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Autore: Mel_mel98    26/06/2016    3 recensioni
Quella che ora sta sfrecciando nel cielo non è una stella cometa.
È una aereo.
È partito oggi da Tokyo. New York è la sua meta.
Pieno zeppo, come sempre, ha spiccato il volo alle 16.45 di questo pomeriggio.
Chissà che cosa ci va a fare tutta questa gente in America.
Di tutti quei passeggeri, due sono in viaggio per lavoro.
Lei, guarda fuori dal finestrino, fa finta di dormire.
È un po' lunatica, non ha più voglia di parlare.
Lui, il ragazzo più misterioso di tutta la metal saga, è immerso nei suoi pensieri.
Forse non vorrebbe essere lì, in quel momento.
Sarà un bene o un male che questi due giovani siano stati costretti a lavorare insieme?
Solo leggendo potrete scoprirlo.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsubasa Otori, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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... Ma a che prezzo?

“Don’t get too close
It’s dark inside
It’s where my demons hide”
Demons, Imagine Dragons

Note dell'autrice (tanto vale le scriva prima che cominci il capitolo vero e proprio):
Ebbene sì, sembra impossbili ma l'estate 2016 vede l'aggiornamento di questa fanfiction, che prima o poi finirò, da qui a venti anni.
Non ho neppure il coraggio di andare a guardare quando ho postato il capitolo scorso, e so che praticamente nessuno, ma voglio aiutare quelle quattro anime pie che si avventureranno nell'impresa con un riassunto delle "puntate precedenti".
Potete trovarlo qua -> https://www.facebook.com/Mel_mel98-1504712416519226/
Detto questo, grazie per essere ancora qui, spero che il capitolo non vi faccia ribrezzo, un bacetto affettuoso,
quella ritardataria cronica di Mel

 


Si rigirava nel letto senza posa.
Perle di sudore bagnavano il suo volto sofferente.
Il cuore batteva a mille, sussurrava parole incomprensibili.
Era come se stesse correndo da ore, si sentiva sfinito.
Tutto nero fuori, tutto nero dentro.
Che succede? chiese.
Sentiva le gambe doloranti, la testa scoppiare.
Voleva fermarsi, voleva che tutto finisse al più presto.
Che cosa mi sta succedendo? tentò nuovamente.
Voleva... la luce.
Dov'era finita la luce del giorno? Che fine aveva fatto?
Era tutto buio, notte fonda.
Un buio denso, spesso. Vivo.
Il buio lo raggiunse, si sentì improvvisamente perso. Ma non voleva essere sconfitto senza lottare.
Cacciò fuori un urlo, ma era come se quella massa scura che lo circondava impedisse al suono di liberarsi nell'aria.
Cominciò a divincolarsi, sempre più nel panico.
Non si sarebbe arreso. Mai.
Ma il buio lo tentava, lo chiamava suadente.
Sto impazzendo, pensò rassegnato, è finita.
Si sentiva toccare, accarezzare da quell'oscurità sempre più profonda, sempre più viva e reale.
Sentiva il suo corpo andarsene, la sua mente farsi meno lucida.
Ed ebbe paura. Paura di non essere più sé stesso.
Aprì gli occhi.
Si buttò giù dal letto respirando a fatica.
Con la mano stretta al petto si avvicinò alla finestra.
La sua aquila volava nel cielo roseo del mattino.
Il mattino della sfida contro gli Zanna Selvaggia.

***

“Andiamo, forza svegliati”- disse Akane al ragazzo, una volta giunti a destinazione
Lui la seguì fuori dall'aereo ancora mezzo addormentato.
“Qual è il piano adesso, Akane?”- fece dopo un po'.
“Adesso voi due venite con noi alla WBBA.”- rispose una voce maschile che lo fece sobbalzare- “Il presidente vi aspetta.”

“Non li ho chiamati io, te lo giuro”
Jay era sconvolto, più sconvolto di Akane.
“Il palmare me lo hai ridato sull'aereo, quel messaggio non l'ho scritto io, devi credermi.”- continuò.
“Ti credo”- fece l'altra, guardando fuori dal finestrino posteriore dell'auto nera, alla cui guida stava l'uomo che aveva parlato all'aeroporto.
“Sto dicendo sul serio, non sono stato io”- il ragazzo non riusciva a darsi pace. L'agitazione lo portava a muoversi continuamente, accavallando le gambe, scrocchiando le dita.
“Ho detto che ti credo, e adesso piantala e abbassa la voce”- tagliò corto lei.
Per alcuni istanti Jay tacque.
Poi riprese, con tono più basso: “Akane, io non so come...”
Lei sbuffò.
Lo afferrò per un braccio e lo avvicinò a sé: “Sono stata io, hai capito? Ora smettila con queste lagne, ok? Mi fai diventare ancora più nervosa di quanto non sia già!”
Lui la guardò perplesso.
“Cosa?! Ma perché lo hai fatto?”
Non capiva proprio. Ma lei non aveva la forza di spiegare. Dato che, forse, neppure lei sapeva spiegare a sé stessa il perché del gesto che aveva fatto.
Non gli rispose.
Continuò a stringerlo per il braccio, senza dire una parola.

“Forza, scendete”- disse l'uomo alla guida quando giunsero davanti alla porta di ingresso.
Akane, messo fuori il piede sinistro, si sentì immediatamente stringere il gomito.
In un attimo si liberò dalla presa.
“Non si azzardi mai più a toccarmi”- disse chiudendo lo sportello con un rapido gesto della mano.
L'uomo non si scompose minimamente, si limitò ad indicare una porta poco lontano.
“Sì, sbrighiamoci ad andare dal presidente, che ho da fare”- fece Akane girandosi con un gesto di stizza.
Sembrava di vedere suo fratello, nella sua versione peggiore.
Apparentemente distaccata, menefreghista, spaccona. Odiosa, insomma.
Varcò la porta della sede centrale a testa alta e una volta arrivata dentro al grande ascensore chiese: “Che piano, 18°?”- come se lei e la “guardia” fossero amici d'infanzia.
Quello rispose con un cenno d'assenso senza cambiare minimamente espressione.
Poi rivolto verso Jay, che era rimasto leggermente in disparte, disse: “Tu aspetta quaggiù.”

Akane vide su uno dei tanti schermi sparsi per l'edificio le immagini di uno scontro di beyblade.
Masamune vs Nile, c'era scritto in basso.
“Hanno già iniziato...”- pensò e allungò il passo verso la porta in fondo al corridoio.
Voleva assolutamente arrivare in tempo allo stadio per vedere un eventuale scontro di Tsubasa.
Sapeva, esattamente come ogni altro, che la sfida seguente sarebbe stata quella di suo fratello e Ginka.
Ma se dopo quella le due squadre fossero risultate in parità... certamente sarebbe toccato al possessore di Eagle impugnare il lanciatore.
Si morse il labbro.
Incredibile, per quanto fosse nei guai fino al collo, lei si ritrovava comunque a pensare a Tsubasa.

Entrò senza bussare nell'ufficio del presidente.
“Allora?”- disse spalancando la porta con un gesto teatrale.
“Ma che modi! Che fai, ragazzina?!”- esclamò la guardia che continuava a seguirla.
“Non si preoccupi, è tutto a posto. Può andare adesso.”- fece l'uomo sulla sessantina seduto dietro la scrivania. E con queste parole fece tornare il silenzio.
L'agente che aveva accompagnato Akane chiuse lentamente la porta, andandosene.
“Si accomodi, agente Tategami”- disse allora il presidente.
“Cosa vuole da me?”- fece invece lei, guardandolo in cagnesco.
Il volto dell'uomo si fece immediatamente più serio e duro. A nulla servivano le buone maniere e le parole gentili con quella ragazza. Tanto valeva andare subito al sodo.
“Lo sai benissimo, Akane. Sei entrata nell'archivio senza autorizzazione. Hai preso il fascicolo di tuo padre. Te ne si andata in America senza permesso. Ti basta come motivazione del tuo immediato licenziamento o devo continuare?”

Lei sorrise, isterica.
“Sì, certo. E voi, sì tutti voi, la WBBA intera, allora? Vi siete sempre presi gioco di me. Siete dei bastardi. Mi avete sempre tenuto tutto nascosto, non mi avete mai permesso di sapere la verità sulla morte di mio padre. Le basta, signor presidente, come giustificazione delle mie azioni?”
Lui rimase spiazzato per qualche secondo.
“Sarebbe stato meglio per tutti che tu non sapessi il perché della morte di tuo padre, non credi?”- disse infine, fingendosi tranquillo e noncurante, anche se in realtà era tesissimo.
Da quando la figlia di Yori Tategami era entrata a lavorare nella società lui aveva sempre cercato di evitare un faccia a faccia con lei. Era una ragazza pericolosa, tutti glielo avevano detto.
E adesso si ritrovava a parlare con Akane del suo licenziamento e della morte del padre.
No, non era una situazione che avrebbe mai voluto affrontare.
Ma i suoi doveri di presidente glielo imponevano.

“Ah, meglio per Ziggurath sicuramente. Meglio per lei? Probabilmente. Non deve essere facile avere a che fare con la sottoscritta se non è dell'umore giusto. Ma le assicuro, non sarebbe stato meglio per me.”- rispose Akane, battendo la mano sul tavolo- “Ma non deve preoccuparsi, tolgo il disturbo. Non dovrà più avere a che fare con me, contento?”
Detto questo si allontanò dalla scrivania con passi decisi.
“Ferma lì, signorina”- disse il presidente, che sembrava aver ripreso un minimo della sua sicurezza- “Mi dia il bey, Storm Cancer.”
Akane aveva quasi creduto di essere riuscita a scamparla.
Ma si sbagliava.
Si sentiva mancare al solo pensiero di doversi separare dal suo bey.
“Non può prendere il mio bey”
“Non è tuo.”- rispose freddo l'altro- “Tuo padre lo ha costruito per la WBBA quando lavorava nella WBBA. Da contratto quindi quel beyblade è della...”
“Sì, ho afferrato il concetto.”- disse immediatamente l'ex agente.
Non voleva sentire pronunciare quel nome mai più.
Si slacciò velocemente la cintura da blader e la appoggiò sul tavolo.
In quel momento sentì le sue guance bagnarsi di lacrime roventi.
Dannazione pensò. Non avrebbe voluto piangere. Si era ripromessa che non lo avrebbe fatto mai più.
Ma faceva troppo male.
Come quando aveva perso suo padre, o suo fratello. Era un dolore tremendo.
Si sentiva così debole ed insulsa per quello che stava facendo.

E a quel punto eccola, eccola arrivare di nuovo.
Una rabbia feroce, incontrollabile.
Sentì il presidente alzarsi, venirle vicino.
“Akane, senza risentimento, d'accordo? Devi capirlo, per noi Storm Cancer è un'arma importante, sai meglio di me che Ziggurath non ha buone intenzioni. Il tuo bey potrebbe rivelarsi il nostro unico asso nella manica.”
L'ultima cosa che il presidente voleva è che Akane desse di matto. Anche se l'aveva appena licenziata doveva tenerla buona e tranquilla, per il bene suo e della WBBA.
Allungò la mano per toccarle la spalla, ma quella prontamente si scansò.
Si asciugò le lacrime sul volto e gli rivolse lo sguardo più minaccioso che avesse mai fatto: “Ah sì, eh?! Adesso sarebbe il tuo bey, vero? Cos'è, vuol farsi perdonare? Pensa che non lo sappia? Ziggurath è pericoloso, basti pensare che per i suoi scopi ha fatto dirottare un aereo pieno di persone senza battere ciglio. Ma non può togliere il bey al suo proprietario e pretendere che questo glielo lasci col sorriso sulle labbra!”- adesso stava quasi urlando.

Il presidente era seriamente impaurito.
“Cercavo solo di calmarti, Akane.”
“Calmarmi? Lei? Perché dovrei calmarmi con le sue insulse parole o perché lei dovrebbe consolarmi?!”- rispose lei sempre più in collera.
“Meglio averti come alleata che come nemico, Akane. Di questo ne sono cosciente.”- disse allora l'uomo.
Akane sgranò gli occhi. Questa era davvero bella.
Si lasciò sfuggire una risatina nervosa.
Poi notò l'orologio sulla parete dell'ufficio. Era tardissimo.
“Se è vero quello che ha appena detto,”- sibilò prima di voltarsi- “è bene che inizi a preoccuparsi.”
E lasciò che la porta si chiudesse dietro di sé.
Incredibile. Nonostante non avesse più niente, non avesse più alcun potere, quella ragazza sembrava ancora avere il coltello dalla parte del manico.
Il presidente sprofondò nella sedia sospirando.

 

Camminò veloce fino all'ingresso della sede centrale.
Lì trovò Jay, seduto su una sedia con la testa tra le mani.
Appena la vide le si avvicinò.
“Non avresti dovuto, Akane. Sarebbe stato meglio essere cacciato dal corso per agenti segreti che vederti perdere il tuo bey.”- disse tutto d'un fiato.
“Non importa, va tutto bene. Non sei un cattivo agente, meriti di imparare ancora.”- si limitò a rispondere lei con sufficienza.
“Sì certo, non sono un cattivo agente. Sono un pessimo agente.”- ribatté Jay sbuffando.
“Smettila di dire queste cose.”
“Mi dispiace così tanto, Akane. Nei vari corsi tutti (stagisti e istruttori) parlano di te come una persona perfida, arrogante, maleducata. Per questo avevo paura di partire per la missione. Tutti mi avevano messo in guardia, mi avevano detto che se tu mi avessi scoperto mi avresti mangiato vivo, che saresti stata capace di distruggermi con uno schiocco di dita. Adesso so che non è vero, loro hanno torto in tutto e per tutto. Tu non sei affatto così.”- disse il ragazzo.

“No ti sbagli, loro hanno ragione. Io sono sempre stata arrogante e, lo ammetto, decisamente antipatica da quando sono entrata qua dentro per la prima volta. Ma adesso... non lo so, forse sono cambiata. O forse tu hai avuto la fortuna di avere a che fare con la parte migliore del mio carattere.”- fece lei. Avrebbe voluto sorridere, ma proprio in quel momento non ci riusciva.
“Grazie di cuore, Akane. Ti prometto che se dovessi avere bisogno del mio aiuto, io sarò sempre a tua disposizione. Parola di Jay Kisosawa.”
Akane gli si fece più vicina: “Jay, promettimi che non dirai mai a nessuno ciò che hai visto in America. Giurami che mai e poi mai parlerai con qualcuno dello scontro che abbiamo avuto contro gli addetti della sicurezza dell'accademia HD. Nessuno deve sapere che cosa ho fatto, anzi, che cosa ha fatto Cancer.”- sussurrò Akane.
“Te lo giuro”- asserì l'altro.
“Prima o poi ti spiegherò ogni cosa, ma adesso devo assolutamente andare, ho già perso abbastanza tempo. Ci vediamo, Kisosawa, e ricorda la nostra promessa.”
Detto questo Akane cominciò a correre, senza aspettare la risposta dell'altro agente.

***

“Adesso sta' zitto ed esci da qui, Benkey”
La voce di Nile risuonò nello spogliatoio.
“Ti ho già detto che ho un piano per farti giocare questo match, quindi datti una calmata, smettila di parlare e lascia fare a me.”
Benkey, o in questo caso forse è meglio dire Masketbull, rivolse uno sguardo intimorito al suo compagno di squadra.
“Si, Nile, d'accordo”- sussurrò.
“Bene”- fece l'egiziano soddisfatto- “Adesso andate, io vi raggiungo tra un secondo”
Benkey e Damure cominciarono a camminare lungo il corridoio dello stadio giapponese.
Nile invece si sedette su una sedia sospirando.
“Guarda come ti sei ridotto...”- mormorò rivolto a Kyoya, disteso sul letto dall'altra parte della stanza.
Era seriamente preoccupato. Forse questa volta si era spinto troppo oltre. Alla fine della sfida entrambi i partecipanti erano caduti a terra svenuti.
“Direi che avete un po' esagerato, tu e Ginka. Tra te e il tuo bey non si sa chi è messo meglio. E adesso mentre tu te la dormi a me tocca tenere a bada quei due...”- pensò ad alta voce.
Venne distolto dai suoi pensieri da uno strano rumore.

Qualcuno stava bussando.
Non potevano essere i suoi compagni di squadra, avrebbero direttamente aperto la porta.
Sicuramente non erano neanche gli avversari, anche loro in quel momento avevano un bel po' da fare.
Andò ad aprire aspettando quindi di trovarsi davanti uno degli organizzatori dell'evento.
Per questo quando vide una semplice ragazzina (che sembrava appena arrivata alla fine di una maratona di 42 km, tanto era trafelata e visibilmente affaticata), rimase un minimo spiazzato.
“Posso entrare?”- disse quella, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Ehm... sì. Tutto a posto?”- disse Nile dopo un po'.
Lei gli rispose con un cenno del capo.
Era tutto così strano. Che cavolo ci faceva quella lì?!
Poi un particolare attirò la sua attenzione.

La ragazza aveva due profonde cicatrici sulle guance. Gli sembrava di aver già visto dei segni come quelli...
La osservò camminare per lo spogliatoio, avvicinarsi a Kyoya. Kyoya...
Ma certo!
“Sei sua sorella!”- esclamò.
“Sì, una sorella con un nome magari...”- sbottò a quel punto lei, come se l'avesse profondamente offesa.
“Già, evidentemente ha un nome di cui io non sono a conoscenza, tu che dici...”- ribatté allora Nile, sempre comunque mantenendo la sua solita calma.
La giovane parve accorgersi del modo brusco con cui aveva parlato.
“Scusa... hai ragione. Io sono Akane Tategami, la sorella di Kyoya”- disse passandosi una mano sulla fronte e sugli occhi.
“Fa niente...”- la consolò il blader- “Tutto a posto. Io sono Nile.”

I due si strinsero la mano.
“Scusami ancora per prima”- continuò la Tategami- “Non ho avuto una buona giornata fino ad ora...”
“Ah, non ti preoccupare... In questa squadra sono tutti un po' matti, sono abituato alle rispostacce.”
Akane sorrise debolmente, poi si sedette vicino a suo fratello.
“Lo scontro sta per iniziare... Vai, io resto ancora un po' qui con lui”- disse infine guardando lo schermo della televisione.
“Va bene Akane”- rispose l'altro avviandosi.

Sentiva dolore in ogni parte del suo corpo.
Testa, gambe, braccia, busto.
Nemmeno se fosse stato investito da una betoniera si sarebbe sentito così distrutto.
Ma, in fondo, era soddisfatto.
Aveva lottato con tutto sé stesso, dando il massimo di quello che aveva.
E alla fine, di questo ne era certo, non aveva vinto, ma non aveva neppure perso.
Ma la prossima volta...
Sentiva arrivare dalla televisione accesa i rumori di un nuovo scontro.
Provò a muoversi per riuscire a vedere lo schermo, ma una fitta lancinante lo colpì al petto.
“Ah...”- il grido di dolore gli morì in gola. Non ce la faceva neppure a parlare.
“Stai fermo... dove vorresti andare?”

Quella voce lo spiazzò completamente.
“E tu che ci fai qui?”- disse.

Akane si avvicinò al letto.
“Mah... passavo di qui...”- rispose sedendosi sulla sponda.
Kyoya sorrise, mostrando i canini.
“Mi avevano detto che eri in America... devo pensare che mi abbiano mentito?”
“C'ero in America...”- rispose prontamente lei- “Ma sono dovuta tornare qui per...”
“Per una persona degna della tua attenzione, immagino”- disse il blader. Sapeva benissimo di non essere quella persona. Non era lì per lui.
Ma andava bene così in fondo.
Anche se, da buon fratello maggiore, voleva avere la situazione sotto controllo.
Akane intanto taceva, rossa in viso come un peperone.
“Akane, non c'è niente di male nel...”
“Lo so Kyoya, lo so. È solo che... non mi era mai capitata una cosa del genere, prima d'ora”- si affrettò a dire Akane.
Si voltò a guardare lo schermo, che mostrava il combattimento di Yu e Tsubasa contro Benkey e Damure.
“Non avevo mai sentito il bisogno di avere qualcuno accanto. Non mi era mai capitato di avere paura, paura per qualcuno. Adesso... non riesco a non pensare al fatto che lui è in difficoltà. Mi illudo di poterlo aiutare, anche se so benissimo che non posso fare niente. Eppure, non vorrei essere da nessun'altra parte, in questo momento.”

 

“Chiediamo di disputare un match a squadre. Accetta la sfida, ti propongo di scontrarci in un match doppio due blader contro due!”- grida Masketbull a pieni polmoni.
“Cosa?!”
Questa proprio Tsubasa non se l'aspettava.

“Allora accetti? Qual è la tua decisione?!”
“La risposta è sì! Certo che accettiamo la sfida, e con piacere! Su avanti diglielo Tsubasa!”- esclama Yu al posto del possessore di Eagle, entusiasta.
“Ma... Yu...”- Tsubasa cerca di prendere tempo, di ragionare. Ma è difficile resistere al possessore di Libra.
“E va bene”- dice rassegnato dopo aver ascoltato le ragioni del biondino- “Accettiamo”


Akane buttò un'occhiata a Kyoya.
Lui con enorme fatica si tirò su.
“È la sola persona che sia stata capace di rompere quel guscio che avevi creato attorno a te dopo la morte di papà”- disse guardandola.
Akane sorrise.
“Questo è il tuo modo di dirmi che per te va bene?”- chiese.
Lui continuò a fissarla senza rispondere.
Era cambiata. Le verità, l'America, Tsubasa l'avevano decisamente cambiata.
Ma c'era qualcosa, dentro ai suoi occhi, che non lo convinceva.
Era successo qualcosa che l'aveva sconvolta, ne era sicuro.
Quando fu finalmente a sedere sul letto non ebbe neppure il tempo di chiamarla che se la ritrovò fra le braccia.
La testa della sorella sulla spalla, sussurrò: “Tutto bene?”
Sapeva che qualcosa non andava.
Akane non era tipo da abbracci. Non più, ormai.

 

“Incredibile, Dark Bull anticipa ogni mossa di Earth Eagle e non gli permette di fare nulla! Earth Eagle è sottoposto ad un attacco serratissimo!”- la voce del telecronista invade lo stadio.
“Sono un grande! Non ci sperare amico, i miei attacchi sono infallibili!”- urla Benkey sovreccitato al suo avversario.
“Insomma Tsubasa vuoi fare qualcosa? Adesso prendo io il comando, vai Flame Libra!”- ordina Yu al suo bey.
“Non ti permetto di interferire!”- esclama di rimando Damure dall'altra parte del campo.

 

“Kyoya... cos'è un blader senza il suo bey?”
“Cosa?!”- fece lui, spiazzato dalla domanda.
Si sciolse dall'abbraccio, la guardò in faccia e solo allora capì.
“Akane, tu sei sempre te stessa”- disse senza quasi pensare.
“Non mi hai risposto: cos'è un blader senza il suo bey?”- ripeté lei.

 

“Attento Yu, è un trappola!”
“Come, una trappola?”
“Ci siamo cascati, volevano fare un doppio fin dall'inizio, faceva parte del loro piano! Vigliacchi!”- urla Tasubasa arrabbiato.

 

Kyoya non osava parlare.
Le avevano portato via Cancer. Adesso era tutto chiaro.
Le avevano preso tutto ciò che le rimaneva di suo padre.
Ecco perché era venuta da lui.
L'ex agente della WBBA si alzò, prese Rock Leone dal tavolo al centro della stanza e lo mise in mano al fratello.
“Un blader senza il proprio bey, semplicemente non è più un blader. È... niente”- disse.
“Akane...”- tentò nuovamente l'altro, ma fu subito interrotto.
“Io sono il niente adesso, Kyoya”- finì Akane, scura in volto.

 

Non posso perdere.
Non posso permettermi di perdere. Non deve succedere.
Se perderemo, sarà tutta colpa mia. Colpa mia.
Ma io non ci sto, non lo accetto!
“Devo vincere! Ce la devo fare! Non importa a che prezzo, ma io devo vincere!”

 

Il grido disumano di Tsubasa si levò sullo stadio.
Akane guardava imbambolata lo schermo della televisione.
Era come se la sua voce penetrasse nella sua pelle ed iniziasse a scorrere nel suo sangue.
Era terrificante.
Il suo volto, i suoi gesti, il suo comportamento.
“Che sta succedendo?”- esclamò Kyoya altrettanto sconvolto.
Non era come la volta in cui Tsubasa si era rifiutato di perdere durante la loro sfida per le qualificazioni.
Questa volta era fuori controllo, fuori di sé dalla rabbia.
Dal suo corpo si levava un'inquietante luce viola, che lo avvolgeva.
I suoi occhi erano rossi, come di fuoco.
Gridava come un forsennato, combatteva contro tutti e contro nessuno.
Alle sue urla si mescolavano quelle degli altri blader, degli spettatori sugli spalti.
Il risultato era uno spettacolo agghiacciante.

Eppure Kyoya rimaneva fisso con gli occhi sulla scena.
Perché stava succedendo tutto questo?
Perché Tsubasa si comportava in quel modo? Che cosa lo spingeva a fare tutto ciò?
Il possessore di Leone era senza forze, non riusciva a pensare.
Eppure... ci doveva essere una spiegazione ragionevole.
Una spiegazione alla tachicardia, alla pelle d'oca che quelle immagini gli provocavano.
Quelle scene lui le aveva già viste, già... vissute.
No, non è possibile.
Sembrava ridicolo, ma era esattamente così che si sentiva.


Si fiondò fuori dallo spogliatoio.
Arrivò vicino all'arena seguita dal fratello, che stingeva i denti per il dolore.
Lo spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi era terrificante.
Akane guardò in alto. Proprio in quel momento andava in pezzi il vetro della terrazza dalla quale Hikaru e Ryo stavano guadando il match.
Sentì il grido dell'amica, stretta tra le forti braccia del direttore, e le si chiuse lo stomaco.
Doveva fermare tutto questo.
Non poteva lasciare che Tsubasa, posseduto da quella rabbia distruttiva, buttasse giù l'intero stadio.
Qualcuno poteva farsi male sul serio.
Stava per correre da lui, quando sentì la presa salda di Kyoya sul suo bacino.
“Non fare la scema. Cosa vorresti fare, eh? Parlare con lui, per caso? Beh non mi sembra disponibile al dialogo al momento!”- gridò.
“Lasciami! Devo fare qualcosa, devo fermarlo!”- Kyoya la strinse più forte, cercando di ignorare il dolore che quel gesto gli provocava.
“Akane, ragiona: non puoi fare niente adesso. Se vuoi aiutarlo devi scoprire cos'è che lo fa comportare così e trovare un modo per eliminare la causa di questo comportamento!”- continuò.

Aveva ragione. Era decisamente un discorso sensato.
Attesero insieme, riparati sotto il parapetto degli spalti, che la furia finisse.
Quando Akane vide Tsubasa cadere a terra, schizzò veloce nella sua direzione.
“Tsubasa...”- sussurrò.
Era svenuto, sopraffatto da quella forza misteriosa. Non ne era stupita.
Ma un'altra era un cosa di cui non riusciva a capacitasi.
Earth Eagle girava ancora indisturbato nell'arena.

   
 
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