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Autore: jo17    25/06/2016    2 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La neve era già caduta ad imbiancare le strade della sua città, per un attimo si ritrovò a rimpiangere il caldo e le spiagge assolate che l’avevano circondata per quasi due mesi. Il freddo le faceva perdere sensibilità al viso e fu grata quando entrando nel suo ufficio avvertì il tepore che vi reganva.
Ritrovandosi in quella stanza, tra gli oggetti e il paesaggio dalla finestra così familiari, non sapeva dire se le fossero mancati. Se ne restava immobile al centro della stanza con lo sguardo perso nel vuoto quando sentì Harry aprire la porta alle sue spalle.

  • Ben tornata! Finalmente!

Ruth gli andò in contro abbracciandolo calorosamente, cosa che fece anche lui.

  • Solo adesso che ti rivedo mi rendo conto che mi sei mancata.
  • Davvero?
  • No, ovviamente mento.

Sorrisero entrambi.

  • Questo posto senza di te è una nave alla deriva. Sono un pessimo capitano.
  • Sai benissimo che non è così.

Andarono entrambi a sedersi, Harry non aveva nessuna intenzione di lasciare la mano della donna che stringeva nella sua da quando si erano sciolti dall’abbraccio.

  • Però, ti dona molto l’abbronzatura! Inizio ad invidiarti.
  • Sono in debito con te, quindi sei libero di andare anche tu su qualche spiaggia tropicale, o ovunque ti vada di andare.

L’uomo si fece serio.

  • Non dirlo nemmeno per scherzo, tu non mi devi niente. Era un prezzo da pagare per riaverti indietro forte come sempre.

La donna si alzò, dirigendosi davanti all’enorme finestra.

  • Purtroppo non posso garantirtelo. Forte non è la parola che al momento mi si addice di più. In questo periodo ho avuto molto su cui riflettere, e sono arrivata a delle conclusioni su me stessa che non mi soddisfano molto.
  • Ruth, non so che tipo di riflessioni tu abbia fatto, ma hai avuto un anno pesante, quindi datti il beneficio del dubbio. Sei stata via parecchio e adesso devi di nuovo riabituarti alla tua esistenza. Ma vedrai, si sistemerà tutto.

Ruth si girò a guardarlo.

  • Ok allora iniziamo a ritornare alla mia vecchia vita. Dimmi, è tutto pronto per l’evento?
  • Si, ditta di demolizione ingaggiata da almeno un paio di mesi, non ci sono stati ripensamenti da parte di nessun artista e il solito baraccone è stato messo in moto. Ma ti ho lasciato un mucchio di cose da definire ma credo che in un paio di giorni riuscirai a fare tutto. E tutto sarà perfetto. – Le si avvicinò poggiandole le mani sulle braccia -  Tu lo sarai. E’ il tuo momento, devi solo godertelo.
  • Il nostro momento. Senza di te non ci sarei mai riuscita.

Nei giorni che precedettero il grande evento fu totalmente riassorbita dal lavoro, i suoi amici osservandola dal di fuori ne furono contenti, sembrava che finalmete fosse tornata alla noramlità, che fosse di nuovo la Ruth di sempre, sicura di se e del mondo che la circondava. Ma non sapevano che la sera, una volta sola nel suo appartamento, grata di quell’unico angolo al mondo dove poteva finalmente smettere di indossare la maschera di risolutezza che gli altri pretendevano da lei,  non riusciva a non abbandonarsi alla malinconia di quel qualcosa che non era mai stato. Odiava se stessa per non essere in grado di scrollarsi di dosso quella sensazione, quel dolore e quella rabbia che erano diventati dei compagni fedeli.
In quelle notti insonni però era giunta alla conclusione che non riusciva a dimenticare perché, in fondo, la parola fine non era mai stata detta, un confronto per riuscire a capire, non c’era mai stato, ed era consapevole che era stata colpa sua, aveva preferito fuggire che non affrontarla. Ma per quanto fosse vero, al solo pensiero di incontrarla la rabbia le saliva alla gola, il solo immaginarla davanti a se e sentirle pronunciare parole di scuse o di giustificazione. Non lo avrebbe sopportato, sentire ammettere che aveva scelto… non riusciva nemmeno a terminare il pensiero, tutte le volte che giungeva a quella naturale conclusione si imponeva di pensare ad altro.
Era appena scattata la mezzanotte ed era ancora sul divano immersa nella lettura, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Ne fu estremamente sorpresa e esitò a muoversi, ma dopo una lunga pausa la persona dall’altra parte insistette nuovamente.
Si alzò e prima di aprire guardò attraverso lo spiocino, aggrottò la fronte sospirando, poi si decise ad aprire.

  • Lexie che ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?
  • Credo che il portiere di notte non sia molto informato sulla tua vita, si è limitato a salutarmi. Posso entrare?
  • No. Non so perché sei qui ma vorrei che te ne andassi.
  • Ascolta, ho saputo da Harry che eri ritornata e non ho avuto modo di passare da te in ufficio, ma volevo vederti, volevo sapere come stavi.
  • Mi hai vista, sto d’incanto.

Lexie sorrise, era vero, era un’incato, con gli occhiali che usava per leggere e il grande cardigan bianco che utilizzava per stare al caldo e comoda quando era in casa, poi aveva notato come il mare e il sole le avevano schiarito i capelli che si intonavano al colore ambrato della sua pelle in quel momento.

  • E’ vero, ma a guardarti credo che tu soffra di nuovo di insonnia.

Ruth le lanciò uno sguardo tagliente.

  • E’ evidente che mi conosci.
  • Già, è vero, ti conosco molto bene. Visto che entrambe non riusciamo a dormire potremmo farci compagnia.
  • Non mi sembra una buona idea.
  • Ti prego. Lasciami entrare.

Ruth la guardava ancora con un espressione accigliata, ma si scostò per farla entrare.
Andarono in salotto restando in piedi una di fronte all’altra ma ad una certa distanza.

  • Allora, com’è andata la tua vacanza? Ha avuto gli effetti desiderati?
  • Si, avevo proprio bisogno di un periodo di riposo.
  • Due mesi sono un abbondante periodo.
  • E con questo?
  • Ok, scusami, non era una critica la mia. -  si guardò intorno – che ne dici di offrirmi qualcosa? Che so, visto l’ora direi che una tisana sarebbe l’ideale.

Questa sua uscita le strappò un sorriso, così senza dire niente Ruth andò in cucina segiuita dalla donna.
Iniziarono a parlare dei posti che aveva visitato durante quella lunga vacanza.

  • Sono contenta che ti sia divertita. Viaggiare fa sempre bene, soprattutto per scrollarsi di dosso periodi difficili.

Ruth sospirò e in un sussurro più per se stessa che non per una risposta alla sua interlocutrice.

  • Già, niente di meglio.

Lexie la scrutò con i suoi occhi di ghiaccio, poi fece qualche passo verso di lei che era rimasta in piedi appoggiata all’isola della cucina.

  • Tu ci stai ancora male.

Ruth guardando come la donna aveva cambiato espressione ne rimase un attimo turbata, il disappunto che intravide la infastidì ancora di più.

  • Non ci posso credere che stai ancora soffrendo per lei!
  • E’ per questo che sei venuta? A godere del mio dolore?
  • Godere? E come potrei, forse mi ferisce ancora di più! Sei qui che ti maceri nella sofferenza per una con cui sei stata quanto? Qualche mese?
  • Ma con che diritto vieni qui a giudicarmi?

Lexie le si avvicinò afferrandola per il polsi e attirandola a se. Ruth cercò di opporle resistenza ma con scarso successo.

  • Dimmi, quanto ancora dovrà durare? Quanto tempo ti servirà per capire che lei non valeva niente, che non era per te. Sei rimasta abbagliata da lei solo perché credevi che foste simili. E forse lo siete visto che non è qui.
  • Si può sapere cosa vuoi da me? – Ruth aveva chiuso gli occhi e una grossa lacrima scese a bagnarle il viso -  perchè mi tormenti?

La donna si accorse che Ruth non opponeva più resistenza e quella lacrima l’ aveva sorpresa. Il suo tono di voce si raddolcì e allentò la presa.

  • Voglio che ti dimentichi di lei. E che ti renda conto di come fosse perfetta la nostra vita insieme. Sai benissimo che è la cosa giusta da fare, nessuno ti amerà mai quanto me.

Ruth la guardò ed ebbe un brivido.

  • C’è il piccolo problema, Lexie, che sono io a non amarti. E non è perché Victoria – Esitò, si rese conto che era da mesi che non pronuciava più il suo nome ad alta voce – è entrata nella mia vita.
  • Ma ti avrebbe dovuto far capire che sono io la persona giusta per te.
  • E tu cosa ne sai? - Finalmente riuscì a liberarsi. – dici di conoscermi e forse è vero, ma non abbastanza, non da capire che non ho bisogno di una persona che mi pianifichi la vita. E se adesso sto soffrendo è perché ho capito che cosa vuol dire amare.

Mentre diceva tutto questo era andata ad aprire la porta.

  • Smettila di interessarti a me e alla mia esistenza o a chi sarà la prossima persona che mi spezzarà il cuore, perché di sicuro quella persona non sarai tu. E adesso va via o giuro che mi metto a urlare!

Lexie le passò davanti, quelle parole furono una doccia gelata, avrebbe voluto aggiungere altro. Era andata da lei quella sera solo perché le era mancata, non avrebbe mai pensato che vederla lì, affranta per una persona che non la meritava, che non l’aveva mai amata quanto lei, le aveva fatto perdere il controllo. E adesso il modo in cui la stava guardando in quel momento la ferì profondamente, perché comprese che con il suo comportamento aveva messo la parola fine su qualsiasi tipo di rapporto ci sarebbe potuto essere fra loro due.
*******
Prima di entrare in ufficio quella mattina Ruth si era fermata a parlare con la sua segretaria.

  • Ally, potrebbe darmi il resoconto della mostra di Victoria Reyes? Mi porti qualsiasi tipo di informazione in merito.

La donna si mise subito a lavoro.
Harry, che da quando era ritornata appena arrivava in ufficio andava a trovarla

  • Buongiorno. Dormito bene?
  • Splendidamente, se non fosse stato per visite sgradevoli.
  • A chi ti riferisci? Victoria..
  • No! La tua cara amica Lexie, non so che cosa  si fosse messa intesta. Ti avverto, non voglio più vederla qui in giro.
  • Ma Ruth, lo sai che non è possibile.
  • A no? Secondo me se ti impegni puoi farcela. Inventati qualcosa, non sopporto più la sua insistenza.

L’uomo la guradò soppesando la sua richiesta.

  • Ok, vedo come posso accontentarti.

Entrò la segretaria con il materiale che le aveva chiesto poco prima Ruth. Quando Harry si rese conto di cosa fosse la guardò sopreso.

  • Sono solo cuirosa.
  • Potevi chiedere a me. Ti avrei detto che è andata benissimo, Miss Reyes ha praticamente venduto tutti i suoi dipinti e il grande quadro ha raggiunto una quotazione esorbitatnte, come lei del resto. E’ diventata molto richiesta, anche se si fa desiderare. Per noi è stato sicuramente un ottimo affare.

Fece una breve pausa per vedere come l’amica prendeva quelle informazioni.

  • Sono stato abbastanza esauriente?

La vide mettere quei fogli, che sicuramente contenevano informazioni più dettagliate, in un cassetto.

  • Si, ti ringrazio.
  • Visto che ne stiamo parlando, ci ha lasciato l’esclusiva sulla sua gestione. Qualsiasi contatto per lei passerà da noi. Ma dimmi se preferisci recidere il contratto.

Ruth si prese qualche istante prima di rispondergli con un sorriso.

  • A quanto pare mi è impossibile liberarmi delle mie ex, già una volta ti dissi che avevi ragione quando mi rimproveravi che non si mischia vita privata e lavoro. In futuro ti darò sicuramente ascolto.

L’uomo sorrise e decise di cambiare argomento.

  • Adesso possiamo dedicarci a quello che accadrà domani? Ah e poi Hanna vuol sapere se hai preferenze per il pranzo di natale.
  • No, nessuna. E per domani dobbiamo solo incrociare le dita e sperare che vada tutto bene.

*******************
Il giorno ormai tanto atteso si ritrovarono su una pedana costruida appositamente per stare ad una distanza che avrebbe messo in sicurezza tutti gli intervenuti a quell’evento. C’erano tutti gli artisti proprietari di quelle opere che da li a qualche minuto sarebbero state ridotte in polvere, c’era il sindaco e tutta quella classe politica che a Harry piaceva tanto e dal quale cercava sempre di trarne il maggior profitto, e poi le varie riviste d’arte e molti altri appassionati, ma anche una folta schiera di curiosi.
A Ruth importava soltanto che ci fossero i suoi amici, aveva invitato anche il fratello e la sua famiglia, e si rese conto che da tutti loro riusciva a trarne una forza che la stupiva. Per un attimo sentì di essere di nuovo se stessa, di avere una vita piena e piacevole. Non aveva nessun motivo per dubitarne, per essere affranta dalla perdita di un amore a senso unico.
Durante il discorso che stava tenendo il sindaco, intravide la testa rossa di Katrin, i loro occhi si incontrarono ma Ruth li chiuse per un attimo, si rese conto che aveva il terrore di vedere un altro volto noto accanto al suo. Si girò verso Beth per sussurrarle all’orecchio.

  • Ti devo chiedere un favore.
  • Dimmi
  • Ho visto Katrin, ti prego fa in modo che non si avvicini a me.

L’amica la guardò leggendo nei suoi occhi una supplica, le fece un cenno di assenso.
Dopo le varie interviste e le foto di rito lei ed Harry abbassarono la leva che innescò la detonazione, per Ruth fu quasi liberatorio.
Al termine fu annucniato un party che si sarebbe tenuto in un albergo pretigioso lì vicino, ovviamente era riservato esclusivamente agli invitati e Ruth non aveva nessuna idea se per sbaglio, durante l’organizzazione dell’evento non fossero stati inviati anche a persone poco gradite, e aver visto lì Katrin le aveva dato la conferma di quel sospetto.

  • Allora tesoro, pronta ad andare? La macchina ci aspetta.

Si girò verso Harry e la moglie che l’avevano appena raggiunta.

  • Voi andate pure avanti, vi raggiungo dopo. Ho bisogno ancora di un attimo per congedarmi da tutto questo.

Harry la guardò perplesso, poi furono raggiunte anche da Beth.

  • Possiamo aspettarti sei vuoi.
  • No, ho solo bisogno di restare da sola per un po’. – sorrise – Giuro di non sparire, datemi solo qualche minuto ok?

Gli amici si guardarono e decisero di fare come chiedeva, Beth prima di andare via aggiunse soltanto.

  • Ho parlato con Katrin, sta tranquilla, non è qui. E mi ha assicurato che non ti contatterà se non sarai tu a volerlo.
  • Ti ringrazio.

Una volta sola, ritornò a guardare quel cumulo di macerie che fino a qualche ora prima era stata la sua creatura, la sua opera che l’aveva resa tanto fiera, pensò che molto probabilmente quello aveva rapresentato l’apice della sua carriera e che adesso si sarebbe limitata in un placido corso di eventi e mostre da organizzare, senza grandi note che avrebbero riportato il suo nome.
Sospirò.
Ritornò a pensare alle ultime parole di Beth lei non è qui.
Lei non sarà mai più qui.
Si riscosse quando vide che ormai si era fatto buio e che qualche fiocco di neve aveva iniziato a cadere, decise di andar via. Quando si voltò trasalì per lo spavento.
Una figura in un lungo cappotto scuro era rimasta a fissarla per tutto quel tempo. Ruth stentò a riconoscerla, per quanto il suo aspetto fosse cambiato, l’unica cosa che riuscì a sussurrare fu il suo nome

  • Victoria

La donna restava lì a fissarla con un mezzo sorriso sulle labbra e un’espressione accigliata in forte contrasto. Nessuna delle due riusciva a rompere quel silenzio ormai assordante, Ruth sentiva solo le pulsazioni del suo cuore che corrispondevano a quelle delle tempie, come se stessero per esplodere.

  • Come mai tutta sola? Non dovresti essere a divertirti ad una festa?
  • E tu?

Nel dirlo si avvertì in leggero tremito della voce.

  • Sono solo venuta a vedere che cosa fosse rimasto.

Ruth non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi che la fissavano in un modo che la mettevano a disagio, senza contare quanto quella situazione le sembrasse irreale, constatando come quella donna che aveva di fronte fosse così diversa dall’ultima volta che l’aveva vista. Era vistosamente dimagrita e delle profonde occhiaie evidenziavano lo sguardo duro che le stava rivolgendo in quel momento.
Victoria fece un passo verso di lei, mantenedo comunque una certa distanza, solo allora Ruth si accorse che la donna stava appoggiata ad un bastone, la pittrice si rese conto di cosa aveva attratto la sua attenzione così fece in modo di riportarla su di se.

  • Ti trovo bene.
  • Mi dispiace non poter dire lo stesso di te.

Victoria aggrottò la fronte, inclinando la testa e alzando leggermente il mento, fece un profondo respiro.

  • Credimi, dispiace più a me.

Calò di nuovo un pesante silenzio, Ruth guardò le scale dietro la donna crecando la forza di riuscire a raggiungerle e ad allontanarsi il più possibile, non era pronta per quel confronto, e la rabbia che sentiva salirle dentro non l’aiutava.

  • E’ incredibile come sia diventato impossibile riuscire ad incontrarti. Eppure è bastato smettere di insistere per farlo accadere.

Ruth sentiva gli occhi bruciare. Victoria continuò con un tono freddo ma che nascondeva una certa ironia.

  • Del resto è così che succede quando qualcuno non ti vuole più vedere.
  • Perché avrei dovuto. Ti ho fatto un favore, ti ho evitato di inventarti le ennesime scuse.
  • Scuse? E per cosa? Non ho niente per cui debba scusarmi.

Ruth rimase spiazzata, non si sarebbe mai aspettata una risposta simile. La furia mal celata dell’altra donna esplose.

  • Mi dici che diavolo ti è saltato in mente?! Sparire in quel modo! Con i tuoi amici che ti hanno costruito una cortina di ferro in torno per non farmi arrivare te, era un mio diritto parlarti!
  • Parlarmi di cosa? volevi spiegarmi come finalmente il tuo unico grande amore fosse tornato da te? Dovresti ringraziarmi, ti ho evitato l’imbarazzo!
  • Dio Ruth! Non sai di cosa parli! Avresti dovuto fidarti di me!
  • Fidarmi di te?! Non me ne hai dato nessuna ragione! E per favore, smettila di guardarmi come se io fossi colpevole!

Victoria dopo quel primo monento cercò di contenere la collera che sentiva agitarsi dentro. Il modo in cui la stava guardando Ruth era carico di odio e di disprezzo, e non riusciva ad accettarlo.

  • Ma tu sei colpevole, mi hai chiusa fuori dalla tua vita buttando nel caos la mia.

La donna rimase sorpresa dalla sua affermazione e non trovò le parole per controbattere.

  • Sai, in questi mesi mi sono domandata se tu ti saresti comportata in maniera differente se ti avessi detto che ti amo.
  • Mi avresti semplicemente devastato di più. Perché per assurdo ti avrei creduto, sbagliando, perché mi è bastato vederti con lei per capire che mi stavi mentendo.

Victoria iniziò a scuotere la testa.

  • No, non sai quanto ti sbagli. Ma mentirei se non ti dicessi che vederla lì quella sera mi aveva resa felice e frastornata allo stesso tempo. Tu non sai cosa vuol dire vedere realizzato qualcosa in cui hai sperato per anni, lei voleva ritornare da me. Ma man a mano che parlava, che mi diceva quello che sentiva, quello che voleva da me, credimi, restavo lì a guardarla e più lei parlava rassicurandomi su come sarebbe stato  da quel momento in poi la nostra vita e più mi rendevo conto che io ne avevo già una, con te. Ed ero felice. E quando mi ha baciata…
  • Ti prego, risparmiami i particolari…

La pittrice si interruppe solo per un attimo, ignorando volutamente gli effetti che stava avendo il suo racconto sulla sua interlocutrice, ormai vi era solo odio in quegli occhi che amava, poi riprese.

  • Quando mi ha baciata sono rimasta sconvolta dal fatto che non erano le tue labbra, che non era il tuo viso e i tuoi occhi a guardarmi pieni di amore. E quando sono tornata da te, a cercarti tu eri sparita!
  • Hai impiegato quell’attimo di troppo per rendertene conto. Victoria, hai fatto tremare il mio mondo e ti giuro che non lo permetterò mai più, a nessuno, figuriamoci a te.

Victoria ebbe uno scatto, il bastone che aveva cadde a terra rumorosamente e afferò Ruth per le braccia, appena sopra i gomiti.

  • Stammi bene a sentire! Non mi importa se non mi ami più, e non mi importa se non riesci a volermi un minimo di bene! Tu ricorderai l’amore che ci univa e tornerai da me! Ti costringerò a farlo! – smise di urlare - Quando ti ho conosciuta non volevo niente da te, per una stupidissima notte volevo solo scomparire nel calore di un'altra persona, ma ti sei imposta nella mia vita, hai fatto di tutto per renderti indispensabile alla mia esistenza!

Quest’ultima frase era poco più di un singhiozzo, Victoria poggiò la fronte sulla sua spalla, stringendo ancora di più la presa sulle braccia. Ruth rimaneva immobile.

  • Sai invece cos’è successo a me? Sono impazzita per colpa tua. Ho sentito il bisogno di prendere le distanze da questa città che amo e che tu mi hai reso insopportabile. Non sai la mia felicità sentendo che più mi allontanavo e più sentivo di stare bene, e la mia delusione constatando di quanto fosse solo un’illusione. Non immagini l’infinità di posti che ho visitato per distrarmi, per non pensare a te. Ma puntualmente mi ritrovavo a domandarmi tu che cosa avresti detto o fatto se fossi stata lì con me – sorrise amaramente -  Sapevo benissimo che sarei dovuta restare, mi ponevo mille domande e sicuramente avrei avuto più risposte se avessi chiesto direttamente a te. Ma non ho avuto la forza di fare diversamente.

Victoria sollevò di nuovo la testa per guardarla dritta in faccia e si rese conto dell’espressione assente della donna, che guardava un punto indefinito di fronte a se.

  • Te lo dico adesso, e lo so che è tardi, ma ti amo.  Ruth ti amo oltre qualsiasi cosa, oltra la mia testardaggine, oltre la mia malattia – la scosse leggermente per far si che la donna tornasse a guardarla riuscendo nell’intento - Voglio te dannazione!

Ruth le prese il viso fra le mani, come fra due artigli, avrebbe voluto graffiare quel volto che le faceva sanguinare il cuore.

  • E tu non sai quanto avrei voluto averti veramente.

Fece scorrere le dita fra i capelli di Victoria e la baciò. Fu lungo e intenso e pieno di rabbia, non poteva fare a meno di morderle le labbra, era come se sentisse la necessità di farle del male, ma dopo ritornava a cercare la sua lingua per poter fondere nuovamente le loro bocche.
Poi Ruth riuscì a riprendere il controllo su se stessa.
Avevano già vissuto momenti come quello ed ebbe paura.
Si liberò allontanandosi da lei e dandole le spalle. Quando si voltò nuovamente a guardarla ormai piangeva senza alcun freno. Victoria restava a guardarla frastornata, provò a fare qualche passo zoppicando vistosamente.

  • Non so se sono in grado di lasciarmi alle spalle quello che è successo. Vorrei, ma non posso fidarmi di te. L’ho fatto in passato e tu puntualmente mi hai delusa, guarda dove siamo adesso. Davvero, non posso farlo.

La pittrice rimase un attimo a guardarla, poi si abbassò a raccogliere il suo bastone, quando terminò l’azione le si avvicinò con un passo reso più sicuro.

  • Va bene.

Fissò il suo sgurado dentro il suo

  • Magari non oggi, e forse nemmeno fra un mese o non so quanto tempo ti ci vorrà per tornare a credere in noi, ma tu ritornerai da me. Siamo fatte per stare insieme. E lo sai benissimo, lo hai sempre saputo. – Fece una pausa – Ruth, per quanto mi riguarda non ho intenzione di vivere la mia vita senza di te.

L’unica cosa che fece Ruth dopo un lungo momento in cui si perse nei suoi occhi fu quello di girarsi e andare via, nuovamente lontano da lei, e non si rese conto che aveva iniziato a correre fino a quando non si fermò per riuscire a ritornare a respirare.
Victoria invece restò lì immobbile, le era costato un’enorme sforzo lasciarla andare via, non dopo averla ritrovata. Setniva ancora il suo sapore sulle labbra, le era mancato, le mancava tutto di lei, le sua mani, le sue braccia, il suo corpo nudo stretto al suo. Si, c’era voluto tutta la sua forza e il suo coraggio per ritornare di nuovo a casa senza di lei.
Quando aprì la porta del suo appartamento Katrin le andò in contro

  • Ma dove sei stata?!

Victoria si limitò a lanciarle uno sguardo, come se la sua presenza le fosse del tutto indifferente. Ormai aveva questo atteggiamento verso qualsiasi cosa, non soltanto con la sua amica, o forse con lei si presentava con più intesità che con altri.

  • Avevo bisogno di prendere aria. E tu? Com’è andata?
  • Ho visto Ruth.

Victoria rimase per un attimo ferma mentre stava cercando con fatica di sfilarsi il cappotto, poi riprese l’azione.

  • Le hai parlato?
  • No, ma in compenso ho avuto un gentile invito ad andar via da parte di Beth.
  • Che cosa ti aspettavi?

Katrin abbassò lo sguardo

  • Niente di diverso.

Vide la padrona di casa dirigersi verso le scale e salirle con difficoltà, dopo sentì la porta della camera chiudersi e capì che non sarebbe più scesa.
Victoria si mise a sedere sul letto, immobile, ripensando alla sera in cui aveva rovinato tutto, sapeva che l’essere stata frastornata dalla presenza di Dana non rappresentasse una giustificazione. Ma quello che sapeva adesso era che il confronto che avevano avuto era stato necessario, si domandò se era riuscita poche ore prima a farlo comprendere a Ruth.
Quella sera aveva chiuso con il passato ed era corsa verso quello che sapeva essere il suo futuro, ma una volta giunta a casa di Ruth la trovò vuota, chiese al portiere ma non ebbe alcuna risposta. L’aspettò fino a mattina inoltrata ma di lei non vi era traccia, le sembrava di impazzire. Poi le venne in mente Beth ma non aveva idea di dove abitasse ne tanto meno come rintracciarla, così presa da un impulso decise di andare a casa di Harry, vi era arrivata giusto in tempo per veder partire un taxi con lei sopra.
La frustrazione che ebbe in quel momento fu immensa. E fu un sentimento che la seguì per i giorni successivi. Ruth aveva il telefono spento e così aveva cercato di avere informazioni dalla sua segretaria ma senza alcun successo. Ma doveva assolutamente parlarle, non osava nemmeno immaginare che cosa le potesse passare per la mente in quel momento, doveva vederla il prima possibile, qualche giorno più tardi riuscì a fiondarsi su Harry.

  • Tu mi devi dire dov’è o dirmi come faccio a mettermi in contatto con lei!
  • Mi dispiace, ma non posso.
  • Harry, ti prego! Ti posso giurare che non è come pensa.
  • Qualsiasi cosa hai da dirle potrà aspettare il suo ritorno.
  • Non capisci che più tempo passa più lei mi odierà.
  • Non è affar mio, Victoria, cosa penserà di te quando sarà tornata. Mi importa solo di lei e di fare tutto ciò che è in mio potere per proteggerla.
  • Non da me.
  • Per quello che ho visto, soprattutto da te.

Quel giorno Victoria ritornò a casa e si chiuse in camera, non riusciva a pensare, non riusciva a respirare, aveva un peso sul petto che aumentava ogni minuto di più con la consapevolezza che stavolta aveva perso Ruth definitivamente. L’unica cosa che fece fu di stendersi sul letto e vi rimase per intere settimane.
Era in uno stato di inerzia, non mangiava più, non si curava più, non si rendeva nemmeno conto o era più corretto dire che non le importava nemmeno della presenza della sua amica, che dopo un primo momento di incertezza, non sapendo come avrebbe reagito Victoria vedendola, decise di incontrarla e lo stato in cui la trovò le raggelò il sangue.
Era totalmente assente ed estraniata dalla realtà. L’unica cosa che Victoria avvertiva distintamente era il dolore per l’assenza di Ruth, una vocina nella sua mente ripeteva che sarebbe tornata e allora tutto sarebbe tornato come prima, anzi, meglio. Si, lei sarebbe tornata o in caso contrario, Victoria pensava che non le sarebbe importata una vita senza di lei.
Katrin cercava con tutte le sue forze di farla reagire ma l’unica cosa che riusciva ad ottenere era di farle magiare qualcosa con la forza e di riuscire a portarla sotto la doccia. Era lì fisicamente ma la sua mente era altrove,conosceva il modo intenso con cui Victoria percepiva le emozioni e le sue opere erano la testimonianza di questo, la sua sensibilità e il modo in cui si abbandonava totalmente ad esse, a vivere ogni singolo sentimento fino in fondo e senza freni. Ma non l’aveva mai vista arrivare in quelle condizioni, questa volta era diverso. Non apriva bocca, non emetteva un suono, la guardava ma era come se lei fosse stata di vetro.
Victoria aveva iniziato a vivere in uno stato di semincoscienza in cui vedeva il viso di Ruth, poteva avvertire il profumo della sua pelle, il suono della sua risata. Si era rinchiusa in un mondo fatto di immagini costruite per alleviare la sua sofferenza, o semplicemente ad amplificarla. Pensava a quando lei era lì e la guardava negli occhi, a come si ritrovava a pensare che lei fosse un angelo, e subito dopo le si riempivano gli occhi di lacrime. A come le faceva apparire il mondo come un posto migliore, a come la faceva sentire speciale. E adesso invece soffriva senza controllo, voleva lei e la sua anima perfetta. E aveva semplicemente rovinato tutto con le sue stupide incertezze.
Cosa diavolo ho fatto, l’ho ferita e ho ucciso me stessa.
Presto le crisi iniziarono ad arrivare ma le viveva come se il dolore fisico fosse stato il benvenuto, le sembrava che attenuasse quello dell’anima, o semplicemente la portavano in un reale stato di incoscienza dove la sua mente trovava finalmente riposo.
Katrin ormai non abbandonava la casa dell’amica, incerta sul da farsi, sapeva che non sarebbe potuta andare avanti così ancora per molto, la situazione presto sarebbe precipitata. Era seduta per terra nella stanza di Victoria, la osservava nella penombra della stanza, la donna distesa nel letto le dava le spalle.

  • Devo essere stata proprio una pessima amica se hai sentito il bisogno di vendicarti in questo modo di me.

Katrin sussultò, non sentiva ormai la voce della sua amica da settimane.

  • Non era una vendetta la mia, volevo solo che tu aprissi gli occhi. Non volevo tutto questo.
  • E ti assicuro che li ho aperti. Penso quasi che dovrei ringraziarti.

La donna si rimise in piedi avvicinandosi al letto.

  • Victoria è il momento che tu la smetta, non stai bene e hai bisogno di riprendere le cure. Non è uccidendoti che risolverai la situazione.

Rimase in attesa, ma non ricevette nessuna risposta.

  • Lascia che ti aiuti.

Victoria si girò a guardarla, e l’amica non ebbe dubbi che in quel momento l’avesse messa bene a fuoco.

  • Se vuoi aiutarmi dimmi dove posso trovare Beth.

La rossa rispose solo con un cenno della testa e Victoria riprese la posizione di prima dandole le spalle. Quell’attimo di speranza era appena stato spazzato via. Ma si impegnò per esaudire la sua richiesta così qualche giorno dopo riuscì a dirle dove vivesse la donna. Katrin si sarebbe aspettata qualche reazione.

  • Posso andare a parlarle se vuoi
  • No, hai già fatto abbastanza.

La donna si sentì ferita intuendo il senso reale di quella risposta.
Non appena riuscì ad essere di nuovo sola in casa, Victoria con suo enorme sforzo si rimise in piedi, si rese conto che le gambe la sostenevano appena e che ogni fibra del suo corpo era ricoperto da quei dolori che ormai riconosceva come se fossero una seconda pelle.
Zoppicante riuscì a rimettersi in sesto e ad uscire di casa, il suo unico pensiero era che sarebbe riuscita ad avere delle risposte da Beth.
Era arrivata sotto casa della donna quando la vide uscire dal portone, la chiamò e quando anche Beth la riconobbe la guardò sconvolta, Victoria era irriconoscibile, era l’ombra di se stessa e aveva l’aria di una che da un momento all’altro sarebbe crollata a terra.
Ma il modo in cui le parlò le fece dimenticare la preoccupazione che aveva provato e si mise subito sulla difensiva, riuscendo a mantenere segreta la destinazione di Ruth e dicendole quelo che pensava.
Beth riuscì ad andare via prima di vedere Victoria cadere sul marciapiede svenuta.
Si risvegliò in un letto di ospedale, con Katrin che dormiva sulla sedia vicina al letto. Aveva delle flebo attaccate e il suono di un macchinario le ricordava che aveva ancora un cuore che batteva.
In quel momento entrò il medico che riconobbe come il suo specialista. Vedendola sveglia le sorrise.

  • Miss Reyes, ha forse deciso di suicidarsi?

La donna non rispose.

  • La sua amica mi ha detto che sta passando un periodo difficile, ma le assicuro che sospendere le cure può solo peggiorare qualsiasi cosa le stia capitando, di certo non è così che la risolverà, lasciandosi morire di stenti.

Vedendo che Victoria si limitava a guardarlo senza dargli alcuna risposta le si avvicinò poggiandosi al letto.

  • Se continua così sarò costretto ad affiancarle uno psicologo, e sappiamo entrambi quanto lei sia poco incline alla cosa. Quindi ci rifletta un po’ . Ci vediamo più tardi, mi auguro di trovarla più propositiva e pronta ad ascoltare quanto la sua bravata le sia costata.

Quando la sera il medico ritornò a visitarla, Victoria era più presente così le disse che al momento la sua gamba destra era stata compromessa e anche il suo braccio non era messo tanto meglio, ma si riteneva fiducioso che con il passare del tempo, ma non sapeva dirgli effettivamente quanto, avrebbe potuto recuperarne l’uso completo, a patto che però tornasse ad una vita regolare soprattutto con la sua terapia, infine le disse che un cambiamento della predisposizione mentale l’avrebbe aiutata sicuramente.
Ritornata a casa, Katrin vide in effetti un cambiamento, continuava a restare dietro un muro di silenzio, ma per la prima volta dopo la mostra iniziò ad interessarsi dei risultati ottenuti. Victoria si era stupita delle offerte che aveva ricevuto, di realizzare nuove opere su rischiesta o semplicemente di persone che avrebbero voluto vedere i quadri che non erano stati inseriti nella mostra. Ma capì subito che non era in grado di gestire quella mole di richieste e soprattutto a valutarne le offerte. Per quanto la riguardava avrebbe solo voluto didicarsi alla creazione delle sue opere. Così stringendo i pugni chiamò nuovamente Harry.

  • Victoria, ho saputo che sei stata male, mi dispiace. Ma ti prego non chiedermi di nuovo dov’è Ruth.
  • No, non temere. Questa volta ti chiamo per affari. So che per contratto vi siete occupati del lato economico e organizzativo della vendita dei miei quadri.
  • Si, è così. Era da tempo che non assistevo a una cosa del genere, l’unica tela non venduta è “Maternity” e non perché non abbia ricevuto offerte.
  • Voglio che continuiate a farlo.
  • Cosa?
  • Ho bisogno di qualcuno che si occupi di queste cose per me. Che valuti il reale peso delle offerte che mi vengono fatte, e il valore dei miei lavori.
  • Katrin?
  • Lei è bene che ritorni alla sua vita e al suo vero lavoro che è ben lontano dall’arte. Harry, sia ben chiaro, non lo faccio perché ho secondi fini. Per me puoi anche consigliarmi qualcun altro. Ma sai benissimo che per come è andato il mio rilancio abbiamo entrambi da guadagnarci.
  • Non è una decisione che posso prendere da solo.
  • Lo so, ma fallo alla svelta. Posso solo prometterti che non mi farò vedere, possiamo benissimo collaborare a distanza. Ma ho bisogno di qualcuno di cui possa fidarmi, perché come hai detto all’inizio, la mia salute non mi consente di gestire tutto da sola.
  • Ok. Ti farò sapere.

Qualche giorno dopo Harry gli inviò una bozza del contratto di collaborazione. Per Victoria fu un sollievo sapere che avrebbe avuto esclusivamente il tempo di occuparsi della sua pittura. Per quanto ancora le sue  condizioni non glielo permettevano ritornò a dipingere quadri che rappresentavano la valvola di sfogo di tutti i suoi sentimenti e con suo grande disappunto la rabbia e la frustrazione erano sempre a primeggiare sugli altri.
Katrin che ormai viveva praticamente in funzione dei bisogni dell’amica, aveva assistito alla telefonata avuta con Harry, le parole usate da Victoria riferendosi a lei l’avevano ferita, come ogni singolo atteggiamento che aveva verso di lei. Sapeva di meritarsi tutto il rancore della mora ma non poteva non soffrirne.

  • Penso che dovresti tornare a casa tua, non ho più bisogno di sorveglianza. E per quello che non riesco a fare da sola prenderò un’infermiera.
  • Per me non è un problema restare a darti una mano.
  • Ma lo è per me. Penso che dovresti tornare a vivere la tua vita.

Katrin abbassò la testa.

  • E’ giusto che tu mi odi. Lo capisco.

Vitoria sospirò.

  • Non ti odio, ma questa simbiosi in cui abbiamo vissuto in questi anni, non è stata salutare, per nessuna delle due. Guarda a cosa ci ha portato. A ferirci come non avrei mai creduto possibile.
  • Non volevo ferirti.
  • Si invece, e magari ne avevi tutte le ragioni. Hai fatto molto per me, mi sono totalmente appoggiata a te e non ti ho mai ringraziato, ti ho solo data per scontata. Ed era anche vero quando mi rimproveravi dicendomi che ti tenevo all’oscuro di quello che pensavo o provavo. E lo facevo perché sapevo che tu non avresti capito. Perché nonostante io e te siamo cresciute insieme, viviamo su due pianeti differenti.

Sul viso della rossa iniziarono a scendere due grosse lacrime.

  • Invece penso che ti conosco molto bene. E’ per questo che ho fatto la sciocchezza di invitare Dana.
  • Conoscersi non vuol dire capirsi. E si, è stata una sciocchezza, ma come ti ho già detto una volta, credo che sia stato un bene per me, è stato liberatorio. Solo che non avrei voluto farlo in quel modo ne tanto meno quella sera. 

Ci fu un attimo di silenzio.

  • Quindi vuoi che esca dalla tua vita?

Victoria la guardò, le venne l’immagine di lei bambina messa in punizione dai suoi genitori, il suo sguardo affranto e pieno di lacrime.

  • Voglio che la smetti di farmi da infermiera o da sorvegliante. Voglio che ritorni ad essere solo la mia amica.

Katrin la guardò sorpresa. Un enorme sorriso si dipinse sul suo volto ma senza riuscire a smettere di piangere.

  • Ok. Farò come vuoi.

Con il passare del tempo lo stato dell’umore e l’interazione che aveva Victoria con le persone e il mondo che la circondava non era cambiato, era rinchiusa nel suo mondo interiore e faceva i conti con la rabbia e la delusione. Rabbia per il modo in cui Ruth era sparita senza darle la possibilità di un confronto, e delusione perché lei per prima non era riuscita a gestire la cosa più bella che le fosse capitata nella vita.

E con questo spirito quella sera l’aveva incontrata. Ma tutti quei sentimenti negativi accumulati evaporarono al solo vederla.
Si distese nel letto e in quel momento sia lei che Ruth si ritrovavano in stanze diverse, entrambe sconvolte ma allo stesso tempo avvertivano una pace interiore che non provavano ormai da tempo.

  
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