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Autore: Moonyra    25/06/2016    1 recensioni
Si tratta di una storia ordinaria.
Non ci sono eroi, né principesse, né draghi o guerriere.
È la storia di un semplice coinquilino alla ricerca di un'altra etichetta oltre a quella che lo identifica adesso.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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La primavera sembrava aver voluto dare il meglio di sé quel giorno: l’aria era tiepida, frizzante e dolce, tanto da rendere impossibile resistere al suo richiamo e non uscire di casa per poter godere appieno del primo sole scottante dell’anno. Proprio sotto quello splendido sole Madison Ryan stava salutando Abigail, sua compagna di corso a Infermieristica, dopo aver declinato il suo invito a fare un giro insieme per la città. Avevano passato tutto il pomeriggio in università, sospirando al cielo sereno che si intravedeva dai finestroni dei laboratori di biologia. I professori avevano già iniziato ad accennare agli appelli della sessione estiva e come conseguenza facevano pressioni perché facessero parziali su parziali. Se quella non fosse stata la sua passione, si sarebbe stressata e avrebbe dato di matto. Si strinse nel cappotto quando una folata di vento rovinò l’atmosfera primaverile. Il freddo le si insinuò nella mente, portando con sé pensieri amari. Il giorno prima, quando suo padre l’aveva chiamata per avere notizie, aveva detto di stare bene.
Ma non stava bene affatto. L’università che stava diventando sempre più pesante, le preoccupazioni per la salute instabile della zia, per tutto quello sentiva una sorta di inquietudine in fondo allo stomaco, come se dovesse succedere qualcosa, qualcosa di cui aveva paura.
Poi c’era Allen. A passi lenti e misurati imboccò la via per l’appartamento. Come aveva fatto a non capire prima cosa provava per lei? Sì, qualche volta l’aveva sospettato, ma non aveva mai dato peso alla cosa. Allen era … Allen. Aveva sempre pensato a lui come a una persona serena, sempre allegra, scherzosa, poco seria. Solo in quel mese aveva capito quanto si sbagliava. Il ragazzo pieno di vita, aperto, era solo una copertura del vero Allen, quello sentimentale e sensibile. Perché non l’aveva capito prima? Forse avrebbero potuto evitare quel contrasto, avvenuto ormai quasi un mese prima. O forse no. A poco a poco aveva capito i suoi argomenti. Era stata cieca, aveva ragione. Non aveva mai pensato seriamente a lui come a più che un amico. Era allora veramente superficiale come credevano gli altri.
Aumentò l’andatura, spinta dall’avvicinarsi della sera. Di solito prendeva l’autobus, ma camminando di solito scaricava i pensieri. Ma adesso le continuavano a vorticare tutti nella testa.
Allen era tornato come prima dell’incontro con Brad, tranne per un particolare: non la guardava più negli occhi. Quando scherzava con lei, guardava fissamente un punto oltre la sua testa. Era snervante. Per questo cercava di stare più possibile fuori casa, lontano da Allen. Dai suoi occhi castani, che ricordava rossi di pianto. Dalla sua voce forte e chiara, così diversa da quella rotta e singhiozzante. Dal suo sorriso, che le sembrava così falso. Ogni volta che guardava i  suoi capelli disordinati, con una stretta allo stomaco le tornava in mente quel giorno fatidico.
Convivevano da quasi due anni, avevano condiviso gioie e tristezze, ma non aveva mai, mai pensato a come definire il loro rapporto. Erano coinquilini, sì. Erano amici, o almeno fino a un mese prima. Ma non erano solo quello.
Ricordava troppo bene i momenti nei quali il suo sguardo si era spinto a esplorare i tratti del volto e delle spalle di Allen e a intimamente apprezzarne la solidità.
Ricordava quando era caduta su di lui, mesi prima.
Ricordava gli sguardi di intesa scambiati, quando si alleavano insieme contro Andrea.
Le mancava. Era dura ammetterlo, ma le mancava Allen. All’inizio, l’orgoglio aveva prevalso. Ma adesso che si rendeva conto di quanto avesse perso quel giorno, aveva capito che era stata superficiale. Quello che aveva sempre temuto. Intanto era arrivata al portone del condominio. Lungo la strada del ritorno il forte mal di testa con cui era uscita da lezione le era cresciuto, non vedeva l’ora di potersi stendere sul letto per riposarsi. Salì le scale di buon passo, salutando con un cenno la signora Cliff che rientrava da lavoro.
Quando arrivò al quinto piano, capì che c’era qualcosa che non andava. La porta d’ingresso era aperta. Andrea e Allen dovevano essere erano entrambi a casa, non avevano lezioni e avevano detto che sarebbero rimasti a studiare.
Corse dentro. Nel salotto e nella cucina adiacente non c’era nessuno. I gemelli si contendevano sempre il divano per studiare, era strano che vi avessero rinunciato entrambi. Ma cosa più strana era che tutto era immerso nel silenzio. Le pareti di quell’appartamento erano sottili e i suoi abitanti rumorosi, il silenzio era bandito a vita da entro quelle mura. Si avvicinò al bancone che divideva il salotto dalla cucina e vide che il forno era acceso: non potevano essere usciti.
Iniziò a preoccuparsi seriamente, c’erano troppi segnali negativi. Chiamò prima Andrea. Nessuna risposta. Poi Allen. Silenzio. No, no, no. Cosa era successo? Cosa poteva essere successo? Non i suoi migliori amici. No. Brad? Poteva aver fatto qualcosa lui. No, non l’aveva più sentito. Forse erano entrati dei ladri che avevano aggredito i suoi due amici, forse … Anche le due camere erano vuote, ma la porta del bagno era chiusa. Non si sentiva nessun rumore, né di acqua corrente né di phon. Con il cuore in gola abbassò la maniglia, entrò e le scappò un urlo.
“Madison!”. I loro sguardi in quell’istante si incontrarono di nuovo dopo molti giorni. Allen girò rapidamente la testa per nascondere il viso e si chinò nuovamente sul lavandino.
“Ma sei cretino?” chiese Madison senza abbassare tono  di voce dopo l’urlo di sorpresa “Perché cazzo non mi hai risposto quando ti ho chiamato?”.
Allen alzò le spalle, girò la manopola per far uscire l’acqua e rispose: “Non ti ho sentito. Cioè, ti ho sentito, ma ho pensato che me lo stessi immaginando, sapevo che rimanevi a mangiare fuori”.
Si gettò l’acqua sul viso mentre Madison lo studiava. Dopo le riflessioni che aveva fatto quella sera non sapeva come comportarsi. Da una parte voleva fare pace con lui, dire magari che gli dispiaceva di averlo fatto soffrire, dall’altra pensava che dirgli una cosa del genere lo avrebbe fatto soffrire di più. Quindi optò per una via di mezzo: “Dov’è Andrea?”.
Lui chiuse il getto d’acqua e prendendo a tentoni l’asciugamano rispose: “Si è accorta di aver finito gli antistaminici, è andata a prenderli in farmacia”. Perché era così secco? Perché ti odia si rispose. Scartò l’ipotesi di scusarsi e continuò: “Il portone era aperto. Mi sono preoccupata”.
Allen riemerse dall’asciugamano e con un mugugno che sembrava significare disapprovazione la superò per andare a verificare di persona. Madison lo sentì imprecare in direzione della sorella assente e sconsiderata e lo raggiunse. “Allen” lo chiamò. Lui si girò verso di lei, ma non fu abbastanza attento per evitare che i loro sguardi si incrociassero. Madison sentì uno strappo allo stomaco: in quel momento, in cui i loro occhi si guardarono per troppo tempo, capì perché lui evitava il contatto visivo. Era pericoloso. Poteva riaccendere fuochi spenti, far bruciare cicatrici e far togliere le maschere. O far emergere una verità sepolta nel proprio animo, sotterrata perché non facesse male.
Allen si costrinse a girare la testa e stava per andarsene in cucina quando la voce della ragazza lo richiamò: “Allen”. No, non poteva ricaderci, non ora che si era quasi abituato a convivere con il dolore bruciante. Quasi. Era quello il problema: non si sarebbe mai abituato, non fin quando avrebbero smesso di vivere sotto lo stesso tetto. Vide Madison ai margini del suo campo visivo e bastò per richiamare prepotentemente il suo sguardo su di lei: fatto, ci era ricaduto. Adesso non sarebbe servito a niente nascondersi, cercare di convincersi che, in fondo, lei non gli piaceva più. Gli occhi si spinsero a esaminare ogni parte del suo corpo, i fianchi, il busto, il viso, gioendo di quel contatto ritrovato.
“Allen” ripeté per la terza volta Madison, a voce più alta. Lui continuò a fissare i suoi occhi mentre lei si avvicinava lentamente. Solo quando lei aprì la bocca per dire qualcosa, riuscì a riscuotersi da quello stato di incantamento in cui era precipitato e la anticipò, per non dover sentire altre parole che lo potessero fare stare male più di quanto non lo fosse già: “Scusami. Ti ho trattata male, lo riconosco” alzò un braccio per accarezzarle il viso con il dorso della mano, mentre i suoi occhi si facevano grandi di stupore “Ho capito che non posso essere duro con te solo perché non mi vuoi come … qualcosa in più. Un giorno o l’altro me ne farò una ragione, non posso costringerti ad amarmi. Tornerò lo stesso di sempre. Ok?”.
Madison scosse la testa. Vide il suo sguardo preoccupato. Si prese del tempo per riflettere prima di parlare: aveva notato come aveva ispezionato il suo corpo, desideroso. Gli piaceva ancora. Dopo un mese in cui si erano ignorati, dopo che lo aveva fatto soffrire, lui la voleva ancora.
“No, non va bene per niente”.
Allen cercò di dire qualcosa, di scusarsi ancora forse, ma lei lo interruppe circondandogli il collo con le braccia. Poi si alzò sulle punte per raggiungere la sua altezza e lo baciò teneramente, cercando di dire in quel bacio quello che aveva deciso. Solo quando lei si staccò, Allen riaprì gli occhi. Sorrise, le labbra leggermente dischiuse. Poi le cinse i fianchi e la baciò, per farle capire ciò che non era ancora riuscito a esprimere con le parole.
Andrea quella sera rientrò a casa di pessimo umore, maledicendo la folla in farmacia. Perché tutta quella gente doveva stare male o avere bisogno di una crema anticellulite? Perché tutti si erano ricordati che quella era l’unica farmacia della città aperta dopo le sette? Spalancò la porta e quello che vide la fece rimanere bloccata sull’uscio. Allen, sdraiato sul divano, stringeva tra le braccia Madison. Dormivano entrambi, sereni, finalmente dopo mesi. Chiuse la porta silenziosamente e in punta di piedi si allontanò verso la cucina. E spiando da sopra il divano, sorrise. 
  
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