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Autore: Echocide    27/06/2016    5 recensioni
Secoli fa, furono creati sette gioielli magici che donavano dei poteri fantastici: I Miraculous.
Durante la storia, questi gioielli sono stati usati dagli eroi per salvare l’umanità.
Due di questi erano più potenti degli altri: gli orecchini della coccinella, con il potere della creazione; e l’anello del gatto nero, con il potere della distruzione.
La leggenda dice che a colui, che avrebbe avuto entrambi i gioielli, sarebbe stato donato il potere assoluto.

Sono passati quattro anni da quando Ladybug e Chat Noir sono riusciti a battere Papillon e a portarlo dalla parte del bene: Adrien e Marinette sono ormai una coppia e hanno appeso al chiodo la maschera da supereroi.
Ma una nuova minaccia giunge a Parigi e nuovi eroi affiancheranno il duo...
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico, sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.034 (Fidipù)
Note: Salve salvino! Bene, bene. Finalmente siamo arrivati alla parte di Miraculous Heroes che chiamo "Storia di Fu". Perché? Semplicemente perché da questo - e per i prossimi 2 capitoli - verrà narrata la storia del maestro Fu e della nascita di Coeur Noir. Ovviamente vista dalla prospettiva di Fu e, quindi, leggermente di parte; avrei da darvi qualche informazione random su ciò che verrà detto di seguito ma, sinceramente, preferisco attendere il prossimo capitolo per...beh, spiegarvi un po' di cosette!
Quindi, per ora, vi lascio e come al solito vi ringrazio! Un grazie a chi legge in silenzio, un grazie a chi commenta qui e su FB, un grazie a chi inserisce questa storia in una delle sue liste...
Grazie, davvero, grazie!


1840, Nanchino.

Fu addentò la mela, che aveva sgraffignato alla bancarella del fruttivendolo, e osservò le navi inglesi attraccate al porto, gustandosi la pasta dolce del frutto: erano due anni che ormai le tensioni fra l’Impero Celeste e quello britannico avevano raggiunto il punto di non-ritorno.
Fra gli eserciti delle due potenze c’erano stati numerosi scontri, facendo subire alla Cina e alla sua milizia la potenza degli inglesi: meno numerosi ma con armi più forti e potenti…
L’Impero Celeste stava soffrendo, dimostrando tutta la sua debolezza.
«Fu!» la voce imperiosa del maestro Liu lo fece sobbalzare e, poco dopo, sentì il dolore della manata che l’uomo gli aveva assestato sulla nuca: strinse i denti, portandosi una mano nella zona lesa e osservando la mela rotolare per terra; si voltò irato, fissando il suo mentore e, poi, spostò l’attenzione sulla ragazzina che, dietro il maestro, sghignazzava allegramente.
«Fa!» ringhiò il ragazzino, abbassando le mani e stringendole a pugni.
«Ti ho detto mille volte di non rubare, Fu!» tuonò Liu, battendo il bastone per terra e richiamando l’attenzione su di sé: «O sbaglio?»
Il ragazzo osservò l’uomo che lo aveva raccolto dalla strada pochi anni prima: bianco. Totalmente bianco. Questo pensava ogni volta che lo vedeva: barba, capelli, sopracciglia cespugliose e il lungo changshan erano tutti dello stesso colore.
«Mi perdoni, maestro.» mormorò, chinandosi per raccattare il frutto e ripulendo velocemente alla propria casacca: «Ma non l’ho rubata: era caduta dal banco e…»
Un nuovo colpo si assestò sulla testa del giovane, facendogli stringere i denti e guardare irato la verga che l’anziano teneva in mano: «D’accordo. L’ho rubato ma, come dico sempre, le vecchie abitudini sono dure a morire.»
«O forse tu sei veramente stupido.» sentenziò Fa, portandosi una mano alla bocca e ridacchiando sommessamente: «Potevi rimanere a Nêdong: sono assolutamente che posso sistemare la questione da sola.» dichiarò, portando le mani sui fianchi e mostrando fiera il Miraculous della Farfalla, che teneva appuntato all’allacciatura del qipao scuro che indossava.
Fu si portò la mano al polso destro, carezzando la pietra del bracciale che gli aveva donato il maestro Liu e scuotendo il capo: «Non potevo. Ho sentito qualcosa…» in verità gli sarebbe piaciuto moltissimo rimanere al sicuro a Nêdong, protetto dal tempio dove lo aveva condotto il maestro, al sicuro fra le montagne dello stato vassallo del Tibet; ma qualcosa era scattato in lui, quando aveva sentito da alcuni monaci che il suo mentore era a Nanchino.
Fa scosse il capo, pestando stizzita un piede per terra, facendo sì che l’attenzione di Fu si calamitasse su questi: a differenza delle comuni donne, lei che era stata allevata dai monaci di Nêdong, non aveva subito la pratica della fasciatura dei piedi; Fa non sarebbe mai stata considerata qualcosa di fragile e debole, impossibilitata ai lavori pesanti, e non avrebbe mai contrattato un matrimonio buono.
Perché questo succedeva solo alle donne con i Gigli d’oro, ovvero i piedi fasciati.
In compenso Fa sapeva combattere ed era dannatamente pericolosa con un bastone in mano; inoltre il qipao informe che indossava, nascondeva le fattezze femminili della ragazza, facendola passare tranquillamente per un esponente di sesso opposto: «Cosa stai guardando?» gli domandò e Fu abbozzò un sorriso allo sguardo scuro, che lo scrutava serio.
«Finitela.» sentenziò Liu, battendo il bastone e riportando l’ordine fra i due: «Poche settimane fa ho donato i Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero.» mormorò, lisciandosi la lunga barba candida: «E ho sentito avvicinarsi quelli della Volpe, dell’Ape e del Pavone. Sia tu che Fa mi avete raggiunto…»
«I sette Miraculous si stanno riunendo, maestro?» domandò Fa, portandosi una mano alla bocca e inspirando profondamente: «Ma questo…»
«Cosa significa? Che ci saranno sette persone come noi a spasso per Nanchino?» chiese Fu, alzando le spalle: «Non mi sembra niente…»
«Quando i sette Miraculous si riuniscono in un luogo significa che un grande male apparirà lì!» sbottò la ragazza, scuotendo il capo: «Dormivi durante le spiegazioni di maestro Mei oppure…»
«Alle volte dormivo, sì.»
«Maestro! Come avete potuto dare il Miraculous della Tartaruga a Fu?»
«Fu si è dimostrato degno di possederlo, come tu hai dimostrato di essere adeguata per quello della Farfalla.»
Fu borbottò qualcosa, suscitando l’ennesima occhiata irata da parte della ragazza: «Voi mi avete detto che esiste questo spirito malvagio, Chichan…Chi…»
«Chiyou.» sbottò Fa, scuotendo il capo: «Il tuo livello d’ignoranza è davvero insopportabile.»
«Il tuo livello di voler essere la più saccente…» dichiarò il ragazzo, incrociando le braccia: «Quello sì che è veramente insopportabile.»
«Chiyou è una presenza oscura che si aggira su questo mondo: il sommo Huangdi, l’Imperatore Giallo e padre della nostra civiltà, l’ha combattuto, ma non è riuscito a ucciderlo e da allora, Chiyou vaga, possedendo i corpi e creando il caos e la distruzione attorno a sé.»
«Se nemmeno l’Imperatore Giallo è riuscito a sconfiggerlo, come potremmo noi?»
«Perché voi, piccolo Fu, avete i Miraculous.»


Fu sospirò, osservando le merci esposte nelle bancarelle e ascoltando il vociare attorno a sé: gran bella gatta da pelare gli aveva mollato il maestro Liu…
«Non dovevo venire a Nanchino.» sbottò, tenendo lo sguardo basso e senza guardare dove stava andando, finendo per scontrarsi contro qualcosa. O qualcuno.
Barcollò all’indietro, finendo con il sedere per terra e osservando la donna, contro cui si era scontrato, imitarlo: un’occidentale, si ritrovò a pensare, fissando il vestito dall’aria straniera, il volto pallido e circondato da ciuffi scuri: «Perdonami!» esclamò la ragazza con un cinese fluente e sorridendo all’espressione confusa che lui doveva avere: «Ah. Mio padre è un mercante e ho vissuto a Hong Kong, per questo so la tua lingua.» gli spiegò, tirandosi su e spazzolandosi le gonne voluminose, allungando poi una mano verso di lui: «Ti sei fatto male?»
«No. No.»
«Oh. Ottimo!» esclamò allegra la ragazza, battendo le mani fra loro e poi voltandosi verso una bancarella: «Stavo guardando quelle stoffe e non guardavo dove andavo…»
«Anche io.»
«Che maleducata! Non mi sono presentata: Bridgitte Hart.» trillò contenta, allungando una mano verso di lui.
Che doveva farci? Aveva visto alcuni occidentali portare la mano delle donne alle labbra ma lui non lo avrebbe mai fatto; chiuse la mano destra a pugno e la circondò con quella sinistra, chinando leggermente la testa: «Il mio nome è Fu.» dichiarò, alzando poi lo sguardo e notando l’aria vagamente imbarazzata che la sua interlocutrice aveva.
«Perdonami. Dimentico sempre che i nostri modi di salutare sono differenti.» mormorò, imitandolo e chinando lievemente la testa: «E’ un onore per me conoscerti, Fu. Di solito i tuoi connazionali mi guardano con sospetto o odio…»
«Sei inglese?»
Domanda stupida.
Ma ormai c’erano così tanto occidentali nell’Impero Celeste ed era così difficile riconoscerli che non avrebbe saputo dire se la giovane davanti a sé fosse portoghese, inglese o olandese.
«Sì.»
Fu annuì, guardandosi di lato e notando alcuni soldati britannici camminare verso di loro, con una donna anziana che gesticolava indemoniata: «Miss Hart!» strillò quest’ultima, correndo verso la ragazza – per quanto il voluminoso vestito glielo permettesse – e, una volta giunta davanti la giovane, le prese le mani, facendola indietreggiare: «Miss Hart! Quante volte le ho detto di non aggirarsi da sola per questa zona, non sa cosa sarebbe potuto succederle!»
«Sono certa che Fu, il mio nuovo amico, non avesse intenzione di uccidermi.»
Ah. Quindi era diventato suo nuovo amico?
Solo per il fatto di essersi scontrato con lei ed essersi presentato?
Occidentali…
«Sergente Norton!» trillò allegra la sua nuova amica, avvicinandosi sorridente al soldato dai capelli chiari e lo sguardo azzurro: «Che cosa strana vederla qua. Lasci che le presenti il mio amico…»
«Non m’interessa.» sentenziò il sergente Norton, scoccando un’occhiata fredda alla ragazza e a Fu, voltandosi poi verso la donna anziana: «Avete ritrovato la vostra pupilla, quindi posso andare.»
«Sempre glaciale, eh Norton?» esclamò il suo compagno, osservando l’altro andarsene: «Non dategli peso, Miss Hart, al nostro Norton non piace stare in questo paese.»
«Io trovo la Cina un posto davvero interessante.» dichiarò Bridgette, voltandosi e sorridendo a Fu: «Posso considerarti mio ospite per un the, Fu?»
«Miss Hart!»
«Vorrei tanto conoscerti meglio e parlare del tuo paese.»
Forse avrei dovuto assicurarmi se avesse battuto o no la testa.
Questa straniera non è normale…

Fu annuì, osservando il volto della fanciulla illuminarsi di gioia: «Facciamo domani? Magari nel primo pomeriggio? Miss Peregrine, com’è il nostro indirizzo?»


Genbu.
Quando aveva scoperto che non poteva usare il suo nome, quando utilizzava il potere del Miraculous, aveva deciso di usare il nome di una delle Siling, le bestie sacre: la tartaruga nera, il simbolo di longevità e saggezza.
E quella sera era Genbu, il protettore dell’umanità.
Sorrise, saltando sul tetto di una capanna e osservando Nanchino dipanarsi davanti a lui: «Perché siamo dovuti uscire così?» domandò, voltandosi verso la sua compagna: Hu Die.
Non sapeva perché Fa avesse deciso di usare la parola che indicava semplicemente l’animale del suo Miraculous, ma doveva ammettere che aveva un bel suono: la ragazza lo affiancò, il volto coperto da una maschera di stoffa viola, guardando davanti a sé: «Il maestro ha detto di farlo.»
«Dobbiamo cercare Chiyou, per caso?»
«No. Il maestro sa dov’è…»
«E allora…» si fermò, osservando Hu Die indicare un punto davanti a sé e Genbu seguì la direzione indicata, osservando un qualcosa di rosso saltare di tetto in tetto, leggiadra e veloce, seguita a ruota da un’ombra scura come il cielo notturno: «Per caso sono…»
«I Portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero.» spiegò Hu Die, riprendendo a correre e saltando sul tetto della capanna vicina; Genbu scosse il capo, osservando le stoffe cremisi sparire dietro l’ennesimo tetto e seguì la compagna, raggiungendo velocemente i due Portatori.
Coloro che avevano i Miraculous più potenti…
«Abbiamo compagnia, mia signora.» sentenziò l’uomo in nero, fermandosi e osservando i due con un sorriso accondiscente sul volto: «Ma siete ragazzini!»
«Ho quattordici anni.» sbottò Genbu, incrociando le braccia al petto: «Un’età più che adeguata al ruolo che ho.»
«Contento tu…»
«Ti ho già detto mille volte di non chiamarmi mia signora, Black Cat.» sentenziò la fanciulla in rosso, raggiungendoli e sorridendo: «Dunque siete i compagni di cui i nostri kwami hanno parlato? Io sono Ladybug e lui…»
«Black Cat, per servirvi.» sentenziò il Portatore del Miraculous del Gatto Nero, chinandosi con quel fare che Genbu aveva visto in alcuni occidentali, sembrava lo chiamassero cavalleresco: «Mentre voi siete…»
«Genbu.»
«Hu Die.»
«Farfalla in cinese?» domandò Black Cat, voltandosi verso Ladybug e sorridendo: «Lo sapevo che avrei trovato compagni con nomi impronunciabili.»
«Non sei stato poi così sfortunato.»
«Almeno quando indosso questi panni.» commentò l’eroe nero, alzando le spalle e scuotendo la testa bionda: «Di solito sono veramente fortunato: sai oggi…»
«Non m’interessa la tua vita privata, Black Cat.» sbuffò la fanciulla, avvicinandosi a Genbu e Hu Die: «Sono veramente onorata di conoscervi e spero che lavoreremo bene assieme…» si fermò, sorridendo e sbattendo le palpebre dietro la maschera cremisi: «In verità, il mio kwami non ha saputo dirmi molto contro cosa avrei dovuto combattere e perché.»
«Neanche il mio.» dichiarò Black Cat, giocherellando con l’anello che portava alla mano destra: «Sarei molto propenso ad avere qualche informazione al riguardo: chi combattiamo? Perché?»
«Il nostro nemico è un certo Chiyou.» sentenziò Genbu, ignorando lo sguardo irato che Hu Die gli aveva rivolto: «Uno spirito malvagio che si diverte a impossessare le persone e crea caos e distruzione.»
«Oh. Bello.» annuì Black Cat, scuotendo il capo: «E dire che in patria dicevano che le uniche cose che avrei trovato in Cina sarebbero stati the e riso; nessuno aveva fatto cenno a spiriti che possedevano e a gioielli che trasformavano…»
«Black Cat, potresti gentilmente stare zitto?»
«Come la mia signora comanda.»
«Non sono la tua signora.» dichiarò irata Ladybug, portando nuovamente l’attenzione su Genbu e Hu Die: «Sapete chi ha posseduto?»
Il guerriero del Miraculous della Tartaruga si voltò verso la compagna, vedendola sospirare vistosamente: «Abbiamo buttato il riso, tanto vale lasciarlo cuocere…» bofonchiò Hu Die, scuotendo il capo: «Sì. Lo sappiamo.»
«Puoi dirmi chi è?»
«Xiao Quan Cheng.»
«Stai scherzando, spero.» esclamò Black Cat, dando voce allo stesso pensiero che aveva attraversato la mente di Genbu: la persona che Hu Die aveva appena nominato, quella che doveva essere posseduta da Chiyou era…
«La conosci, Black Cat?»
«Penso che in tutto l’Impero Celeste sia conosciuta, poiché è una delle mogli dell’imperatore Daoguang ed è una delle quattro che portano il titolo di Imperatrice.» spiegò Genbu, scambiandosi un’occhiata con la sua compagna e trovandola tranquilla: lei sapeva. Per tutto quel tempo sapeva contro chi avrebbero combattuto e non lo aveva messo a parte di ciò.
«Esattamente.» dichiarò Black Cat, scuotendo la testa: «E ti dirò di più: sua maestà imperiale non si trova qui a Nanchino, ma nella capitale celeste: Pechino. E più precisamente all’interno del Palazzo imperiale, che è praticamente inaccessibile.»
«In verità, l’Imperatrice si trova in incognito qui a Nanchino.» mormorò Hu Die, attirando su di sé gli sguardi di tutti: «Una delle figlie, la principessa Shoun-An, verrà presto data in sposa e Xiao Quan Cheng è venuta qua per discutere i termini del contratto.»
«Non dovrebbe pensarci l’imperatore?»
«Al momento è troppo preso a combattere gli inglesi.»
«Giusto.»
«Quindi dobbiamo muoverci prima che l’imperatrice riparta per Pechino.»
«Beh, Miss Hu Die, sembra che tu sappia davvero tante cose: sei per caso una spia?»
«Il mio…» Hu Die si fermò, dando una breve occhiata a Genbu: «Il nostro maestro sa tante cose.»
«Noto.»
«Sai quando l’imperatrice partirà?» domandò Ladybug, battendosi le dita sulle labbra e fissando per terra: «Quanto tempo abbiamo per sconfiggere questo Chiyou?»
«Il maestro questo non lo sa.»


Fu fissò male la ragazza, osservando il kwami della Farfalla svolazzarle intorno: «Potevi informarmi.» dichiarò, sentendo Wayzz posarsi sulla sua spalla: «Potevi dirmelo che il nostro nemico è una delle Imperatrici.»
«E poi cosa avresti fatto? Saresti corso da lei e ti saresti fatto uccidere!» sbottò Fa, scuotendo il capo: «C’è un motivo se i Miraculous si stanno riunendo qui a Nanchino ed è perché Chiyou non è un nemico che possiamo sconfiggere da soli: se ti avessi detto tutto quello che il maestro Liu mi ha detto, tu…»
«Non sono così avventato.»
«Lo sei, Fu. Per questo il maestro avrebbe voluto che tu rimanessi al tempio, ma…»
«Io…»
Cos’avrebbe potuto dire?
Alzò lo sguardo, trovando quello compassionevole di Fa e lui odiava quella luce nei suoi occhi perché gli ricordava costantemente ciò che era: il ragazzino che era, quello raccattato da Liu e portato al tempio; quello che sapeva veramente pochissimo del mondo in cui si era ritrovato...
«Io non sono avventato! Avrei ideato un piano e…»
«E ti saresti fatto uccidere, Fu. Ti conosco, lo so.»
«Non pensare di conoscermi, Fa.»
«Ho vissuto con te questi ultimi anni: ti ho visto quando Liu ti ha portato al tempio e mi sono allenata con te. Scusami, se mi prendo l’arroganza di conoscerti ma è così.»
«No, non è così.»


Quanti giorni erano passati dal loro primo incontro con Ladybug e Black Cat?
Non li aveva contati, ma più o meno erano stati una decina.
Qualche sera dopo l’incontro con i due, aveva intravisto altri due Portatori vagare per i tetti della città: Zorro e Abeja, così si erano presentato coloro che avevano il Miraculous della Volpe e quello dell’Ape; infine, la sera dopo ancora era arrivato Pavão, il Portatore del Miraculous del Pavone.
Sette persone benedette dai Miraculous.
Sette difensori che si sarebbero messi fra Chiyou e l’umanità.
Questo aveva detto il maestro Liu quando gli avevano riportato la notizia dell’arrivo di Pavão.
«Sei perso nei tuoi pensieri, Fu?» gli domandò Bridgette, riportandolo alla realtà: la ragazza lo fissava dall’altro lato del tavolo, gli occhi chiari rivolti verso di lui e le labbra piegate in un sorriso: «O forse il the non ti piace?»
«Il vostro the fa schifo.» sentenziò Fu, osservando il liquido arancio nella tazza: «Non è assolutamente paragonabile a quello della mia gente.»
«Mi piacerebbe provarlo…» mormorò Bridgette, prendendo la tazzina di porcellana e portandosela alle braccia: «Ma, purtroppo, sono costretta in questa casa: dopo la mia bravata al mercato – che poi non ero sparita da davanti gli occhi della mia chaperon – e i nuovi tumulti che ci sono in città, mio padre pensa bene che stare in casa sia più sicuro per me.»
«Mh…»
«In verità, tutta la mia vita è così: sono rinchiusa in una bella gabbia, ma ciò che voglio è al di là di essa.»
«Immagino non sia facile…» mormorò Fu, abbassando nuovamente lo sguardo sul the che gli era stato offerto: «La mia unica gabbia è la povertà: senza soldi non puoi fare niente.»
«I soldi si possono fare. Mio padre lo ripete sempre, ma se non hai la libertà, è inutile averli…» mormorò Bridgette, abbozzando un sorriso triste: «Un giorno mi piacerebbe visitare il mondo: andare nelle Americhe e vedere le città che stanno costruendo là, tornare in Francia – la patria della mia defunta madre – e l’Italia! Oh. Ho sempre sognato di vedere l’Italia.»
Fu ascoltò rapito i racconti di Bridgette, che gli narrava di posti così lontani dal suo e così esotici, da sembragli un sogno: gli aveva parlato dei monumenti di Parigi, la capitale francese, facendolo rimanere a bocca aperta; e poi gli aveva raccontato delle meravigliose opere che c’erano in Italia e di cui lei aveva solo letto; parlandogli poi di quel grande continente, lontano nel mare, dove nuove città e nuove sfide attendevano chi aveva il coraggio di andarci.
«Io…» mormorò il ragazzo, riprendendosi da quel sogno in cui la fanciulla inglese lo aveva trasportato: «Non credevo che il mondo fosse così…»
«Grande? Immenso?»
«Sì.»
«Lo è. E spero di visitarlo un giorno.» dichiarò Bridgette, posando lo sguardo sul giovane cinese davanti a lei: «Ma se le mie catene non si spezzeranno, promettimi che tu vedrai questi posti per me.»
Fu annuì, non sapendo nemmeno perché lo stava facendo: «Lo farò.» mormorò, sorridendo all’espressione felice che si era dipinta sul volto dell’inglese: la sua vita era legata al tempio, legata al Miraculous che portava e, quasi sicuramente, sarebbe rimasto a Nêdong, fino alla fine dei suoi giorni.
Perché fare quella promessa che non poteva mantenere?

   
 
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