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Autore: OAWAAW    27/06/2016    1 recensioni
Gli attori che interpretano i personaggi di Once Upon A Time vivono la loro vita normalmente: Colin con Jennifer, Robert con Emilie, Josh con Ginnifer… Finché qualcosa (o qualcuno) li riporterà a Storybrooke, dove scopriranno di essere loro i personaggi di fiabe e favole che hanno incorniciato la loro infanzia. A quel punto, la loro intera esistenza verrà stravolta e, tra dolore, amore e verità, si ritroveranno a dover fare i conti con la vita reale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*un anno prima*

<< Emma... Ascoltami, riusciremo a sistemare tutto, ma non farlo! Riusciremo a liberarti dall'oscurità. >>

<< Sono stanca. Stanca di vedere l'amore che ho tanto cercato scivolarmi tra le dita, stanca di vedervi felici e di sapere che non potrò esserlo fin quando l'oscurità sarà dentro di me. Io devo fare qualcosa. Sarà meglio per me e per voi. >>

Gli occhi di Emma, spalancati e colmi di lacrime di disperazione e tristezza, si fermano su Killian e poi sui suoi genitori. Vedo che sta cercando di dire qualcosa, ma le parole non escono dalla sua bocca, da cui ormai si sentono solo singhiozzi.

Non abbiamo il tempo di dire altro o di fermarla che lei frantuma il cuore che ha in mano. Il suo cuore, ormai ridotto a un cumulo di cenere. La tristezza mi assale. Non mi era mai capitato di non sapere cosa fare. Mary Margaret urla tra le braccia di David mentre Killian si lancia verso Emma e la afferra prima che lei cada a terra, sul pavimento di quella fredda grotta nascosta sotto casa sua. L'espressione di lui è la stessa espressione disperata, triste e senza speranza che aveva quando Emma si è sacrificata per salvarmi dall'oscurità prendendola con sé.

A quel punto, dal corpo di Emma si libera la nostra nemica, la causa di tutto il dolore che ci ha assalito nel passato che e ci assale adesso: l'oscurità, che spargendo terrore tra di noi, esce dal buco in cui ci troviamo e scompare dalla nostra vista.

<< Tu puoi fare qualcosa! So che puoi! >>

Killian mi urla queste parole tra le lacrime e i singhiozzi. So fin troppo bene cosa si prova a perdere la persona amata. Mi basta pensare a Daniel o a Robin, che mi è stato rubato, anche se per poco tempo, da Zelena.

<< Il mio cuore... Spezzalo! Come hai fatto con Mary Margaret e David. So che puoi farlo, Regina, fallo! Tu devi salvarla! Ti prego... >> mi implora guardandomi.

Sono così scioccata e scossa che sul momento non ho neanche realizzato che Killian parla con me. Solo quando David afferra il mio braccio e con gli occhi velati di lacrime mi guarda e mi chiede di dividere il cuore di Killian, mi riprendo e mi avvicino.

<< Ti avverto, sarà doloroso... >> gli dico. Mi tiro su le maniche della giacca e, proprio nel momento in cui una densa nube viola comincia a riempire la stanza, strappo il cuore dal petto di Killian e con forza ma con attenzione, lo divido a metà e completo il lavoro mettendo le metà ai loro posti: una nel petto di Emma e una nel petto di Killian.

Solo in quel momento realizzo cosa è appena successo e immediatamente mi precipito fuori per tentare di fermare l'oscurità, cercando di non farmi raggiungere dalla nube del sortilegio. Questo è quello che deve fare la Salvatrice. Combattere l'oscurità con la luce. Ma, appena fuori dalla casa, non riesco a vedere altro che un mucchio di gente che si dirige verso di me. I loro volti spaventati mi lasciano intendere che abbiano capito qual è il problema. In mezzo a loro c'è Henry, e con lui August, i nani, Ruby, Granny e tutti gli altri.

Un incantesimo di protezione. Ecco cosa fare. Non lascerò che tutto ciò per cui ho lottato e a cui sono finalmente vicina scompaia a causa di uno stupido sortilegio. Devo far sì che prima o poi potremmo tornare qui a Storybrooke. Senza pensarci un momento di più, lancio l'incantesimo verso Henry e gli altri in modo tale che loro ricorderanno chi sono e spezzeranno il sortilegio. Quanto a me, dovrò rassegnarmi a non avere Henry con me, né Robin, né nessun altro, visto che non ricorderò neanche di averli conosciuti. Da questo momento, però, c'è ancora una speranza.

*nel presente*

POV COLIN

So che non avrei dovuto farlo. È rischioso per me e per la mia relazione con Jennifer, ma non potendo mandare Henry né August, ho preso coraggio e ho deciso di farlo io. Sono passati alcuni giorni dalla rovinosa uscita con Jen, Josh e Ginnifer e lei non mi ha più contattato, quindi penso proprio che non abbia preso bene quello che è successo. Spero di riuscire a riparare oggi e magari chiudere qui la faccenda, convincendo Jen a venire con noi a Storybrooke. Sono davanti all'entrata del suo palazzo e, con la doppia chiave che mi ha fornito qualche mese fa, entro all'ingresso e dopo aver fatto le scale suono il capannello del suo appartamento, il 205. Sento dei movimenti provenienti da dentro, troppi per essere di una sola persona, e delle voci. Sento la chiave che gira nella serratura e Jennifer apre la porta, sembrando sorpresa di vedermi. Da come è vestita deduco che ha ospiti in casa. Una come lei non starebbe mai a casa con gli stivali e la giacca. Lei è più un tipo da pantofole e vestaglia.

<< Colin! Cosa ci fai qui? >> mi chiede, con la voce un po' confusa. Lei stessa si accorge che la domanda è un po' fuori luogo, o lo capisce dalla mia faccia a forma di punto interrogativo.

<< Voglio dire, è... è da un po' che non ci vediamo e tu... avresti potuto avvertirmi... >>

Non so neanche perché, ma mi scappa una risatina amara e un "d'accordo" esce a bassa voce dalla mia bocca.

Rimaniamo entrambi in silenzio, lei aspettando che io dica qualcosa, io aspettando che lei mi faccia entrare o che noti la rosa che tengo nascosta dietro la schiena.

<< Sono venuto a portarti questa. >> le dico mostrandole la rosa. Lei sorride leggermente, colta alla sprovvista, ma contenta del pensiero.

Afferra la rosa e la porta al naso per odorarla, dopodiché mi ringrazia, con quel suo fare imbarazzato e un po' titubante, e mi fa cenno di entrare. Prima di entrare completamente dentro casa, mi si avvicina all'orecchio e mi sussurra "Ho un ospite, ma non ci vorrà molto".

Appena entrato, vengo avvolto da un profumo dolce e intenso che mi fa estraniare dalla realtà per un attimo. Il profumo non è di Jennifer, non può esserlo. E' di un'altra persona, ma solo nel momento in cui decido di sedermi sul divano la noto, perché lei è seduta lì, che attende di continuare la sua discussione con Jen.

<< Colin, lei è Lana Parrilla. Lana, lui è Colin. >> annuncia Jennifer.

<< Piacere, Colin... >> risponde Lana guardandomi e facendo intravedere un sorrisetto.

Non so come reagire alla sua presenza: se da un lato sono contento di vederla e di vedere che sta bene dopo quello che è successo l'altra sera, dall'altro ho paura che possa riaccadere e che possa fare del male a Jennifer. Ma August non doveva tenerla d'occhio? Mentre elaboro tutto questo, mi arriva un messaggio da August: "L'ho persa di vista, bisogna trovarla. Cercala non appena finisci con Emma."

<< Puoi sederti qui, Colin, nel frattempo io finisco la chiacchierata con Lana. >> mi intima Jen, battendo la mano sul posto accanto a lei.

<< Oh, quindi ora la discussione è diventata aperta al pubblico? Preferirei, signorina Morrison, continuare la nostra conversazione da sole. >> Le risponde energicamente lei.

Jennifer guarda verso di me, sospira e mi chiede se posso aspettarlo in cucina. Io annuisco, ma prima di andarmene lancio uno sguardo seccato a Lana, che risponde con un sorriso che va da un orecchio all'altro, contenta di aver vinto questa breve battaglia. Sarà pure una bellissima donna, ma sembra avere un carattere pessimo.

Entro in cucina, ma non avendo niente da fare e volendo controllare che non succeda niente di grave, decido di avvicinarmi alla porta che dà sul salotto per ascoltare la conversazione. Non ho mai amato le pareti e le porte della casa di Jennifer a causa del loro spessore simile a quello di un foglio di carta, ma in questo momento è un fattore utile, se non decisivo, per quello che sto facendo.

POV LANA

<< Glielo ripeterò per l'ultima volta: mia madre è venuta da me circa tre settimane fa e non ho idea di come lei abbia fatto a scoprire dove mi trovassi. Mi ha chiesto se potevo perdonarla e se avremmo potuto ricominciare la nostra relazione da zero, dimenticando i litigi e i problemi fra di noi. Io le ho detto di no e l'ho cacciata da casa mia. Prima di andarsene mi ha lasciato il suo indirizzo, chiedendomi di passare da lei ogni tanto. L'ho fatto solo una volta, due giorni dopo, e solo perché aveva lasciato il suo ombrello da me. Mi ha fatta entrare a casa sua e senza che io glielo chiedessi, ha cominciato a raccontarmi quello che le era successo dopo che me n'ero andata. Si era trasferita a Storybrooke, dove era rimasta per qualche mese. Quando parlava di Storybrooke sembrava agitata, quindi le ho chiesto il perché e lei mi ha risposto dicendomi che quella città era strana. >>

<< E fino a qua ci siamo, >> mi interrompe la bionda << ma questa Storybrooke, nel Maine, non appare da nessuna parte, né su Internet né sulle mappe. Sembra inesistente! E' davvero sicura che abbia detto Storybrooke e non qualcos'altro? >>

<< Le sembro sorda per caso? Ma perché sono ancora qui a parlare con lei, se non è disposta a fidarsi di quello che le dico? >> le urlo contro, stanca di sentirmi dire che dico bugie. Non avrei motivo di farlo: per quanto io abbia odiato mia madre, avevo superato la cosa e volevo darle una seconda possibilità, le volevo bene e ora voglio scoprire chi è il colpevole tanto quanto loro.

Lei mi fissa seria, pensante e non nascondo che questa cosa mi dà fastidio. Mi accorgo di essermi alzata senza volerlo mentre le urlavo contro e di essere sembrata quindi abbastanza provocatoria e sgradevole nei confronti della Morrison. Mi risiedo e, aggiustandomi i capelli e schiarendomi la voce, cerco di spiegarmi in maniera più calma.

<< Quello che voglio dire, signorina Morrison, è che sono sicura al cento per cento che il nome sia Storybrooke. Non avete davvero nessun aggancio con qualcuno nel Maine o qualcuno che conosca questa cittadina, anche solo di nome? >>

A questo punto, vedo qualcosa nei suoi occhi, come una scintilla. C'è qualcosa che non mi ha detto.

<< Questa non è la prima volta che sente nominare Storybrooke, vero? >> le chiedo, leggermente insospettita. << Cosa mi sta nascondendo? >>

Sospira.

<< C'è un ragazzino, un certo Henry, che conosce la cittadina e che dice di aver conosciuto Barbara. Non è una fonte attendibile, avrà sì e no quindici anni, potrebbe non dire la verità... >>
<< Le viene davvero così difficile fidarsi? I suoi genitori le avranno certo insegnato che non si deve parlare con gli sconosciuti, ma non sempre... >>

<< ... non ho genitori, sono cresciuta orfana, ma non è questo il punto. Non possiamo basare le indagini su quello che ci viene a spiattellare un ragazzino che non si è mai visto prima e che spunta fuori proprio quando ci serve sapere qualcosa che ovviamente lui sa! >>

Adesso è lei che ha alzato la voce. Vorrei potere controbattere, ma è evidentemente irremovibile dalla sua idea. L'unica cosa che mi rimane da fare è proseguire da sola, trovare questo Henry e togliergli dalla bocca tutto quello che sa., con le buone o con le cattive.

Lei si alza, si avvicina a un mobile e ne tira fuori un foglio di carta. Mi alzo anche io, decisa a tagliare la corda e andarmene, ma lei mi mette davanti il foglio e mi chiede se l'ho mai visto in mano a mia madre o se lei ha detto qualcosa a riguardo. E' una vecchia pergamena, scritta in una lingua pressoché impossibile da leggere.

Tutto a un tratto, mentre cerco di concentrarmi, le lettere sulla pergamena cominciano a confondersi e la testa comincia a martellarmi. All'inizio non fa male, ma dopo qualche secondo diventa insopportabile. Cerco di non pensarci e di concentrarmi su mia madre ma adesso non riesco neanche a stare in piedi. Sento delle mani che mi reggono e delle urla. Subito dopo capisco di essere stesa a terra e che ci sono due persone attorno a me che urlano e che cercano di parlarmi, di farmi rinvenire. Non mi accorgo di star stringendo la pergamena tanto da averla quasi disintegrata, ma non riesco a controllare più il corpo. I muscoli mi si immobilizzano, la bocca mi si asciuga, non riesco ad aprire gli occhi e sento freddo. Ma all'improvviso tutto passa. Le spalle si rilassano, riprendo a respirare regolarmente e finalmente lascio andare il foglio, rilassando anche le dita.

Riesco ad aprire gli occhi e vedo due figure dal volto preoccupato e ansioso piegate su di me. Mi ci vogliono pochi secondi per elaborare il tutto.

<< Emma...? >> E' la prima cosa che mi esce dalla bocca.

   
 
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