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Autore: LanceTheWolf    27/06/2016    1 recensioni
Korra č tornata a combattere sul fronte del Regno della Terra, con lei alcuni dei compagni di sempre. Una figura sconosciuta č stata in grado di mettere sotto il suo controllo alcuni dei vecchi nemici del passato e questo comporta la necessitą di schierare in battaglia vecchi e nuovi amici. A Cittą della Repubblica continuano le selezioni per i nuovi Furetti di Fuoco.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Iroh, Korra, Lin Beifong, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar: Storia dell’erede perduto'
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Cap. V: Come era andata?
La Giornata di Hikari - Quarta Parte


Com’era andata? Quei mesi erano volati via e…
“Non c’è stato un giorno in cui non abbia pensato a lui.” Rifletteva Hikari, mentre finiva di prepararsi… Mentre sistemava quel maglioncino dal collo altro dello stesso colore dei suoi occhi. Lisciò con una mano la gonnellina a pieghe bianca che usciva appena sotto il lungo maglione. Le calze più scure della sua pelle le mettevano in risalto le gambe.
Non era rimasto nulla a ricordare la brutta ferita che aveva subito. Era prodigioso quanto erano in grado di fare i curatori dell’acqua e lei… beh, ne aveva avuti in paio d’eccezione!
Sorrise sospirando, mentre accostandosi al suo riflesso nello specchio si passava un filo di matita e un tocco di mascara scuro per far risaltare lo sguardo come le aveva insegnato Asami.
Un velo di quel rossetto rosa e per completare il tutto un sottile strato di matita per dare un po’ di colore alle sopracciglia molto chiare di suo.
Si perse nel suo stesso sguardo nello specchio per qualche secondo, prima di voltarsi verso il letto. Sfiorò con lo sguardo quel rossetto che aveva abbandonato lì da pochi secondi… quanti ricordi.
Sorrise, soffermandosi nel calore di quel pensiero, per prendere poi un elastico per capelli.
Li raccolse come poteva in un corto codino. Erano cresciuti. Non le dispiaceva, in passato non li aveva mai portati tanto corti, ma vivendo in strada aveva cambiato le sue abitudini.
Scosse la testa quasi a voler cacciar via quel soffio di malinconia che l’aveva sfiorata e raccolse tra le mani quella parrucca del colore invitante della cioccolata che giaceva su quello stesso letto.
La indossò con estrema facilità, ormai abituata a ripetere quel gesto ogni giorno…
“Si, ogni giorno tranne il Lunedì!” pensò.
Spazzolò quei capelli scuri, lunghi fin alla spalla.
Posò la spazzola accanto al rossetto e ancora sorrise, mentre infilava quegli stivaletti morbidi di camoscio bianco.
Si osservò un secondo nello specchio. Che strano vedersi con colori tanto dissimili da quelli che era abituata a indossare, eppure… non le stavano male!
“Chissà se Bolin mi riconoscerebbe?” Pensò, come faceva ogni volta che indossava i panni di una fanciulla dell’acqua di Città della Repubblica. La sua pelle era sempre, comunque, troppo chiara e i suoi occhi troppo allungati per dare una parvenza diversa a quella di un sangue misto. Ma Hasook aveva detto che chiara com’era rischiava di fargli scappar via i clienti anche se era una bellezza. Quel brontolone di Hasook la riteneva bella e lo diceva di continuo. Le persone dell’acqua, aveva imparato, erano così: dicevano sempre quello che pensano, anche a rischio di sembrare troppo duri o troppo critici.
Sorrise a quel pensiero, con la mente rivolta alla donna più bella che avesse mai conosciuto. Se piacevano tanto i tratti del fuoco al burbero Hasook, chissà cosa avrebbe fatto trovandosi difronte sua madre. Sarebbe rimasto senza fiato. Sua mamma Hoshi era davvero bella, lei… era solo un riflesso di quella bellezza, diluita dal sangue di un padre che non conosceva.
L’idea di quella parrucca era stata di Sukka. Ricordava di aver assecondato la cosa più per farla felice che per reale convinzione, ma quando l’aveva indossata, le era sembrato di vedere un pochino della sua mamma in lei e… non era più riuscita a rifiutare la cosa.
Era stupido forse, ma quando il suo riflesso la seguiva attraverso i vetri di quel locale, era come se la sua mamma le fosse di nuovo vicino…
“Sciocca di una Hikari!” Pensò, ma…. alla fine, che male c’era se la cosa la faceva stare bene e le riscaldava il cuore?
Come avrebbe voluto che sua madre la vedesse adesso: non era più una bimba piccola ormai, non ballava più per le strade. Era una donna libera, aveva conosciuto l’Avatar e viveva in una casa bellissima. Aveva trovato tante persone a cui voleva un mondo di bene e senza rendersene conto si era ritrovata anche un lavoro vero e la sua passione di dominatrice… la sua fiamma, aveva trovato un altro modo per danzare.
Le piaceva la sua nuova vita anche se a tratti si sentiva di non meritarla… di non aver fatto nulla per aver tanta fortuna, e… la sua famiglia, nella Nazione del Fuoco, le mancava così tanto e anche quel testone conosciuto solo l’estate passata… il padrone di quella grande casa. La persona che con la sua presenza le mandava via ogni dubbio e rendeva tutto talmente magico… surreale… meraviglioso.
Sospirò, quando la voce di Kya la richiamò all’attenti dalla porta della camera: –I piccoli ci aspettano, sei pronta? –
Hikari le annuì.
–Come mai hai indossato prima i panni della Hikari oscura? – Sorrise divertita la curatrice dell’acqua.
Kya si divertiva così tanto a paragonarla agli spiriti, visti i suoi colori, e quando vestiva quegli abiti, ovviamente, non poteva evitarsi battute di quel genere, ma… non le dispiaceva… non davvero almeno, anche se ogni volta… –Kyaaaa! – Protestava.
La donna scoppiò a ridere, mentre lei, prendendo il borsone da palestra che usava anche per il lavoro, la seguiva nell’altra stanza.
–C’è la partita dei ragazzi, non riuscirei a preparami in tempo per andare a lavoro, quindi…– Disse rispondendo alla donna.
–Giusto, poi chi lo sente quello stangone del tuo capo. – Ribatté questa, mentre raccoglieva il suo soprabito dall’attaccapanni accanto alla porta.
Lei fece lo stesso infilando quel cappottino bianco scamosciato.
“Un regalo di Mako.” Pensò teneramente.
Ognuna delle primissime cose che aveva avuto, da quando era arrivata in quella casa, erano stati regali. Non poteva essere diversamente, lei non aveva denaro suo all’epoca, e ogni cosa ricevuta aveva proprio per questo un posto speciale nel suo cuore… molto, molto speciale.
Mise la sacca blu a tracolla e raccolse dallo svuotatasche accanto al telefono il ‘suo’ mazzo di chiavi.
Tornò a stringere a dovere quel cappottino. Non si era abituata ancora a quel freddo che diventava, giorno dopo giorno, sempre più intenso in quella grande città.
Poi volgendosi verso la curatrice dell’acqua la trovò a osservarle le gambe.
“Deformazione professionale?” Si domandò.
Ma questa esordì dicendo: –Quel cappottino non è lunghissimo, eppure… dov’è finita la tua gonna? Ero sicura l’avessi prima di arrivare alla porta. –
A Hikari venne da sorridere. Più di una volta la donna aveva avuto da ridere sul suo abbigliamento, ma… –Kya, sono troppo bassa per mettermi gonne lunghe, sembrerei ancora più tappa di quanto già non sia! –
–Non sei bassa, sei minuta. Quella gonna invece è troppo corta, non c’è dubbio! Fossi nei panni del tuo ragazzo non ti manderei in giro così! –
–Questa gonna ‘è’ un regalo del mio ragazzo. – Ridacchiò, mentre la donna sbuffando apriva la porta e usciva all’esterno.
La seguì voltandosi solo un secondo: una mano sulla maniglia, volgendo lo guardo all’interno, verso il breve corridoio di quella casa… la sua casa.
Quante cose erano cambiate da quando era arrivata… quel divano rosso… Korra aveva insistito tanto, eppure a lei non dispiaceva quello vecchio… sospirò, abbandonando la sicurezza della sua casa, per raggiungere la coppia di vicini che attendevano lei e la dominatrice dell’acqua nella macchina.
Ed eccoli lì, la madre e il padre di Lune, pensò, avvicinandosi alla satomobile.
Cora era pallida in volto, ma le sembrava stare meglio dei giorni passati.
Le sorrise e lei ricambiò allo stesso modo, salendo nella loro utilitaria.
–Pronte signore? – Disse l’uomo con fare allegro.
Hikari annuì silenziosa, mentre Kya esordiva in un –Prontissime! –
L’uomo non si sarebbe mai perso una partita del suo ragazzo e lo stesso la sua dolce compagna.
–Sono lieta di vederla, sembra stare meglio Cora. – La voce di Kya.
L’altra donna annuendole rispose: –Quella tisana che mi ha mandato ha avuto un effetto miracoloso. –
–Cerchi comunque di non sforzarsi troppo, non le fa bene. –
–Stia tranquilla. Piuttosto Hikari... – Volgendosi verso di lei. –Che ne pensi se uno di questi giorni andiamo insieme a fare compere? Conoscendovi, senza di me avrete il frigo ormai del tutto vuoto. –
Non poté non essere affermativa a quella battuta: –Vuoto è dir poco, stasera qualcuno in casa rischia di leccarsi i piatti sporchi! –
Vide la donna ridere di cuore a quella sua battuta e non poté non sentirsene sollevata.
Ancora lo sguardo le cadde in quegli occhi tanto simili a quelli di sua madre, nello specchietto retrovisore dell’auto dei genitori di Lune.
Come aveva fatto a trovarsi a fare la cameriera al Pub di Hasook?
Cameriera poi… lei era la barista. A volte non sapeva esattamente darsi una risposta. Ricordava che ce l’aveva portata Tahno. Quando il ragazzo dell’acqua sapeva che rimaneva sola in casa, sbuffava imprecando mentalmente, almeno così le sembrava, contro qualche strana figura mitologica, poi allargava un enorme sorriso verso di lei, le diceva di prepararsi e la portava con se al suo impegno del momento… e quell’impegno si riassumeva quasi sempre nell’andare a lavoro.
Nakata era sempre tanto gentile con lei e lo stesso Hasook e sua sorella. All’inizio per sdebitarsi faceva compagnia a Nakata: le guardava il piccolo per darle qualche momento per rilassarsi, poi… con l’arrivo della stagione fredda, Hasook una sera si era bloccato a fissarla, mentre cercava di essere utile aiutando la giovane mamma a preparare la cena, prima che il resto dei presenti si mettesse al lavoro. Ricordava bene quello sguardo: quell’uomo difficilmente l’osservava tanto a lungo e la cosa la mise in soggezione. Poi, d’un tratto si alzò, le si accostò rifilandole un grembiule tra le mani. Al suo sguardo interrogativo rispose, che era grandina per non fare niente nella vita e che era il caso imparasse un mestiere vero, – che mica si può contare su quel perdigiorno del tuo compagno – le aveva detto.
Poi che cosa era successo?
Si era ritrovata dietro al bancone a seguire le indicazioni di Sukka. Quella ragazza era davvero eccezionale nel preparare i cocktail e servire al bancone, e da brava dominatrice del fuoco non poteva essere da meno. Si mise d’impegno e qualche tempo dopo Hasook gli rifilò tra le mani delle banconote. Non aveva afferrato subito il perché gliele avesse date; inizialmente pensò fosse il resto per un cliente, ma erano davvero troppe per servire a quel fine, poi la voce di Nakata, probabilmente vedendola basita a quel gesto: –Il tuo primo stipendio! Sei stata brava, te lo sei meritato. –
Il suo primo stipendio?... Abbracciò d’istinto quel colosso dell’acqua che si imbarazzò terribilmente a tanta confidenza fisica da parte sua, ma come poteva evitarselo? Era… felice… quella cosa… quel piccolo gesto, l’aveva resa così felice. Possibile che aveva trovato persone così? Possibile che loro tenessero davvero a lei? Ricordava gli sguardi sorridenti di Tahno e le due donne in quel momento: sapevano ogni cosa, ma non avevano fatto trapelare nulla. Era stata una gran bella sorpresa.
Era il giorno del suo compleanno. Si domandò se ne fossero a conoscenza, lei non aveva informato nessuno della cosa, non le piaceva l’idea di festeggiare senza Bolin… nessuno le fece gli auguri, ma quello fu un regalo meraviglioso.
Aveva sbaciucchiato quel burbero di Hasook sulla guancia che ancora più intimidito aveva protestato solo un… –Però devi fare qualcosa per quei capelli o rischi di farmi scappare via tutti i clienti! –. Hikari non aveva mai creduto che l’uomo dell’acqua lo pensasse davvero, ma era stato, probabilmente per lui, il modo migliore per trarsi dall’imbarazzo di quella situazione, e alla fine… complice Sukka, come poteva vedere ora in quello specchietto, qualcosa l’aveva fatta.
Al solo ripensare quegli eventi si sentì talmente bene: era bello sapersi di nuovo indipendente e la cosa più dolce di tutta quella storia era che, probabilmente, quella famigliola dell’acqua non si era resa neanche conto di quanto avessero fatto.
Lo stadio, davanti a lei, la distrasse dai suoi pensieri: erano finalmente arrivati.
Ed eccoli lì: il suo datore di lavoro con la sua mogliettina e Kuruk tra le braccia. Sukka si teneva sotto braccio un Tahno dall’aria sconsolata, mentre se la rideva divertita per qualcosa.
Lei e Kya scesero dalla macchina e gli si accostarono.
Non c’erano ancora tracce né di Mako, né di Asami, mentre le piccole dei Pipistrellilupo erano circondate dalle loro famiglie.
Lune era vicino a Bumbum quando, vedendo la madre e il padre, gli corse incontro allegro.
Stava per accostarsi anche lei a quella piccola comitiva quando il rombare di una moto, anche troppo conosciuta, richiamò la sua attenzione: Asami era arrivata.
Si era cambiata e vestita in maniera più consona a quel mezzo.
La vide sfilarsi il casco e troppi dei presenti rimasero senza fiato a quella cascata lucente di seta nera che erano i suoi capelli.
La situazione la divertì immensamente, soprattutto perché la ragazza sembrava non fare caso alla cosa.
–Ce n’è di gente oggi! – Arrivò alle sue orecchie la voce preoccupata di Lune, che notava la piazza davanti all’ingresso dell’arena gremirsi lentamente di persone.
–Sono i quarti di Finale. Cosa ti aspettavi moccioso! – “Mako?” pensò Hikari nel sentire la sua voce, ma… da dove spuntava?
Non poté non sfarfallare gli occhi a quella nuova presenza, che aggiunse: –Ce l’avete fatta ad arrivare, credevo di dovervi tenere i posti all’infinito! Forza entriamo! –
Era lì da prima, pensò ancora la ragazza sorridendo. Era all’interno, ecco perché non lo aveva notato.
–Non esiste! Io l’ho portato e tu lo appendi! – Brontolò il suo titolare.
Si voltò a curiosare cosa stesse avvenendo e lo stesso i presenti che lo conoscevano.
–Non se ne parla! Ma sei impazzito? Io non appendo quell’abominio nella panchina dei Pipistrellilupo! – Obbiettò Tahno.
Sukka ridacchiava lì vicino.
–Ci tieni al tuo lavoro?! – Continuò il dominatore dell’acqua.
Tahno si limitò a guardarlo male.
All’inizio della partita quello striscione troneggiava sulle teste dei giovani Pipistrellilupo: ‘Forza Pipistrelli! Zio Hasook offre un aperitivo gratis a tutti i veri Fan della nostra squadra del cuore, ma solo ai “Veri Fan”, quindi facciamogli sentire tutto il vostro affetto! E… ci vediamo stasera al Pub della Stazione, non mancate!’.
Hikari sospirò, sorridendo basita: quell’uomo non sapeva proprio cosa inventarsi per portare clienti al suo locale. Poi… finalmente, il fischio d’inizio.

   
 
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