” chiese, mettendosi a ridere. Ovviamente tutti i ragazzi le andarono dietro, mentre noi altre la guardavamo come dire ‘ti prego, almeno provaci, concentrati’.

“Presentati, fa’ qualcosa!” le urlò Sehun dai retrofila.

“Ehm... Annyeong...? ...presumo” iniziò lei, grattandosi la testa e sorridendo imbarazzata. “Sono Sara, della sezione Arti Figurative. Mi occupo dei ritratti” continuò. Quando le fecero cenno di andare avanti ciondolò la testa, esitante.

“Ayu, parla di cosa ti piace fare, hobby, quello che vuoi” le disse Chen.

“Ma soprattutto fai la persona normale” conclusi io. Lei mi mandò un’occhiataccia.

“Faccio i ritratti assieme a Sabrina nella speranza che qualcuno mi venga prima o poi a salvare da quella donna”. Poi si voltò verso di me e sorrise. “Ti voglio bene Brina”.

“Io no!” esclamai io dalla mia postazione. Lei ridacchiò e tornò a fissare la telecamera e a parlare con essa. Alla fine se l’era cavata meglio del previsto.

Finite le riprese individuali ci avevano fatto gironzolare un po’ nella parte di palestra che non era diventato uno studio cinematografico così da riprenderci allo stato brado.
Ossia: in preda a tutta la demenza che potevamo dimostrare.

Le regole da rispettare erano poche: non fate capire che siete fan del kpop, non fatevi scappare onorifici tra di voi o soprannomi legati, non parlate di gruppi e bias, non ballate le coreografie kpop e cose del genere. Insomma, recitare le parti di persone normalissime che facevano dei ritratti e foto ad alcuni sconosciuti. Da parte loro avrebbero tagliato tutte le parti in cui facevamo le cose sopra elencate e mostravamo troppa confidenza con i ragazzi. Tipo quella volta in cui Chen mi si era avvicinato, dopo circa un mese, e mi aveva mostrato una foto del bagno della loro camera d’albergo chiedendomi quale fosse l’utilizza del lavandino basso. Ossia il bidet.

Dovevamo evitare cose del genere perché, si sa, le sasaeng non si fermano davanti a niente e nessuno.

“Bene ragazze! Bel lavoro!” ci disse infine il cameraman.

“Abbiamo finito?” chiese Silvia e lui annuì. E noi iniziammo a fare il girotondo urlando qualcosa del tipo ‘sì, il derp non ci ha sconfitte!’ o simili.

Siamo pur sempre noi.

Quando quei minuti di disagio si furono esauriti raggiungemmo i ragazzi all’esterno della palestra, dove si erano diretti qualche minuto prima che finisse il tutto per parlare con il loro manager di non so cosa.

“Oddio finalmente non dobbiamo più venire in questa scuola! Fino alla fine delle vacanze non la voglio più vedere!” esclamò Seir mentre camminavamo verso il gruppo di ragazzi che aveva un’aria un po’... abbacchiata?

Noi quattro ci scambiammo uno sguardo un poco perplesso prima di raggiungerli. Tutti evitarono accuratamente il nostro sguardo anche dopo la nostra richiesta di esporci il loro problema.

Poi tutti guardarono il leader, che era ovviamente la cavia per le risposte scomode e lui sospirò.

“Abbiamo parlato con il manager” ci disse, degnandoci di uno sguardo. E alleluia, aggiungo io, eravamo fermi lì come dei cactus da cinque minuti a fare quell’assurdo gioco del silenzio.

“Oddio, è morto qualcuno? Avete delle facce!” esclamò Silvia.

“No, no, niente di cose grave... è solo che...” ridacchiò nervoso il leader.

“Attenzione alla suspense” sussurrò Ayu facendo vibrare i palmi tesi. No, non ce la facciamo proprio a rimanere seri per più di due minuti di fila.

“Hanno anticipato il nostro rientro in Corea. Pariamo tra tre giorni”.

E silenzio fu.

 

Angolino nascosto nell'ombra:

Allora.
È da tre mesi che non aggiorno, e non so se se ne è accorto qualcuno. se sì, scusatemi.
Se no... scusatemi uguale. La One shot sui BTS mi ha preso più tempo del prevto, perrché io mi aspettavo una tredicina di pagine massimo e invece... invece ne sono saltrate fuori quarantam ci va bene, mea culpa.
Poi ho deciso di scrivere prima un capitolo dell'altra long che sto mandando avanti perchè l'avevo troppo malcagata e allora, per giustizia (e anche per le idee, ma quello è un altro discorso) ho deciso di malcagare questa, 'sto giro.
Inoltre non avevo un cavolo di briciolo di idea per questo capitolo, ho aspettato a vedere se arrivava l'illuminazione che, ovviamente, non è arrivata (se non per la cosa iniziale di patateeeeeeeeeeeeee). Di conseguenza il capitolo mi fa anche sucìfficientemente schifo.
Mi dispiace, davvero. Spero che almeno convinca voi.
Ammesso e non concesso che un 'voi' ci sia ancora. Dopo tre mesi, non si sa mai, non nel mio caso comunque.
L'unica cosa che ho da dire è che quella cosa del bidet me l'hanno raccontata ed è vera, poi non per tutti i coreani è così. Seolji delle EXID in Weekly Idol ha detto di volere un bidet.
Che poi, cos'avrà tutto il mondo contro i bidet. Sono così comodi.
Va beh. Non vi annoio oltre.
Resistete, manca solo l'ultimo capitolo e l'epilogo (che temo verrà fuori lungo eterno)
PATATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE

 


Aura_
 

  
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